mercoledì 6 marzo 2024

Richard Feynman - Nobel per la fisica

Richard Feynman - Il premio Nobel per la fisica - 1965

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Il fisico che ha riformulato la meccanica quantistica

Redazione - Scienza e Conoscenza - 05/03/2024

A cura di Elena Sanda Chira, responsabile della Collana Scienza e conoscenza

La fisica quantistica è un tema di grande attualità: è la fisica che descrive il comportamento del mondo su scala infinitamente piccola, ovvero a livello di molecole, atomi, elettroni. Le ultime ricerche di applicazione della fisica quantistica nelle scienze connesse, come la biofisica, biochimica, le neuroscienze, dimostrano che la mente umana, attraverso le funzioni del cervello, è in grado di amplificare gli effetti quantistici fino ad arrivare nella dimensione del quotidiano.

John Gribbin, dottore in astrofisica e famoso divulgatore scientifico britannico, nel suo libro Q come quantum - Dizionario enciclopedico di fisica quantistica ci accompagna in un affascinante viaggio alla scoperta dei principali concetti, leggi e teorie quantistiche che governano l’universo a livello microscopico e delle biografie dei più grandi scienziati che hanno cambiato radicalmente la nostra visione sul mondo.

Chi è Richard Feynman?

Richard Feynman (1918-1988) è il più grande fisico della sua generazione, messo sullo stesso piano di Isaac Newton e Albert Einstein. Ha riformulato la mec­canica quantistica assicurandole un saldo fondamento logico in cui la meccanica quantistica trova un'incorporazione naturale (in un modo che ricorda l'inclusione della teoria gravitazionale di Newton nella teoria della relatività generale). Feynman ha anche contribuito significativamente alla teoria dei superfluidi nell'elio liquido e allo studio della forza forte e della forza debole, oltre a fornire stimolanti intuizioni su come avvicinarsi a una teoria quantistica della gravità. Feynman ha sviluppato l'approccio dell’integrale sui cammini alla fisica quanti­stica (servendosi dei diagrammi di Feynman), approccio da cui ha tratto la più chiara e più completa versione dell'elettrodi­namica quantistica (QED). La QED rappresenta, assieme alla teoria della relatività generale, una delle teorie più solide e fortu­nate della storia della fisica.

Feynman è stato anche un validissimo insegnante e un grande di­vulgatore scientifico, ed è conosciuto da molte persone, che pur sanno ben poco del suo lavoro, come il volto umano della fisica della seconda metà del XX secolo. In quanto icona della fisica, la sua reputazione è straordinaria; per una volta almeno però, le rea­lizzazioni concrete dell'icona sono ancora più impressionanti della sua stessa fama.

Il principio di minima azione

Feynman nacque a New York il 11 maggio 1918. Suo padre era un uomo d'affari di buon successo, produceva uniformi, e sebbene non ricca, la sua famiglia superò gli anni della grande depressione senza troppi patemi. Le straordinarie capacità matematiche furo­no subito notate a scuola, dove uno dei suoi insegnanti, Abram Bader, gli spiegò il principio di minima azione che avrebbe avuto un'influenza centrale su gran parte del suo futuro lavoro. Feynman studiò al MIT, dove passò dalla matematica alla fisica, laureandosi nel 1939. Si trasferì quindi a Princeton, dov'era ormai prossimo al completamento della tesi di dottorato (sotto la supervi­sione di John Wheeler) quando l'America fu costretta a entrare in guerra in seguito all'attacco giapponese a Pearl Harbor. Sebbene avesse già cominciato a lavorare al Manhattan Project prima di fini­re il dottorato, trovò tempo di concludere la ricerca e ottenne l'ago­gnato titolo nel giugno 1942, prima di trasferirsi a Los Alamos (ini­zio 1943) dove avrebbe lavorato allo sviluppo della bomba atomi­ca.

Le sue capacità furono rapidamente apprezzate da Hans Bethe, il capo della Divisione Teorica di Los Alamos, che ne fece il più giovane (di gran lunga) capo squadra del progetto. Durante quel pe­riodo d'intenso lavoro, Feynman subì una tragedia personale: la moglie Arline (che era stata la sua fidanzatina nell'infanzia) morì di tubercolosi. Feynman si sfogò lasciandosi andare a beffe ingiurio­se e a scherzetti d'ogni genere, tra cui lo scassinare la cassaforte dei colleghi dov'erano custoditi i segreti della bomba atomica.

