Il Potere Nascosto degli Ipersensibili
Come trasformare Ansia e Sensibilità in carte vincenti
di Christel Petitcollin
Sensibili ma infelici?
Ecco la soluzione!
Tendi a preoccuparti troppo? Hai un sacco di dubbi?
Analizzi tutte le possibili eventualità, soprattutto quelle tragiche? Hai una
predisposizione a complicare anche le cose semplici che ti blocca quando devi
prendere una decisione?
SE HAI RISPOSTO ALMENO UN SÌ, QUESTO LIBRO È PER TE!
Un libro per tutti coloro che si sono detti almeno una
volta
Penso troppo, mi faccio un sacco di paranoie
Mi sento sempre fuori posto
Mi chiedo in continuazione come mi giudicano gli altri
Basta una parola sbagliata e mi prende l'ansia o mi
offendo
Mi faccio mille domande e così mi blocco
Basta colpevolizzare le emozioni e l'ansia! Sono alleati
potenti per raggiungere la felicità!
Sono sempre di più, sono milioni. Sono persone speciali:
super-emotive, ansiose, ipersensibili. Si sentono diverse e temono di non
essere amate. Ma in realtà sono geniali e creative, gentili e intuitive. Ecco
come canalizzare la loro iperattività interiore e trasformare l'ansia in
un'alleata preziosa.
Leggi un estratto dal libro di Christel Petitcollin
"Il Potere Nascosto degli Ipersensibili"
Introduzione - Il Potere Nascosto degli Ipersensibili -
Libro di Christel Petitcollin
Camille è una studentessa di circa ventanni. Ha preso
appuntamento da me per una «mancanza di fiducia in se stessa». Non appena
comincia a spiegarmi il suo problema, ecco che le emozioni prendono il
sopravvento: si morde le labbra, preme il pugno sulla bocca, trattiene le
lacrime e si scusa di continuo per la sua ipersensibilità, mentre si sforza di
contenersi e andare avanti con la sua storia.
A poco a poco, attraverso quanto mi racconta, si delinea
il ritratto di una ragazza brillante e creativa che non ha subito clamorosi
fallimenti. Anzi, con suo grande stupore supera un esame dopo l'altro. Tutto va
oggettivamente bene. Eppure, più passa il tempo, più lei dubita di sé. Gli
altri studenti sembrano acquisire sicurezza man mano che progrediscono negli
studi: si confrontano con la facoltà che hanno scelto e riescono a trovare il
loro posto nella società. Camille invece si sente sempre «fuori luogo» e si
domanda se ha scelto l'indirizzo giusto. Cresce in lei una sensazione di
straniamelo.
Anche nella vita sociale si sente diversa dagli altri. I
centri di interesse e le conversazioni dei suoi compagni non coincidono mai con
quello che a lei sembra davvero importante e stimolante. Quando va alle feste,
avverte una strana sconnessione: tutta un tratto si chiede che cosa ci fa lì e
come mai gli altri si divertono in un contesto che lei percepisce vano e
superficiale. Tutta l'allegria che la circonda le appare artificiosa. E a quel
punto non desidera altro che tornarsene a casa al più presto.
È da tanto tempo che Camille cerca di capire che cosa non
va in lei. Assalita da dubbi, domande, idee strampalate, continua a rimuginare
nella sua testa e sente crescere dentro l'angoscia e lo scoramento. La
depressione è ormai dietro l'angolo.
Camille non è certo un caso isolato. Come lei, molte
persone, di tutte le età, vengono da me con la stessa sensazione di sfasamento
tra loro stesse e l'ambiente che le circonda, con lo svilimento di sé e il
surriscaldamento mentale che ne deriva.
Questo libro, come tutti quelli che ho scritto, nasce
innanzitutto dalla mia esperienza professionale. Le ore passate ad ascoltare le
persone che mi parlano di sé sono diventate ormai anni. Diciassette, per
l'esattezza, trascorsi a prestare attenzione, osservare e cercare di capire
ognuna di loro.
