venerdì 24 marzo 2017

Mal di schiena: e se dipendesse dai denti?




Mal di schiena: e se dipendesse dai denti?

Scritto da: Antonio Di Chiara

Terapie e trattamenti olistici



Mal di schiena: e se dipendesse dai denti?

In questo percorso, che abbiamo intrapreso, stiamo scoprendo che il mal di schiena è di per sé un problema multifattoriale.
Cosa significa multifattoriale? Questo termine intende il fatto che ci possono essere tante cause all'origini del nostro mal di schiena che, in parte, abbiamo visto insieme ovvero:

appoggio del piede,
emotività individuale interna,
sofferenza degli organi.
Occlusione mandibolare e mal di schiena

Quest’oggi parleremo di una causa cosiddetta discendente, ovvero che, dall’alto, crea problemi posturali verso il basso, e non ascendente quindi dal basso verso l’alto, come poteva essere il caso dell’errato appoggio podalico. I protagonisti di oggi sono i nostri denti! Spesso si afferma che ad ogni dente corrisponde una vertebra. Seppur vero, la nostra disamina è molto più ampia e generica.

Si tratta, infatti, della cattiva occlusione mandibolare che, qualora confermata, può portare tensioni muscolari che come vedremo si ripercuotono lungo tutto il corpo con un ordine ben preciso. A sua volta la cattiva occlusione mandibolare rientra tra le problematiche della cosiddetta ATM, articolazione temporo mandibolare, la quale ha la funzione di unire la mandibola alle ossa occipitali del cranio.

I sintomi di una cattiva funzionalità dell’ATM sono vertigini, acufeni, difficoltà a deglutire o a masticare quindi con problemi conseguenti all’apparato gastro intestinale causato da cibi mal digeriti. Ma come è possibile che una non buona occlusione dentale porti significativi problemi di postura? La spiegazione risiede nel fatto che spesso e volentieri questa problematica porta tensioni muscolari dapprima cervicali, che sono le più diffuse nel genere, ed ovviamente per compensazione, nel tempo, a tutto il resto della colonna vertebrale.

Come alleviare le tensioni muscolari cervicali

Come è mia consuetudine cerco sempre di fornire alcuni consigli utili al fine di alleviare queste tensioni. Nel caso di problematiche posturali strutturali, come in questo caso, è necessario procedere con una visita gnatologica e/o con trattamenti di un bravo osteopata. È possibile inoltre affiancare le sedute con i seguenti tre esercizi che perfettamente si integrano con l’operato sia del posturologo che dell’osteopata:

lavoro di distensione muscolare di tutto il tratto cervicale con dolci rotazioni della testa privilegiando la distensione cervicale portando, per intenderci, il mento verso il proprio sterno;
afferrare la testa e portarla dolcemente verso la spalla destra e sinistra. Una buona esecuzione è data tentando, nel corso dell’esercizio, di portare alternativamente l’orecchio destro e sinistro il più vicino possibile alla spalla di riferimento. In questo caso notate ed annotate quale parte fa più difficoltà e riportate il risultato al professionista che vi segue;
cercare nell’arco della giornata di non serrare in continuazione i denti e notare se si tende al bruxismo notturno di cui parlaremo nei prossimi articoli.


martedì 21 marzo 2017

C'è vita oltre la vita?




C'è vita oltre la vita?

Un cardiologo di fama internazionale indaga, con rigore scientifico, le esperienze di pre morte (NDE)

Scritto da: Redazione Scienza e Conoscenza

Medicina Non Convenzionale



C'è vita oltre la vita? Un cardiologo di fama internazionale indaga, con rigore scientifico, le esperienze di pre morte (NDE)

Il Dott.Pim van Lommel, cardiologo olandese di fama internazionale, oggi considerato il massimo espero in materia di NDE (Near Death Experience, ossia esperienze di premorte), si occupa ormai a tempo pieno della ricerca sulla relazione fra la coscienza e le funzioni cerebrali.

Le ricerche sulle NDE, intraprese a partire dal 1986, gli hanno procurato numerosi premi e riconoscimenti internazionali fra cui il Bruce Greyson Research Award assegnato dall’International Association of Near-Death Studies nel 2005 e un’onorificenza assegnatagli del presidente dell’India durante il World Congress on Clinical and Preventive Cardiology tenutosi a New Delhi nel 2006.


Conferenza – entrata libera a Torino

26.3.2017 ore 20,30

GAM Galleria civica d'arte moderna - C.so Galileo Ferraris, 30


La conferenza verterà proprio sui contenuti de libro che lo ha reso famoso, Coscienza oltre la vita, in cui espone le sue scoperte scientifiche sulle NDE. Dopo essere stato tradotto in tedesco, inglese, polacco, spagnolo, francese, lituano e cinese uscirà infatti a breve in italiano, a cura di un editore torinese: Amrita.

