giovedì 24 gennaio 2019

L'architettura neuro-archetipica della coscienza



L'architettura neuro-archetipica della coscienza

Psicologia Quantistica


La stratificazione del cervello secondo la neuroscienza. Un nuovo modo di vedere la mente umana, la coscienza e l'esperienza individuale

Carmen Di Muro - 23/01/2019

L'uso della metafora archeologica per descrivere la mente umana è stata ampiamente utilizzata da psicologi e psicoanalisti per definire il substrato mentale come “spazio ancestrale” della galassia interiore che poteva essere scoperto scavandone la sua profondità. S. Freud fu il primo ad inoltrarsi in questo viaggio, paragonando la complessità e la bellezza della psiche all’antica città di Roma, dove il trascorrere del tempo veniva fissato indelebilmente, manifestandosi nella stratificazione monumentale che univa il passato con l'era moderna.

Da qui il passo verso l’esplorazione dell'organizzazione multistrato della mente da una prospettiva neuroscientifica fu breve, conducendo molti autori ad ipotizzare che la coscienza non fosse un fenomeno unitario, ma complesso: suddiviso in molteplici livelli sovrapposti creati non solo nel corso dell’esperienza individuale, ma via via stratificati dall’incedere dell’evoluzione collettiva.

Tra questi ricordiamo J. H. Jackson, padre della neurologia inglese, che offrì una descrizione gerarchica del funzionamento cerebrale. Le sue interessanti intuizioni furono successivamente sviluppate in modo dettagliato da MacLean (1990), il quale integrando le prospettive neuroanatomiche umane con quelle animali, pose le basi per una visione neuroevolutiva essenziale alle scienze moderne.  Egli concettualizzò tre strati sovrapposti: il cervello neocortico-razionale, caratteristico della nostra specie, un cervello limbico-emotivo intermedio, caratteristico di tutti i mammiferi, e il cervello viscerale-istintuale, caratteristico dei rettili. Sebbene i paradigmi dominanti neurocognitivi localizzavano la vita soggettiva ai più alti livelli dell'organizzazione cerebrale, principalmente come conseguenza dell'accumulo di memorie individuali immagazzinate all'interno dei circuiti neuroplastici del prosencefalo, questi importanti studi neuro-etologici mostravano, invece, che animali (mammiferi, uccelli e anche altri vertebrati) possedevano forme di soggettività emergenti dall'attività del vecchio tronco encefalico, del diencefalo e dell'area del prosencefalo basale.

Queste scoperte illuminanti indicavano chiaramente che la nostra identità soggettiva originava da antichi processi neuropsichici istintuali che gli esseri umani condividevano con gli animali come parte del loro repertorio costituzionale innato, confermando l'opinione del grande C.G. Jung (1963) secondo cui prima che l'autocoscienza riflessiva sia acquisita durante lo sviluppo infantile, una forma affettiva primordiale-istintuale del Sé esiste già, esprimendosi sotto forma di un'intenzionalità affettivo-psichica che può interagire efficacemente, in modo valutativo, con il mondo materiale, incarnazione dei modelli archetipici creati a partire da essa. Questa era un’idea profetica.

Oggigiorno, l'applicazione di teorie dinamiche non lineari alle neuroscienze, sempre più ne da conferma, spostando il focus delle ricerche da un livello materiale-neurochimico a un livello di campo elettromagnetico-immateriale, che apre la strada dalla fisica dei corpi massivi alla fisica quantistica e, quindi, al livello della realtà in cui i fenomeni sincronici possono essere ammissibili (Bohm, 1981 ; Penrose, 1989) e dove il  Sé viene considerato come il processo quantistico oscillatorio che emerge dalla profondità subcorticale alla superficie corticale, dando vita a stati di coscienza (attività dei microtubuli), che gradualmente evolvono dal puro eccitamento di “forme” senza oggetti a rappresentazioni complesse.

In linea con questo “gli affetti” si configurano come "archetipi" essenziali, configurazioni organizzate primarie di eventi valutativi intrinseci, dei veri e propri “sistemi viventi di reazioni e attitudini" che si rivelano sia nell'azione comportamentale di schemi disposizionali (dominio oggettivo) sia di intensi sentimenti (dominio soggettivo). Tali configurazioni corrispondono a livello subatomico ad una struttura dinamica di vibrazioni quantistiche di campo globale, che si riverbera all'interno delle strutture della linea mediana sottocorticale (CMS), di cui il cervello diviene stazione di trasformazione, collegando mente e materia e attualizzando i processi psicologici all'interno di una dimensione spazio-temporale lineare.

Gli affetti emotivi possono essere considerati, più concretamente, come schemi neurodinamici che emergono all'interno della CMS per poi esprimersi sull'attrazione del funzionamento dell'intero organismo che viene guidato verso specifici "bacini" di attivazione neuronale.

Jung considerava gli affetti come forze di campo potentissime che polarizzano l’essere umano verso determinati modelli o rappresentazioni psichiche, poiché è attraverso di essi che ogni soggetto diviene compartecipe della vita, arrivando a sentire profondamente tutto il peso della realtà. Essi agiscono come vettori che integrano le risposte fisiologiche che, a loro volta, orientano l'insieme di attività comportamentali e mentali verso direzioni specifiche o nuclei di significato in base a tonalità emotive differenti.

Tutto ciò apre un nuovo scenario di significato utile per comprendere la potenza del nostro universo emotivo. Gli affetti sono forme transpersonali di esperienza che pervadono un campo soggettivo primordiale, che non sempre diviene autocosciente, poiché vive all'interno di un continuum energetico di organismo/ambiente indifferenziato. Essi divengono il ponte tra mente collettiva ed individuale, tra l'eredità istintiva della specie e le esperienze personali accumulate nel corso della vita individuale ed esercitano una forte modulazione su ogni forma di apprendimento e memoria, fornendo una base essenziale per la formazione di tutte le successive funzioni psicologiche di ordine superiore che rendono le menti umane uniche ed irripetibili.

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Nuove prospettive di guarigione tra fisica quantistica e coscienza
Carmen Di Muro