Ho imparato a praticare quello che lo psicologo canadese
Eric Berne, il padre fondatore dell'analisi transazionale, chiamava «l'ascolto
marziano». Come un mangianastri difettoso, le orecchie registrano alcune parole
o parti di frase più nitidamente di altre, consentendomi di isolare le parole
importanti, le frasi chiave e le idee principali all'interno del discorso
generale.
Alcune di queste tornavano con regolarità nel linguaggio
di alcune persone e hanno catturato il mio interesse.
«Penso troppo.»
«Chi mi sta attorno mi dice che sono complicato/a e che
mi faccio troppe domande.» '
«La mia testa non si spegne mai. A volte vorrei staccare la
spina al cervello e non pensare più a niente.»
Poi si sono aggiunte altre frasi chiave a completare il
profilo.
«Mi sembra di venire da un altro pianeta.»
«Non riesco a trovare il mio posto nel mondo.»
«Mi sento incompreso/a.»
Così si è delineato davanti ai miei occhi un identikit di
queste persone che pensano troppo. Pian piano sono riuscita a individuare le
componenti della loro sofferenza e ho cominciato a proporre alcune soluzioni.
Da quando ho deciso di scrivere questo libro mi sono avvalsa del loro aiuto per
rendere più complete le informazioni in mio possesso e capire meglio come
funziona la loro mente, per comprendere i loro valori e le motivazioni; e dato
che una delle loro caratteristiche principali è l'attitudine a condividere le
informazioni, incontro sempre molta disponibilità. Questo libro deve molto al
loro contributo, e perciò le ringrazio infinitamente.
Chi mai lo direbbe che essere intelligenti possa far
soffrire e rendere infelici? Eppure è proprio quello che accade.
Innanzitutto, non si riconoscono come intelligenti. E poi
affermano che la loro mente non li lascia mai tranquilli, nemmeno di notte. Non
ne possono più di tutti questi dubbi e domande, della loro acuta consapevolezza
delle cose, dei sensi troppo sviluppati a cui non sfugge alcun dettaglio.
Vorrebbero spegnere il cervello. Ma soffrono soprattutto perché si sentono
diversi, incompresi e feriti dal mondo d'oggi. Ecco perché spesso la
conclusione a cui arrivano è: «Non sono di questo pianeta!»
Un turbinio costante di pensieri li porta a interminabili
associazioni di idee, e ogni nuova idea ne fa scaturire altre. Nella loro testa
va tutto troppo veloce. Per seguirne il flusso finiscono per balbettare oppure
tacciono, scoraggiati dalla sovrabbondanza di informazioni. Le parole sono
riduttive e non possono rendere la finezza, la complessità del loro pensiero.
Lamentano più di tutto la mancanza di certezze su cui basarsi. L'incessante
porsi domande rende il loro sistema di valori instabile e angoscioso come
sabbie mobili. Ed è verso se stessi che sono più critici: «Perché gli altri non
percepiscono ciò che per me è evidente? E se fossi io ad analizzare tutto per
il verso sbagliato? E se fossi io a sbagliare?»
La sensibilità, l'emotività e l'affettività sono
chiaramente proporzionali all'intelligenza.
Queste persone sono vere e proprie bottiglie di
nitroglicerina: al minimo urto esplodono di rabbia o frustrazione, ma
soprattutto di afflizione. Combattuti tra un idealismo assoluto e una lucidità
estrema, gli iperefficienti intellettivi si ritrovano a dover scegliere tra
l'autismo e la rivolta. È per questo che continuano a fare la spola tra
voluttuosi sogni a occhi aperti e desolanti constatazioni, tra l'ingenuità e la
disperazione. Sono pressoché certi di non poter trovare aiuto dall'esterno
perché si rendono conto che la buona volontà non basta, anzi i consigli dei
loro cari li fanno stare persino peggio.
Porsi meno domande? Non chiedono altro!
Ma come fare? Accettare l'imperfezione del mondo?
Impossibile!