Ne hanno scritto recensioni entusiaste Raymond Moody (autore di numerosi bestseller internazionali sulle NDE), Kenneth Ring (professore di psicologia e ricercatore di fama internazionale sui legami fra coscienza e dopo-vita), Larry Dossey (uno dei maggiori esponenti della ricerca sui rapporti fra scienza e spiritualità), e molti altri.

Cosa sono le NDE?
Sono le esperienze di premorte. Accade che persone che i medici riconoscono essere clinicamente morte, per esempio a seguito di un intervento, poi tornino in vita, e che le loro testimonianze siano molto simili. Il fenomeno è in crescita e la scienza non lo può ignorare.

Per sapere di più sul suo lavoro e le sue attività: www.pimvanlommel.nl www.consciousnessbeyondlife.com

Info sulla conferenza (occorre prenotarsi anche se è ad entrata libera)

Contatti
Ufficio Stampa Edizioni Amrita
Barbara Curti
cell:+ 39 340 7249681


Descrizione libro

Il primo libro che affronta il tema della vita oltre la morte in maniera sistematica e scientifica, un documento importante firmato da un importante cardiologo!

La coscienza sopravvive o no alla morte?

Un cardiologo di fama internazionale ci illustra le sue strabilianti ricerche.

Proseguendo l’eccezionale percorso intrapreso da Raymond Moody, Jeffrey Long e altri, eccoci di fronte al mistero della vita dopo la vita indagato da una mente scientifica, dalla formazione solidissima e dal metodo inattaccabile, ma aperta ai risultati più sconvolgenti.

Una lettura che fa pensare, documentatissima e ricca di casistica.


Leggi in anteprima un estratto dal libro del dottor Pim van Lommel e scopri quali sono le sue ricerche da cardiologo esperto sulle esperienze di pre-morte

La prima unità coronarica negli ospedali olandesi venne aperta nel 1966, dopo che il massaggio cardiaco esterno, la somministrazione di ossigeno e la defibrillazione si erano dimostrate efficaci nel trattamento dei pazienti in arresto cardiaco.

L'arresto cardiaco era e rimane la causa di morte più comune nei pazienti colpiti da infarto miocardico acuto: negli Stati Uniti per questo motivo muore una persona al minuto, in Inghilterra ne muore una ogni due.

Con l'introduzione delle moderne tecniche di rianimazione e la creazione delle unità coronariche, il tasso di mortalità, in conseguenza di un arresto cardiaco, si è bruscamente ridotto e, ai giorni nostri, non è insolito che i pazienti sopravvivano.

Quando lavoravo come cardiologo, mi confrontavo con la morte quasi ogni giorno.

Anche se non avevo mai dimenticato il paziente rianimato nel 1969, e i suoi ricordi del periodo in cui era rimasto in arresto cardiaco, non avevo mai approfondito questa esperienza.

Tutto però cambiò nel 1986, quando lessi un libro sulle NDE (Near-Death Experience) scritto da George Ritchie, intitolato Return Front Tomorrow ("Ritorno dal domani", N.d.T.). Nel 1943, quando era ancora uno studente di medicina, si era ammalato di polmonite doppia e aveva sperimentato un periodo di morte clinica. In quel tempo l'impiego degli antibiotici come la penicillina non era ancora diffuso.

In seguito a un episodio dì febbre molto elevata e a un'estrema costipazione polmonare, egli era "trapassato": aveva smesso di respirare e anche il suo polso si era fermato. Era stato pertanto dichiarato morto da un medico e coperto con un lenzuolo.

Ma un infermiere, che era rimasto molto scosso dalla morte di quel giovane studente di medicina, era riuscito a convincere il dottore a praticargli un'iniezione intratoracica di adrenalina: una procedura assolutamente insolita in quei giorni.

Dopo essere rimasto "morto" per più di nove minuti, George Ritchie era ritornato cosciente, con immenso stupore del dottore e dell'infermiere. Era emerso in seguito che, durante il suo periodo di incoscienza, quello in cui era stato dichiarato morto, aveva avuto un'esperienza estremamente intensa dì cui ricordava moltissimi dettagli.

