giovedì 29 agosto 2013

Mindfulness: la magia del qui ed ora

Mindfulness: la magia del qui ed ora

Una nuova porta che si apre sul mondo della coscienza

di Marco Capozza e Laura Pieroni - 28/08/2013



Mindfulness: la magia del qui ed ora

Un monaco buddista, inseguito da una tigre, corre, corre, corre, fino a che davanti a un dirupo non cade. Si aggrappa all’ultimo secondo a una pianta e, sospeso, con la tigre che ancora lo minaccia, nota davanti a sé una pianta di fragole con una fragola rossa e matura e pensa: “Toh, una fragola!”.

I koan sono piccole storie zen il cui scopo è veicolare una cultura che per propria natura fonda le sue basi sull’esperienza.

Cosa successe dopo al monaco, la storia non ce lo narrerà mai, quale sia il vero messaggio neanche. Un elemento che spicca è sicuramente il fatto che il monaco abbia notato la fragola in un momento in cui stava rischiando la vita.

Minacciato dal vuoto e dalla tigre, la sua attenzione, che in gergo tecnico definiremmo diffusa, gli permette di notare che davanti a lui c’è una fragola. Ma provate a fare un esperimento, provate a chiedere a delle persone cosa notano della storia e se volete anche quale messaggio, quale morale ha la storia. Probabilmente ogni persona farà delle associazioni con i suoi ricordi, i suoi giudizi e con le sue visioni di vita, rispondendo cose diverse l’una dalle altre. Il nostro cervello nasce infatti con la straordinaria abilità di effettuare connessioni e associazioni con le informazioni già apprese. È questa abilità che ci permette di astrarre il ragionamento da una specifica situazione e generalizzarlo riferendolo a diversi contesti. Un’altra abilità è quella di automatizzare le risposte che proprio dalle associazioni precedentemente fatte risultano favorevoli. In altre parole il nostro cervello è molto abile a trovare soluzioni innovative ai problemi che si trova ad affrontare, basandosi su quello che sa già e creando nuove associazioni. Se poi la soluzione trovata risulta essere efficace, viene ricordata e utilizzata ogni volta che ce n’è bisogno e quindi, nel caso si presenti spesso la stessa situazione, viene automatizzata.


Automatismi: buoni o cattivi?

Il cervello si basa su un principio di economia in cui ciò che ci è utile viene memorizzato e possibilmente proceduralizzato, viene cioè reso indipendente dalla nostra attenzione. Si svilupperanno così i nostri comportamenti automatici, comportamenti che non necessitano di una costante attenzione nell’eseguirli, come ad esempio guidare la macchina. Dopo anni di pratica siamo in grado di parlare con il passeggero seduto vicino a noi o pensare a quello che dobbiamo fare nella serata e in concomitanza guidare senza prestare attenzione a ogni singolo gesto che facciamo. Ben diversa è la situazione quando impariamo a guidare: ogni movimento ci appare difficile da coniugare con gli altri, ricordare la sequenza dei gesti da effettuare è faticoso e tantomeno la nostra attenzione si distacca da quello che stiamo facendo. Diverso ma simile è il meccanismo alla base della categorizzazione e del conseguente giudizio; infatti impariamo a riconoscere gli oggetti, come anche le situazioni, basandoci su pochi elementi. Siamo in grado di riconoscere un oggetto familiare con pochi tratti, anche se viene presentato per poche decine di millisecondi. La velocità di giudizio di una situazione, se la vediamo in chiave evolutiva, può salvarci la vita. Riconoscere e reagire a una situazione di pericolo è una abilità importante per la sopravvivenza e nell’evoluzione è stata decisamente favorita. Il cervello è quindi abituato a sommare gli elementi e trarne rapidamente un giudizio di massima, questo viene eseguito in parallelo sia da strutture comprese nel paleoencefalo, sia più lentamente dalla corteccia. L’obiettivo è quello di capire se la situazione, ad esempio, è pericolosa o meno e quale reazione è la più indicata. Più sono coinvolte le strutture antiche come l’amigdala, una piccola area del nostro cervello, più la reazione comportamentale sarà “cablata” e difficilmente modificabile, tanto che spesso reagiamo alla paura senza neanche renderci conto di quello che stiamo facendo. L’amigdala infatti media le risposte vegetative alla paura, innescando tutte le risposte necessarie alla reazione di fuga o attacco, come il rilascio di adrenalina.

Con il coinvolgimento della corteccia diveniamo esperti giudici di situazioni e in più possiamo elaborare, ancora prima che la situazione possa diventare oggettivamente pericolosa, elementi che ci indicano se lo può diventare. La necessità di giudicare la realtà diviene, rispetto a questa visione, la necessità di semplificare il quantitativo di informazioni a cui siamo esposti, categorizzandole e inserendole in schemi già conosciuti. Processi di deduzione e induzione ci aiutano a fare ciò, e ci permettono di vivere senza dover imparare tutti i giorni le stesse cose. Immaginate di cambiare macchinetta del caffè, sicuramente potreste avvertire qualche difficoltà se vi sono differenze sostanziali tra il modello vecchio e nuovo, ma sarete sicuramente più rapidi di chi una macchinetta del caffè non l’ha mai vista e se poi i modelli si somigliano probabilmente non avvertirete nessuna difficoltà. Gli automatismi e la generalizzazione ci aiutano ad avere a che fare con una realtà molto complessa che non si presenta mai uguale, ma in cui noi riusciamo comunque a muoverci. Automatismi buoni quindi, perché ogni volta che prendiamo la macchina non dobbiamo imparare a guidare nuovamente.

Cosa ci perdiamo? Ci perdiamo proprio la complessità, vivere in una realtà che illusoriamente ci figuriamo come completamente prevedibile e categorizzata non ci lascia apprezzare le differenze, la novità, la meraviglia di qualcosa che non è mai uguale a se stessa.


La fragola

Ci perdiamo la fragola della storia del nostro monaco, troppo intenti a prevedere, analizzare, categorizzare, ricordare, dare dei giudizi o peggio semplicemente non considerare la realtà che ci circonda: dal momento che tutti i processi precedenti sono ormai automatici, perdiamo il contatto con il qui ed ora. Il grande rischio è che ci si trovi a vivere una vita priva di piacere, proiettati nel futuro di quello che deve accadere, incapaci di prendere in considerazione le sensazioni e le emozioni che, istante per istante, ci aiutano a scegliere cosa ci piace e cosa no, ci aiutano a sentire il sapore della vita e ci indicano quale percorso, a parità di senso logico, intraprendere e quale vale la pena lasciare.

La mindfulness si propone come tecnica – ma sarebbe più esatto definirla modalità di vita – in grado di aiutarci a ritrovare il presente. Jon Kabat-Zinn (2003) la definisce come la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza momento per momento. La potremmo definire in altri termini come meta-consapevolezza, essere consapevoli di esserlo. Una capacità che distingue l’essere umano da tutti gli altri esseri viventi. Siamo tutti intrinsecamente mindful, ora più ora meno a secondo dei momenti, e questa pratica che deriva dalla meditazione zen ci aiuta a coltivare e raffinare questo stato.


Il qui ed ora

Il passato e il futuro per la mindfulness non esistono, esiste solo il presente, momento per momento. Nonostante possa essere difficile accettare un concetto del genere, è interessante la spiegazione che ne viene data: il passato non esiste più, è passato appunto, e il futuro deve ancora venire. Per aiutarci a comprendere a fondo cosa si intende, basta pensare come noi esperiamo il mondo e il tutto può diventare più chiaro. I nostri sensi sono la porta per conoscere la realtà: la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto, il gusto, ma anche come ha proposto Siegel (2007) la propriocezione (sensazione del proprio corpo rispetto all’ambiente), la sensazione del proprio mondo mentale ed emozionale e infine la sensazione relazionale. Questi sensi, che portano le informazioni dell’ambiente circostante al nostro cervello per essere elaborate e avere come risultato un’immagine interna di esso, lavorano solo nel presente.
Sono, come l’olfatto o il gusto, chimicamente stimolati e trasformano solo nel presente l’informazione in un segnale che le nostre aree cerebrali possono elaborare. Certo, possiamo pensare al sapore di quel caffè speciale in quel giorno speciale o siamo in grado di pensare al possibile odore del caffè di domani mattina, ma questo è un ricordo, non esiste, esiste solamente nella nostra mente. È utilissimo, specialmente se il caffè nel bar dove siamo stati ieri non ci è piaciuto, però non è un caffè reale.
Solo nel qui e ora possiamo rispondere alla domanda “come ti senti?” basandoci sulle sensazioni reali che stiamo provando e che il nostro cervello sta percependo e non su un’astrazione.

Momento dopo momento, le nostre sensazioni corporee cambiano e ci danno gli elementi per sentire le nostre emozioni e trasformarle in pensieri: ho una stretta allo stomaco, sento rabbia, questa situazione mi ha stancato.
Porre l’attenzione al qui ed ora ci permette di uscire dagli automatismi che ci portano a vivere una vita con il pilota automatico inserito, una realtà già pensata, già vista e quindi priva di particolare interesse. In particolare, la mindfulness promuove l’equilibrio di quattro flussi di consapevolezza: la sensazione, l’osservazione, la concettualizzazione e la conoscenza, equilibrio che ci permette di raggiungere uno stato di meta-consapevolezza. Porre attenzione a questi quattro flussi di consapevolezza è un modo per far si che ciò che sappiamo del mondo non ci limiti nel prendere in considerazione ciò di cui stiamo facendo ora esperienza...

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Editore: Scienza e Conoscenza - Editore
Data pubblicazione: Agosto 2010
Formato: Rivista -


mercoledì 28 agosto 2013

Obiettivo Siria

Obiettivo Siria

Come la CIA, le bande criminali e le ONG realizzano stragi di massa e distorcono le informazioni per manipolare l'opinione pubblica

di Tony Cartalucci, Nile Bowie



Un libro per colpire i bombardamenti, svelare la Grande Bugia in tempo, per fermare l’ennesima guerra “umanitaria”. La situazione della Siria è drammatica. Il paese si dibatte in una cruenta guerra civile, oggetto di spietati attacchi da parte di nemici interni ed esterni. La cosiddetta “rivolta siriana” fa in realtà parte di una cinica strategia statunitense che si serve di provocatori, mercenari, fanatici fondamentalisti e ONG corrotte.