Consultare uno psicologo è altrettanto difficile. Temono
di essere considerati pazzi, ed è una paura - ahimè - fondata: come possono
persone che hanno processi mentali normali riuscire a definire questa profusione
intellettiva fuori dall'ordinario? Le griglie di analisi psicologica standard
frazionano il loro pensiero sottile e potente, lo rendono anormale, patologico.
Sin dalla scuola, il loro modo di essere viene
classificato come problematico. Gli iperefficienti mentali vengono definiti
iperattivi e incapaci di concentrarsi perché il loro cervello multitasking si
annoia a fare una sola cosa alla volta. Si ha la convinzione che «sfarfallino»
e si tende a dare per scontato che, data la velocità con cui interiorizzano e
approfondiscono più informazioni e argomenti simultaneamente, li abbiano invece
trattati solo in maniera superficiale. Molti di loro sono stati definiti con
svariati aggettivi, tutti inizianti per «dis-», che li hanno spinti a credere
di avere una mente contorta: dislessico, disortografico, discalculico,
disgrafico..
In età adulta rischiano di vedersi affibbiare le diagnosi
di borderline, schizofrenico, bipolare o maniaco-depressivo. Proprio là dove
speravano di ricevere aiuto e trovare finalmente delle soluzioni, gli
iperefficienti mentali si ritrovano ancora più incompresi ed etichettati come
«disfunzionanti». Il che è l'esatto contrario di ciò di cui avrebbero bisogno
per potersi capire e accettare per quello che sono: niente affatto disfunzionanti,
ma semplicemente diversi.
D'altra parte, poiché l'iperefficienza mentale è un
territorio poco esplorato e dai confini ancora non ben definiti, non esiste un
termine che possa contenere questa realtà con esattezza. Potremmo considerare
le definizioni di «plusdotato» o «ad alto potenziale cognitivo», ma sono
termini così abusati da avere ormai una connotazione pretenziosa, oltre a
essere poco graditi agli iperefficienti mentali: l'accezione «più degli altri»
suggerita da queste parole li disturba profondamente.
La definizione di «iperefficienza mentale» viene
accettata meglio: rappresenta bene ai loro occhi il turbinio intellettivo,
l'effervescenza mentale che li sovrasta. Anche il concetto di «cervello destro
dominante» riscuote consensi perché, pur rifiutando di riconoscersi
un'intelligenza superiore, ammettono comunque un'intelligenza singolare. «Ah,
questo è certo, non penso come tutti gli altri!» è un'altra delle frasi chiave
che sento spesso.
Ma soprattutto, attraverso questa difficoltà a trovare, e
ad accettare, la parola che li definirebbe meglio, traspare il loro enorme
bisogno di precisione. Innanzitutto, una parola non può quasi mai essere
sinonimo di un'altra, perché ognuna ha la sua sfumatura particolare. E poi è
impossibile racchiudere in un solo termine ciò che sono. Allora come si fa?
Jeanne Siaud-Facchin, autrice di L'enfant surdoué, ha
rinunciato a chiamarli plusdotati, e ha scelto il termine «zebra». È una parola
azzeccata: la zebra è un animale atipico, indomabile e unico, capace anche di
mimetizzarsi con il paesaggio. Ma se proprio vogliamo fare paragoni con il
mondo animale, in questa definizione mancano il loro lato cane, per la fedeltà,
la lealtà, l'attaccamento e la devozione che mostrano, e anche il lato gatto,
per la loro delicatezza, l'acutezza dei sensi e la suscettibilità. E non
trascuriamo il lato cammello, per la loro incredibile resistenza, e soprattutto
il lato criceto, che gira in tondo a tutta velocità sulla sua ruota!
Il GAPPESM (Groupement AssociatiFPour les Personnes
Encombrées de Surefficience Mentale, Associazione per le persone sovraccariche
di iperefficienza mentale) li chiama PESM, ovvero persone sovraccariche di
iperefficienza mentale. È una denominazione piuttosto calzante, che riassume
abbastanza bene la loro situazione, ma non tutte queste persone si sentono
«sovraccariche». Per quanto riconosca la pertinenza di un simile acronimo,
difficilmente potrei utilizzarlo, perché suona come una malattia: essere
iperefficienti non significa avere la PESM!