Sulle prime non era riuscito a parlarne, anche perché era rimasto molto turbato. Ma, successivamente, aveva scritto un libro che parlava dì quanto gli era accaduto in quei nove minuti. Dopo essersi specializzato in psichiatria, Ritchie iniziò a condividere le sue esperienze tenendo conferenze per gli studenti di medicina. Uno degli studenti che frequentavano queste conferenze era Raymond Moody. Moody rimase così affascinato da questa storia che iniziò a condurre ricerche sulle esperienze vissute in situazioni di morte imminente. Nel 1975 scrisse il libro Life After-Life ("La vita oltre la vita"), che divenne un best seller mondiale. In questo libro egli utilizzò per primo il termine Near-Death Experìence (NDE): esperienza di premorte.;

Dopo aver letto il libro di Ritchie, ho iniziato a chiedermi in che modo qualcuno potesse sperimentare uno stato di coscienza durante un arresto cardiaco e se questo fosse un evento comune. Così nel 1986 iniziai a chiedere sistematicamente a tutti i miei pazienti ambulatoriali, a cui era successo di essere riportati in vita, se avessero ricordi legati al loro arresto cardiaco. Fui molto sorpreso di sentire, nell'arco di due anni, ben dodici racconti di esperienze simili verificatesi tra più di cinquanta sopravvissuti a un arresto cardiaco. Da quella prima volta nel 1969 non avevo udito nessun altro racconto del genere: sia perché non avevo mai indagato fino ad allora queste esperienze, sia perché non ero mentalmente pronto a considerarle possibili.;

Ma tutti quei racconti, che adesso stavo ascoltando, suscitarono la mia curiosità. Dopo tutto, le conoscenze mediche ordinarie sostengono che è impossibile che la coscienza possa essere mantenuta una volta che il cuore ha cessato di battere.

Durante l'arresto cardiaco i pazienti sono clinicamente morti. La morte clinica è definita come un periodo d'incoscienza determinato dalla mancanza di ossigeno nel cervello perché o la circolazione o il respiro, o entrambi, si sono fermati. Se non vengono subito iniziate le manovre rianimatorie, le cellule cerebrali andranno incontro, nell'arco di cinque-dieci minuti, a un danno irreparabile e il paziente quasi sempre morirà, anche se l'attività cardiaca si riprendesse successivamente.

Domande sulla funzione cerebrale e sulla coscienza

La molla di tutto fu per me la curiosità: fu questa che mi spinse a porre domande, a cercare di spiegare la correlazione tra i fatti oggettivi e le esperienze soggettive.

Approfondendo le esperienze di premorte sentii sorgere in me un bel numero di quesiti fondamentali. Una NDE è uno speciale stato di coscienza che si verifica durante un periodo di imminente o di effettiva morte fisica, psicologica ed emozionale. Come e perché avviene una NDE? Cosa può causare il verificarsi di una NDE? Come può una NDE cambiare in modo così profondo la vita di alcune persone?

Non potevo accettare le risposte che venivano date a queste domande perché mi sembravano incomplete, imprecise o prive di fondamento. Nell'ambiente accademico in cui ero cresciuto mi era stato insegnato che c'è una spiegazione materialista e riduzionista per qualsiasi cosa. E fino a quel momento l'aveva sempre accettata come una verità inconfutabile.

Dopo essermi immerso negli aspetti personali, psicologici, sociali e scientifici delle NDE, ho scoperto che anche altre domande, che si sentono spesso porre, erano diventate importanti per me: chi sono io? Perché sono qui? Qual è l'origine della mia vita? Quando e come finirà la mia vita? E cosa significa la morte per me? La mia vita continuerà dopo la morte?

In tutti i tempi e in tutte le culture e durante ogni fase della vita - tra cui la nascita di un bimbo o di un nipotino, la morte di qualche persona cara o altri importanti momenti di crisi - queste domande essenziali vengono poste ripetutamente. Probabilmente ve le siete già poste anche voi. Eppure, raramente riceviamo risposte soddisfacenti. Qualunque cosa accada nelle nostre vite - sia che andiamo incontro a successi o a delusioni, e indipendentemente da quanto siano grandi la fama, il potere o le ricchezze che abbiamo raggiunto - non possiamo sfuggire alla morte. Ogni cosa che raccogliamo attorno a noi perirà in un futuro non troppo lontano. La nascita e la morte sono realtà di ogni singolo istante delle nostre vite, perché i nostri corpi subiscono un costante processo di morte e rinnovamento.

Alcuni scienziati non credono alle domande a cui non si può rispondere, ma credono a domande che vengono formulate in modo improprio. Nel 2005 la rivista Science pubblicò uno speciale numero anniversario in cui venivano poste 125 domande a cui gli scienziati fino a quel momento non erano riusciti a dare una risposta. La più importante era: «Di che cosa è fatto l'universo?» Seguita da: «Quali sono le basi biologiche della coscienza?» Mi piacerebbe riformulare questa seconda domanda nel modo seguente: «La coscienza ha una base biologica?» Possiamo anche distinguere tra aspetti temporanei e aspetti non legati al tempo della nostra coscienza. Questo fa sorgere le seguenti domande: «E possibile parlare di un inizio della nostra coscienza? E la nostra coscienza avrà mai fine?»