Essi sono decisi a colpire uno stato arabo indipendente, dove la ricchezza generata dal petrolio viene impiegata per finanziare lo stato sociale, proprio come avveniva in Libia prima che questa fosse annientata con analoghe modalità. I paesi vicini partecipano al massacro, come sciacalli e iene che strisciano ai piedi del leone americano.

“Obiettivo Siria” è un ammonimento sul modo di operare dell’onnipotente “Impero del Dollaro”. La trama americana, finanziata dai “petrodollari” delle monarchie del Golfo, attiva la tattica delle “counter-gang”: terroristi – mercenari e irregolari, la “legione straniera” della CIA – che fanno saltare in aria edifici e massacrano gli innocenti, per poi addossare le responsabilità della carneficina al governo preso di mira.

ONG come NED – National Endowment for Democracy – incoraggiano gli “attivisti”, i cui leader sono ambiziosi sociopatici, intenti ad aggiudicarsi avidamente una parte delle spoglie dello Stato abbattuto. I mezzi d’informazione credono alla Grande Bugia e la celebrano propagandisticamente, creando una realtà falsificata attraverso cui non è possibile farsi una opinione critica, libera e indipendente.

“Obiettivo Siria” mostra come queste guerre siano architettate attraverso la strumentalizzazione degli istinti più nobili dell’animo umano, tramite l’inganno di coloro che altrimenti tenderebbero a contrastare l’intervento armato, manipolandoli al servizio dell’assassinio di massa e della dittatura globale del potere economico.


Anteprima - Obiettivo Siria - Libro di Tony Cartalucci, Nile Bowie

Credo che le incaute speranze e gli ancor più incauti entusiasmi per le cosiddette "primavere arabe" si siano ormai volatilizzati, soprattutto in seguito alla vicenda che ha coinvolto Gheddafi in Libia. Gheddafi è stato un tiranno a lungo tollerato e perfino adulato dagli occidentali, finché questi non hanno cominciato ad accorgersi che il decisivo intervento della NATO contro di lui si era concretizzato dal momento in cui egli aveva cominciato a intralciare gli interessi francesi e britannici in Libia, opponendosi contemporaneamente alle speculazioni di alcune multinazionali nei lucrosi campi dell'acqua e della telefonia nel continente africano.

Quelle "primavere" erano state tacitamente e brutalmente soffocate nei Paesi della penisola arabica, alcuni governi dei quali - e gli organismi mediatici che essi finanziano - sostengono invece decisamente i gruppi fondamentalisti, che hanno animato, se non addirittura egemonizzato, altrove la rivolta.

Infine - a parte l'iniziale "caso" tunisino, che aveva forse preso in contropiede sia i governi che gli imprenditori occidentali - la rivolta si è invariabilmente indirizzata contro i Paesi musulmani retti da quei regimi che noi, impropriamente, definivamo "laici". Nemmeno uno dei ricchi e feroci tirannelli degli emirati, che il petrolio e il turismo hanno ormai reso arci-opulenti e che sono interlocutori preziosi delle banche e delle lobby occidentali, è stato rovesciato, mentre, fra i regimi arabi "laici", quello dei militari algerini e rimasto indisturbato nonostante il responso negativo delle urne'.

Quanto alla Libia, i tragici fatti di Bengasi del 12 settembre scorso sono piuttosto eloquenti e gettano un'ombra inquietante sia sulla leggerezza con la quale in passato, pur di rovesciare Gheddafi, si sono sostenuti i gruppi fondamentalisti, sia sul trend statunitense degli ultimi mesi di ricreare l'atmosfera da luna di miele tra gli USA e i fondamentalisti sunniti dell'Iraq, dell'Iran, del Pakistan e dell'Afghanistan.

Il puzzle siriano

Questa premessa è indispensabile, per aiutarci a osservare in modo più obiettivo e ragionevole ciò che sta accadendo proprio ora in un Paese-chiave del vicino Oriente: la Siria.
Già, la Siria: un grande Paese, con una grande civiltà. Storicamente, l'area, che già nell'antichità era una delle più civili e popolose al mondo - con "culture di villaggio" fin dal VII millennio a.C. e fiorenti centri urbani, come Ugarit e Mari, dal III a.C. - corrispondeva al territorio oggi occupato dalla Siria, da Israele, dalla Giordania e dal Libano. Si trattava di un'immensa area di più di 310.000 km, in gran parte desertica, ma resa rigogliosa dai corsi dell'Eufrate, dell'Oronte e del Giordano. L'area coincideva, pertanto, con gran parte della cosiddetta "mezzaluna fertile", la fascia ubertosa e popolata attigua a quei grandi fiumi.

La Siria di oggi è il risultato della provincia dipendente dal governatorato di Adana creata dall'Impero ottomano, che fu occupata dalle Truppe francesi nel 1919 in seguito alla violazione degli accordi presi con le popolazioni arabe locali. Dopo oltre un quarto di secolo di dure lotte, nel 1946 fu conquistata l'indipendenza e nacque così la Repubblica Araba di Siria: 185.180 km in gran parte desertici, abitati da una popolazione di oltre 22 milioni di abitanti in buona parte concentrata nelle grandi città di Damasco, Aleppo e Homs.

Dopo l'effimera unione con l'Egitto nella Repubblica Araba Unita, dal 1963 lo Stato siriano è dominato dal regime monopartitico del partito Baalh ("rinascita"), originariamente a tendenza nazionalista e socialista nasseriana. Dal 1970, il potere è prima nelle mani della famiglia del generale Hafezel-Assad, e poi del figlio Bashar, il cui ruolo presidenziale è stato confermato nel 2007 da un referendum.

Hafezel-Assad era un uomo duro (tristemente celebre la repressione dei ribelli sunniti a Homs) e le accuse, che da parte internazionale pesano sul governo siriano, riguardano la violazione dei diritti umani in politica interna, il costante atteggiamento favorevole all'Iran in politica estera, l'atteggiamento egemonico in Libano - culminato nel 2007 nell'assassinio del presidente libanese, il sunnita Hariri - e l'appoggio al partito Hizbollab.

Sotto altri aspetti, tuttavia, gli osservatori internazionali sono finora stati concordi nel sottolineare alcuni caratteri positivi del governo di Bashar, che non ha ereditato la spietatezza paterna. Lo Stato sociale siriano si è distinto per il buon funzionamento, per le istituzioni e le strutture pubbliche e per il sistema di uvifere, nettamente migliore rispetto a quello della maggior parte dei Paesi del vicino Oriente.

Giochi di potere

Le sanzioni, imposte dal 2004 alla Siria sulla base di presunte e mai ben precisate connivenze con il "terrorismo islamico", finora erano state applicate con mano leggera e il clima diplomatico, anche rispetto agli USA, nel 2009 era nettamente migliorato. Le cose sono andate diversamente con Israele, su cui pesano il contenzioso per il Golan (la regione siriana in parte occupala da Israele, nel 1967, come conseguenza della crisi arabo-israeliana) e i postumi del raid aereo israeliano del 2007 contro alcune presunte installazioni nucleari siriane (la cui esistenza non è mai stata comprovata).

Per una più corretta comprensione della situazione della Siria di oggi, bisogna valutare anzitutto quattro cose:

dagli anni Sessanta, la Siria è stata lo più costante, sicuro e valida interlocutrice-alleata, nei vicino Oriente, prima dell'URSS e poi della Russia;
il governo di Assad, di famiglia alowita, controlla un Paese, che è alt'80% di osservanza sunnita (gli alawiti, non più dell' 11%, costituiscono piuttosto un gruppo "sciita-ereticale");
dal 1979 è sempre stato in buoni rapporti con il governo della repubblica islamica dell'Iran, Paese sciita;
infine, permane l'occupazione israeliana del Golan, con relativo sfruttamento delle sue risorse idriche, nonostante le risoluzioni dell'ONU al riguardo.
A margine di questo, va tenuta in conto anche l'annosa tensione tra la Siria e la Turchia, dovuta a questioni sia etno-religiose che confinarie e idriche - le sorgenti dell'Eufrate sono in territorio turco - e alla recente scoperta di giacimenti sottomarini di gas nelle acque territoriali turche, cipriote, libanesi e siriane.

Inoltre, soprattutto in questo momento, bisogna considerare che, visti anche i "venti di guerra" che sembrano soffiare tanto dai Paesi arabi e sunniti del Golfo quanto da Israele contro l'Iran, l'eliminazione del governo baathista siriano isolerebbe ulteriormente il governo iraniano e indebolirebbe l'influenza della Russia nel Vicino Oriente. Da qui, l'appoggio dei Paesi arabi sunniti (alcuni dei quali - come per esempio il Bahrein, il Qatar e l'Oman - hanno al loro interno delle minoranze sciite, nei confronti delle quali seguono una linea politica ferocemente repressiva) al cosiddetto "esercito di liberazione" siriano, che è in realtà una complessa galassia di gruppi comprendente anche molli volontari non siriani, impegnati nella jihnd sunnita.

Uno degli aspetti più importanti da tenere presente, infine, è che gli alawiti, nella cui dottrina musulmana sono presenti anche elementi di origine cristiana e mazdaica, hanno sempre avuto tutto l'interesse a mantenere in Siria un clima costituzionale, che noi definiremmo "laico". Temendo l'egemonia sunnita, gli alawiti hanno fraternizzato con i cristiani siriani - i quali, mettendo insieme le tre principali Chiese, rappresentano il 9% della popolazione, cioè circa due milioni di persone - e con le minoranze maronite, armene, e "caldee" che, pur avendo ormai aderito alla Chiesa cattolica, hanno mantenuto i loro riti liturgici.

Il patriarca cristiano melkita Gregorio III Laham è più volte intervenuto - in modo autorevole, ma restando inascoltato dai medio - sull'attuale situazione, per sottolineare che, pur non essendo i cristiani favorevoli al regime di Assad, fino ad oggi la costituzione e il governo di Damasco abbiano garantito libertà e tutela alle Chiese cristiane e che, invece, le Chiese cattoliche hanno motivo di temere che, nel fronte ribelle, possano prevalere i sunniti fondamentalisti, i quali hanno aumentato le rappresaglie anticristiane; il patriarca ha inoltre denunciato le forti presenze e ingerenze straniere e occidentali all'interno del fronte sunnita. Insomma, una Siria 2012 che comincia stranamente a somigliare, per certi versi, alla Spagna 1936.

