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sabato 22 dicembre 2018
giovedì 20 dicembre 2018
Bevo poca acqua, come reagisce il mio corpo?
Bevo poca acqua, come reagisce il mio corpo?
Medicina Non Convenzionale
Per tutti gli esseri umani è vitale bere acqua, è un atto
fisiologico, ma lo stiamo facendo nel modo giusto? In questo estratto dal libro
"Il Tuo Corpo Implora Acqua" di Fereydoon Batmanghelidj scopriamo
cosa succede al nostro corpo quando non beviamo abbastanza
Redazione Scienza e Conoscenza - 19/12/2018
Estratto dal libro Il Tuo Corpo Implora Acqua di
Fereydoon Batmanghelidj
Quando il corpo umano si sviluppò da specie che si erano
formate nell’acqua, esso ereditò la stessa dipendenza dalle proprietà vitali
dell’acqua stessa. Il ruolo dell’acqua nell’organismo delle specie viventi
-razza umana inclusa – non è cambiato sin dalla creazione della vita nell’acqua
marina e il suo successivo adattamento all’acqua dolce. Quando la vita sulla terraferma divenne un obiettivo, fu necessaria la
creazione di un
sistema sempre più
complesso di conservazione
dell’acqua nel corpo
per lo sviluppo
di nuove specie. Questo processo di temporaneo adattamento a una disidratazione
transitoria fu ereditato come un ben consolidato meccanismo nel corpo umano e
costituisce ora l’infrastruttura di tutti i sistemi operativi nel corpo degli
attuali esseri umani.
Carenza d'acqua
Per le prime specie che vivevano nell’acqua, l’avventura
al di là dei confini conosciuti rappresentava un grande stress perché
rischiavano di disidratarsi. Questo stress diede origine a una fisiologia
dominante per la gestione di crisi da mancanza di acqua. Negli esseri umani
“stressati”, si determina esattamente lo stesso cambiamento e la stessa
fisiologia di gestione della crisi da carenza d’acqua. Il processo comporta in primo luogo un netto
razionamento delle “riserve” idriche del corpo; viene accertato che la quantità
di acqua disponibile per gli immediati bisogni del corpo è limitata e la
gestione delle riserve idriche disponibili nell’organismo viene affidata a un
sistema complesso. Questo complicato processo di razionamento e di
distribuzione dell’acqua rimane in funzione finché il corpo non riceve segnali
inequivocabili che ha di nuovo accesso a una scorta d’acqua adeguata. Dato che
ogni funzione del corpo controllata e stabilizzata dal flusso dell’acqua, la
“gestione dell’acqua” è l’unico modo per essere sicuri che consistenti quantità
di acqua e di sostanze nutritive che essa trasporta raggiungano per primi gli
organi sommamente vitali che dovranno affrontare e trattare qualsiasi nuovo
“stress”. Questo meccanismo divenne sempre più stabilizzato ai fini della
sopravvivenza contro i nemici naturali e i predatori. È l’estremo sistema
operativo per la sopravvivenza nelle situazioni “o lotti, o fuggi”. È sempre lo stesso meccanismo nell’ambiente
competitivo della vita moderna nella nostra società.
Come reagisce il nostro corpo alla carenza dell'acqua
Uno degli inevitabili processi nella fase di razionamento
dell’acqua nel corpo è la spietatezza con cui
alcune funzioni sono controllate,
in modo che un organo non riceva più della sua quota predeterminata di acqua.
Ciò vale per tutti gli organi del corpo. All’interno di questo sistema di
razionamento dell’acqua, la funzione cerebrale ha priorità assoluta su tutti
gli altri sistemi. Il cervello
costituisce circa il 2% del peso totale del corpo, tuttavia riceve dal 18al 20%
della circolazione sanguigna. Gli “addetti al razionamento” diventano sempre
più attivi e mandano i loro segnali di allarme per mostrare che una particolare
zona è a corto di acqua: proprio come il
radiatore di un’auto-mobile che emette vapore quando il
circuito di raffreddamento non è adeguato allo sforzo della vettura.
Nelle società avanzate, pensare che tè, caffè, alcool e
bibite siano piacevoli sostituti per il naturale bisogno di acqua del corpo
sottoposto a uno stress quotidiano è un errore elementare, ma catastrofico. È
vero che queste bevande contengono acqua, ma esse contengono anche elementi
disidratanti (quindi diuretici). Esse fanno espellere non solo l’acqua in cui
sono diluite ma anche altra acqua presa dalle riserve del corpo! I
moderni stili di vita rendono spesso le persone dipendenti da ogni specie di
bevande prodotte per scopi commerciali. I bambini non vengono educati a bere
acqua e diventano dipendenti da bibite (gassate, con caffeina e dolcificanti) e
succhi di frutta. Questa è un’auto- restrizione delle necessità di acqua del
corpo. In linea generale, non è possibile bere bevande confezionate per
rimpiazzare completamente l’acqua di cui abbiamo bisogno. Allo stesso tempo,
una preferenza prolungata per il gusto di queste bibite riduce automaticamente
l’impulso di bere acqua quando esse non sono disponibili, conducendo così alla
disidratazione. Gli esperti di medicina ignorano le numerose funzioni chimiche
dell’acqua nel corpo. Poiché la disidratazione può causare la perdita di alcune
funzioni, i diversi sofisticati segnali mandati dagli operatori del programma
di regolazione idrica del corpo, mentre perdura una forte disidratazione, sono
stati interpretati come indicatori di malattie sconosciute. Questo è l’errore
fondamentale che ha fuorviato la medicina clinica.
Esso ha impedito ai medici di riuscire ad adottare misure
preventive o di fornire semplici cure idriche
e fisiologiche per
alcune delle principali
malattie umane. Al primo apparire di questi segnali, il corpo dovrebbe
essere rifornito di acqua perché sia distribuita dai sistemi di razionamento.
Invece ai medici è stato insegnato a far tacere questi segnali con prodotti
chimici. Naturalmente, essi non comprendono il significato di questo errore grossolano.
I vari segnali prodotti da questi “distributori
d’acqua” sono indicatori
di una sete
regionale e della siccità del corpo. Sul nascere, possono essere
cancellati semplicemente con una maggiore assunzione di acqua, ma vengono
impropriamente trattati con l’uso di prodotti chimici commerciali finché la
patologia non diviene stabile e nascono le malattie. Questo errore persiste con
l’uso sempre più frequente di prodotti
chimici per trattare
altri sintomi insorgenti,
le complicazioni della disidratazione diventano inevitabili e infine il
paziente muore. L’ironia di tutto ciò è che i medici dicono che è morto per una
malattia! L’errore di tacitare
i diversi segnali
di scarsità d’acqua con prodotti chimici è immediatamente
nocivo per le cellule. Il segnale, ormai fissato, che produce disidratazione
cronica può avere un impatto permanente di danno anche sui figli.
Sono lieto di sottoporre alla vostra attenzione questa
scoperta nell’ambito della conoscenza medica che può evitare alle persone, in
particolare agli anziani, di ammalarsi. In breve, la mia svolta paradigmatica
nella scienza applicata all’uomo darà luogo a un approccio basato sulla
fisiologia e semplificherà la pratica della medicina in tutto il mondo. Il
risultato immediato di questo svolta paradigmatica andrà a vantaggio della
salute della gente. Evidenzierà i sintomi della disidratazione in un’ottica
nuova e inoltre ridurrà i costi della malattia.
Il Tuo Corpo Implora Acqua - Libro
Credi di essere malato? Ti sbagli, sei solo assetato! -
Edizione Economica
Fereydoon Batmanghelidj
giovedì 13 dicembre 2018
Il tempo: come lo vede la fisica
Il tempo: come lo vede la fisica?
Scienza e Fisica Quantistica
In che dimensione si sviluppa il tempo? Come lo
percepiamo? In questo articolo leggiamo insieme tutto ciò che non sapevamo su
uno dei fenomeni più studiati di sempre: il tempo
Antonella Ravizza - 12/12/2018
Il tempo è quella dimensione in cui misuriamo il
trascorrere degli eventi e comprende il passato (un ricordo rappresentato da
una memoria del vissuto), il presente (una lettura del reale percepito) e il
futuro (una previsione). È un concetto molto complesso, per questo è da sempre
oggetto di studi e di discussioni, non solo scientifiche, ma anche filosofiche.