Per rispondere a queste domande, dobbiamo comprendere meglio la relazione tra la funzione cerebrale e la coscienza. Dobbiamo scoprire se esistono indicazioni che la coscienza sia presente durante il sonno, l'anestesia generale, il coma, la morte cerebrale, la morte clinica, il processo del morire e, infine, dopo che la morte è stata confermata. Se la risposta a qualcuna di queste domande è sì, dobbiamo cercare di trovare delle spiegazioni scientifiche e analizzare la relazione tra la funzione cerebrale e la coscienza in queste situazioni. Ciò solleva una serie di altre domande che troveranno risposta in questo libro:

Dove sono quando dormo? Posso essere consapevole di qualcosa mentre dormo?

Esistono indizi della presenza di coscienza durante l'anestesia generale. Come è possibile che alcuni pazienti in anestesia generale possano più tardi descrivere con precisione cosa è stato detto o addirittura cosa è stato fatto, in genere nel momento in cui sono insorte delle complicazioni durante l'operazione?

Possiamo parlare di coscienza quando una persona è in coma?

Un articolo recente su Science ha avuto come soggetto l'evidenza scientifica della presenza di coscienza in una paziente in stato di coma vegetativo. Questa è una forma di coma in cui sono conservati sia il respiro spontaneo che i riflessi del tronco encefalico. Test cerebrali hanno evidenziato che, quando a questa paziente veniva suggerito di immaginare alcune attività, come giocare a tennis o muoversi per casa, i monitor rilevavano cambiamenti identici a quelli che si verificavano in volontari sani a cui venivano date le stesse istruzioni.

Questo significa che i cambiamenti rilevati potevano essere spiegati solo assumendo che questa paziente, nonostante il suo stato vegetativo, non solo comprendesse le istruzioni verbali, ma anche le portasse a compimento. La ricerca ha dimostrato che questa paziente in coma era consapevole di se stessa e di ciò che aveva intorno, ma che il suo danno cerebrale le impediva di comunicare direttamente al mondo circostante i suoi pensieri e le sue emozioni. Nel suo libro Uit coma ("Fuori dal coma"), Alison Korthals Altes descrive anche di aver visto lo staff medico e la sua famiglia dentro e attorno all'unità di cure intensive durante il coma, durato tre settimane, conseguente a un grave incidente stradale.

Possiamo ancora parlare di coscienza quando una persona è stata dichiarata in stato di morte cerebrale?

Nel suo libro Droomvlucht in coma ("Sogno di volo in coma"), Jan Kerkhoffs ci parla della sua esperienza di coscienza dopo che i neurologi avevano dichiarato la sua morte cerebrale a seguito di complicazioni occorse durante un intervento di chirurgia cerebrale. Solo grazie al fatto che la sua famiglia si era rifiutata di donare i suoi organi, Jan ha potuto scrivere delle sue esperienze, perché, tra 10 stupore generale, ha ripreso conoscenza dopo tre settimane passate in coma.

La morte cerebrale davvero equivale alla morte, o segna invece l'inizio di un "processo del morire" che può durare ore o giorni? Che cosa accade alla nostra coscienza durante questo processo?

La morte clinica equivale alla perdita di coscienza? Molti racconti di NDE presentati in questo libro suggeriscono che durante un arresto cardiaco, cioè durante un periodo di morte clinica, le persone possono trovarsi in uno stato di coscienza eccezionalmente lucida.

Possiamo ancora parlare dì coscienza quando una persona viene "dichiarata morta" e il suo corpo è freddo?

Approfondirò questa domanda in seguito.

C'è ancora coscienza dopo la morte?

Possono le ricerche sulle NDE darci una qualche informazione su cosa accade alla coscienza quando una persona viene dichiarata morta? Dobbiamo cominciare esplorando le risposte alle domande: si può sperimentare la coscienza dopo la morte? E se sì, come? Come possiamo investigare su cosa accade alla nostra coscienza quando siamo morti? Da dove vengono le nostre idee sulla morte? Perché vogliamo sapere di più sulla morte, e sul significato di essere morti?

Il confronto con la morte solleva domande pressanti, perché la morte resta un tabù nella nostra società. Pure è normale che la gente muoia ogni giorno. Oggi circa 6.925 persone moriranno negli USA (375 in Olanda e 1.400 nel Regno Unito), mentre voi state leggendo questo libro. Questo significa che ogni anno muoiono negli USA più di 2.530.00 persone (155.000 in Olanda e 509.000 nel Regno Unito). Nel mondo, ogni anno muoiono più di 70.000.000 di persone. Tuttavia, poiché il tasso di natalità globale supera il tasso di mortalità, la popolazione mondiale continua ad aumentare. In media, negli USA ogni giorno nascono circa 11.000 bambini (515 in Olanda e 1.600 nel Regno Unito). Morire è normale quanto nascere. Eppure la morte è stata bandita dalla nostra società. Le persone muoiono sempre più in ospedale e nelle case di cura, anche se c'è una crescente preferenza di morire in casa o in un hospice.