Io sarei del parere di chiamarli plusdotati, perché è il
termine più vicino alla realtà, ma se parlassi di «plusdotazione» alla maggior
parte dei miei lettori verrebbe un blocco mentale e si affretterebbero a
chiudere il libro. I restanti obietterebbero che se fossero così intelligenti
saprebbero adattarsi alla società. Nessuno si riconoscerebbe nel cliché
veicolato ancor oggi dal termine plusdotato: un bambino brillante, pretenzioso,
primo della classe e pronto a dar lezioni. È l'esatto contrario di quello che sono!
Nei primi tempi in cui ho iniziato a sondare il fenomeno
dell'iperefficienza mentale, ho adottato senza esitazione il termine
«plusdotato» appioppandolo ai miei pazienti iperefficienti senza andare troppo
per il sottile. Presa dall'entusiasmo, non ho tenuto conto della loro enorme
sensibilità. Ne ho tramortiti diversi, gettati nel panico altri e ne ho fatti
fuggire alcuni a gambe levate. Approfitto di questo libro per scusarmi con
loro. Oggi uso più tatto e parlo di cablaggio neurologico differente e di
emisfero destro dominante. L'informazione li sconvolge comunque: nonostante
sappiano intuitivamente di essere diversi, fanno fatica ad affrontare in modo
obiettivo la realtà.
Ho cercato a lungo un termine che potesse sintetizzare al
meglio questo profilo e mi sono confrontata con colleghi, parenti e amici. In
prima battuta, le definizioni di ADSL e «banda larga» ci sono piaciute e ci
hanno divertito. Avrei potuto optare per «spidermind», tanto per la loro
rapidità mentale quanto per indicare il loro pensiero a ragnatela. Ma alla fine
il termine «iperefficiente» resta il più sobrio e appropriato. Pur rimanendo
parzialmente insoddisfatta, mi sembra di avere ottenuto un buon compromesso,
oltre a una definizione che non crea grossi blocchi mentali.
A ogni modo, questo libro non vuole certo etichettarvi,
ma aiutarvi a capirvi, ad accettarvi per quello che siete e soprattutto a
vivere con il vostro pensiero effervescente in tutta serenità.
Poiché pensate troppo, è molto probabile che vi
riconoscerete nel profilo dell'iperefficiente mentale. Il vostro cervello è un
vero gioiello: la sua finezza, la sua complessità e la sua rapidità sono
affascinanti. E ha la potenza di un motore da Formula 1! Ma una vettura di
Formula 1 non è un'automobile comune. Affidata a un guidatore maldestro e usata
su una strada provinciale si rivelerà inaffidabile e pericolosa. Affinché
esprima al meglio il suo potenziale, ha bisogno di una grande padronanza di
guida e di un circuito adatto. Finora è stato il vostro cervello a farvi
sbandare e a precipitarvi in un incidente dopo l'altro. A partire da ora sta a
voi assumere il controllo.
Ho articolato questo libro in tre parti per valorizzare
gli aspetti pili rilevanti dell'iperefficienza mentale:
l'ipersensibilità e la proliferazione mentale;
l'idealismo e il reale sfasamento rispetto alla maggior
parte delle persone;
le soluzione che propongo.
So per esperienza che gli iperefficienti mentali adorano
piluccare i libri qua e là. In generale, questa tecnica consente loro di
cogliere lo spirito del libro ed è alquanto frequente che non abbiano bisogno
di finire di leggerlo, perché le notizie racimolate in questo modo bastano a
far capire loro l'argomento. Ecco perché ci tengo ad avvertirvi: se andate
direttamente all'ultima parte vi mancheranno troppi elementi perché possiate
giudicare con obiettività la pertinenza delle soluzioni proposte. Perciò vi
invito a seguire il sentiero, pagina dopo pagina, senza bruciare le tappe,
facendo questa passeggiata così come l'ho ideata per voi.
