Dalla matematica di Leonardo Da Vinci al pensiero sistemico
di Davide Fiscaletti
Scienza e Fisica Quantistica
Leonardo comprese molto presto che la matematica del suo
tempo non era adatta a riprodurre e caratterizzare i risultati più importanti
delle sue ricerche scientifiche, la descrizione delle forme viventi della
natura nei loro continui movimenti e nelle loro continue trasformazioni. Invece
che alla matematica, egli ricorreva molto spesso al disegno per caratterizzare
graficamente le proprie osservazioni in immagini di incredibile bellezza,
capaci di sostituire i diagrammi matematici.
I disegni scientifici di Leonardo – sia che raffigurino
elementi di macchine, strutture anatomiche, formazioni geologiche, flussi
turbolenti dell’acqua o dettagli botanici di specie vegetali – non sono mai
rappresentazioni realistiche di una singola osservazione. Sono invece sintesi
di osservazioni ripetute, rese in forma di modelli teorici. Quando disegnava in
modo preciso i contorni degli oggetti, si trattava di immagini concettuali più
che realistiche, mentre quando realizzava immagini realistiche di un oggetto
rendeva i contorni confusi rappresentandoli come appaiono realmente all’occhio
umano.
Oltre a sfruttare la sua fenomenale capacità nel disegno,
Leonardo si servì anche di un approccio geometrico per rappresentare le forme
della natura. L’aspetto della geometria che affascinava in modo particolare
Leonardo era la sua capacità di rappresentare variabili continue. Leonardo
aveva compreso che sarebbe stata necessaria una matematica delle quantità
continue, per descrivere i movimenti e le trasformazioni incessanti che avvengono
in natura. Benché ovviamente non potesse disporre della teoria delle funzioni e
del calcolo differenziale, riuscì ad ampliare la geometria, sperimentandone
nuove interpretazioni e nuove forme che avrebbero prefigurato i suoi sviluppi
successivi.
A differenza di quella euclidea, che riguardava figure
rigide e statiche, la visione leonardesca della geometria è intrinsecamente
dinamica. Si può dire che Leonardo da un lato, usa la geometria per studiare
traiettorie e altri tipi di movimenti complessi nell’ambito dei fenomeni
naturali, dall’altro utilizza il movimento come strumento per dimostrare dei
teoremi geometrici. Leonardo definiva questa sua maniera di procedere
“geometria che si prova col moto” o “che si fa col moto”.
Il pensiero sistemico: dalla teoria generale dei sistemi
alla teoria della complessità
La fisica dei comportamenti collettivi e di quella che
oggi si chiama “complessità”, nasce con la fisica statistica verso la fine
dell’800 e consegue il suo primo successo in seguito all’azione combinata di
diverse discipline e prospettive, le quali hanno permesso di connettere,
mediante le distribuzioni di probabilità, le grandezze macroscopiche della
termodinamica con quelle microscopiche del moto molecolare. Sulla base della
constatazione che ben poche erano le situazioni in cui era possibile ottenere
una situazione analiticamente “chiusa” per la grande maggioranza delle
equazioni differenziali, che descrivono proprio i cambiamenti nel tempo e nello
spazio di una struttura dinamica, nasce la teoria qualitativa delle equazioni
differenziali, ad opera di giganti come Poincaré e Ljapunov, che si concentra
non tanto sui dettagli del processo evolutivo, quanto sugli stati di
equilibrio, sulle biforcazioni e sulle classi evolutive possibili per uno
stesso sistema in condizioni diverse. Ed è in questo contesto che nasce la
famosa teoria del caos: al crescere del numero di variabili e per funzioni
sempre più complicate (non linearità), sono possibili comportamenti dove si
manifesta un’enorme varietà di stati d’equilibrio (gli attrattori).
Questi strumenti trovano un bacino d’accoglienza
epistemologico negli schemi concettuali incrociati della teoria
dell’informazione (Shannon, 1948), della cibernetica (Wiener, 1948) e della
teoria dei sistemi (von Bertalanffy, 1968). In particolare, possiamo dire che,
con la teoria generale dei sistemi elaborata dal biologo austriaco Ludwig von
Bertalanffy, nasce come vero e proprio movimento culturale autonomo e peculiare
il pensiero sistemico, sviluppo naturale della scienza delle qualità di
Leonardo. Bertalanffy riteneva che i fenomeni biologici richiedessero un
approccio olistico e cercò di fondare la sua teoria generale dei sistemi su una
solida base biologica in cui il pensiero evoluzionistico – basato sui concetti
di cambiamento, crescita e sviluppo – facesse riferimento a una nuova scienza
della complessità. Benché non fosse stato in grado di risolvere il dilemma
introdotto dalla seconda legge della termodinamica (vale a dire di fornire una
spiegazione del perché l’evoluzione dei sistemi viventi si sviluppa verso un
ordine e una complessità crescenti, mentre il background, il mondo materiale
inerte è dominato da un sempre maggiore disordine), Bertalanffy tuttavia
riconobbe che gli organismi viventi sono sistemi aperti che non si possono
descrivere nei termini della termodinamica classica e si mantengono lontani
dall’equilibrio in uno “stato stazionario” caratterizzato da un continuo flusso
di energia e di materia dal loro ambiente.
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Scienza e Conoscenza - n. 58 - Rivista Cartacea >> https://goo.gl/Kl5Wci
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