Le Chiese cristiane si sono in genere dette favorevoli al piano di pace, proposto da Kofi Annan a nome dell'ONU e dalla lega Araba e appoggiato dai movimenti siriani non-violenti come l'interreligioso Mussatoli. Analoghe posizioni sono, nella sostanza, sostenute da uno dei più seri e intelligenti conoscitori italiani della questione siriana, il gesuita Paolo DalI'Oglio, che pure è stato espulso dalla Siria, nel giugno del 2012, dopo esservi vissuto per trent'anni e avervi fondato la bella comunità di Deir Mar Musa. DalI'Oglio è stato espulso perché, fin dall'inizio del movimento che noi chiamiamo "Primavera Araba", ha parlato apertamente sia della spontaneità e della sincerità dei tanti cittadini (soprattutto giovani), che chiedono libertà e un futuro migliore, sia delle menzogne e delle violenze del governo; egli ha anche sottolineato che, messi alle strette, gli alawiti ancora al governo (che rappresentano un paio di milioni di persone) potrebbero puntare sulla resurrezione dello Stato autonomo alawita - insediatosi nella zona attorno a Lattakya, nel sud-ovest del Paese-che era stato prima riconosciuto dalla Francia nel 1922 e poi eliminato nel 1946, alla fine del mandato francese. Dall'Oglio, inoltre, sostiene che Assad, dopo avere visto fallire il suo primitivo progetto di semplice repressione del movimento ribelle, ormai, messo alle strette, ha tutto l'interesse a prolungare la resistenza, andando però a rafforzare, sul fronte ribelle, la pericolosa componente sunnita fondamentalista.

La posizione di DalI'Oglio, tuttavia, sembra sottovalutare due dati effettivi: primo, la forza e l'intensità con cui i Paesi arabi sunniti si sono impegnati per "islamizzare" la rivolta contro Assad; secondo, il fatto che, per accelerare al massimo la soluzione del conflitto, occorrerebbe un accordo internazionale e non l'invio di una Forza ONU a sostegno dei ribelli - come è stato fatto in Libia, con le conseguenze che tutti conosciamo - al quale, per il momento, si oppone la Russia (appoggiata da Cina, ma anche da Brasile, India e Sudafrica) con il suo veto al Consiglio di Sicurezza. La Russia chiede che si conducano le trattative, tenendo presenti anche le posizioni del governo di Damasco e non facendo di esso un pregiudiziale capro espiatorio; però le posizioni russe vengono presentate dai media come ispirate da una diplomazia che, per ragioni legale alla geopolitica e al petrolio, è considerata "unilateralmente" filoiraniana.

In modo analogo, è passata sotto silenzio la lettera con la quale Kofi Annan, l'inviato speciale delle Nazioni Unite, ha denunciato il fatto che «si è insediata in Siria una forza terroristica, ostile a ogni mediazione" e ha smascherato la speculazione mediatica sul famoso massacro di Bilia, precipitosamente - e, a quel che pare, ingiustamente - attribuito alle forze governative.

Ora, sono proprio queste continue forzature interpretative a scoprire una parte importante della realtà. Qui non si tratta di isterico complottismo antiamericano, si tratta della più che ragionevole ipotesi che, alla base dell'impegno teso a eliminare il governo baathista, ci sia la volontà, da parte di alcuni ambienti statunitensi e israeliani, di portare un attacco militare diretto contro le vere o supposte installazioni nucleari iraniane. E anche questo è un tipo di isterismo complottista, uguale e contrario al complottismo antiamericano, ma molto più forte politicamente e militarmente, e potrebbe anche prevalere, se i repubblicani vincessero le elezioni statunitensi del prossimo novembre.

Che le cose stiano così, risulta chiaro facendo una pacata analisi di quanto è accaduto da un anno a questa parte: non a caso, il n. 1 del 2012 di Limes, "Protocollo Iran", già mesi fa collegava correttamente il problema dell'atomica iraniana ("minaccia o pretesto"?) alla questione dell'estrazione e del commercio del petrolio - quindi alle tensioni arabo-iraniane nel Golfo di Hormuz, minacciato dal blocco — e alla crisi siriana, nonché alla situazione irakena, afghana e pakistana.

"Primavera" o disgregazione del mondo arabo?

L'evidenza, però, è sotto il naso di tutti: mentre, da un lato, dalla primavera del 2011 si diradavano o cessavano del tutto le notizie sulle manifestazioni - e sulle repressioni - dall'Algeria al Marocco e alla penisola arabica, dall'altro prendeva corpo il "caso" egiziano e si addomesticavano le rivolte, mettendo in evidenza quelle che servivano e facendo sparire le altre.

In questo modo, le folle che chiedevano la democrazia in Siria, così come in Libia, diventavano un argomento dell'informazione quotidiana, anche se Assad, già dai primi di novembre del 2011, aveva accettato il piano di pacificazione con l'"esercito di liberazione", proposto dalla Lega Araba. Invece che all'avvio di detto piano, si assistè a un'escalation di notizie unilaterali - garantite dalla sola autorità del Consiglio Nazionale Siriano in esilio a Istanbul, organizzazione dell'opposizione - sulle violenze governative e sulle pretese basi nucleari, nonché al successivo ritiro, alla fine del gennaio 2012, degli osservatori della Lega Araba dalla missione internazionale in Siria, in attesa delle decisioni degli altri membri. La lega Araba, ritirandosi, non trovava niente di meglio che auspicare l'invio in Siria dei "caschi blu" del ONU.

Tra gennaio e febbraio, vista l'opposizione russa e cinese alla prospettiva di un intervento armato in Siria, caldeggialo soprattutto dai francesi e dai britannici, da parte dei Paesi occidentali veniva intensificata l'attività di sostegno diplomatico e finanziario alle opposizioni', mentre al governo siriano venivano regolarmente imputale azioni -come quella di Homs, durante la quale perse la vita il giornalista francese Jacque Jacquier - che erano piuttosto frutto di attività "patriottiche" (o "terroristiche", come indubbiamente sarebbero definite in differenti contesti). Sempre ai primi di febbraio, il "portale" Debkaftle, vicino a Israele, annunciava l'invasione della Siria da parte di truppe britanniche e qatariote, mentre dalla Libia "liberata" giungeva l'auspicio che i reggimenti turchi arrivassero per primi: essendo formali da musulmani sunniti, sarebbero stati accolti meglio dei "caschi blu".

In seguito al clima internazionale così instauratosi, alla fine di gennaio la Russia annunciava il suo rifiuto di partecipare al "gruppo di contatto" sulla Siria, previsto per il febbraio successivo. Si profilava, infatti, l'eventualità che il "gruppo di contatto" appoggiasse il progetto di Hisamuddin al-Awk, un ufficiale siriano disertore in Egitto, che mirava a mettere insieme un corpo di mercenari, per spedirlo a combattere nel suo Paese. In tale situazione, il referendum indetto dal governo siriano per il 26 gennaio 2012, che prevedeva una riforma costituzionale in senso pluralistico, non solo non veniva tenuto in alcun conto, ma veniva immediatamente derubricato con noncuranza come demagogico, senza alcuna considerazione per il suo significato distensivo.

Intanto, i media occidentali davano rilievo alle noli-zie sulle "fughe all'estero" dei capitali dell'elite di governo e sulle defezioni di alcuni collaboratori di Assad, e trascuravano, come del tutto irrilevanti, le denunce alI'ONU dell'ambasciatore russo Vitaly Churkin sull'ingerenza libica nella crisi siriana e sui volontari di al-Qaida addestrali in Libia.

Il piano di pace dell'ONU venne presentato tra l'11 e il 12 aprile 2012; secondo l'Osservatorio Siriano sui Diritti Umani, organizzazione dell'opposizione con sede a Istanbul, il governo siriano vi si è subilo opposto. In realtà, una delle ultime scelte del francese Sarkozy, prima di andarsene dall'Eliseo, fu tesa a vanificare il piano di pace dell'ONU per favorire invece i "corridoi umanitari, in modo da tenere in vita l'opposizione" ad Assad. La posizione francese è stata portala poi avanti dal governo Hollande, con l'appoggio concreto di fondi ed equipaggiamenti attraverso l'associazione "Amis du Peuple Syrien".

Alla fine di maggio, al suo arrivo a Damasco, Kofi Annan ha parlato di un cessate il fuoco e di una concreta disponibilità governativa, ma le diplomazie occidentali replicavano che ormai in Siria si era alla guerra civile e si formulavano ipotesi unilaterali sulla nofly zone in territorio siriano, garantita dal Qatar e dalla Turchia. Nonostante la grande abbondanza di informazioni attingibili, i principali media dell'Europa occidentale si affidavano solo alle notizie diffuse dal network «Al Jazeera» e ad alcuni commenti diffusi da Twitter, come ha fatto correttamente notare Eduardo Za rei li in un articolo comparso sul numero di luglio-agosto 2012 di Diorama.

Tutto il resto non contava. Per esempio, il 17 maggio 2012 in Siria si sono tenute le elezioni amministrative, che hanno visto un'affluenza alle urne del 51,26%, una percentuale molto alta, tenendo conto del contesto; tuttavia, i commenti al riguardo sono stati a priori: si è parlato, infatti, di "manipolazione", di "intimidazione"e di "propaganda governativa". Il 29 maggio, il Corriere della Sera - con un linguaggio, che il Minculpop (il Ministero della Cultura Popolare italiano di epoca fascista) avrebbe trovato massimalista - diffondeva la notizia che il giornalista e filosofo Bernard Henri Lévy, da Parigi, definiva «disfattismo» l'atteggiamento di tutti coloro che, a proposito della situazione siriana, esigevano prudenza e maggiori informazioni. Lévy, quindi, considerava dei disfattisti «che si sono sempre sbagliati» coloro che «la vigilia della caduta di Tripoli, prevedevano ancora un pantano». I fatti di Bengasi dell' 11-12 settembre - con l'assassinio dell'ambasciatore americano in Libia - confermano che, anche nel caso di Lévy, i cattivi profeti e i profeti cattivi coincidono sempre.

Kofi Annan ha affermato chiaramente che è impossibile invitare le parti contrapposte a un confronto costruttivo, in quanto una di esse - le "forze di liberazione" - non ha una leadership riconoscibile ed è fortemente inquinata da istanze fondamentaliste; le stesse, che si rivelano sempre più importanti in quella "nuova Libia democratica", che piace tanto a Bernard Henri Levi. Ma il sangue di un diplomatico statunitense, in seguito a una sconsiderata provocazione e a una feroce reazione, è stato sparso, in una Bengasi "liberata", dai democratici fondamentalisti libici, di nuovo alleati dell'Occidente (come lo erano in Afghanistan nei primi Anni Novanta del Novecento), non dai servi del "tiranno" di Damasco.