Il premio Nobel per la fisica- 1965

Nel 1946, finita la guerra, Feynman si trasferì alla Cornell Univer­sity (la base di Bethe), dove divenne professore di fisica teorica. Fu qui che completò la teoria della QED, lavoro per cui avrebbe ricevuto il premio Nobel nel 1965.

Nel 1950 si trasferì al Caltech, dove sarebbe rimasto per il resto della sua carriera, a parte qualche viaggio per periodi sabbatici o qualche visita ad altri centri di ri­cerca nel mondo. Negli anni '50 Feynman sviluppò la teoria della superfluidità e scoprì una legge fondamentale. che descriveva il comportamento della forza debole, due risultati per lo meno pari ad altri che erano stati ricompensati con il Nobel. Dopo un breve e disastroso secondo matrimonio, che si concluse con il divorzio, nel 1960 Feynman sposò Gweneth Howarth, dello Yorkshire, e i due restarono felicemente insieme per il resto della loro vita.

All'inizio degli anni '60, Feynman tenne una serie di conferenze che sarebbe poi stata raccolta nella famosa serie di volumi Feyn­man Lectures on Physics, una raccolta che avrebbe influenzato la fisica in tutto il mondo. Come tutti i suoi libri, si trattava fonda­mentalmente delle trascrizioni delle sue parole: in essi c'era tutta la sua personalità, il suo tipico stile, direttamente rivolto al lettore. In seguito sviluppò la sua teoria dei partoni, per descrivere co­sa accade quando un elettrone viene colpito dai neutroni in una collisione fortemente inelastica. Si trattò di un passo fondamentale per lo sviluppo della teoria dei quark, dei gluoni e delle interazioni forti (anni '70). Oltre al suo lavoro, Feynman prese a investigare (quasi per hobby}la teoria della gravità, e pose le basi per lo svi­luppo di una teoria quantistica della gravitazione. Nessun altro ha contribuito in modo altrettanto significativo alla comprensione di ognuna delle quattro forze della natura. Ciò è in parte dovuto al fatto che nessun altro scienziato ha prodotto una ricerca scientifica di qualità talmente elevata e per un periodo così lungo: circa 40 anni.

Autore e personaggio televisivo

Negli anni '70, quando aveva ormai quasi raggiunto i ses­sant' anni, Feynman stava ancora lavorando con la consueta origi­nalità e qualità. Si era prodotto anche una serie di libri di gran fama, tra cui QED: The Strange Theory of Light and Matter e Surely You're Joking, Mr.Feynman!, con il quale aveva portato all'o­pinione pubblica la sua fisica e la sua persona. Partecipò anche all'inchiesta sulla tragedia della navetta spaziale Challenger del 1986, accrescendo ulteriormente la sua fama grazie alle apparizio­ni televisive in qualità di membro della commissione.

Ma in quel periodo Feynman era già gravemente ammalato di can­cro. Morì a Los Angeles il 15 feb­braio 1988, assistito dalla moglie e dalla sorella Joan (anch'essa uno scienziato di gran successo), e fu pianto da migliaia di persone che pure non lo avevano mai incontra­to personalmente.

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lunedì 26 febbraio 2024

Stress: una porta verso la malattia

Stress: una porta verso la malattia

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Come reagiamo ai cambiamenti nella nostra vita? Scopriamo insieme la stretta relazione tra emozioni e salute

Carmen Di Muro - 25/02/2024

La vita è movimento perpetuo ed il suo accadere è scandito attimo dopo attimo, dentro e fuori di noi, in un gioco che si compie lungo un continuum e che ci chiama in determinati momenti ad affrontare situazioni esistenziali dolorose o stressanti a cui non sempre siamo preparati a rispondere adeguatamente. Eventi che non abbiamo previsto turbano il nostro equilibrio interiore ed implicano che debba necessariamente essere compiuto un salto affinché ci si possa ricollocare alla luce del nuovo accadimento. Nella maggior parte dei casi, però, il primo movimento istintivo diviene quello di ripiegarci su noi stessi, sulla propria interiorità che chiede spiegazioni e cerca di adattarsi a ciò che è sopraggiunto inaspettatamente, in modo da potersi riorientare al meglio.