Concedetevi il tempo per scoprire che la vostra
ipersensibilità è del tutto neurologica, per guardare al vostro pensiero che è
in fermento continuo e capire in che cosa la vostra intelligenza è davvero
diversa. L'idealismo è uno degli aspetti rilevanti della vostra personalità. Un
altro aspetto importante (e non dei più trascurabili) è il vostro falso sé, che
può rivelarsi tanto impegnativo quanto invalidante a livello relazionale. Lo
sfasamento che avvertite nei confronti di chi vi sta attorno è oggettivo: tanto
vale capire una volta per tutte da quali differenze concrete è costituito.
Quando avrete esplorato tutti questi aspetti del problema, le soluzioni
proposte acquisiranno tutto il loro senso.
Avrò raggiunto il mio obiettivo se, dopo aver letto
questo libro, vi sarete riconciliati con ciò che siete e con quel magnifico
cervello che avete. Per trarne il meglio dovete imparare a pilotarlo. E in
questo libro troverete dei corsi di meccanica (neurologica), un codice della
strada (emozionale e relazionale) e delle lezioni di guida (mentale).
Se pensate troppo, troverete qui tutte le spiegazioni
utili sul vostro modo di funzionare. E anche un'infinità di soluzioni!
Nelle pagine che seguono faccio volentieri riferimento
agli autori a cui mi sono ispirata e ai testi su cui mi sono basata. Le opere e
tutti gli autori che menziono sono elencati nella bibliografia. Sono
particolare grata a Jill Bolte Taylor, Daniel Tammet, Tony Attwood e Beatrice
Millétre, che ringrazio per i loro preziosi apporti alle mie conoscenze.
Utilissime sono state per me anche le opere di Arielle Adda e Jeanne
Siaud-Facchin. Grazie mille a entrambe.
Indice
PARTE PRIMA
Un’organizzazione mentale naturalmente sofisticata
1. Sensori ipersensibili
Allerta permanente
Come un microscopio
Il colore dei giorni
Stravaganze sensoriali
Il sogno di spegnere il cervello
2. Dall’ipersensibilità all’iperlucidità
L’ipersensibilità
L’iperaffettività
L’iperempatia
L’iperlucidità
3. Un cablaggio neurologico differente
Le differenze tra cervello sinistro e cervello destro
L’iperefficienza mentale
Le varie forme di iperefficienza mentale
Bisogna fare un test del QI?
PARTE SECONDA
Una personalità originale
1. Il vuoto identitario
L’autostima
La paura del rifiuto
Strategie di adattamento
Il falso sé
2. L’idealismo
Una sete di assoluto
Le pecche del sistema di valori
3. Una relazionalità difficile
Dipendenza psicologica
Un’intelligenza scomoda
Chi sono i normopensanti?
Vivere sotto il giudizio dei normopensanti
Trovate la vostra famiglia d’anime
L’amore con la A maiuscola
Professione: diapason
PARTE TERZA
Vivere bene con la propria iperefficienza
1. Lo choc della rivelazione
Il sollievo
Le montagne russe
Ufficio reclami chiuso per sempre
2. Riordinare e organizzare i pensieri
Mappe mentali per organizzare il pensiero
I livelli logici
3. Restaurare la propria integrità
Come si riacquista l’autostima?
Come fa una persona a sapere se ha un buon livello di
autostima?
4. Ottimizzare il funzionamento del cervello
Vivere in leggero surmenage
I cinque bisogni fondamentali del cervello destro
5. Vivere bene l’iperefficienza in società
Addomesticare la solitudine
Gestire le critiche
Curare la ferita del rifiuto
Inquadrare la propria benevolenza
Vivere l’iperefficienza in coppia
Conclusioni. Perché?
Bibliografia
Il Potere Nascosto degli Ipersensibili - Libro >> http://goo.gl/5CWfPp
Come trasformare Ansia e Sensibilità in carte vincenti
Christel Petitcollin