Si tratta di quegli stessi democratici che, appena qualche mese prima, erano stati aiutati dalla NATO a "liberarsi" di un altro tiranno... E allora, Monsieur Levi, davanti all'ipotesi che i "Caschi Blu" domani possano fare in Siria quello che ha fatto ieri la NATO in Libia, con il Suo permesso, sono un disfattista anch'io: anch'io chiedo prudenza e maggiori informazioni.


Introduzione - Obiettivo Siria - Libro di Tony Cartalucci, Nile Bowie

Questi avvenimenti sono stati censurati dai media appartenenti al mainstream, i quali proseguono senza tregua il loro sforzo, finalizzato a indurre l’opinione pubblica di tutto il mondo a credere che gli eventi siriani siano una nuova “rivoluzione del popolo”, mentre i fatti dimostrano chiaramente che si tratta di un altro sanguinoso “cambio di regime” incentivato dal Governo americano.

Questa non dovrebbe essere una sorpresa. La storia ricorda che la CIA ha orchestrato innumerevoli insurrezioni violente in diversi Paesi del mondo, armando bande di mercenari e “squadroni della morte”, con l’obiettivo di rovesciare i governi nazionali ed espandere la dominazione americana in ogni angolo del globo.

Nel 1988, l’allora comandante del locale distaccamento John Stockwell, che portò avanti la guerra segreta in Angola, valutò che la CIA avesse organizzato approssimativamente 3000 operazioni maggiori e 10.000 operazioni minori di questa tipologia, che provocarono la morte di più di 6 milioni di persone. Citato anche nel libro Assuefatto alla guerra, egli scrisse:

Ora abbiamo una massiccia documentazione su quella che viene chiamata “la guerra segreta della CIA”. Non abbiamo bisogno di immaginare, né di supporre. È stata oggetto d’indagine da parte della Commissione investigativa Church, nel 1975, e questo ci ha permesso di effettuare una prima, vera analisi in profondità di questa struttura. Il senatore Church disse anche di avere scoperto che, nei 14 anni precedenti la sua indagine, erano state svolte 900 operazioni maggiori e 3000 minori. Se moltiplichiamo questo dato per i 40 anni in cui è stata operativa la CIA, possiamo concludere che il computo totale ammonta a circa 3000 operazioni maggiori e 10.000 minori. Ciascuna di esse illegale; ciascuna di esse con effetti devastanti sulle vite e sulla società di altre persone e molte di esse più cruente e sanguinose di quanto si possa immaginare.

Ogni guerra occulta costituisce una violazione della Costituzione americana, la quale esige che le azioni militari vengano dichiarate dal Congresso e non attuate da un corpo segreto e non eletto. Per finanziare un business su così vasta scala, bisogna avere il controllo del traffico globale di droga, che è presumibilmente la causa reale della guerra in Afghanistan.

La stima di Stockwell non include le operazioni NATO-Gladio in Europa; inoltre, aggiungendo altri 15 anni che hanno visto la CIA al lavoro, probabilmente con un ritmo crescente e con obiettivi sempre più globali, le operazioni segrete saranno oramai più di 20.000, un numero sbalorditivo. Questo dato, in fondo, non dovrebbe destare grande sorpresa nei lettori se, come gli indizi fanno pensare, si identifica la crisi siriana come un’altra operazione della CIA.

Nel corso di un’intervista, rilasciata il 2 marzo del 2007 a Amy Goodman, il generale americano Wesley Clark ha spiegato che l’amministrazione Bush aveva programmato di “far fuori” sette Paesi in cinque anni: Iraq, Siria, Libano, Somalia, Sudan, Iran e Libia. La Siria è sempre stata sulla “lista delle faccende da sbrigare” di Israele, proprio perché è l’ultimo Stato arabo indipendente, secolarizzato e multietnico in Medio Oriente, fedele alleato dell’Iran e, in quanto tale, un ostacolo per l’egemonia israeliana sulla regione.

Ma quella siriana non è una dittatura? Anche questo fa parte del grande gioco del NIGYSOB (Now I’ve Got You you Son Of a Bitch, ovvero “Ora ti ho in pugno, figlio di puttana”), in virtù del quale i governi arabi che rifiutano di sottomettersi al dominio occidentale e israeliano vengono tormentati e destabilizzati di continuo, fino a essere costretti, se vogliono sopravvivere, a sviluppare un apparato di sicurezza che, per un verso o per l’altro, risulta totalitario. A questo punto, quando fa loro più comodo, le potenze occidentali e Israele possono evidenziare, con toni accusatori, la mancanza di “libertà” all’interno delle nazioni prese di mira e avviare il processo di rovesciamento del Governo. Basti pensare a come viene additato il presidente venezuelano Hugo Chavez, per avere un esempio di come venga praticato questo “gioco” dalle forze occidentali.

Sino a oggi, la “rivoluzione” siriana è stata una copia carbone della maggior parte dei “cambi di regime” incoraggiati dalla CIA negli ultimi sessant’anni: mercenari e “squadroni della morte” importati nel Paese per “accendere la miccia”, seguiti da una campagna di bombardamenti al momento opportuno. Questo è esattamente ciò che è accaduto in Libia, con britannici, americani e israeliani che hanno coordinato le loro risorse e condiviso le dotazioni costituite dai gruppi di combattenti di Al Qaeda reclutati nel corso degli anni. Diversi leader della ribellione contro la Libia sono ora attivi in Siria, come testimoniato dal giornalista spagnolo Daniel Iriarte. Questi ex terroristi islamici, convertiti in combattenti per la libertà sotto l’egida della NATO, non sono altro che sicari senza scrupoli, pronti a combattere per qualsiasi causa fintanto che ci sarà qualcuno disposto a pagare loro centinaia di migliaia di dollari.

Nell’aprile del 2011, la televisione di Stato siriana ha trasmesso le testimonianze di tre uomini, arrestati perché sospettati di avere attaccato dei civili e le Forze di sicurezza siriane. Nel corso di un programma registrato, Anas al Kanj, che si è presentato come capo del “gruppo armato terrorista”, avrebbe ammesso di avere ricevuto «armi e denaro » da un membro della bandita Fratellanza Musulmana della Siria.

Kanj ha riferito che gli era stato dato il compito di «incitare la popolazione a protestare, in particolare all’esterno della moschea Umayyad di Damasco» e nelle città chiave della ribellione – Daraa, Latakia e Banias – allo scopo di «fomentare il malcontento per rovesciare il regime e portare a termine atti di sabotaggio». L’agenzia France Presse, citando il quotidiano siriano Ath-Thawra, ha riportato che Kanj, in base alle istruzioni ricevute, doveva «aprire il fuoco sui manifestanti per seminare il panico e indurre la popolazione a credere che fossero le Forze di sicurezza a sparare sulla gente».

Il piano era quello di spingere il popolo e le autorità a farsi la guerra, sbandierando nel frattempo, grazie ai media globali, la brutale repressione delle proteste da parte del regime. Questa testimonianza è molto interessante, perché coglie un paio di passaggi fondamentali della dottrina di guerra non convenzionale del Pentagono, che esamineremo dettagliatamente nel terzo capitolo.

A seguire, una panoramica sulla strategia di gioco attuata in Siria:

viene fondata una ONG, per creare un clima di protesta nel Paese preso di mira;
alcuni provocatori organizzano delle manifestazioni, per poi sparare sui dimostranti e sulle Forze di sicurezza, allo scopo di alimentare le violenze;
dei video artefatti e manipolati creano l’illusione della repressione da parte del regime;
i mass media ripetono senza sosta la Grande Bugia che il leader del Paese è un brutale dittatore;
si procede quindi all’invasione delle città di confine con forze speciali e “squadre della morte” (gli psicopatici di Al Qaeda, la “legione straniera” della CIA), fanatici e mercenari;
si fomenta la guerra civile sulla base delle divisioni etniche e si fabbricano i pretesti per un intervento militare da parte delle Nazioni Unite o della NATO;
il Paese subisce una regressione all’età della pietra, per poter essere conquistato e comandato dai terroristi islamici, i pupazzi della NATO;
il socialismo arabo e il governo popolare vengono sradicati e rimpiazzati da una cricca assoggettata a Wall Street e ai banchieri di Londra;
le multinazionali americane firmano contratti miliardari per la “ricostruzione” e la “sicurezza”, conseguendo guadagni astronomici grazie alla rovina portata dalla guerra;
il Libano, la Palestina, l’Iraq e l’Iran vengono isolati e viene data carta bianca a Israele per il controllo del Medio Oriente.
Nel dicembre del 2011, in un post comparso sul suo sito internet, la turco-americana Sidel Edmonds, già traduttrice e informatrice dell’FBI, ha dichiarato:

Gruppi militari stranieri, sembra diverse centinaia di individui, hanno cominciato a distribuirsi nella Giordania settentrionale, nei pressi dei villaggi della città di Al-Mafraq, prossima al confine giordano-siriano. Stando alle dichiarazioni di un ufficiale militare giordano, il quale ha chiesto di rimanere anonimo, nei due giorni passati centinaia di soldati che parlano lingue diverse dall’arabo sono stati visti fare la spola, su veicoli militari, fra la base aerea Re Hussein di Al-Mafraq – che dista 10 km dal confine siriano – e i dintorni dei villaggi giordani adiacenti al confine.

Nel gennaio del 2012, il sito britannico “Elite UK Forces” ha scritto che «ci sono voci di corridoio sempre più insistenti, secondo cui le Forze speciali britanniche stanno in qualche modo assistendo i gruppi allineati contro il regime siriano».

L’ambasciatore americano in Siria, in carica dal 2010 fino alla chiusura dell’ambasciata di Damasco, era Robert Stephen Ford. Prima di essere inviato in Siria, Ford era consigliere politico presso l’ambasciata americana di Baghdad sotto John Negroponte, ai tempi collegato in maniera infamante alle “squadre della morte” in Iraq. Secondo quanto riporta Wikipedia, «l’ex funzionario della CIA Michael Sheuer ha dichiarato che Ford, prima di essere rimosso, ha viaggiato per il Paese [la Siria; N.d.A.] incitando la gente a rovesciare il governo».