La perdita di lavoro, un lutto, un tracollo finanziario, l’interruzione di un rapporto sentimentale, condizioni ed ambienti altamente stressanti e altri tipi di situazioni spingono a chiudersi in se stessi, sull’inquietudine che non trova senso, e a non comprendere quanto schemi di pensiero negativi inizino a dominare il nostro paesaggio interno, divenendo talmente familiari e radicati che è faticoso separarli dal proprio senso di auto-identità. Ciò drena energia vitale dalle riserve energetico-emozionali e crea un flusso disarmonico nella mente, che a sua volta si esprime nel corpo producendo un effetto di uguale o maggiore intensità sul campo elettromagnetico personale. Questo scompenso energetico non soltanto rende difficoltoso il ricollocarsi su vibrazioni alte ed armoniche necessarie per risollevarci, ma al contempo non permette al nostro organismo di svolgere la sua funzione metabolica in maniera efficiente.

Oggi sappiamo che un campo elettromagnetico sano determina reazioni elettrochimiche altrettanto sane, viceversa quando ci sono delle distorsioni nel suo flusso si generano problemi nella rete di segnali elettromagnetici che interconnettono tutte le molecole del nostro organismo.

La scienza stessa ci mostra che ad ogni forma emotiva corrisponde un rimaneggiamento della conformazione corporea, ovvero alcune arborizzazioni delle cellule nervose vengono a terminare sulla parete di certi organi e, ad ogni emozione sperimentata in risposta a situazioni significative o particolarmente stressanti, corrisponde anche una ridistribuzione dell’energia nervosa sui diversi organi del corpo, stimolandoli di più o di meno.

Ciò significa che le complesse dinamiche vibrazionali del mondo interiore, si ripercuotono non soltanto sul nostro corpo fisico, nella regolazione neuronale, ormonale, sanguinea e cellulare, ma vanno a riverberarsi su tutta la realtà esterna, poiché i nostri pensieri e di conseguenza i nostri modi di fare parleranno il linguaggio del polo sul quale sono accordati, attirando e dando vita ad una serie di situazioni non funzionali al nostro benessere e non permettendoci di affrontare quelle esistenti con la giusta abilità.

Infatti in una condizione di forte instabilità energetica, che coincide dal punto di vista tangibile, con una grande instabilità emotiva, l’ipotalamo in risposta allo stress produce corticotropina, inducendo l’ipofisi a produrre l’ormone di rispondenza e le ghiandole surrenali, a loro volta, reagiscono producendo aldosterone e cortisolo, affinché tutte le funzioni vitali rimangano bilanciate. L’effetto positivo del cortisolo, però, può trasformarsi in negativo quando una volta spento il campanello di allarme che ha dato il via alla sua attivazione, la sua produzione non si placa apportando una serie di conseguenze dannose sul cervello e sul sistema immunitario in grado di modificare il loro equilibrio e quello dell’intero organismo, che diviene vulnerabile all’azione di agenti patogeni. Nello stato di stress il consumo energetico diventa altissimo e l’organismo finisce con l’andare ad attingere a tutte quelle riserve funzionali del corpo che pian piano si sfibra.

Il circolo del benessere e del malessere è qualcosa che si plasma e si negozia in ogni attimo della vita, in quanto in noi c’è la possibilità di scelta. Scelta intesa come consapevolezza nel capire i segnali sottili che il nostro corpo o l’ambiente ci indicano a livello frequenziale. Lo stato di salute e la vitalità dipendono, allora, essenzialmente dall’atteggiamento interiore che ci fa entrare in contatto con la volontà armonizzatrice della nostra anima capace di mettere ordine nel caos delle nostre paure.

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lunedì 12 febbraio 2024

Amore: una questione di quanti


Amore: una questione di quanti

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L’amore è una molecola meravigliosa, innamorarsi è un’esperienza straordinaria, perché scatena una vera e propria tempesta nella mente e nel corpo, legata alle complesse reazioni biochimiche che avvengono nel Sistema Nervoso Centrale

Carmen Di Muro - 11/02/2024

Articolo tratto da Scienza e Conoscenza 69

La prima fase che segna la nascita di un rapporto amoroso è quella dell’attrazione. È l’esperienza umana più imprevedibile, più illogica e meno soggetta alle regole che la natura abbia predisposto per la formazione della coppia. Si può dire “mi piace quella donna o quell’uomo” perché ha determinate caratteristiche, ma si tratta solo di razionalizzazioni: in effetti, non sappiamo per quale motivo una persona ignota o anche che conosciamo bene, improvvisamente diventi unica, oggetto della nostra costante attenzione, insediando il cuore e catturando ogni nostro pensiero, al di là di ogni possibile controllo volontario.