Secondo la fisica, il trascorrere del tempo inizia al momento della nascita
dell'Universo e il suo corso è determinato da tutti i cambiamenti di spazio e
di materia regolati da leggi fisiche. Tutto quello che si muove nello spazio
viene studiato anche in relazione al tempo, per esempio la terra ruota attorno
al proprio asse e sulla propria orbita, e queste rotazioni permettono la
distinzione tra giorno e notte, e quella tra primavera, estate, autunno e
inverno, quindi in questo caso è evidente che il movimento è legato al tempo.
Come percepiamo il tempo?
Ne percepiamo il suo trascorrere solo grazie al
cambiamento della realtà che ci circonda. Il tempo è quindi inteso come durata,
per questo si usa parlare in fisica di intervallo di tempo, perché ha un inizio
e una fine. Due diversi eventi possono definirsi simultanei quando avvengono
contemporaneamente, o uno può essere successivo all'altro nel caso contrario.
In fisica per misurarlo si usa l'unità del Sistema Internazionale, cioè il
secondo, con i suoi multipli (il minuto, l'ora, il giorno, la settimana, il
mese, l'anno, il lustro, il decennio, il secolo e il millennio). Lo strumento
di misura è l'orologio o il cronometro. Adesso esistono degli orologi atomici
che sono precisissimi. Gli orologi si basano sul confronto tra un movimento
nello spazio e un movimento campione (meccanico o elettronico). A volte il
tempo si usa anche come misuratore di distanze, per esempio si sente spesso
parlare di “anno-luce” per indicare la distanza percorsa dalla luce in un anno,
dal momento che la velocità della luce è nota ed è costante. Isaac Newton lo
definisce come “senso di Dio”, che scorre sempre immutabile.
Ci vogliono ancora dei secoli prima che Einstein, nella
sua teoria delle relatività, introduca il concetto di tempo non assoluto, che
dipende dalla velocità (Einstein fa riferimento alla velocità delle luce
c=300000 km/s) e che dipende dal riferimento spaziale preso in considerazione.
Per questo, secondo Einstein, è preferibile parlare di spazio-tempo: l'aspetto
cronologico e quello spaziale sono fortemente legati, inseparabili. Lo
spazio-tempo viene modificato dai campi gravitazionali, che possono deflettere
la luce e addirittura rallentare il tempo. Non solo, ma il tempo di un
osservatore si ottiene da quello di un secondo osservatore moltiplicandolo per
un fattore di conversione che dipende dalle velocità relative dei due osservatori
stessi. Questo in pratica ci dice che se dalla Terra potessimo vedere un razzo
mentre viaggia molto velocemente nello spazio, vedremmo l’equipaggio al suo
interno muoversi al rallentatore.
Il paradosso dei gemelli
È noto a questo proposito il “paradosso dei gemelli”: un
gemello parte per un viaggio nello spazio, su una navicella che si muove ad una
velocità prossima alla velocità della luce, mentre il suo fratello gemello
resta sulla Terra. Secondo le leggi della Relatività, al suo ritorno il gemello
che era partito sarà più giovane del gemello rimasto a terra. Ma sempre secondo
la Relatività tutti i sistemi di riferimento privi di accelerazione e di
cambiamento di direzione e sottoposti allo stesso moto sono uguali. Quindi il
paradosso è che secondo il gemello astronauta è la Terra a muoversi a una
velocità prossima alla velocità della luce; allora ci chiediamo: per quale
gemello è passato meno tempo? Chi dei due sarà più giovane dell'altro?
Naturalmente c'è una soluzione al paradosso: dobbiamo considerare che il
gemello sull'astronave ha fatto più cambiamenti di moto rispetto alla Terra
(durante la partenza ha accelerato, ha invertito la marcia per tornare
indietro, ha decelerato per potersi fermare). Sarà quindi il gemello
sull'astronave a ritrovarsi più giovane al suo ritorno. Secondo la Fisica
Moderna, il tempo è definito come la distanza tra gli eventi calcolata
utilizzando delle coordinate spazio-temporali quadrimensionali. In fisica
teorica si usa molto come unità di misura del tempo il tempo di Planck, cioè
il tempo che impiega un fotone che
viaggia alla velocità della luce a percorrere la lunghezza di Planck, che è
data dalla seguente relazione: , dove ħ
è la costante di Planck, G è la costante di gravitazione universale e c è la
velocità della luce nel vuoto. Il tempo di Planck risuta uguale a circa 5,4 x
10 -44 secondi ed è la più piccola quantità di tempo misurabile.
La Meccanica Quantistica
rivoluziona l'idea di tempo che ci eravamo fatti. Anche il tempo non è
continuo, ma quantizzato, anche se non possiamo dimostrarlo materialmente,
perché il tempo di Planck, cioè l'intervallo minimo possibile, è così breve da
essere al di là delle attuali possibilità sperimentali. Recentemente, peró, tra
i fisici emergenti dei nostri tempi,
nasce l'idea che la fisica moderna si capisce meglio dimenticando il tempo: è
più facile capire come funziona il mondo a livello fondamentale senza parlare
di tempo, la teoria descrive come si muovono le cose una rispetto all'altra.
Con la Meccanica Quantistica abbiamo capito che tutte le quantità fisiche sono
imprecise e fluttuanti; anche il tempo non è più lineare, ma è come se fosse
diviso in più parti dotate di spessore. Lo spazio e il tempo si frantumano in
una specie di schiuma microscopica. Il noto fisico Carlo Rovelli parla di
gravità quantistica a loop (LQG, loop quantum gravity). Questo non vuol dire
che il tempo non ci sia nella vita quotidiana, naturalmente, ma che il concetto
di tempo non è utile quando si studiano le strutture generali della materia.
“Tempo, non c’è tempo, sempre più in affanno, inseguo il
nostro tempo vuoto di senso. Senso di vuoto”…forse Franco Battiato nel 2007
aveva già previsto tutto?
L'ordine del Tempo - Libro » http://bit.ly/2SKyPc7
Carlo Rovelli
martedì 11 dicembre 2018
Frequenze quantiche di guarigione dell'acqua
Le frequenze quantiche di guarigione dell'acqua
Scienza e Fisica Quantistica
L'acqua è solamente quella che vediamo? In questo
articolo tratto dal libro Spiritual Mind di Carmen di Muro scopriamo ciò che
può comunicare l'acqua e perché è così importante ascoltarla
Carmen Di Muro - 10/12/2018
Estratto da Spiritual Mind di Carmen di Muro
L’acqua è una sostanza onnipresente e per noi usuale che
in realtà possiede proprietà davvero speciali per la salute e il nostro
benessere globale. Non esiste vita senz’acqua. Essa è fondamentale per tutti i
processi metabolici, ovvero l’insieme delle trasformazioni chimiche che
avvengono nelle cellule degli organismi viventi. Ed è proprio questa semplice
combinazione di idrogeno e ossigeno (H2O) a nascondere qualcosa di molto più
complesso rispetto a ciò che siamo abituati a pensare.
I numerosi ricercatori – tra cui i noti L. Montagnier, E.
Del Giudice, Emoto, R. Sheldrake – che nel corso del tempo si sono dedicati
allo studio delle proprietà dell’acqua hanno constatato che questa, in
determinate condizioni, ha la capacità di assorbire, immagazzinare e
trasmettere informazioni, sia genetiche che ambientali, a livello vibrazionale,
essendo essa sensibile alle onde elettromagnetiche. (…)
Noi uomini siamo immersi in uno spazio di strutture,
dalle particelle alle galassie, che vibrano e risuonano insieme come note
armoniche della stessa melodia. Ciò significa che non solo siamo influenzati
dall’ambiente, ma che noi stessi influenziamo tutto ciò che ci circonda. Alla
base della spiegazione di queste straordinarie dinamiche invisibili, che hanno
catturato lo sguardo di diversi studiosi, troviamo la teoria dei Campi
Morfogenetici, come pure la teoria della Coerenza Elettrodinamica Quantistica
(o QED, dall’inglese Quantum Electro-Dynamics) che si basa sul concetto di
risonanza e che afferma che in alcune sostanze, come l’acqua, si formi una
sorta di sintonia vibratoria tra le molecole che la compongono e un campo
elettromagnetico, grazie alla cui correlazione avviene la formazione di una
struttura molto particolare, ossia il dominio di coerenza, che è capace di
assorbire dall’ambiente energia ad alto contenuto informativo quantistico.
Emilio Del Giudice sosteneva che le molecole d’acqua comunicano tra loro solo
se vibrano alla stessa frequenza, risuonando insieme. Quando ciò accade si crea
la base per una fitta rete di scambio di informazioni.