La “rivoluzione” siriana vera e propria ha preso il via nel marzo del 2011, quando sono scoppiati degli scontri nella città relativamente piccola di Daraa, sul confine giordano, e non in grossi centri come Damasco o Homs. Da allora, i media del mainstream hanno sistematicamente alterato le proporzioni delle manifestazioni antigovernative, basandosi su resoconti di parte per il conteggio delle vittime. Per esempio, quasi tutti i primi rapporti sugli scontri di marzo a Daraa facevano riferimento ad attacchi della polizia a dimostranti antigovernativi; eppure, altri dati stabilivano che vi erano stati più morti tra i poliziotti che tra i contestatori. Allora chi, esattamente, in una presunta “manifestazione pacifica”, è stato capace di sparare a sette agenti, uccidendoli? E cosa, esattamente, ci si aspettava che facesse, in risposta, il governo siriano? Dopo avere visto in quale modo la polizia statunitense tratta i manifestanti realmente pacifici – per esempio, quelli appartenenti al movimento Occupy Wall Street – possiamo solo immaginare come reagirebbe il governo americano, se le sue Forze dell’ordine venissero bersagliate dai manifestanti.

Nel giugno del 2011, i mezzi d’informazione statali siriani hanno comunicato che almeno 120 membri delle Forze di sicurezza del Paese sono stati uccisi, in un conflitto con quelle che vengono chiamate “organizzazioni armate”. Secondo quanto riportato da Deborah Amos, della NPR, «la televisione di Stato siriana ha descritto una cruenta battaglia nella città settentrionale di Jisr al-Shughour, vicino al confine turco. Sempre secondo la stessa fonte, gruppi dotati di armi automatiche hanno attaccato le Forze di sicurezza e aperto il fuoco contro degli edifici governativi. Durante la trasmissione del telegiornale della sera, un cittadino disperato ha telefonato chiedendo al Governo di salvare la città».

Si noti che le notizie riguardanti gli scontri più seri provengono dalle città di confine e questo è indicativo delle incursioni, nel nord del Paese, da parte di gruppi armati provenienti dalla Turchia e, nel sud, da parte di altri gruppi armati provenienti dalla Giordania, oltre che, naturalmente, dall’Iraq, sotto controllo americano, nella zona orientale. In effetti, i principali “centri di instabilità”, come vengono chiamati, sono Daraa, vicino alla Giordania, Talkalakh, Homs, Talbiseh e Al-Rastan, vicino al Libano, e Jisr ash-Shugur, vicino alla Turchia; sono tutti collocati lungo i confini della Siria. Nel novembre del 2011, Albawaba ha riportato la notizia che 600 combattenti erano già arrivati in Siria, dalla Libia, per supportare il nascente “Esercito di liberazione siriano”.

Poche settimane dopo l’inizio della sollevazione in Siria incoraggiata dalla CIA, il governo siriano ha espulso dal Paese la maggior parte dei giornalisti stranieri e ha cominciato a controllare rigidamente le attività di quelli rimasti. Secondo il metro di giudizio dei media occidentali – l’arma di propaganda dei neocolonialisti – questa è stata una reazione incomprensibile. Sfortunatamente, il governo siriano sembra avere sottovalutato il grado di infiltrazione della CIA nel Paese.

Essendo le possibilità di accesso diretto agli eventi che hanno luogo in Siria limitate o nulle, la maggior parte dei resoconti dei media occidentali si basa sulle dichiarazioni di anonimi “attivisti dell’opposizione” – che, francamente, potrebbero essere chiunque – e di un’organizzazione, che si fa chiamare LCC, “Comitato Coordinatore Locale della Siria”, e asserisce di rappresentare i «comitati locali dei villaggi e delle città di tutta la Siria, che si incontrano, pianificano e organizzano eventi sul territorio». Abbastanza stranamente, i siti web associati al Comitato sono localizzati in Germania e sono di proprietà di una persona chiamata Andreas Bertsch. È stato il “Comitato Coordinatore Locale della Siria” a diffondere per primo la storia fasulla che il personaggio inventato di Amina, la “ragazza omosessuale proveniente da Damasco”, era stato arrestato dalla polizia siriana.

Un video report pubblicato da RT.com mostra in che modo possono essere fabbricate di sana pianta delle notizie riguardanti la severa repressione attuata dal governo siriano:

Uomini armati sono venuti ad avvisare che avrebbe avuto luogo un attacco da parte dell’esercito e della marina contro la città di Latakia. Duemila persone hanno abbandonato la zona, e sono ritornate un paio di giorni dopo, arrabbiate per la bugia che era stata raccontata loro: non c’era stato, infatti, alcun attacco. Questa intimidazione è avvenuta il giorno dopo una grande manifestazione pro Assad*.

L’attacco non è mai avvenuto, ma questo i media non l’hanno detto. Più e più volte gli organi di informazione e il Segretario di Stato americano Hillary Clinton sono intervenuti per condannare il “massacro perpetrato dal governo siriano”, prima che il polverone si placasse e dai fatti emergesse che l’azione criminale era stata commessa dalle squadre di mercenari salafiti al soldo della NATO o che si era trattato di un acceso scontro fra fazioni rivali.

In entrambi i casi, risulta che l’esercito siriano abbia fatto il proprio dovere, proteggendo la popolazione, ma naturalmente la rettifica non è stata comunicata dai media e mai lo sarà. La Siria si è resa conto che l’allontanamento dei giornalisti occidentali è stato un grosso errore e ha revocato il provvedimento, ma, con il campo di battaglia già preparato per il conflitto, questo non sarà di grande aiuto nella guerra dei media.

Ciò con cui abbiamo a che fare, qui, è una tecnica, nota nei circoli militari come “guerra psicologica”: una strategia mirata a influenzare le emozioni, il modo di ragionare e i comportamenti dell’opinione pubblica, generalmente servendosi di cose inventate e presentate come verità.

In cima alla lista delle priorità della CIA per il “cambio di regime” in Siria – così com’era avvenuto in occasione delle invasioni criminali di Afghanistan, Iraq e Libia – c’è la creazione di un embrionale governo in esilio siriano, costituito da conservatori e/o truffatori pregiudicati. Nella prima parte del 2012, è stato creato il Consiglio Nazionale Siriano, con quartier generale in Turchia. Per avere un’idea dell’orientamento politico di questo organo, basta leggere le dichiarazioni del suo responsabile Burhan Ghalioun, un professore francese di sociologia politica e potenziale futuro presidente siriano. Il 2 dicembre del 2011, Ghalioun ha annunciato che, qualora dovesse assumere il governo della Siria, il suo regime «interromperebbe le relazioni militari con l’Iran, taglierebbe i rifornimenti di armi a Hezbollah e Hamas e allaccerebbe un legame con Israele».Questa dichiarazione d’intenti ha l’obiettivo di far sì che Israele sia più motivato e intensifichi il proprio sostegno alle operazioni volte a spodestare Assad. Con un governo filoisraeliano e filoamericano in Siria, l’apporto decisivo dell’Iran a Hezbollah e ai Palestinesi verrebbe meno, lasciando Israele libero di attuare la propria “soluzione finale” per la questione araba.

George Galloway ha fatto notare che fra i leader dell’opposizione supportati dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita vi sono dei personaggi, i quali, durante il periodo in cui ricoprivano importanti cariche in Siria, sotto Hafez al-Assad, si sono resi responsabili di crimini contro l’umanità e dell’appropriazione indebita di ingenti quantità di denaro: si tratta degli espatriati Rifaat al-Assad e Abdul Halim Khaddam. Ancora una volta si può notare il collegamento fra l’operazione Iraqi Freedom e questa corrotta creatura della CIA, Ahmed Chalabi. I casi dell’Iraq e della Libia rappresentano gli esempi più lampanti della crudeltà dell’imperialismo americano che, nascosto dietro al paravento della “costruzione della nazione”, devasta e saccheggia dei Paesi già altamente progrediti, mandandoli in rovina.


Indice del libro

Indice
Nota sull'opera
Prefazione
di Franco Cardini
Il puzzle siriano
Giochi di potere
"Primavera" o disgregazione del mondo arabo?
Introduzione
Le premesse
La cosiddetta "Primavera Araba"
La cronologia: 2008-2010, preparazione del campo di battaglia
2011: l'anno dell'inganno
Rivolta e insurrezione in Siria
L'architettura dell'insorgenza
Gestione della percezione nella guerra psicologica attraverso bugie,
disinformazione, montature e travisamenti
La prospettiva di una guerra regionale
Fasi della guerra non convenzionale
Struttura di un movimento di insorgenza o di resistenza
Giustizia poetica nel Golfo Persico
La Turchia e la questione curda
Israele e la strada verso la Persia
Sanzioni
Invasione
Un fronte unito contro l'Iran
La costruzione delle provocazioni
Rivoluzione colorata finanziata dall'estero
Assistere le rivoluzioni popolari con le forze armate
Terrorismo sponsorizzato dagli Stati Uniti
Mujahedin-e Khalq e l'insorgenza armata
Potenziali alleati etnici
Fomentare un colpo di stato militare
La posizione cino-russa
Conclusioni
Appendice 1 - Siria: la testimonianza di un sacerdote
Appendice 2 - Cos'è Amnesty International?
Il finanziamento di Amnesty International
La leadership di Amnesty International
Amnesty International tradisce la reale promozione dei diritti umani
Appendice 3 – La cronaca occidentale sulla Siria sta andando in pezzi
Appendice 4 – La Turchia tenta di provocare la guerra alla Siria


Tony Cartalucci, Nile Bowie
Obiettivo Siria - Libro >> http://goo.gl/kszwsF
Come la CIA, le bande criminali e le ONG realizzano stragi di massa e distorcono le informazioni per manipolare l'opinione pubblica
Editore: Arianna Editrice
Data pubblicazione: Ottobre 2012
Formato: Libro - Pag 261 - 15x21



lunedì 26 agosto 2013

La radiazione cosmica e il modello cosmologico standard

La radiazione cosmica e il modello cosmologico standard

La scoperta della radiazione cosmica e le sue implicazioni sull'origine dell'universo

di Corrado Ruscica - 23/08/2013



Durante gli anni ‘40, un astrofisico di origine ucraina di nome George Gamow, che fu un ammiratore della teoria di Georges Lemaître, affrontò il problema dell’origine dell’Universo. Egli partì dagli atomi, così come aveva fatto Fred Hoyle, ipotizzando che l’idrogeno, l’elio e tutti gli altri elementi si fossero formati nei primi 20 minuti, subito dopo il Big Bang, quando cioè le temperature erano migliaia di gradi superiori rispetto a quelle presenti nei nuclei delle stelle più calde. Gamow era, però, un uomo pieno di idee brillanti più che un bravo matematico. Di fatto, fu un suo studente, Ralph Alpher, che portò avanti le idee del suo professore formulandole in leggi matematiche per descrivere lo stato fisico iniziale dell’Universo. Alpher arrivò alla conclusione secondo cui se l’Universo primordiale fosse stato così caldo da sintetizzare gli elementi allora le percentuali delle abbondanze relative all’idrogeno e all’elio sarebbero state almeno dieci volte maggiori, così come era stato osservato.