Attrazione e innamoramento si verificano quando siamo predisposti. Può trattarsi di particolari periodi della vita nei quali la necessità di cambiare rende l’individuo ricettivo all’incontro. Questi particolari momenti dell’esistenza corrispondono a una configurazione biochimica specifica, in cui alterazioni dei livelli normali di alcuni neurotrasmettitori, come la serotonina, la noradrenalina o la dopamina fanno sì che alcune aree cerebrali siano più “responsive” (Bartles & Zeki, 2000).

Cosa fa scattare la “scintilla” dell’amore?

Una volta che siamo predisposti e la “fascina di legna” è ben approntata, è facile che prenda fuoco. Ma cos’è che accende la scintilla? Il primo aspetto da sottolineare è che, sicuramente, alcune caratteristiche dell’altro ci colpiscono. Queste non possono essere colte appieno, se non partendo dai meccanismi sottili e dalle interazioni di campo che sottendono i sistemi viventi. Questo livello di interconnessione-dipendenza della realtà subatomica, caratterizzato dal principio di non-località, vede le particelle dei nostri organismi interagire tra loro e con quelle dell’universo, simultaneamente attraverso una rete di informazioni. Ciò dovrebbe darci il senso circa l’esistenza di processi profondi, “quantici”, che guidano il manifesto e che si realizzano a partire dalle sintonie vibratorie tra i nostri sentimenti e quelli di un altro individuo che, in un dato momento esistenziale, risuona sul nostro medesimo campo di informazione, in uno scambio costante di cariche che si traduce nella ricezione di una particolare qualità che ci colpisce inspiegabilmente: può trattarsi dell’intonazione della voce, di aspetti caratteriali, di un dettaglio peculiare che cattura la nostra attenzione, magnetizzandoci.

Segnali che arrivano dritti al cervello

Infatti, noi ci innamoriamo quando il segnale giusto ci colpisce al momento giusto. Ed è proprio l’informazione che guida la materia biologica. Nel caso dell’innamoramento, i segnali relativi a un’altra persona stimolano per via diretta l’amigdala, quella particolare struttura del lobo limbico, che “sequestra” gran parte del cervello e a breve distanza di tempo informa la corteccia prefrontale, la cosiddetta parte pensante, che elabora le informazioni, fornendo la consapevolezza che stiamo sentendo qualcosa e, altresì, apportando risposte organizzate a quanto sta accadendo (LeDoux, 2000). La corteccia riconosce qualitativamente il sentimento e ci rende coscienti del fatto che tutte le sensazioni piacevoli che stiamo provando sono riferibili al fatto di esserci innamorati.

Ossitocina e vasopressina: le molecole della pace

Poiché l’innamoramento rappresenta la fase di un processo, diventa inevitabile che, alla tempesta iniziale, subentri quel senso di tranquillità e regolarità indotto dalla presenza predominante delle “molecole della pace” (ossitocina per la donna e vasopressina per l’uomo), che inducono una forma diversa di sentire, un sentimento di certezza e stabilità (Insel & Shapiro, 1992). L’attenuarsi dell’effetto dopante si verifica in quanto l’organismo non può tollerare di essere sequestrato troppo a lungo e focalizzato su una sola attività. È vero che innamorarsi è importante, ma è anche vero che a un certo punto è necessario che si torni con i piedi per terra. L’intera fisiologia, infatti, innesca gradualmente meccanismi per il ripristino dell’equilibrio di partenza, anche se in un sistema biologico – tanto più nel cervello, organo plastico per eccellenza – l’esperienza affettiva lascia sempre una traccia permanente di ciò che è stato. Eppure, solo una “follia fisiologica” transitoria, come quella dell’innamoramento, ma pur sempre follia, con tutte le modificazioni elettromagnetiche-chimiche-fisiologiche che la sottendono, ci può catapultare sulla strada dell’amore, che da pulsione istintuale diventa uno dei sentimenti umani più elevati, energia per eccellenza in grado di penetrare l’essere in ogni sua fibra ed estrinsecarsi in una miriade di stati d’animo e comportamenti.

Scienza e Conoscenza n. 69 - Luglio/Settembre 2019 - Rivista >> http://bit.ly/2LzQgg5  

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