I sorprendenti progressi scientifici raggiunti negli
ultimi anni in questo campo di indagine non possono non far sorgere nelle menti
più ricettive alcune domande fondamentali. Se il nostro corpo è costituito
prevalentemente d’acqua è possibile che l’ambiente esterno influenzi l’acqua di
cui siamo composti? Ma soprattutto è possibile che i nostri stati d’animo e i
pensieri la plasmino fino a conferirle proprietà curative?
Masaru Emoto ideò un procedimento che ha permesso di
fotografare l’acqua cristallizzata, costatando che la bellezza e la simmetria
dei cristalli sarebbe proporzionale all’esperienza che l’acqua ha vissuto a
livello vibrazionale. Negli esperimenti di Emoto quando l’acqua si trovava a
vivere esperienze ad alto contenuto energetico positivo, i cristalli
fotografati erano di forme armoniche, simmetrici e perfetti. Se invece l’acqua
si trovava a vivere in un ambiente vibrazionalmente negativo i cristalli
risultavano deformati quasi fossero sottoposti a stress. Si è notato, dunque,
che a seconda del trattamento subito, l’acqua forma strutture specifiche di
cluster, in quanto l’elettromagnetismo del luogo e di chi lo popola, ha un
effetto modellante sulla sua struttura, la quale assume conformazioni diverse
in virtù della carica energetica presente. Ma la cosa strabiliante è che sono
proprio i moti del nostro animo, come le emozioni e i pensieri, a esercitare
l’influenza più marcata sulle sue proprietà. Amore, gioia e gratitudine sono
vibrazioni potentissime a cui l’acqua risponde in modo molto particolare,
lasciando al suo interno tracce permanenti in grado di risuonare con le frequenze
dei sistemi biologici, così da riequilibrare l’organismo umano fiaccato da una
malattia e l’ambiente, se contaminato energeticamente. Inoltre si è visto che
in queste acque gli agenti patogeni perdono la loro aggressività, com’è stato
dimostrato con diversi test.
Ma in che modo avviene la guarigione concreta del nostro
organismo attraverso l’acqua? (…)
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Nuove prospettive di guarigione tra fisica quantistica e
coscienza
Carmen Di Muro
lunedì 10 dicembre 2018
Meditare ci aiuta a vivere meglio
La meditazione: perche' meditare ci aiuta a vivere
meglio?
Consapevolezza e Spiritualità
Meditare per vivere meglio? Meditare aiuta la nostra
mente e il nostro corpo a staccare e a stare meglio. Scopri insieme a noi come
e perché meditare cambia la tua vita
Andrea Giulia Pollini - 08/12/2018
Dopo aver letto il libro Bagaglio a mano per altre vite
di Massimiliano Perra mi sono resa conto che la mia vita andava troppo di
fretta: dovevo rallentare, ma come fare?
Presi dalla frenesia del quotidiano spesso non ci
rendiamo conto della velocità assurda a cui andiamo e, se ne diventiamo
consapevoli non sappiamo bene come gestire le nostre “pause”. Questo libro mi
ha fatto capire cosa dovevo fare: meditare. Quello che fino a poco tempo prima
mi sembrava una perdita di tempo è diventato un momento irrinunciabile della
mia vita quotidiana.
I benefici della meditazione
La meditazione è una disciplina che serve, in generale,
per raggiungere una maggiore padronanza delle attività della mente, in modo che
essa cessi il suo usuale chiacchierio di sottofondo e divenga assolutamente
acquietata e pacifica. Oltre ad aiutarci a “staccare” la spina, la meditazione
influisce sul nostro modo di vivere: più meditiamo, più siamo consapevoli di
vivere il momento presente e non ci preoccupiamo per il passato o il futuro.
Inoltre la meditazione ha effetti sul nostro cervello e sulle nostre onde
cerebrali. Come ci racconta nel suo libro Massimiliano Perra, quando siamo
coscienti, non quindi in stato di meditazione, l’EEG, ossia
l'elettroencefalografia, mostra onde che vanno dai 30 Hz ai 14 Hz che vengono
chiamate onde Beta. Se impieghiamo delle tecniche di meditazione passiamo dallo
stato cosciente a quello di veglia rilassata, con onde celebrali che vano dai
14 Hz agli 8 Hz che vengono chiamate onde Alfa. Infine se procediamo con la
meditazione arriviamo a uno stato di pre-trance, e in questo caso misurando le
onde celebrali, vedremo che sono calate ancora -tra gli 8 Hz e i 4 Hz- e
vengono chiamate onde Theta.
Si può proseguire dallo stato di pre-trance e arrivare a
uno stato di trance vero e proprio, come ci spiega Perra in Bagaglio a mano per
altre vite:
“Il nostro cervello è in grado di permanere in questo
stato per un tempo limitato (circa 90 minuti) dopodiché o si torna in Alfa o
Beta o ci si addormenta passando nello stato Delta (frequenze delle onde
cerebrali comprese fra i 4 Hz e gli 0,5 Hz). La meditazione, la pre-trance, la
trance, ed il sonno profondo, sono dunque degli stati perfettamente misurabili
da strumenti medici, non sono il frutto dell’immaginazione della persona. Nei
vari stati descritti, il nostro cervello modifica quindi la propria attività e
si riscontrano anche modificazioni sul nostro corpo e sulla nostra fisiologia.
Ricordiamo che esiste infatti una connessione fortissima fra mente e corpo e
che questi si influenzano a vicenda costantemente”.
Come meditare, istruzioni per l’uso
La meditazione è una pratica utilizzata da tutte le
religioni del mondo e non: cattolici, buddisti, Islamici e molti altri. Ogni
religione così come ogni persona può avere un metodo diverso per farlo.
Seguendo i consigli del libro di Massimiliano Perra possiamo seguire un metodo
che personalmente trovo molto efficace e semplice. Prima di tutto bisogna
creare intorno a noi un luogo sicuro, un’atmosfera tranquilla e accogliente: io
per esempio, quando la temperatura fuori lo permette, cerco un posto vicino a un
corso d’acqua, al mare oppure in un parco, comunque a contatto con la natura.
Non sempre è possibile meditare all’aperto quindi durante l’inverno lo faccio
in salotto. Dopodiché dobbiamo attivare i nostri sensi, se siamo al chiuso
diffondiamo nell’aria degli oli essenziali o incenso. Dobbiamo distenderci su
una superfice comoda e confortevole: con la testa ben appoggiata, il corpo
rilassato con le braccia tese lungo i fianchi e le mani rivolte verso l’alto.
Ora seguiamo la meditazione descritta nel libro di
Massimiliano Perra:
“Inizio a respirare profondamente e in modo consapevole…
Presto attenzione al mio respiro…
L’aria che entra e che esce…
La pancia che si gonfia e si sgonfia...
Ogni volta che l’aria entra, la pancia si sgonfia… E ogni
volta che l’aria esce, la pancia si sgonfia…
L’aria che entra dal naso e la pancia si gonfia… l’aria
che esce dalla bocca e la pancia di sgonfia…
L’aria che entra e che esce… entra…ed esce…
E mentre respiro profondamente, appena me la sento, posso
chiudere gli occhi..
Continuo a respirare e porto la mia attenzione al mio
respiro, come se non esistesse nient’altro… L’aria che entra e che esce dal mio
corpo…”
venerdì 7 dicembre 2018
La musica dell'universo, dal ronzio al suono...
La musica dell'universo, dal ronzio dei buchi neri al
suono rarefatto delle onde gravitazionali
Scienza e Fisica Quantistica
Che cos'è il suono e come si propaga? Nell'ultimo numero
di Scienza e Conoscenza Suono quantico, tutto vibra: dal DNA alle Galassie
nell'Universo parliamo della forma del suono e delle sue particolarità
Redazione Scienza e Conoscenza - 06/12/2018
Un'estratto da Scienza e Conoscenza n.66
Le onde sonore non possono viaggiare attraverso il vuoto
dello spazio, ma possiamo riconoscere i suoni dell’Universo osservando le onde
elettromagnetiche registrate da dispositivi chiamati spettrografi, installati
su potenti telescopi sparsi nel globo.
Questo ci consente di ascoltare molte parti dell’Universo, come i rintocchi
delle stelle che nascono o muoiono, il coro di un quasar all’interno di una
galassia e molto altro ancora.