Nel 1948, Alpher e il collega Robert Herman perfezionarono il modello di Lemaître che prevedeva la possibilità di misurare quel ‘calore residuo iniziale’, una forte evidenza a favore del modello del Big Bang. In altre parole, Gamow e i suoi studenti sostennero l’ipotesi in base alla quale se la fase iniziale alla nascita dell’Universo fosse stata incredibilmente calda, allora la ‘eco’ della grande ‘esplosione iniziale’, osservabile come residuo nella forma di una radiazione cosmica di fondo prodotta dal ‘bang’, sarebbe stata misurabile oggi a valori più bassi della temperatura. Sfortunatamente, nel 1949 non c’era ancora la tecnologia per costruire uno strumento che permettesse di misurare la temperatura della radiazione fossile. Tuttavia, essi calcolarono teoricamente le prime stime della temperatura della radiazione fossile ottenendo un valore di circa 5 gradi Kelvin anche se qualche anno dopo ricavarono un valore più elevato, attorno a 28 gradi Kelvin, probabilmente il risultato di una sovrastima dovuta all’incertezza con la quale era stata determinata all’epoca la costante di Hubble.  Nonostante fossero state ottenute varie stime della temperatura dello spazio, esse presentavano quasi tutte delle incertezze. In realtà, si trattava di misure della temperatura effettiva dello spazio e non implicavano il fatto che l’Universo fosse riempito di uno spettro termico di corpo nero [28].

Inoltre, queste stime dipendevano dalla nostra posizione nella Via Lattea e quindi non tenevano conto dell’isotropia della radiazione stessa. Ma agli inizi degli anni ’60, le previsioni di Alpher ed Herman furono riscoperte da Yakov Zel’dovich e indipendentemente da Robert Dicke mentre la prima pubblicazione sulla radiazione cosmica di fondo, come fenomeno fisico misurabile, risale al 1964 e si deve a due astrofisici sovietici di nome A.G. Doroshkevich e Igor Novikov. Dunque, da un lato Gamow e i suoi studenti avevano in mano la teoria, le leggi matematiche, ma non disponevano degli strumenti adatti per effettuare gli esperimenti, dall’altro un gruppo di fisici di Princeton, guidati da Robert Dicke, tra cui David Wilkinson, erano a conoscenza del lavoro di Gamow e disponevano invece di un apparato rudimentale, anche se poco sensibile, per effettuare le misure.

La radiazione fossile prevista dal modello di Lemaître, ossia l’eco della grande esplosione iniziale dovuta al Big Bang e che aveva dato origine all’Universo, doveva essere là fuori e sarebbe stata misurata. Dicke, sostenitore della teoria di Lemaître, persuase i suoi colleghi a costruire un radiometro[29] al fine di misurare la temperatura dello spazio. Intanto, le notizie di questo esperimento circolavano tra gli scienziati e persino gli ingegneri americani Arno Penzias e Robert Wilson ne erano venuti a conoscenza. A quell’epoca Penzias e Wilson, due ingegneri della compagnia telefonica “Bell Laboratories”, erano impegnati a perfezionare il sistema di comunicazioni satellitari nel New Jersey. Essi, utilizzando un’antenna a tromba, cioè una specie di ricevitore di segnali radio basato sul principio del radiometro[29] di Dicke, notarono la presenza di un ‘rumore costante’ simile a quello su un canale che non trasmette.

In altre parole, i due ingegneri avevano trovato qualcosa di anomalo, cioè la presenza di un disturbo radio che non doveva esserci. Essi, perciò, misurarono un segnale persistente avente una lunghezza d’onda di 7,35 centimetri che si originava al di fuori della Via Lattea e che corrispondeva ad un eccesso di temperatura d’antenna[30] di circa 3,5 gradi Kelvin. Dunque la domanda era: cos’era quel disturbo e, soprattutto, da dove proveniva? Si trattava, forse, di un segnale terrestre proveniente dalla vicina New York, o di un segnale proveniente da un aeroplano o, ancora, di un segnale dovuto agli escrementi degli uccelli depositati all’interno dell’antenna? In realtà, Penzias e Wilson notarono che quel rumore misterioso proveniva da ogni direzione del cielo, era ovunque. Dopo aver ricevuto una telefonata dai due ingegneri, Dicke esclamò una famosa frase: “Ragazzi, l’abbiamo trovata".

Insomma, Penzias e Wilson avevano trovato ciò che Dicke e collaboratori stavano cercando, ciò che Lemaître prima e Gamow e i suoi studenti dopo avevano previsto e cioè la prova sperimentale che eliminava definitivamente l’idea di un Universo eterno. Nel 1965, sia Penzias e Wilson che il gruppo di Dicke pubblicarono separatamente i risultati nell’Astrophyisical Journal facendo crollare per sempre il modello cosmologico dello stato stazionario.

Tuttavia, l’interpretazione della radiazione cosmica di fondo sfociò in un dibattito controverso dato che alcuni sostenitori del modello dello stato stazionario erano convinti che ciò che veniva misurato fosse il risultato della radiazione dispersa dalle galassie distanti. Basandosi sul modello dello stato stazionario e sull’analisi delle righe di assorbimento presenti negli spettri stellari, Andrew McKella aveva già sostenuto nel 1941 che la temperatura rotazionale[31] dello spazio interstellare doveva essere di circa 2 gradi Kelvin. Ad ogni modo, fu durante gli anni ’70 che crebbe il consenso sul fatto che la radiazione cosmica di fondo fosse effettivamente l’eco del Big Bang grazie al fatto che vennero realizzate una serie di misure su un ampio intervallo di frequenze che mostravano come lo spettro fosse effettivamente di tipo termico, ossia uno spettro di corpo nero, e che il modello dello stato stazionario non era in grado di spiegare.

Dunque, la presenza nello spazio della radiazione cosmica di fondo rendeva giustizia al modello del Big Bang grazie al quale oggi siamo in grado di descrivere i primi istanti di vita dell’Universo e di delineare la sua evoluzione successiva, cioè come si è espanso e si è raffreddato nel corso del tempo per dar luogo successivamente alla formazione delle prime strutture cosmiche. Nel 1978, Penzias e Wilson ricevettero il Premio Nobel per la Fisica grazie al loro contributo per la scoperta della radiazione fossile, che rappresenta oggi uno dei pilastri fondamentali del modello cosmologico standard.


Il brano è tratto dall'ebook: L'universo Infante di Corrado Ruscica >> http://goo.gl/fWTFyZ

Corrado Ruscica
eBook - L’Universo Infante
L'Era della Cosmologia di Precisione
Editore: Macro eBook
Data pubblicazione: Agosto 2013
Formato: Download (eBook) - Pag PDF 266 - EPUB 127 - eBook in Formato Elettronico PDF o EPUB - No carta



martedì 20 agosto 2013

Bluegreen Therapy, colore che guarisce

Bluegreen Therapy, colore che guarisce

Attraverso la Bluegreen Therapy è possibile comunicare e informare il corpo dialogando con gli impulsi luminosi emessi dalle nostre cellule

di Giorgio Cavalli - 19/08/2013



Bluegreen Therapy, colore che guarisce

Il Metodo Bluegreen nasce dalle intuizioni di una ricercatrice empirica, Filomena Finelli. Nata nel 1956 a Montesarchio in provincia di Benevento si trasferisce ancora bambina nella più fredda e razionale brianza. Tra Como e Cantù trascorre la sua intera esistenza umana e professionale. Proprio nel Canturino inizia i suoi studi, alternativi e all’epoca così poco comuni. Interessi dai più definiti strani, inutili, difficilmente comprensibili. Incredulità e scetticismo rappresentavano il substrato all’interno del quale Filomena ha dovuto crescere, formarsi e temprarsi come donna e come professionista. Ma si sa, laddove le condizioni divengono avverse riescono ad emergere e sopravvivere solo le convinzioni più solide e, con ogni probabilità, più vere.

La verità viene quindi ricercata partendo dal comprendere in modo profondo discipline come lo yoga, la meditazione, la pranoterapia, la cromoterapia. Dieci anni di studi, confronti, seminari e intuizioni danno a Filomena l’input per partire, nel 1999 con un’attività decisamente nuova. Apre infatti un piccolo studio, dove proverà a concretizzare tutte le proprie teorie cercando di collaudarle e perfezionarle con quel piccolo gruppo di curiosi che nei primi mesi si presentarono alla porta, tutti con un piccolo o grande problema da risolvere. Il lavoro ha inizio, le persone vanno, vengono, tornano e indubbiamente aumentano. Numeri decisamente alti, a tratti addirittura impressionanti. Il piccolo gruppo di curiosi infatti ad oggi conta quasi 4.500 individui spalmati su un periodo lungo 12 anni. Il passa parola si era diramato in modo capillare raggiungendo le più sperdute località italiane, e non solo.

Il riscontro era praticamente sempre positivo, e le persone anche se non capivano, il più delle volte si sentivano meglio, molto meglio. Le strane cose che la signora Finelli proponeva ed insegnava avevano un potenziale indiscutibilmente enorme. Capire cosa accadeva all’interno di quella piccola stanza non sempre era impresa facile. Nemmeno per la stessa creatrice del metodo. I risultati superavano le aspettative e le spiegazioni ormai sembravano non essere più sufficienti.