Cos'è la morte, cosa è la vita, e cosa accade quando sono morto? Perché le persone sono così spaventate dalla morte? Di sicuro la morte può essere un sollievo dopo una malattia dolorosa. Perché i medici spesso percepiscono la morte di un paziente come un fallimento da parte loro? Perché un paziente "perde" la sua vita? Perché alle persone non è più permesso semplicemente di morire per una malattia grave e ormai terminale e invece vengono ventilate e alimentate artificialmente attraverso tubi e flebo? Perché alcune "persone negli stadi finali di una grave malattia tumorale scelgono la chemioterapia, che può prolungare per un po' la vita, ma che sicuramente ne riduce la qualità? Perché il nostro primo impulso è quello di prolungare la vita e posticipare la morte a tutti i costi? E la paura della morte a causare questo? E la paura nasce dall'ignoranza di cosa la morte potrebbe essere? Le nostre idee riguardo la morte sono assolutamente esatte? La morte è davvero la fine di tutto?

Anche nei corsi universitari di Medicina si presta scarsa attenzione a quello che potrebbe essere la morte. Al momento della laurea, i dottori perlopiù non hanno mai preso seriamente in considerazione la morte. Durante la vita nel nostro corpo muoiono 500.000 cellule ogni secondo, 30 milioni ogni minuto e 50 miliardi ogni giorno. Queste cellule vengono completamente rimpiazzate nelle 24 ore e, in questo modo, una persona ha un corpo completamente nuovo ogni due anni. La morte cellulare non coincide pertanto con la morte fisica.

Nel corso della vita, i nostri corpi cambiano costantemente da un secondo all'altro. Eppure noi non lo sentiamo e non ce ne accorgiamo. Come possiamo spiegare la continuità di questo corpo che cambia costantemente? Le cellule possono essere paragonate ai mattoni di una casa, ma chi progetta, pianifica e coordina la costruzione della casa? Non i mattoni stessi. Perciò la domanda ovvia è: come si può spiegare la costruzione e l'organizzazione di un corpo che è in continuo cambiamento da un secondo all'altro? Tutti i corpi, a livello biochimico e fisiologico, funzionano allo stesso modo, eppure tutte le persone sono diverse. La causa di questa diversità non è solo fisica. Le persone hanno caratteri, sentimenti, umori, livelli di intelligenza, interessi, idee e necessità differenti. La coscienza svolge un ruolo fondamentale in questa differenza. E qui sorge la domanda: noi esseri umani "siamo" i nostri corpi oppure "possediamo" i nostri corpi?

Più del 50% della popolazione olandese è convinta che la morte sia la fine di tutto. Queste persone credono che la morte del corpo segni la fine delle nostre identità, dei nostri pensieri, dei nostri ricordi, e che la morte sia la fine della nostra coscienza. In opposizione, una percentuale tra il 40 e il 50% degli olandesi crede in una qualche forma di vita dopo la morte. Negli USA tra il 72 (il 67% dei maschi e il 76% delle femmine) e il 74% delle persone crede nella vita dopo la morte. Nel Regno Unito circa il 58% ci crede. Eppure molte persone non si chiedono mai se le loro idee sulla morte sono davvero corrette, fino a che non si trovano a confrontarsi con il pensiero della propria morte in conseguenza di un lutto, o di un brutto incidente, o di una grave malattia che abbia interessato o un loro congiunto o qualche loro amico intimo.

Studiando tutto quello che è stato pensato o scritto sulla morte nella storia - in tutti i tempi, le culture e le religioni- possiamo essere in grado di formarci un quadro della morte diverso e migliore. Ma lo stesso può essere raggiunto studiando le recenti ricerche scientifiche sulle NDE. L'evidenza ha dimostrato che la maggior parte delle persone perde ogni paura della morte dopo una NDE. Una tale esperienza insegna loro che la morte non è la fine di tutto e che la vita prosegue in un modo o in un altro. Un paziente mi ha scritto dopo la sua NDE: «Io non sono qualificato per discutere di una cosa che può essere provata solo dalla morte. Tuttavia, per me personalmente questa esperienza è stata decisiva nel convincermi che la coscienza sopravvive alla sepoltura. La morte mi si è dimostrata non essere la morte, ma un'altra forma di vita».