Che cos’è il suono
Il suono è una forma di energia che a molti potrebbe
sembrare scontata. Forse l’impressione prevalente che incoraggia questo
atteggiamento è l’accettazione che sia naturale e abbondante come l’aria. Per
le persone che subiscono una perdita dell’udito temporanea o permanente, la
percezione del suono e dell’acustica ha implicazioni significative che creano
limitazioni e richieste di adeguamenti considerevoli agli altri sensi di
percezione e all’ambiente in cui operano. L’acustica, ovvero la scienza del
suono, fornisce all’uomo una maggiore consapevolezza del proprio ambiente. Il
suono è vibrazione. Quando una vibrazione . abbastanza veloce, la sentiamo come
un tono, piuttosto che una serie di battiti. Il suono, come la luce o il
calore, è un’onda. Tuttavia, una distinzione importante è che, a differenza
della luce o del calore (radiazioni), il suono ha bisogno di un mezzo per
viaggiare. I suoni richiedono la presenza di molecole o particelle per
viaggiare da una regione all’altra. La vibrazione verso l’esterno di queste
particelle vagabonde nella periferia della sorgente che spiega la produzione e
la diffusione delle onde sonore. Una particella che gironzola proprio accanto a
una corda pizzicata di una chitarra immersa nel movimento. Questa particella si
muove e trasferisce la sua energia cinetica alla particella vicina, che poi la
trasferisce alla sua vicina e così via, finché l’onda raggiunge i ricettori nel
nostro orecchio e viene percepita come una nota. Pertanto, la ragione per cui i
suoni non viaggiano nello spazio è perché non ci sono particelle. Detto questo,
che dire delle particelle di gas, resti di esplosioni di supernova e altre
particelle di polvere? Non possono propagare il suono? Stranamente, no. Queste
particelle, a differenza di quelle sulla Terra, non sono abbastanza vicine o,
per dirla in modo più elegante, non sono abbastanza compresse. Lo spazio è
praticamente vuoto, quindi le particelle dell’esplosione vengono disperse
immediatamente e di conseguenza non sono abbastanza dense da trasportare il
suono.
Suoni spaziali spettrali
Il suono è anche definito in termini di differenza di
pressione. Mentre il suono viaggia attraverso l’aria, allunga e contrae la
pressione dell’aria circostante. L’aria oscilla su e giù, e la differenza di
tempo tra queste oscillazioni è nota come frequenza del suono. Questa frequenza
è misurata in Hertz (una oscillazione al secondo). Il suono, come la luce, ha anche uno spettro.
Gli esseri umani possono sentire solo suoni di frequenze tra 20 Hz e 20 kHz:
tale intervallo è detto gamma acustica, in analogia con la gamma visibile di
luce nello spettro elettromagnetico. Le frequenze inferiori a 20 Hz sono note
come infrasuoni, mentre le frequenze superiori a 20 kHz sono gli ultrasuoni.
Anche la percezione è altamente consequenziale. Non possiamo sentire le
frequenze al di sopra o al di sotto della gamma acustica a causa dei vincoli
dell’apparato uditivo. Ciò che etichettiamo e modelliamo come “suono” è un
insieme di frequenze particolari a cui è sintonizzato il nostro orecchio. I
suoni nello spazio possono essere rivelati indirettamente studiando la
radiazione elettromagnetica emessa dalle nubi di polveri e gas attraversate
dalle onde acustiche. I suoni nello spazio sono stati registrati dalla NASA con
l’ausilio di apparecchi altamente sensibili, come l’Osservatorio a raggi X
Chandra. Gli astronomi hanno scoperto un buco nero supermassiccio che “ronza” a
250 milioni di anni luce dalla Terra, risiedendo nell’ammasso di Perseo. Hanno
osservato le increspature nel gas che riempivano questo ammasso, producendo la
“nota” più profonda rilevata da qualsiasi oggetto nell’Universo. Questo un
milione di miliardi di volte più profondo della più bassa frequenza di suono
che possiamo sentire. Perseo è il gruppo più luminoso di galassie che diffonde
raggi X, che lo rende il jukebox perfetto per trovare onde sonore nello spazio
che riverberano attraverso il gas nel cluster. Si stima che l’impulso
elettromagnetico sia stato generato dal movimento di gas caldo e magnetizzato
che ingloba il buco nero.
Scarica la rivista e leggi tutto l'articolo
Scienza e Conoscenza n. 66 >> http://bit.ly/2PLGBoi
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza
martedì 4 dicembre 2018
Che cos'e' l'attivismo quantico?
Che cos'e' l'attivismo quantico?
Ce lo racconta il fisico e ricercatore spirituale Amit
Goswami
Consapevolezza e Spiritualità
Verso una visione olistica dell'uomo, i nuovi metodi che
non includono solamente la cura della patologia ma anche la dimensione
energetica della persona. Leggi insieme a noi in questa intervista al professor
Amit Goswami e scopri tutte le nuove possibilità dell'attivismo quantico
Carmen Di Muro
Oggigiorno, la convergenza tra spiritualità e nuova
fisica sta spostando il mondo della medicina da una visione meccanicistica
dell’uomo a una visione olistica, in cui il concetto di cura include oltre alla
classica concezione riparativa, centrata sulla patologia, anche la dimensione
energetica della persona, la quale non è più considerata come un’entità
separata dal mondo e dagli altri, ma un soggetto agente nella creazione della
realtà manifesta. Dentro ogni uomo c’è un potere creativo che alberga nella
profondità dell’essere, un filo diretto con un “campo unificato di coscienza”
che intesse le trame della sfera individuale e che diviene strumento
indispensabile per segnare la realtà circostante, in uno scenario di
partecipazione fattiva ed attiva.
Questo il presupposto di partenza che ha visto
germogliare nel panorama nazionale l’Attivismo Quantico Europeo (A.Q.E.),
l’Associazione Scientifica diretta dal dottor Gioacchino Pagliaro, psicologo e
psicoterapeuta, direttore della UOC di Psicologia Ospedaliera nel Dipartimento
Oncologico della AUSL di Bologna che – in linea al Center for Quantum Activism
fondato in U.S.A. dal professor Amit Goswami, prestigioso scienziato e fisico
quantistico di fama mondiale – promuove una visione olistica dell’uomo e della
vita dove il ruolo della mente non locale, l’azione creatrice
dell’intenzionalità nei processi quantistici di guarigione e le medicine
complementari rappresentano un eccezionale arricchimento nell'azione di cura.
Al professor Goswami e al dottor Pagliaro si deve il grande merito di
diffondere con coraggio questa nuova consapevolezza, una luce di conoscenza che
attraverso le più recenti teorie ed acquisizioni scientifiche segna un cammino
che a piccoli passi può condurre a risultati straordinari. Abbiamo avuto il
piacere e l’onore di incontrarli entrambi di persona nel corso di uno
straordinario evento organizzato da Attivismo Quantico Europeo tenutosi a
Bologna lo scorso luglio, occasione in cui abbiamo raccolto le loro
testimonianze in questa intervista doppia in esclusiva per «Scienza e
Conoscenza».
Professor Goswami, lei è fautore della “Scienza della
Coscienza”, quali sono le basi e i presupposti epistemologici di questo
approccio?
La nuova scienza nasce dagli esperimenti di Alan Aspect e
di altri scienziati e teorici che nel 1982 hanno dimostrato la comunicazione
senza segnale, non locale tra oggetti quantici. Prima di questi esperimenti
l’idea dell’esistenza di due domini della realtà era qualcosa ancora da
dimostrare. La teoria quantistica e la matematica quantistica ci dicono che gli
oggetti sono costituiti da onde di possibilità e non risiedono nel dominio dello
spazio e del tempo, ma in uno del tutto nuovo chiamato “delle potenzialità”. La
sfida era quella di poter dimostrare l’esistenza di questi domini a livello
sperimentale. Fu poi Aspect a documentare l’esistenza di questo “campo” in cui
la comunicazione è istantanea. Ciò significa che questo è un dominio di Unità,
e ulteriori dettagli che sono stati poi aggiunti a queste ricerche hanno
comprovato che questa unitarietà proviene dalla coscienza, un dominio di
possibilità a cui tutti gli esseri umani appartengono.
Professor Goswami, quando è stata creata e come nasce
l’idea dell’Attivismo Quantico? Ma soprattutto quali contributi tangibili ha
generato?