L’incontro con Emilio Del Giudice

L’aiuto in questo senso arriva da una persona tanto speciale quanto normale. Suona il campanello in un’anonima e piovosa mattinata dell’autunno del 2004. Di lui si sa che è un professore e che arriva da Milano, anche se l’accento svela un’inconfondibile provenienza partenopea. Si sottopone al trattamento con grande serenità e osserva ciò che accade con quell’innocente curiosità tipica delle persone realmente intelligenti. Terminato il tutto si alza e decide di svelare la propria identità. È il professor Emilio Del Giudice, fisico di risonanza mondiale e attento conoscitore di tutte le discipline alternative. Sua volontà è scoprire e valutare approcci innovativi e cercare di conferire loro, laddove ci fossero i presupposti, quella credibilità che il mondo scientifico tradizionale nega con indissolubile fermezza. Il suo entusiasmo dava ad intendere che quel giorno il professore aveva probabilmente individuato uno di quei nuovi approcci. Un metodo realmente innovativo e semplice in grado di sintetizzare in pochi gesti alcune delle più recenti e discusse teorie emerse in ambito scientifico. Teorie che Del Giudice viveva da assoluto protagonista. A questo punto decide di riflettere un attimo su quanto vissuto, così da poter elaborare una spiegazione logica e coerente. Da quel momento inizia una collaborazione produttiva e continuativa. Gli anni passano e gli incontri/confronti divengono sempre più frequenti. Le spiegazioni tanto ricercate prendono forma e cominciano a delineare quello che ad oggi possiamo definire il Metodo Bluegreen. Del Giudice vede in quel piccolo centro la sede ideale per collaudare sul campo teorie che fino a quel momento risiedevano solo nelle menti dei ricercatori. Impressioni, risultati, esperienze, tutto materiale preziosissimo utile ad avvalorare metodi nuovi, alternativi.

Informazione, luce e colore

Ma a questo punto la domanda, in molti di voi sorgerà spontanea: sì ma, di che cosa si tratta?
Ad oggi direi che siamo in grado di  rispondere a questa domanda in modo soddisfacente.
Il Metodo Bluegreen è una tecnica che insegna all’individuo a comunicare con il proprio corpo. Questo è possibile partendo dal presupposto che ogni singolo componente del nostro sistema, anche il più piccolo, in ogni istante della sua esistenza, comunica. Il dialogo è continuo e costante. Le informazioni che le parti/cellule si scambiano sono semplici e decisamente importanti. Tramite queste informazioni si coordinano relativamente le due funzionalità biologiche più rilevanti: riproduzione cellulare e ruolo da svolgere all’interno dell’organismo. Eventuali incomprensioni, malintesi o interferenze spesso rappresentano l’inizio di un problema che nel corso degli anni può tramutarsi in un’incurabile patologia.
Da troppi anni viviamo questi incessanti dialoghi corporei da spettatori. Convinti che nascano e si sviluppino in modo assolutamente autonomo e svincolato dalla nostra volontà. Se così fosse significherebbe che il nostro corpo è divenuto qualcosa che osserviamo inermi e che fondamentalmente non ci appartiene più. Le nostre cellule decidono quando stare bene e quando ammalarsi, indipendentemente dalla nostra volontà. Così non può essere. Quello che dobbiamo fare è inserirci in quei dialoghi, comunicare, impartire direttive cercando di utilizzare il linguaggio che il nostro corpo utilizza, l’unico che sarà in grado di comprendere.

Ma qual è questo codice comunicativo? Alcuni scienziati, tra cui l’illustre professor Popp, sostengono ormai da diversi anni il fenomeno secondo il quale le cellule emettono costantemente dei debolissimi impulsi luminosi. Emissioni elettromagnetiche percepibili solo attraverso sofisticati strumenti. Onde molto particolari in quanto assolutamente coerenti ed in fase. La luce che fuoriesce dalle cellule si propone con frequenze differenti e di conseguenza con colori differenti. Alcuni esperimenti sembrano dimostrare con assoluta certezza come tali segnali colorati vengano utilizzati dalle cellule di qualsiasi organismo biologico per comunicare tra loro. Per inviarsi delle informazioni relative al ruolo da svolgere e alle modalità riproduttive. Le cellule sembrano coordinarsi tra loro in modo armonico generando dei settori ognuno dei quali avente una cromaticità più frequente. Assorbiamo quindi luce con ogni parte di noi, la rielaboriamo e successivamente la riemettiamo sotto forma di colori.
Quindi il colore/informazione è alla base di tutto. Una non corretta comunicazione può generare pericolose devianze nella struttura. Ruolo delle cellule e riproduzione verrebbero alterati. Popp aveva osservato come in alcune neoplasie fosse riscontrabile una luminescenza cellulare totalmente sfalsata. Troppo intensa, disordinata e in alcuni casi addirittura assente.

Le interazioni interne quindi generano colori perfetti e coerenti. L’obiettivo del metodo Bluegreen è vivere in modo attivo queste interazioni provando ad interagire con esse. Inserirsi nei dialoghi corporei cercando, laddove fosse necessario, a ripararli o ripristinarli.
Il modo migliore per comprendere le dinamiche in gioco, a questo punto, è passare direttamente al lato pratico. Provare a raccontarvi uno degli esercizi introduttivi. Un esempio Bluegreen rappresentativo e di semplice comprensione.

La scansione del colore come esercizio introduttivo

La persona, in un ambiente adeguatamente illuminato di luce solare, si siede, si rilassa, chiude gli occhi, rivolge il viso verso il sole e strizza le palpebre. Una, due, tre volte, fino a che non vedrà apparire un colore. Tendenzialmente il colore rosso. Lo strizzare avrà aumentato il flusso sanguigno trasformando le palpebre in un vero e proprio filtro biologico.
Il rosso che stiamo visualizzando è un rosso particolare. Non è infatti un rosso fornito dall’esterno, selezionato da terzi, imperfetto, incoerente. Quello che stiamo visualizzando è semplicemente il “nostro“ rosso. Il modo in cui le nostre cellule catturano le informazioni solari e le rielaborano sempre sotto forma di colori/informazioni. Stiamo osservando come le nostre parti attuino un vero e proprio processo di aggiornamento interfacciandosi con la sorgente principale. Catturano istruzioni e regolano di conseguenza riproduzione cellulare e ruolo. È come se dicessero: “Ah ok sole, tu oggi sei così? Allora noi ragazzi per essere in equilibrio con lui dobbiamo comportarci in quest’altro modo”.  Il sole infatti, è in costante evoluzione. Ogni istante non è mai identico al precedente. Fenomeni di dimensioni vastissime ne modificano composizione, struttura, campo elettromagnetico. Se vogliamo essere in equilibrio con esso dobbiamo quindi aggiornarci.

L’afflusso sanguigno comincerà a diminuire e il rosso perderà di intensità passando prima all’arancione e poi al giallo. Mettendo le mani sugli occhi ed eliminando la sorgente luminosa avremo la possibilità di osservare i colori restanti, complementari ai precedenti (verde, blu e viola). Questo avviene secondo un principio ottico noto come Principio di Armonia.
Quello che stiamo facendo ha due valenze. Una di tipo diagnostico e una di tipo terapeutico.
Diagnostico: molti non riescono a visualizzare determinati colori. Questa difficoltà rappresenta un’informazione importante relativa a un’effettiva carenza interna.  La frequenza mancante potrà essere associata a una specifica parte del corpo.
Terapeutico: a questo punto ripetiamo l’esercizio provando a visualizzare il colore mancante. Potranno essere necessarie diverse sessioni. I risultati comunque non si faranno attendere.
Abbiamo scomposto la luce solare nelle sue componenti aggiornandoci in funzione del sole. Abbiamo individuato i colori mancanti cercando laddove fosse necessario reinserirli. Tutto questo lo abbiamo fatto di fronte ad un pubblico di cellule molto attente. In grado di osservare, comprendere e imparare.

Comunicazione corporea coerente

L’intero processo lascia delle tracce indelebili all’interno del nostro mare biologico. Istruzioni precise su come essere, come comportarsi e come ripararsi. Gli impulsi elettromagnetici infatti informano l’acqua corporea modificandone la struttura e lasciando al suo interno una definita memoria.
Il solo tendere verso un processo di riorganizzazione interna fa sentire le persone molto meglio. Con un semplice esercizio si è dato l’input affinché  le comunicazioni interne divengano coerenti. Il sistema poi, una volta messo sul binario giusto, inizierà a funzionare autonomamente e correttamente.

Fare questo esercizio in un ambiente naturale, come un prato o un bosco lo potenzierà considerevolmente. In questo modo sarà infatti possibile aggiornarsi non solo in funzione del sole, ma anche degli elementi che ci circondano. Alberi, erba, fiori, terra assorbono e rielaborano la luce, esattamente come facciamo noi. Emettono quindi delle informazioni. Le cellule biologiche sfruttano tutte queste informazioni per coordinarsi nel migliore dei modi, dando così la possibilità al sistema di cui fanno parte di inserirsi correttamente in questo immenso equilibrio. Le cellule delle nostre braccia, della nostra faccia, delle nostre mani costantemente si consultano con le cellule degli organismi circostanti come a dire: “ah ok ragazzi, voi tutti oggi siete così, allora noi, per essere in equilibrio dobbiamo comportarci di conseguenza”.  Leggono i colori, decifrandoli e attribuendo loro un significato. Ogni colore emesso corrisponde ad una specifica frequenza, un numero, una variabile inequivocabile.
L’equilibrio è salute. L’equilibrio è vita. È mutevole e viene costruito istante dopo istante dopo istante. Il cambiamento è l’unica costante.
Questo esercizio rappresenta l’esperienza introduttiva. Da affrontare con il supporto formativo della guida (Filomena Finelli), in grado di attribuire i significati più corretti a visualizzazioni, sensazioni ed emozioni. Molti altri esercizi più complessi ed evoluti sono stati elaborati. I risultati continuano a darci ragione e le persone continuano a ritornare. La strada quindi molto probabilmente è quella giusta, quella vera. Bluegreen è riparare ma soprattutto imparare.

Pubblicazioni scientifiche

Una pubblicazione che avvalora le basi del metodo Bluegreen è apparsa sulla rivista scientifica Jams (Journal of Acupuncture and Meridian Studies) a firma di Rajendra Bajpai, Larissa Brizhik, Emilio Del Giudice, Filomena Finelli, Fritz-Albert Popp, Klauss-Peter Schlebusch.
L’articolo è contenuto in J Acupunct Meridian Stud 2010;3(4):291−297.
Per info: www.jams-kpi.com

Centro Bluegreen
Filomena Finelli effettua su prenotazione sedute Bluegreen tutti i giorni della settimana. Presso il centro si tengono inoltre:
•    con cadenza trimestrale corsi di Arte terapia (9 incontri della durata di 2 ore). Si lavora in gruppi di 7/9 persone.
•    Sedute di Color Reiki
•    Corsi e sedute di Baby massaggio Bioenergetico (Massaggio Farfalla)
•    Sedute individuali di counseling
Il metodo Bluegreen viene raccontato in modo dettagliato e approfondito per mezzo di un corso formativo/informativo della durata di 7 ore e suddiviso in due incontri.
Su richiesta tale corso può essere realizzato anche fuori sede.
Il relatore è il formatore Giorgio Cavalli (per info giorgio.cavalli@fastwebmail.it)

Centro Bluegreen
Via Fossano 17 – Cantù
Cell. 3343234703/3476795502
therapy@bluegreentherapy.it
www.bluegreentherapy.it

Questo articolo è tratto dalla rivista
Scienza e Conoscenza - N. 37 >> http://goo.gl/HNLCCX
Disponibile in versione cartacea, pdf e abbonamenti.
Editore: Scienza e Conoscenza - Editore
Data pubblicazione: Luglio 2011
Formato: Rivista - Pag 80 - 18,5x29




venerdì 16 agosto 2013

Che cos'è la saggezza?