Secondo le persone che hanno avuto una NDE, la morte non è altro che un diverso modo di vivere, con una coscienza aumentata e più ampia, coscienza che è dovunque contemporaneamente perché non è più legata a un corpo.


Indice

Introduzione

Capitolo 1 - Un'esperienza di premorte (NDE) e il suo impatto sulla vita
Capitolo 2 - Che cos'è un NDE?
Capitolo 3 - Cambiato da una NDE
Capitolo 4 - NDE nell'infanzia
Capitolo 5 - Non c'è niente di nuovo sotto il sole
Capitolo 6 - Ricerche sulle NDE
Capitolo 7 - Lo studio olandese sulle NDE
Capitolo 8 - Cosa accade al cervello quando il nostro cuore si ferma improvvisamente?
Capitolo 9 - Cosa sappiamo della funzione celebrale?
Capitolo 10 - Fisica quantistica e coscienza
Capitolo 11 - Il cervello e la coscienza
Capitolo 12 - La continuità del corpo in mutamento
Capitolo 13 - La coscienza infinita
Capitolo 14 - Alcune implicazioni degli studi sulle NDE
Capitolo 15 - Epilogo
Appendice

Glossario

Bibliografia

Ringraziamenti

Autore


Coscienza oltre la Vita - Libro >> https://goo.gl/kt13Qg
La scienza delle esperienze di premorte
Dr. Pim Van Lommel


mercoledì 15 marzo 2017

EnneaMediCina: Enneagramma e neuroscienze




EnneaMediCina: Enneagramma e neuroscienze

Scritto da: Liliana Atz

Consapevolezza e Spiritualità



EnneaMediCina: l’Enneagramma alla luce delle neuroscienze

Qual’è il messaggio che i Simboli, questi modelli archetipici dell’inconscio collettivo, da tempo immemore custodiscono per gli uomini di tutti i tempi?

Jung, il famoso psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero affermava che l’Archetipo è come un modello invisibile che determina quale struttura assumerà, ad esempio, un cristallo nel formarsi. Egli considerava il numero un’entità numinosa, sacra e lo ha definito come “un archetipo dell’ordine fattosi cosciente”.

Anche la scuola di Pitagora riteneva che "l'universo intero fosse armonia e numero" e come, di conseguenza, l'essenza ultima della realtà fosse la matematica.

Analogamente a Pitagora anche S. Agostino credeva che tutto avesse una relazione matematica e spettava alla mente ricercare ed investigare i segreti di queste relazioni o farsele rivelare da una forza divina. Sant'Agostino scrisse " I numeri sono il linguaggio universale offerto dalle divinità agli umani come riconferma della verità".

Gli Archetipi, queste raffigurazioni collettive dell’inconscio, essendo ereditate, sono un patrimonio comune dell’umanità e si ritrovano nei miti e nelle leggende di tutti i popoli.

Nella vita ci possono essere tanti Archetipi, quante situazioni caratteristiche, che si ritrovano nei modelli tipici e riconoscibili del comportamento umano, come simbolicamente rappresentato dai nove enneatipi dell’Enneagramma.

A livello psicologico l’Enneagramma si rifà al pensiero che l’intelligenza umana si estrinseca attraverso tre aspetti fondamentali collegati ai Centri Istintivo, Emotivo e Mentale. 

Cervello rettiliano

Questi tre centri corrispondono a tre diversi modi d’essere, a tre cervelli secondo la visione evoluzionistica di MacLean, ciascuno dei quali è caratterizzato da connotazioni comportamentali e caratteriali profonde, tipiche del centro stesso.

Il primo cervello, rettiliano (centro istintivo), si collega agli automatismi, ad esempio, del cuore e del sistema digestivo. E’ il centro che si occupa di garantire la sopravvivenza sia fisica che psicologica dell’individuo, il luogo del vigore, delle motivazioni, dell’azione.

Gli enneatipi 1, 8 e 9 si servono, primariamente, di questo centro per fronteggiare in modo adeguato le diverse situazioni della vita. L’apparato digerente e la zona del plesso solare sono qui molto coinvolti, per questo vengono anche definiti “tipi di pancia.

La memoria del proprio vissuto avviene in modo per lo più inconscio, con la forte mediazione di questo centro e la risposta a stimoli inconsci determina le risposte del conscio.

Il premio Nobel Eric Richard Kandel descrive un sistema di memoria a lungo termine, esplicita, verbalizzabile e ricordabile, riguardante la propria autobiografia, ma anche una memoria sotterranea implicita, non ricordabile e non verbalizzabile, fatta di sensazioni ed emozioni, piuttosto che di parole, una memoria somatica, collegata al cervello rettiliano.