L’idea dell’Attivismo Quantico mi è venuta mentre mi
stavo dedicando a un libro che cercava di dimostrare l’esistenza di Dio. Era il
2007/08 circa e lavorando a questa idea ho trovato una mia definizione. Questo
tipo di attivismo non poteva essere legato solo al cambiamento della società,
ma doveva avvenire in congiunzione e in sintonia con i tratti specifici del
carattere. Quindi un attivista quantico deve usare i principi della fisica
quantistica per cambiare sé stesso e il mondo allo stesso tempo. E questo è
molto simile all’idea di Ghandi che diceva “siate il cambiamento che volete
vedere”. Non a caso, l’Attivismo Quantico ha generato fin ad ora nuovi modelli
economici, politici, partecipativi e anche nuove idee per quanto riguarda
l’ambito sanitario e dell’istruzione.
Scarica la rivista e leggi l'intervista completa
Scienza e Conoscenza n. 66 >> http://bit.ly/2PLGBoi
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza
venerdì 30 novembre 2018
giovedì 29 novembre 2018
Il legame tra fisica quantistica e amore
Legame tra fisica quantistica, spiritualita' e amore
Intervista a Thomas Torelli, il regista che con i suoi
documentari indaga il legame tra fisica quantistica, spiritualità e amore
Consapevolezza e Spiritualità
Il legame tra fisica quantistica e amore, la stretta
relazione tra scienza e emozioni. Ce ne parla Carmen di Muro in questa
intervista al regista Thomas Torelli
di Carmen Di Muro
La vita è una questione di punti di vista, ce lo ricorda
la storia di ieri e quella di oggi, gli eventi solenni e le consuetudini
quotidiane, il pensiero dei grandi uomini e quello più velato dei semplici. Un
mare di punti di vista fatto di certezze e dubbi, di trasparenze ed opacità
dove ognuno può nuotare con lo stile che preferisce, trovando un faro
illuminante, una boa di riferimento per le situazioni critiche. Ma ci sono
piccole grandi cose che ci permettono di fare la differenza, come “un’immagine
che scorre sulla pellicola”, depositaria di storie, in grado di aiutarci a
sintetizzare il particolare e il generale, unendo soggettività ed universalità
in uno scenario di senso più ampio, che ci mostra la vita da una diversa
prospettiva di osservazione per abbracciarla e farla propria profondamente,
mettendoci in posizione privilegiata per porre le basi per la creazione di “Un
Altro Mondo”. Piccoli istanti sugellati in un frame che nutrono lo spirito di
una nuova consapevolezza, spingendo alla più intima riflessione su chi siamo,
ma soprattutto sul dove stiamo andando. Ed è proprio questa “chiamata al
risveglio collettivo” ciò che muove con passione Thomas Torelli, scrittore,
regista e produttore romano che ha fatto dell’amore per l’immagine il suo
lavoro e che in questa intervista per «Scienza e Conoscenza» si racconta.
Thomas il 2014 ha visto l’uscita del tuo film documentario
“Un altro mondo”: un viaggio di riscoperta attraverso la scienza e la fisica
quantistica. Tutto è Uno, e nell’universo tutto è energia in vibrazione che
produce la musica di suoni della realtà in cui siamo immersi: quanto è stato
importante portare questa grande verità nelle coscienze?
Per me è stato importantissimo perché la più grande
soddisfazione di questo mestiere e, in particolare, di questo film, è vedere
che quando riesci a trattare questi argomenti, riesci a dare speranza alle
persone, a confermargli cose che magari sentono nel proprio intimo, ma che
nessuno gli ha mai spiegato in maniera semplice e diretta. E allora noti che in
loro si scatena un’incredibile passione, nonché gioia e riscoperta del proprio
“Io” e della propria coscienza. Mi arrivano continuamente tantissimi messaggi
di gente che mi ringrazia perché attraverso i miei lavori riesce a riscoprire
un percorso, ad avere speranza e a vivere meglio. Questa è la grande
soddisfazione del mio mestiere, ossia sapere di fare cose belle, non fini a sé
stesse, ma d’aiuto per gli altri.
Quanto attraverso i tuoi lavori ha notato fattivamente il
risveglio comunitario nel mondo di oggi in cui si assiste ad una vera e propria
erosione d’identità storica, coscienziale, ma soprattutto spirituale?
Io ho il riscontro rispetto alle centinaia persone che mi
scrivono e che incontro nell’ambito delle tantissime conferenze che ho fatto
negli ultimi quattro anni e che mi raccontano come questi film hanno cambiato
la loro vita: ci sono davvero tantissime storie. Questo è davvero molto bello
ed è ciò che mi dà la forza di continuare, come diceva il grande Fabrizio De
Andrè, “in direzione ostinata e contraria”, sapendo che tutto ciò che si fa è
volto a un bene superiore.
Continua la lettura dell'articolo su Scienza e Conoscenza
66
Scienza e Conoscenza n. 66 >> http://bit.ly/2PLGBoi
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza
Carmen Di Muro
Psicologa clinica, psicoterapeuta ad orientamento
Cognitivo Post-Razionalista e ISTDP, quantum trainer e scrittrice, vive ed
opera in Puglia.
Aperta alla più ampia visione integrata dell’essere umano
nella sua inscindibile unità di psiche-soma, unisce la formazione accademica
con i suoi interessi nel campo della biologia, delle neuroscienze, della
medicina, della meccanica e fisica quantistica che le hanno consentito di
sviluppare un personale metodo di lavoro interdisciplinare
quantico-emozionale©.
Da sempre attratta dal mondo spirituale dell’uomo e
dall’essenza profonda dell’esistenza, orienta i suoi studi e le sue indagini
scientifiche verso un tema speciale: “La guarigione dell’anima”. È referente
per la regione Puglia dell’EFP- Group di Milano e oltre a svolgere l’attività
clinica, divulga il suo pensiero tenendo convegni e seminari in tutta Italia.
Autrice del libro “Essere è Amore. Dal Pensiero alla Materia. Viaggio
Scientifico nella Pura Essenza”, Gagliano Edizioni e “Anima Quantica. Nuovi
orizzonti della psiche e della guarigione” Anima Edizioni, è membro del
comitato scientifico e autore per la Rivista Nazionale “Scienza e Conoscenza” di
Macro Edizioni e autore di articoli e video per AnimaTV.
Per informazioni visita il sito: www.carmendimuro.com
Per contatti: info@carmendimuro.com
martedì 27 novembre 2018
Quanto e' importante masticare?
Quanto e' importante masticare?
Medicina Non Convenzionale
Scopriamo insieme quanto è importante masticare e perché
dobbiamo aiutare il nostro intestino nel miglior modo possibile, in questo
estratto dal libro Buona cacca a tutti del Dottor Adrian Schulte
Redazione Scienza e Conoscenza - 26/11/2018
Estratto dal libro Buona cacca a tutti del Dottor Adrian
Schulte
"La masticazione è il primo stadio della digestione
e, come vedremo, anche l’ultimo al quale prendete parte attivamente. Per questo
motivo ha per noi un’enorme importanza. La digestione in bocca consiste
soprattutto nella produzione di saliva e in una parte attiva: la masticazione.
La saliva può venire prodotta anche senza il nostro
aiuto, poiché, come dice il proverbio, ci viene l’acquolina in bocca. E questo
avviene anche senza avere davvero qualcosa in bocca. Il nostro cervello, la
nostra principale centrale di comando, ha in questo caso già elaborato le
informazioni ricevute dagli occhi, che hanno visto qualcosa di appetitoso,
oppure anche solo le informazioni puramente mentali che derivano dal desiderio
di mangiare qualcosa di dolce.