Che cos'è la saggezza?

La saggezza è conoscenza di sé, e questa conoscenza non ha nulla a che vedere con le informazioni, con la cultura; ha qualcosa a che fare con la meditazione

di Raffaello Zizzo - 14/08/2013



Che cos'è la saggezza?

Da principio, l’alba interiore per la mente e per il cuore significava saggezza ma in questi ultimi decenni ha assunto una connotazione estremamente fallace.

Perché dico questo? Perché oggi tendiamo a fare troppa confusione tra: “l’amore per il sapere” e “l’amore dell’essere”.

In realtà la saggezza non è sapere: un uomo di sapere non è necessariamente un uomo di saggezza; viceversa: un uomo saggio non è necessariamente un uomo di sapere. Infatti è rarissimo che le due cose coesistano.

Un uomo di saggezza conosce se stesso, l’uomo di sapere conosce gli altri: conoscere gli altri è sapere, conoscere se stessi è beatitudine.

E conoscere gli altri senza conoscere se stessi è semplicemente futile, è uno spreco di energia, poiché la tua stessa casa resta immersa nel buio. Che senso avrebbe? A chi servirebbe?

La saggezza è conoscenza di sé, e questa conoscenza non ha nulla a che vedere con le informazioni, con la cultura; ha qualcosa a che fare con la meditazione... nulla a che fare con il pensiero, ma qualcosa a che fare con lo stato di non pensiero.

Se vuoi conoscere gli altri, dovrai coinvolgerti nel pensiero, dovrai raccogliere informazioni su di loro, dovrai indagare e accumulare notizie. Se invece vuoi conoscere te stesso, non devi accumulare nulla; anche se volessi, dove potresti raccogliere le notizie? Chi può dire qualcosa su di te? Se tu non ti conosci, chi potrà conoscerti?

Per conoscere te stesso, devi semplicemente entrare dentro di te e stare li, in silenzio. Quando tutto è silente, viene udita quella piccola voce silente. Quando tutto è quiete, inizia ad affiorare una nuova luce: un alba interiore.

Nel momento in cui la dimensione esteriore è completamente dimenticata, quando tutta la tua energia si riversa all’interno, ciò che è rimasto addormentato per secoli è risvegliato: il semplice riversarsi dell’energia lo risveglia!

Quel risveglio è saggezza. E in quel risveglio ecco la beatitudine! Quando risveglierai la tua saggezza riuscirai finalmente a capire che la beatitudine continua sempre a fluire istante dopo istante.

Percepire questo risveglio porta a un agire che scaturisce dall’estasi: il fare non è più un dovere, bensì un’estasi, un condividere la propria beatitudine, un condividere ciò che si percepisce, un riversare nel mondo l’energia della vita. Ed è un qualcosa che segue naturalmente lo stato di beatitudine.

Quando ci si sente estatici, non lo si può più contenere: l'estasi è così sconfinata che inizia a straripare, è un flusso inarrestabile che riempie ogni spazio e dimensione. Chiunque si avvicini a un uomo immerso di beatitudine ne viene immediatamente travolto (è successo a tutti noi almeno una volta nella vita).

Se ti senti un miserabile, vivi in una sorte di valle oscura; chi si sente estatico, vive in cima a una collina, baciato dal sole.

Naturalmente, quando ti avvicini a un uomo estatico, qualcosa di quella luminosità inizia a scorrere verso la valle: quello è amore condiviso!

In quello stato dell’essere nulla è un dovere, un impegno, un obbligo... nulla viene fatto perché si è costretti.

Quando si è immersi nell’estasi si agisce, si fa semplicemente perché si è alle stelle dalla felicità, proprio in quel fare: come un fiore sprigiona la sua fragranza e una nuvola si scioglie in pioggia, nello stesso modo le azioni di un uomo estatico sono un naturale straripamento della sua beatitudine.

LIBRI DI RAFFAELLO ZIZZO




mercoledì 14 agosto 2013

L'Eufonia: ovvero l'ascolto di Sè

L'Eufonia: ovvero l'ascolto di Sè

Imparare ad ascoltare se stessi e gli altri grazie all'educazione alla musica

di Manuela Morandini - 13/08/2013

 
Quando ascoltiamo una persona integralmente possiamo percepire il suo stato psicologico con estrema precisione, se abbiamo un “orecchio” addestrato. La voce esprime il contenuto vibratorio del Sé sintetizzato in quel fenomeno unico che si chiama “timbro”.

Le inflessioni verbali, il tono della parola, la chiarezza vocale, gli armonici, l’intensità (volume), l’altezza, ci offrono un campo d’indagine assai vasto e quasi inesplorato a livello profondo. Come cambia la voce nel corso degli anni, non solo per la differenza di dimensione della cavità laringea, ma fondamentalmente per passaggi di forze che si consolidano, divenendo più stabili dopo l’età puberale, cosi anche le modalità timbriche, armoniche ed espressive hanno mutamenti che riflettono sonoramente la nostra posizione o atteggiamento davanti al mondo, l’espansione e contrazione della comunicatività, lo stato dei nostri rapporti con noi stessi e con gli altri, la nostra salute mentale e fisiologica.

L’organo di fonazione e quello di audizione sono una sorta di fratelli gemelli che interagiscono e interdipendono costantemente.
  
Conoscere ampiamente questo collegamento ci porta a riconoscere e ad apprezzare quanto importante sia oggi un’educazione all’ascolto, prevista in termini musicali e indirizzata a tutti senza eccezioni. La relazione della Vita con la Musica è un fattore che ha permeato la storia conosciuta e sconosciuta dell’umanità, ma che non è stato ancora proposto all’attenzione come una delle forme più potenti di salute globale, e certamente di medicina preventiva. Se si analizzassero i metodi educativi usuali che non si basano sull’”ascolto attivo”, indotto fin dall’infanzia, avremmo chiara la situazione storica che ci tocca vivere, dove l’akroasis (l’ascolto del mondo) è stato tralasciato o semplicemente dimenticato.

L’influsso acustico sull’essere umano non proviene solo dalla cosiddetta “polluzione sonora”, o piuttosto di rumori, che ha la sua parte nella nostra stabilità psichica, ma soprattutto da una totale “sordità” per quanto si riferisce all’ascoltare la natura e le sue necessità, al non riconoscere gli influssi che suoni, musiche, parole ed atteggiamenti possono avere sulla sensibilità umana.

Spesso ancora oggi crediamo che, poiché il suono si trasmette attraverso l’aria, esso stesso sia aria, e quindi fuggevole. Sarebbe come dire che un filo conduttore dell’energia elettrica è l’elettricità. Ma mentre ci curiamo di non toccare una spina elettrica, poco ci preoccupiamo di svelare il significato, gli effetti deleteri o meravigliosi che il suono e la sua nuova percezione possono donarci. Una parola carica d’emotività può lasciarci in stato di nervosismo ed un’altra carica di bontà e positività può cambiarci l’umore istantaneamente.

Il cammino che una nuova scienza, più ampia della stessa psicoacustica, dovrà percorrere, va molto al di là della mera discorsività a cui siamo abituati, per dar luogo all’uso acuto dell’intuizione attraverso l’esperienza. Il nostro vero background è acustico, e per conoscerci come Suono ed essere in grado di percepire noi stessi con ascolto attento dovremmo fare come gli acustikòi della Scuola di Pitagora: reimparare ad ascoltare per poter intendere, eliminando prima i propri rumori non armonici, sapendo far silenzio nell’agitazione della mente, evitando di creare “polluzione” con la nostra carica vibratoria, facendo audibile la nostra vera identità umana.

Le esperienze condotte da Hans Janny col monoscopio, attorno alla forma visiva che assumono le onde vibratorie di qualsiasi natura, specialmente le onde sonore, segnano un momento di consapevolezza, confermando le antiche dottrine indù, cinesi, egizie e greche, secondo le quali ogni suono, quindi ogni onda vibratoria, è in collegamento con una forma nello spazio, da essa generata e tenuta in vita e movimento. A livello elettromagnetico, ogni vibrazione produce un aggregato di materia, internamente fusa nel suo nucleo dall’intensità e dalla caratteristica dell’onda.

Nel suo studio, Cymatics, Jenny ci mostra forme molteplici, alcune delle quali geometriche, da noi conosciute come simboli (croci, triangoli, stelle a sei punte, ecc.) prodotte da un tipo di vibrazione. Lui stesso chiarisce che non è stata condotta una ricerca sul processo del linguaggio e del potenziale energetico umano. Due sono le conclusioni a cui ci porta questa strabiliante ricerca i cui postulati sono stati scientificamente dimostrati:

Tutte le antiche civiltà che riconoscono il ruolo del Suono e della Musica quale origine e fondamento dell’universo, quale via educativa, evolutiva e terapeutica, hanno colto nei dettagli questa realtà, dimostrando una saggezza essenziale e una conoscenza matematica degli armonici, degli intervalli musicali e della costituzione cosmologica e sonora delle scale, dei ritmi e dei movimenti, da scoprire, o riscoprire, assolutamente tutti. Basti ricordare come, dopo Pitagora e Platone, Kant, Kepler, Leibniz e lo stesso Newton abbiano riconosciuto il valore universale degli armonici come chiave sintetica di conoscenza del Mondo.

Se ogni suono, onda vibratoria, parola, pensiero, sentimento e movimento creano forme, anche noi siamo conseguentemente cosi conformati, e stiamo continuamente creando forme di diversi tipi, inconsapevoli dei loro effetti. Esse si plasmano nello spazio, hanno una vita finche la vibrazione dura, e si intercettano, fondono e mescolano seguendo leggi loro proprie, legate a processi mentali, emotivi e fisici.

Il brano è tratto dal libro ”Eufonia. Il suono della Vita” di Daniel Levy  
http://www.aide-shop.com/jupgrade/index.php/it/prodotti/libri/eufonia-il-suono-della-vita-detail