Nei primi due anni di vita le esperienze infantili risultano depositate in questa forma di memoria, gestita dalla sede delle emozioni istintive per eccellenza che è l’amigdala, che, proprio perché non coscienti, non possono essere ricordate, verbalizzate e liberate, senza un preciso lavoro di coinvolgimento psico-corporeo sul cosiddetto “centro del fare”.

Questa memoria inconscia costituisce, infatti, il marchio, la struttura portante, la “madre” della personalità dell’individuo e continua, nel tempo, a condizionare la sua vita emotiva, cognitiva ed affettiva e, tornando a noi, direi, le funzioni degli archetipi enneasimbolici.

Sistema limbico

Il centro emotivo, il cervello limbico, è il luogo delle emozioni e dell’affettività, delle aspirazioni e dei legami. Esso si preoccupa soprattutto del presente. I tipi 2, 3 e 4 utilizzano essenzialmente questo cervello, che mette la relazione con la gente, al centro dell’ esistenza. Qui sono il cuore ed il sistema circolatorio ad essere molto coinvolti.

Ai giorni nostri la neuroscienza affronta la questione di come a livello cognitivo le funzioni psicologiche siano prodotte dai circuiti neurali; l’interazione tra il cervello ed il suo ambiente.

All’interno della neuroscienza, la PNEI indaga i rapporti tra la psiche il sistema nervoso, il sistema endocrino ed immunitario, i quali, attraverso la trasmissione nel corpo di molecole chiamate neuro peptidi, interagiscono ininterrottamente tra loro.

I neuropeptidi sono molecole psichiche in quanto trasmettono emozioni e segnali psicofisici che, in risposta a stimoli inconsci, raggiungono ogni distretto corporeo.

Come affermato da millenni dall’antica medicina cinese, arrivano oggi sempre più conferme di come le emozioni siano prima di tutto eventi fisiologici, eventi neurovegetativi strettamente collegati all’inconscio, alle esperienze non ricordabili, che influiscono sulla funzionalità dell’intero psiche-soma.

Neocorteccia

La neocorteccia, infine, la parte del cervello che contraddistingue la natura delle umane possibilità, cerca di dare un senso al Sè e al mondo, utilizzando il ragionamento, l’immaginazione e lo studio di differenti possibilità e punti di vista.

Nel centro della testa si muovono gli enneatipi 5, 6, e 7, le tipologie più interessate alle informazioni e alla razionalizzazione.

Il centro del corpo che li guida è il cervello ed il sistema nervoso centrale.

Per il neuroscienziato Goldberg Elkhonon l’emisfero destro del cervello umano si occupa delle novità, mentre il sinistro delle configurazioni ben sviluppate, dei programmi stereotipati.

Tutto ciò che è nuovo viene elaborato dall’emisfero destro e inviato al sinistro, che ne crea un modello.

Poiché le parti del cervello destro coinvolte nei processi emotivi lo sono anche nei processi di ragionamento, decisione ed elaborazione del pensiero, l’invecchiamento cerebrale si collega all’incapacità di apprendere cose nuove, all’irrigidimento emozionale che demotiva alle nuove scoperte e sperimentazioni e alla creazione di nuovi modelli. 5

Tornando al modello enneagrammatico troviamo che gli enneatipi 2, 3 e 4 si posizionano a destra, nell’emisfero collegato alle novità, all’analisi del contenuto emotivo dell’esperienza.

Gli enneatipi 5, 6 e 7, per contro, occupano la parte sinistra del modello, quella deputata all’analisi del significato delle parole e alla creazione dei modelli operativi.

In alto, all’interno del centro istintivo, l’origine e la risultante di un dialogo viscerale che influenza le risposte dei due emisferi cerebrali, si incontrano gli enneatipi 8,9,1. Le maschere di personalità con le quali l’individuo tutela la propria sopravvivenza sono da leggersi, quindi, come conseguenza di un lavoro incrociato tra i centri, tra genetica ed epigenetica.

Conclusioni

Poiché tutto è in costante vibrazione, compreso il DNA umano, che può variare il suo ritmo in base ai diversi stati emotivi, gli studiosi parlano di una rete strettamente intessuta che connette tutta la materia attraverso eventi vibrazionali.

DNA come antenna, quindi, come condensatore elettrico, come circuito oscillante in grado di ricevere e trasmettere onde elettromagnetiche e quindi informazioni.

Le nove 'trappole', o 'passioni' dell’Enneagramma (superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, ingordigia, lussuria, menzogna e paura) simboleggiano allora, esacerbazioni caratteriali, che impediscono all'energia di fluire liberamente, disattivando l’accensione dei geni all’interno del DNA?

La direzione controcorrente indicata delle frecce dell’enneagramma indica quindi il percorso più idoneo all’integrazione di psiche e soma e guida all’accensione dei geni del DNA?