Conosciamo due diverse
qualità di saliva. Da una parte
abbiamo la saliva con funzioni di dilu-zione, che ci scorre in bocca come
acqua, ad esempio per bi-lanciare una pietanza piccante oppure anche una molto
dolce. Al contrario di
questa il secondo
tipo di saliva,
la saliva lubrificante,
viene prodotta grazie
a una masticazione
attiva. Essa è necessaria per
lubrificare gli alimenti. Senza questa saliva avremmo difficoltà a far
scivolare il chimo lungo l’esofago. C’è naturalmente un trucco per riuscirci,
che va a scapito della nostra digestione: bevendo del liquido possiamo
inghiottire il cibo anche senza averlo prima masticato, cioè senza aver
prodotto la saliva necessaria! Come vedremo in seguito, il nostro stomaco
soffre di ciò. Inoltre questa saliva lubrificante contiene un enzima che inizia
a digerire i
carboidrati. La scissione delle
catene lunghe di
carboidrati, che definiamo amidi, inizia dunque già in bocca. Riuscite
ad accorgervi di ciò e ad assaporarlo già con un picco-lo esperimento: se
masticate almeno 30 volte un pezzetto di pane raffermo vi accorgerete che la
poltiglia in bocca inizia lentamente ad avere un sapore dolciastro. Gli
zuccheri a catena corta scissi per via enzimatica hanno un sapore dolce, quelli
a catena lunga no. Attraverso la masticazione produciamo la saliva lubrificante
necessaria, ma questo non è tutto. Masticando vengono ridotti a pezzettini gli
alimenti, per assicurare una digestione corretta, e si attiva anche il senso
del gusto. Tramite un’esperienza gustativa intensa raggiungiamo una sensazione
di sazietà, la cosiddetta
«sensory-specific-satiety»,
che non ha
niente a che
vedere con lo
stomaco pieno, e
con la quale
possiamo terminare un
pasto senza stanchezza e sensazione di pesantezza allo stomaco.
Masticare per dimagrire
Chi mastica di
più assume meno
calorie, come ha
dimostrato uno studio nel quale si sono analizzati i comportamenti
alimentari di uomini magri e in sovrappeso. Questi ultimi non prendevano
bocconi più grandi degli altri soggetti normopeso, ma mangiavano più in fretta,
masticavano di meno e banchettavano più a lungo. Si è potuto dimostrare che
masticando bene, in media, si assumeva l’11,9 percento di calorie in meno. Se
si parte da un’assunzione quotidiana di 2000 kcal per un normo-peso, questo
porta 238 kcal in più al giorno. In questo modo abbiamo all’anno circa 86.870
kcal in eccesso. Ciò corrisponde a circa 10 kg di grasso! Naturalmente in
questo caso sono anche importanti il movimento, lo stress e molti altri fattori.
Ma perché si assumono meno calorie? Una masticazione accurata porta nel
sangue a una
diminuzione dell’ormone grelina, che stimola l’appetito.
Contemporaneamente si misura nel sangue un aumento di peptide glucagone-simile-1
e di colecistochina, ormoni che inibiscono l appetito. Ma non è tutto: la
masticazione porta a una migliore irrorazione sanguigna del cervello e aumenta
le capacità mentali. Dopo un’operazione all’intestino, una masticazione
prolungata favorisce il
processo di guarigione.
Con una masticazione
intensa si riesce a evitare il pericolo sempre presente di un’occlusione
intestinale dopo un intervento all’intestino. In questo modo si è anche potuto
dimostrare che una buona masticazione ha un influsso enorme sulla digestione,
su tutto il metabolismo e sulla irrorazione sanguigna del cervello.
Perché allora continuiamo a vedere raramente qualcuno che
mastica davvero bene?
Non è sempre
stato così. Tutti
noi conosciamo il proverbio «Ciò
che è ben masticato è per metà già digerito» e riusciamo anche a ricordare di
quando nostra nonna a tavola ci ammoniva che dovevamo masticare ogni boccone 32
volte. Questa regola è stata stabilita dallo statista britannico Wil-liam
Gladstone (1809-1898), il quale era convinto che dovessimo masticare ogni
boccone 32 volte perché abbiamo 32 denti. Horace Fletcher
riuscì a dimostrare
come, grazie a
una corretta masticazione,
fosse possibile mantenersi
o ritornare in
salute. Franz Xaver
Mayr (1875-1965) impiegò
l’allenamento alla masticazione nelle sue cure per ripristinare
le capacità del tratto digestivo e, in
seguito a ciò,
molti dei suoi
pazienti guarirono. Come è possibile che tutto questo sapere sia
andato perduto? Fino alla metà del XX secolo ci si aspettava che noi facessimo
qualcosa attivamente per il nostro benessere. Ogni singolo individuo era
corresponsabile della propria salute. Quanto più semplice il metodo tanto più
questo era apprezzato. Era chiaro a tutti che masticare bene migliorava la digestione
e di conseguenza anche la salute. In una società che si è trovata sempre di più
a lottare contro il superfluo e nella quale il sistema sanitario è stato
sottratto al singolo
individuo, ogni tipo
di responsabilità e
i principi base
di una vita
sana sono andati
perduti."
Buona Cacca a Tutti! >>> http://bit.ly/2RcoyFf
Adrian Schulte
Un intestino sano per migliorare la nostra salute fisica
e mentale - Con l'esclusivo programma "Detox intestinale in 10
giorni"
Macro Edizioni
mercoledì 21 novembre 2018
Universo Iperconnesso
Universo Iperconnesso: dalla non-localita' a una visione
unificante di spazio, materia, mente e vita
Scienza e Fisica Quantistica
Leggi l'estratto dal libro Universo iperconnesso di
Davide Fiscaletti che intende mostrare come, pur partendo dalla convinzione che
nel corso della storia la scienza ci ha portato teorie d’immane bellezza ed
eleganza su molti piani, sia possibile investigare nuovi scenari
Davide Fiscaletti - 21/11/2018
Tratto dal libro Universo iperconnesso di Davide
Fiscaletti
Il percorso della conoscenza – sosteneva Anassimandro nel
VI sec. a.C. – deve essere basato sulla ribellione contro certezze che appaiono
ovvie, sul fatto che la nostra immagine del mondo può essere sempre
perfezionata, che il mondo può essere diverso da come ci appare, che il nostro
punto di vista sul mondo è limitato dalla piccolezza della nostra esperienza.
La scienza – sosteneva Anassimandro – nasce da ciò che non sappiamo («che cosa
c’è dietro la collina?») e dalla messa in discussione di qualcosa che credevamo
di sapere, in altre parole la scienza consiste nel guardare più lontano,
nell’esplorazione continua di nuove forme di pensiero per concettualizzare il
mondo.
Compatibilmente con la visione della scienza come entità
dinamica, che è in costante evoluzione e riorganizzazione, in grado di generare
percorsi evolutivi i quali si possono intrecciare l’uno con l’altro, i saggi
pubblicati in questo libro intendono mostrare come, pur partendo dalla
convinzione che nel corso della storia la scienza ci ha portato teorie d’immane
bellezza ed eleganza con enormi benefici sul piano tecnologico, sia possibile
investigare nuovi scenari, in particolare si possano aprire nuove prospettive
riguardo all’immagine del mondo, alla visione della realtà che ci circonda, le
quali mettono in discussione idee che, nell’ambito del nostro approccio
limitato all’esperienza, appaiono ovvie.
Da un punto di vista generale, possiamo dire che, almeno
fino agli anni ’20 del Novecento, la visione del mondo predominante è stata la
visione meccanicistica e riduzionista, secondo cui l’universo sarebbe una
macchina inerte, governata da esatte leggi matematiche, nella quale i vari
fenomeni diventano via via più chiari allorché vengono frazionati in parti e
componenti sempre più piccole e in cui mente e materia sono viste come entità
indipendenti e separate. Oggi, tuttavia, alla luce delle scoperte scientifiche
soprattutto nell’ambito della fisica e delle scienze della vita, possiamo dire
di trovarci in una fase di transizione verso una nuova era nel senso che sta
emergendo nella scienza una visione olistica, sistemica ed emergentista.
Abbiamo infatti compreso che tutte le cose esistenti nell’universo – dalla
materia inanimata fino ad arrivare agli organismi viventi – sono intimamente
correlate l’una con l’altra dando luogo ad una fitta rete interconnessa di
relazioni, in cui l’intero è qualcosa di più della somma delle singole parti e
tra i vari livelli della natura esiste di fatto una struttura gerarchica a
generazione interdipendente in cui il principio fondamentale che si può
riscontrare è rappresentato dall’universalità dei comportamenti collettivi dei
vari sistemi. Allora, quale chiave di lettura unificante possiamo fornire dei
vari fenomeni della natura alla luce dei risultati della scienza contemporanea
in modo da dipingere un’immagine soddisfacente e comprensibile dell’universo?
Quale percorso possiamo costruire, nell’ambito di questa scienza sistemica, che
ci possa permettere di guardare più lontano, di scoprire cioè cosa c’è al di là
della nostra collina e di comprendere anche qual è il nostro posto, aprendo
così nuove prospettive nell’immagine dell’universo e nella nostra relazione con
esso?
