giovedì 21 dicembre 2017

Respirare bene per vivere meglio




Respirare bene per vivere meglio

intervista al campione di apnea e insegnante yoga Federico Mana

da: Redazione Scienza e Conoscenza

Terapie e trattamenti olistici


Respirare bene per vivere meglio: intervista al campione di apnea e insegnante yoga Federico Mana

La profonda correlazione tra respiro, sistema nervoso e rilassamento è nota non solo a chi fa yoga, ma anche nell’ambito di altre discipline incentrate sulla respirazione e della ricerca medica.

Federico Mana è un esperto di respiro: è apneista di profondità, primatista italiano e istruttore di apnea, ma pratica da anni e insegna anche lo yoga, disciplina che propone insieme all’apnea in programmi formativi orientati al benessere. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare come è nata la sua passione per il mare e l’apnea, come è riuscito a coniugare una disciplina estrema con i principi e le tecniche dello yoga e come tutti noi possiamo trarre beneficio dalla respirazione diaframmatica, consapevole e controllata.

Per iniziare, parlaci di “Federico Mana l’atleta”: come è avvenuto il tuo incontro con l’apnea, come sei diventato professionista, campione italiano e recordman?

Federico Mana - Ho iniziato come tutti ad amare l’acqua attraverso i corsi di nuoto. A dodici anni mio babbo mi regalò il mio primo fucile subacqueo è da allora non vi è più stato modo di tenermi fuori dall’acqua. La pesca subacquea mi regalava sensazioni di leggerezza e in acqua mi sentivo come pioniere in un mondo misterioso e affascinante.
Trasferitomi a Milano per gli studi universitari scoprii che esistevano corsi di apnea e decisi prendervi parte. La passione per l’acqua si risvegliò più forte che mai, al punto che decisi di approfondire questa disciplina diventando istruttore di apnea per diverse didattiche.
Dopo ben otto anni di vita a Milano l’amore per il mare mi chiamò in una maniera così forte che decisi di lasciare il lavoro e la carriera per tentare di vivere di mare e di apnea in Egitto.
La dedizione alla pratica fu tale da permettermi di stabilire, tra il 2007 ed il 2011, 8 record italiani in apnea e nell’agosto 2009 fui il primo italiano a raggiungere la quota di 100 metri in assetto costante diventando uno degli apneisti più profondi nel mondo.
Oggi l’apnea è per me una filosofia di vita e fortunatamente è anche il mio lavoro. È un lavoro fisicamente sfiancante, ma è anche una lunghissima vacanza che ogni giorno ti dona emozioni fortissime.

Nella percezione comune, la respirazione è vista come un automatismo – tanto che usiamo modi di dire come “naturale come respirare”. Il respiro in quanto funzione fisiologica è una funzione vegetativa autonoma, che avviene senza il controllo della volontà, ma che può essere modificata coscientemente, con un controllo volontario. Cosa significa “gestire con coscienza il respiro”?

Federico Mana - La frase “gestire con coscienza il respiro” ha ben due parole chiave che trovano riscontro nel metodo didattico che ho ideato per i miei seminari. La prima è gestire ovvero amministrare, governare, guidare. Gestire si traduce in un “saper fare” e rispecchia molto la cultura occidentale del fare, dove l’obiettivo principale è il risultato finale. La seconda è coscienza ovvero la capacità di “saper sentire”, in questa fase si ritorna al principio di ascolto, del qui e ora, alla filosofia yogica.
Chi inizia un percorso respiratorio spesso ricerca l’esercizio che lo farà migliorare, ambisce alla ricetta del successo respiratorio, in realtà prima di saper fare, o di fare meglio, è fondamentale sentire ciò che si fa in modo istintivo.
Ecco perché nei seminari che propongo, prima di parlare di “gestione cosciente del respiro”, affronto tutta la parte di “presa di coscienza del respiro istintivo”.
Ogni insegnamento non dovrebbe essere standardizzato per tutti ma dovrebbe partire dalle caratteristiche personali di ogni individuo potenziandone le abilità innate e migliorandone le criticità.

Perché respirare in modo lento e profondo? Quali effetti biofisici ha sull’organismo?

Federico Mana - Tutti hanno sperimentato almeno una volta nella propria vita un momento di agitazione, di ansia, di stress o di panico. Queste particolari condizioni emotive si ripercuotono sul corpo e sulla respirazione con una dinamica ben precisa, ovvero con l’aumento della frequenza respiratoria e la riduzione del volume aereo respirato.
Se una condizione emotiva è in grado di indurre una variazione fisica e funzionale, che in questo caso si traduce in una respirazione frequente e superficiale, è molto probabile che questa relazione funzionale valga anche al contrario.
A questo punto entra in gioco, e a nostro favore, la natura volontaria della respirazione: potendo noi influenzare volontariamente la respirazione possiamo decidere di respirare in modo lento e profondo (ovvero il contrario di frequente e superficiale) confidando che gli effetti si ripercuotano a livello emotivo generando calma, pacatezza, rilassamento e distensione.

Il diaframma è il principale muscolo respiratorio. Cosa puoi dirci sul ruolo della respirazione diaframmatica?

Federico Mana - Negli ultimi anni la “respirazione diaframmatica” è una moda e germoglia nell’immaginario collettivo senza delle concrete fondamenta, un po’ come quelli che “rinnegano l’olio di palma” senza sapere realmente il perché.
Infatti, ci si dimentica di dire che ogni respirazione è diaframmatica, anche quella più inconsapevole. Può essere una respirazione che coinvolge più o meno bene il diaframma ma comunque lo coinvolge sempre. È come parlare dell’importanza dei muscoli addominali e lombari nel sorreggere la parte alta del corpo: chi li ha poco potenti, elastici e mobili con maggiori probabilità potrà incappare in dolori della schiena più o meno importanti, chi invece li allena in modo adeguato potrà godere di una maggiore salute e di una migliore postura.
Allo stesso modo migliorare e allenare la diaframmatica ci permette di ottimizzare le capacità ventilatorie, di recuperare meglio la fatica e di ottimizzare la salute vascolare.