Gli antichi, che già avevano capito tutto ciò, ci hanno trasmesso il loro sapere racchiuso in simboli, in numeri, che altro non sono che percorsi di crescita, di consapevolezza, di trasformazione condensati.


martedì 7 marzo 2017

Esercizi meditativi informali di Mindfulness




Esercizi meditativi informali di Mindfulness

Scritto da: Mariapia Borgnini

Consapevolezza e Spiritualità



Esercizi meditativi informali di Mindfulness

Con le pratiche di Mindfulness si raggiunge la consapevolezza di quello che succede nel corpo e nella mente nel momento presente e quando portiamo la piena consapevolezza a una qualsiasi attività quotidiana, stiamo praticando in modo informale. Ciò si diversifica dalle pratiche formali che sono più strutturate con focus di attenzione per esempio alle sensazioni del corpo, al respiro, all’ambiento sonoro, ai pensieri. In ogni caso, sia che abbiamo a che fare con pratiche formali o informali, di base resta che si tratta di pratiche e di praticare.

Con le pratiche informali si tratta di portare l’attenzione e la concentrazione ad attività che, seguendo lo stile di vita di ognuno, corrispondono ad azioni quotidiane come ad esempio fare le scale, lavarsi i denti, fare la doccia, portare a spasso il cane, mangiare, leggere, ascoltare musica…

Come portare consapevolezza nel quotidiano con la Mindfulness

Innanzitutto si tratta di scegliere un oggetto di attenzione, dopo di che intenzionalmente portiamo tutta la nostra concentrazione nel presente dell’azione. Ogni volta che ci rendiamo conto di aver vagato con la mente seguendo pensieri che non hanno a che fare con l’oggetto scelto, con gentilezza torniamo a concentrarci là dove abbiamo deciso di dirigere tutta la nostra attenzione a ciò che stiamo effettivamente facendo.

Per esempio se stiamo aspettando un autobus, piuttosto che diventare insofferenti e innervosirci, possiamo semplicemente rivolgere la nostra attenzione al nostro respiro, concentrandoci con curiosità su ciò che stiamo provando e sulle sensazioni del corpo.

Quali sensazioni ci provengono dai piedi sull’asfalto, dai rumori provocati dai nostri passi, dal sentire l’aria sul volto?

Possiamo scoprire come la nostra agitazione si manifesti, attraverso quali pensieri, quali sensazioni nel corpo, quali umori. Non si tratta di modificare quello che proviamo, ma di integrare nel campo della nostra consapevolezza l’esperienza che stiamo vivendo, imparando a decifrare le informazioni che il corpo e la mente ci trasmettono.

Perché realizzare le pratiche informali di Mindfulness

Lo scopo delle pratiche informali è quello di fare esperienza cercando di dare senso ad attività routinarie, ma allo stesso tempo complesse. Una di queste è mangiare. Di nuovo possiamo acquisire maggiore consapevolezza nel riconoscere i sapori, nel descrivere la consistenza del cibo, nel sentire il viaggio di un boccone verso lo stomaco, nell’isolare i pensieri che vengono a interrompere l’attenzione. Gustare il cibo, fare attenzione a quando si è sazi, capire che si sta mangiando e non che ci si sta sfamando è una grande conquista!

Nelle pratiche informali si tratta in definitiva di attivare un osservatorio e applicarsi con regolarità. Da bambini è piuttosto naturale ricominciare più volte un gioco, per esempio quando calpestavamo una linea che non dovevamo calpestare, o quando cadeva a terra una palla che non doveva cadere. Succede lo stesso con gli esercizi di Mindfulness informali: quando ci accorgiamo che la mente prende a vagare e ci siamo distratti, è opportuno fare tabula rasa e ricominciare. E come nel gioco la ripetizione ci permette di diventare più abili. Una pratica regolare ci permette di raggiungere livelli di attenzione più profondi e a percepire sensazioni corporee sempre più fini.

È possibile vivere la giornata con l’intenzione di essere presenti e dedicare l’attenzione a ciò che sta avvenendo nel preciso momento in cui stiamo vivendo.

Si tratta di diventare più consapevoli di dove sia la nostra attenzione in ogni momento. Possiamo fermarci un momento e pensare alla nostra giornata e alle attività che la caratterizzano, scegliendo delle attività che vorremmo utilizzare come momenti di esercizi meditativi informali impegnandoci a svolgerli in modo consapevole giorno dopo giorno.

Ringraziamo Mariapia Borgnini del network di professionisti olistici (Phedros), psicopedagogista, autrice di numerosi libri ed istruttrice Mindfulness-based presso l’Associazione Italiana Mindfulness per il suo contributo.