A mio parere, all’interno di questa nuova maniera
sistemica, olistica di studiare la natura, un ottimo punto di partenza per
poter costruire un itinerario in grado di aprire nuovi scenari nell’immagine
del mondo è rappresentato dai contributi scientifici, nell’ambito della fisica
quantistica, portati dal fisico americano David Bohm, uno dei più grandi
pensatori dell’epoca moderna.
Continua la lettura
lunedì 19 novembre 2018
Ho smesso di fumare, ora cosa succede al mio corpo?
Ho smesso di fumare, ora cosa succede al mio corpo?
Medicina Non Convenzionale
Basta smettere di fumare per ripulire il nostro corpo?
Purtroppo no, ma conosciamo al giorno d'oggi molti rimedi naturali per
ritornare sani e riprendere in mano la nostra vita annebbiata da anni di fumo
ossessivo. Scopri insieme a noi come
Andrea Giulia Pollini - 16/11/2018
Sei riuscito a fare il grande passo, hai smesso di fumare
e ora? Ora stai cercando di capire tutti i benefici che ti sta portando. Da ex
fumatore sai che le difficoltà che hai superato, e che stai superando, in
realtà ti hanno reso molto forte. Ti senti molto meglio, stai riacquistando
l’uso di gusto e olfatto, ti senti più sano, come guarito da una brutta
malattia. Ma sei veramente sicuro che basti smettere di fumare per “guarire”
dai problemi che il tabagismo ti ha causato? Purtroppo smettere di fumare non
basta, anche se ovviamente è il passo più importante. In questo articolo ti
spiegherò come aiutare il tuo corpo a ripulirsi da anni di tabagismo
compulsivo.
Cosa succede al nostro corpo quando smettiamo di fumare?
Al nostro corpo bastano venti minuti per riprendersi dal
fumo dell’ultima sigaretta: la frequenza cardiaca, alterata dal tabacco, torna
alla normalità e la pressione sanguigna inizia a stabilizzarsi, permettendo
alla circolazione di migliorare.
Dopo dodici ore senza fumare vengono purificati polmoni e
sangue: le tossine rilasciate a seguito della combustione del tabacco non
permettono all’ossigeno di arrivare al sangue e ai polmoni.
Per riuscire ad aiutare veramente il cuore bisogna
arrivare almeno a ventiquattro ore: a questo punto il rischio
cardiocircolatorio inizia a diminuire. Nell’arco di una giornata la pressione
del sangue inizia a diminuire e, contestualmente, anche i rischi di coaguli di
sangue e ictus.
Dopo quarantotto ore il nostro olfatto e gusto stanno già
migliorando e riprendendo vita.
Dopo tre giorni di “astinenza” i livelli di nicotina nel
corpo sono pari a zero e anche se questa è una condizione assolutamente
positiva può causare mal di testa, malumore e facile irritabilità. Dopo trenta
giorni la capacità polmonare è praticamente ripristinata, si possono notare
meno tosse e più fiato.
Dopo nove mesi potrai considerarti un vero ex-fumatore:
le ciglia all’interno dei polmoni hanno recuperato la loro funzione e aiutano a
eliminare il muco e a combattere le infezioni.
Dopo dodici mesi si evidenziano meno rischi cardiaci, la
probabilità di malattie cardiache dopo un anno scende del 50%.
Dopo cinque anni il nostro corpo rinasce e arterie e vasi
sanguigni riescono finalmente ad allargarsi. Questo ampliamento significa che
il sangue ha meno probabilità di coagularsi e che si riduce il rischio di
ictus. Per arrivare al pari di un fumatore servono quindici anni di astinenza,
ma il vero traguardo sono vent’anni senza fumo momento in cui i medici
dichiarano che il rischio di morte per cause legate al tabagismo, tra cui
malattie polmonari e cancro, si riduce al livello di una persona che non ha mai
fumato nella sua vita.
Cosa puoi fare per pulire i tuoi polmoni?
Ora che conosciamo le tempistiche della guarigione del
nostro corpo possiamo aiutare i nostri organi e il nostro sangue a “ripulirsi”
al meglio e più velocemente per farlo possiamo utilizzare alimenti
detossificanti come lo zenzero, l’aglio, la cipolla e il peperoncino. Questi
alimenti hanno un gusto forte e non sono proprio apprezzati da tutti, quindi se
non volete mangiare cipolla e aglio, rischiando di avere anche un alito non
piacevole, potete sempre ricorrere ai suffumigi. I suffumigi, o fumi, con oli
essenziali di eucalipto, timo, lavanda e menta sono un grande aiuto per il
nostro corpo, soprattutto per i nostri polmoni. Inoltre è molto importante
praticare con costanza attività fisica all’aria aperta, permettendo ai polmoni
di respirare aria “buona”. Esci a fare una camminata in campagna o in un parco,
meglio ancora in montagna. Anche bere acqua in abbondanza è molto utile per
agevolare l’espulsione delle tossine da parte dell’organismo. Per concludere
uno stile di vita sano e una dieta varia sono le basi per ripartire alla grande
dopo anni ingrigiti dal fumo di sigaretta.
Le novità che porta la tecnologia
Una cosa molto bella che ho scoperto recentemente, avendo
io stessa smesso di fumare, sono delle applicazioni che si possono scaricare
sui nostri cellulari e che giornalmente ti seguono nella tua disintossicazione
da sigaretta. Generalmente nell’applicazione puoi trovare una chat di supporto,
dove si possono raccontare le proprie difficoltà a persone che stanno, come te,
smettendo di fumare e dei punti dove ti vengono ricordati tutti i benefici
della tua scelta. Utilizzare l’applicazione che aiuta a smettere di fumare è
anche una soddisfazione per sé stessi, perché tutti i giorni si possono vedere
quante sigarette abbiamo evitato, quanti soldi abbiamo risparmiato, e quanto il
nostro stato di salute migliora costantemente.
Quindi, caro lettore, non hai più scuse, rimedi naturali
e tecnologia sono dalla tua parte, smetti ora e riprendi in mano la tua vita.
Come Smettere di Fumare
Strategie per liberarsi in tempi brevi dalle dipendenze
da fumo
Branka Skorjanec
Ipnosi - Smettere di Fumare - CD
Charlie Fantechi
venerdì 16 novembre 2018
giovedì 15 novembre 2018
Cosa significa la parola scienza?
Cosa significa la parola scienza?
Scienza e Fisica Quantistica
Cosa significa la parola scienza? Il rapporto tra scienza
e scienziati come è cambiato nel corso dei secoli? In questo entusiasmante
estratto dal libro Fenomeni impossibili di Dean I. Radin capiamo il vero
significato della parola scienza
Redazione Scienza e Conoscenza - 14/11/2018
La scienza può essere definita come un corpo di fatti
diffusamente accettato e un metodo per procurarsi tali fatti. Gli scienziati
sono pronti a discordare, tuttavia, su che cosa significhi “diffusamente
accettato”, quali “fatti” e quali “metodi” si intendano, che cosa si intenda
con “intendere”, e addirittura a volte che cosa “significhi”.
Ne risulta che la definizione di scienza dipende in gran
parte dalla persona a cui la si chiede. Non siamo troppo lontani dal vero se
ripetiamo la definizione concisa “la scienza è ciò che fanno gli scienziati”.
In ogni caso, la maggior parte degli scienziati sarebbe probabilmente d’accordo
sul fatto che ciò che ha reso grande la scienza è stato il metodo scientifico.
In cosa consiste, quindi, questo metodo, e perché è così grande? Se gli
scienziati non riescono facilmente a mettersi d’accordo su che cosa sia la
scienza, sembra improbabile che possano concordare su qualcosa di più complesso
come “il” metodo scientifico. Gli psicologi Robert Rosenthal, dell’Università
di Harvard, e Ralph Rosnow, della Temple University sostengono che il “metodo
scientifico” sia difficile da definire in quanto «il termine “metodo
scientifico” è di per sé circondato di controversie, ed è una definizione
inappropriata di cui bisogna liberarsi, dal momento che nella scienza esistono
molti metodi riconosciuti e legittimati».
Un elemento comune alla maggior parte delle diverse
varianti del metodo scientifico è l’uso dell’osservazione controllata e
disciplinata. Tuttavia, la sola osservazione è insufficiente. Come ha scritto
il filosofo Jérome Black: «Nessuna osservazione o generalizzazione, né
l’ipotetico uso deduttivo delle presupposizioni, né l’utilizzo di strumenti, né
la costruzione matematica, né tanto meno tutte queste cose insieme si possono
considerare essenziali alla scienza». Molti altri scienziati e filosofi hanno
concordato sul fatto che le semplici definizioni sono troppo restrittive per
catturare l’essenza del metodo scientifico. I tentativi per chiarire la
definizione spaziano dall’arguzia («Lo scienziato non ha altro metodo che fare
del suo meglio» all’anarchico («Il successo nella scienza si raggiunge soltanto
perché gli scienziati infrangono ogni regola metodologica e adottano il motto
“tutto fa brodo”»). Ma questo non è molto illuminante.
Il metodo scientifico e le sue particolarità
La particolarità del metodo scientifico può essere
illustrata con maggior efficacia confrontandolo con i precedenti e
prescientifici metodi di ricerca della conoscenza. Come spiega L.L. Whyte:
«Intorno al 1600 Keplero e Galileo hanno simultaneamente e dipendentemente
formulato il principio per cui le leggi della natura devono essere scoperte per
mezzo della misurazione, e applicato questo principio nel proprio lavoro.
Laddove Aristotele aveva classificato, Keplero e Galileo hanno cercato di
misurare». Oltre alle attente osservazioni e misurazioni, un punto di forza
fondamentale del metodo scientifico è il suo affidarsi al pubblico e comune
accordo sull’effettiva correttezza delle misurazioni. Questo approccio alla
conoscenza si distingue drasticamente da quelli precedenti, come le
argomentazioni logiche predilette dai filosofi o l’accettazione dogmatica delle
scritture richiesta dalle autorità religiose. L’idea di un comune accordo sulle
misurazioni ha portato al rigoroso requisito della scienza (o almeno delle
scienze sperimentali) che i fenomeni siano indipendentemente e ripetutamente
misurabili perché questo consenso si possa formare. In altre parole, l’idea di
ripetibilità, o riproducibilità, è diventata approssimativamente l’equivalente
di una verifica di stabilità. Se un fenomeno è altamente instabile, non
possiamo essere sicuri di stare misurando un effetto reale, un qualche altro
effetto o semplicemente delle variazioni casuali. Con questo genere di
confusione nessun consenso può essere raggiunto e l’esistenza dell’effetto in
questione rimane dubbia.
Gli scienziati del diciassettesimo secolo non avevano
ancora sviluppato dei metodi per distinguere chiaramente tra effetti reali e
caso, e dunque erano costretti a girare intorno a molti interessanti fenomeni
fisici, biologici e psicologici, ovvero quasi tutto ciò che oggi è oggetto di
scienza. Fortunatamente, qualche effetto fisico e astronomico era abbastanza
stabile (o così esattamente periodico) da assicurare il successo ai primi
tentativi di misurazione. Senza tali effetti stabili la scienza come la
conosciamo sarebbe miseramente fallita e staremmo ancora discutendo come ai
tempi di Aristotele. Questi dibattiti filosofici tipicamente erano qualcosa
come: «Sì, è così». «No, non è così». «Sì, lo è». «No, non lo è». «Sì! No!».
Come ha fatto notare il filosofo Bertrand Russell: «Questo può sembrare strano,
ma non è colpa mia».
Leggi l'interessante articolo di Dean I. Radin uscito su
Scienza e Conoscenza
Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea >> http://bit.ly/2PSx3rV
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza
Autori Vari
lunedì 12 novembre 2018
Sindrome metabolica: di cosa si tratta?
Sindrome metabolica: di cosa si tratta?
Ce lo spiega la dottoressa Anna Villarini
Alimentazione e Salute
Sindrome metabolica o sindrome X, che patologie scatena?
Come rendersi conto di averla e come prevenirla con l’alimentazione e gli stili
di vita? Ce lo spiega la dottoressa Anna Villarini che sarà presente al
Congresso Nazionale di Saluscienza
Redazione Scienza e Conoscenza - 12/11/2018
Sindrome metabolica, chiamata anche sindrome X colpisce,
dopo i sessant’anni, il 35 per cento della popolazione, ovvero oltre una
persona su tre e, se non presa sul serio, è l’anticamera per numerosa e gravi
patologie, dal diabete al cancro. Per capire meglio di cosa si tratta abbiamo
posto alcune domande alla biologa nutrizionista Anna Villarini, stretta
collaboratrice di Franco Berrino all’Istituto Tumori di Milano.
Che cos’è la sindrome metabolica e quali sono i segnali
della sua comparsa?
La sindrome metabolica, innanzitutto, non è una
patologia, ma un insieme di fattori di rischio. La si potrebbe quindi definire
uno stadio pre-clinico di alcune patologie. Le persone a cui viene fatta
diagnosi di sindrome metabolica hanno cioè un maggior rischio di ammalarsi di
malattie cardiovascolari, di alcune malattie istologiche, di diabete e di tutta
una serie di patologie importanti, legate anche all'avanzare dell'età. La prima
cosa da chiarire è quindi la differenza fra una malattia vera e propria e le
fasce più a rischio, tant'è che la Sindrome metabolica – quando in fase
iniziale e quando non sottende altre patologie – non si cura con i farmaci, ma
con lo stile di vita, perché i parametri che la compongono non sono ancora
parametri patologici.
Di sindrome metabolica – prima si chiamava "Sindrome
X" – si parla dalla prima metà del Novecento. Già allora si era visto che
alcuni valori un po' fuori norma si associavano ad alcune patologie, però non
era stata definita correttamente come oggi. Nel 2005, l'International Diabetes
Federation, ma anche l'American Heart Association, hanno cercato di dare delle
definizioni più corrette. L'International Diabetes Federation ha diviso per
etnie i parametri che definiscono la Sindrome metabolica, perché uno dei parametri
più importanti è quello dell'obesità addominale. Poiché le persone, a seconda
della razza, sono strutturalmente diverse, non si è trovato un modo di misurare
l'obesità addominale – ovviamente, senza fare dei test invasivi quali la TAC –
uguale per tutti. È stato quindi stabilito che nelle popolazioni dove le
persone sono tendenzialmente più grandi (ad esempio, l'America del Nord), il
giro vita, che è appunto la stima del grasso addominale, nella donna non deve
superare gli 88 centimetri e nel maschio i 102 centimetri. Per l'etnia europea,
però, la donna non dovrebbe superare gli 80 centimetri di giro vita e l'uomo
non dovrebbe superare i 94 centimetri. Il giro vita si misura nel punto più
stretto, che solitamente corrisponde a due o tre dita sopra l'ombelico. Non si
misura mai nell'ombelico, perché all'ombelico siamo tutti più sporgenti.
Al giro vita elevato si associamo altri quattro fattori
di rischio, che sono: la pressione arteriosa superiore a 130/85; i trigliceridi
superiori a 150; la glicemia superiore a 100; il colesterolo buono (HDL)
inferiore a 40 nel maschio e inferiore a 50 nella femmina.
Come dicevo la sindrome metabolica non è una patologia:
faccio un esempio per chiarire meglio. La pressione arteriosa diventa
patologica, quindi necessita di un farmaco, quando è sopra 140/90. Qui, però,
il limite che viene messo è più basso di 140/90, infatti è di 130/85. La
glicemia diventa patologica quando il glucosio è sopra 126 e si associa anche,
tra l'altro, ad emoglobina glicata alta. Pertanto una glicemia a 100 non porta
alla diagnosi di diabete e non deve essere trattata farmacologicamente.
Questi sono parametri che aumentano il rischio di avere
una patologia, che però posso correggere modificando gli stili di vita, quindi
non devo prendere un farmaco. La diagnosi di sindrome metabolica si fa quando,
di questi cinque fattori di rischio di cui abbiamo detto, se ne presentano
almeno tre. Da tre a cinque, è Sindrome metabolica, mentre da uno a due non si
fa ancora diagnosi, ma anche in questo caso si dovrebbero consigliare stili di
vita adeguati per riportare nella norma i parametri.
I 5 fattori di
rischio della sindrome metabolica
1) Misura del girovita non superiore a 80 cm per le donne
e 94; per gli uomini per la razza europea.
2) Pressione arteriosa superiore a 130/85;
3) Trigliceridi superiori a 150;
4) Glicemia superiore a 100;
5) Colesterolo buono (HDL) inferiore a 40 nel maschio e
inferiore a 50 nella femmina.
La diagnosi di sindrome metabolica si ha quando si
manifestano almeno 3 fattori di rischio su 5.
Continua la lettura dell'articolo su Scienza e Conoscenza
66
Scienza e Conoscenza n. 66 >> http://bit.ly/2PLGBoi
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza
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