mercoledì 30 giugno 2021

Ghiandola Pineale, l'orologio del corpo


Ghiandola Pineale, l'orologio del corpo

Neuroscienze e Cervello

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Come mantenere in salute la ghiandola che sincronizza la risposta ormonale e rinforza la risposta immunitaria delle cellule natural killer

Paolo Giordo - 29/06/2021

 La ghiandola pineale o epifisi è situata nella parte più profonda del cervello, all’estremità posteriore del terzo ventricolo e si collega mediante fasci nervosi alle strutture adiacenti.

Le sue cellule, dette pinealociti, producono prevalentemente melatonina che viene riversata sia nel sangue che nel liquido cefalo-rachidiano.

L’epifisi produce anche delle quantità di serotonina (5-OH-triptamina) e, inoltre anche la DMT o dimetiltriptamina, una sostanza dagli effetti allucinogeni contenuta anche nella pianta ayahuasca usata per scopi mistici, la quale è stata messa in relazione con alterati stati di coscienza, con esperienze trasformative e stati di consapevolezza mistica, specialmente presenti durante la fase REM del sonno, fase nella quale sembra che questa sostanza sia maggiormente prodotta.

La pineale è un organo ontogeneticamente molto vecchio e appartiene alla famiglia dei cosiddetti organi secretori circumventricolari, chiamati anche “finestre del cervello” i quali hanno la caratteristica di non avere la barriera emato-encefalica.

La ghiandola pineale, comunque, è un organo conosciuto da tempi antichissimi; tra i primi a descriverla fu Galeno (De Usu Partium) che descrisse la sua forma come quella di una piccola pigna (da cui il nome).

In epoca moderna il filosofo Cartesio identificò la pineale come sede dell’anima o meglio come il punto d’incontro tra l’anima immortale (res cogitans) e il corpo caduco (res extensa).

La medicina occidentale non ha mai riservato una grande attenzione a questa ghiandola osservando, comunque, che essa tende ad atrofizzarsi e a calcificarsi con il passare degli anni.

La melatonina

Abbiamo detto che l’ormone più importante e conosciuto secreto dalla pineale è la melatonina, nota per la sua regolazione dei ritmi del sonno notturno.

La biosintesi della melatonina inizia con la captazione dell’aminoacido triptofano dal sangue che circola all’interno della ghiandola. Il triptofano viene idrossilato in posizione 5 e diventa 5-OH-triptofano il quale viene a sua volta decarbossilato sino a diventare serotonina (5 idrossitriptamina). Attraverso altri passaggi chimici (acetilazione e metilazione), la serotonina si trasforma in melatonina. La melatonina scompare poi rapidamente dal plasma e dai tessuti dopo essere stata coniugata dal fegato ed escreta con le urine.

La ghiandola pineale può essere considerata un trasduttore neuroendocrino in quanto converte un input nervoso in un output chimico ormonale.

Il buio è fondamentale perché avvenga la secrezione di melatonina; maggiore è il buio e maggiore è la secrezione di questo ormone, mentre la secrezione si attenua man mano che ci si avvicina all’alba.

Durante la notte la ghiandola pineale ripara e risincronizza i danni e le attività alterate durante la vita diurna. Infatti nelle prime ore di sonno il livello di cortisolo diminuisce sino all’azzeramento, mentre quello della melatonina aumenta sino a raggiungere il suo massimo.

In condizioni di stress, veglie prolungate, ecc. il livello di cortisolo permane alto, bloccando la trasformazione della serotonina in melatonina e di fatto riducendone la produzione.

Pertanto, dal momento che il corpo riposa e “guarisce” di notte, questi processi sono bloccati o alterati; di qui la stanchezza al mattino e la mancata attivazione dei processi di guarigione.

[continua...]

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I bioritmi: l’importanza dell’alternanza luce-buio

Pineale: la ghiandola ad effetto crono-oncostatico

Cosa danneggia al pineale: farmaci, luce elettrica e campi elettromagnetici

Fluoruri e stili di vita

La vita all’aria aperta e l’esposizione alla luce solare

 

Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea

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lunedì 28 giugno 2021

Che cos'e' la telepatia?


Che cos'e' la telepatia?

Fisica dell'incredibile

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La Telepatia: fenomeno reale o suggestione?

Le risposte della scienza “ufficiale” e quelle delle ricerche di frontiera...

Luigi Maxmilian Caligiuri - 27/06/2021

Articolo di Luigi Maxmilian Caligiuri - Tratto da Scienza e Conoscenza n. 64

Vi è qualcosa di particolarmente seducente nell’idea di possedere poteri straordinari, capaci di spingerci oltre le capacità che riteniamo proprie del genere umano. Nel mondo della fantascienza, tali prerogative sono proprie dei supereroi i cui poteri, per definizione, trascendono le leggi della Fisica: Superman è in grado di volare “più veloce della luce”, Spiderman possiede la forza e l’agilità del ragno. Alcuni di tali “superpoteri” ci affascinano particolarmente in quanto attengono a una sfera particolare della nostra umanità, quella che ci caratterizza nel profondo della nostra essenza di essere pensanti e coscienti, ovvero quella della mente e della coscienza. Ad esempio, nella saga degli X-men, uno dei personaggi più intriganti è, senza dubbio, il Professor X, alias Charles Francis Xavier, fondatore del gruppo e avente potenti capacità telepatiche tramite le quali è in grado di leggere, influenzare e controllare le menti e creare illusioni negli umani.

I fenomeni PSI o extra-sensoriali: di cosa si tratta?

La mente umana rappresenta senza dubbio uno dei più profondi misteri nell’Universo e sorge spontaneo quindi chiedere se sia possibile, anche soltanto in linea di principio, trascendere le normali capacità umane utilizzando i poteri ancora inesplorati della mente stessa. Tra tali capacità, comunemente indicate come fenomeni PSI (dall’omonima lettera dell’alfabeto greco, iniziale della parola Psiche), vengono generalmente incluse la telepatia, la psicocinesi, la visione a distanza (remote viewing), la “sensazione di essere osservati”, la chiaroveggenza. Tali capacità sono anche denominate “extra-sensoriali” al fine di sottolineare la loro caratteristica di manifestarsi oltre i limiti delle comuni capacità sensoriali umane attraverso un’interazione diretta, non meglio specificata, tra la mente umana e l’ambiente circostante (intendendo, con tale termine, anche l’influenza diretta su altre menti).

Tra i fenomeni PSI di maggiore fascino e interesse, non solo da un punto di vista squisitamente teorico ma anche in relazione alle possibili implicazioni di carattere sociale, etico e applicativo, un posto di assoluto rilievo occupa la telepatia ovvero la possibilità di stabilire una comunicazione diretta, al di là della dimensione spaziale e temporale, tra due (o più) menti.

Leggere la mente e controllare il pensiero: la telepatia

L’esperienza di comunicazione tra menti distanti dal punto di vista spazio-temporali è stata riportata così frequentemente nella storia dell’Uomo da indurre lo studioso inglese F.W.H. Myers a coniare, già nel 1882, il termine telepatia che letteralmente significa “sentire a distanza”. Vi è mai capitato, ad esempio, di rispondere al telefono indovinando, prima di rispondere, l’identità dell’interlocutore dall’altra parte dell’apparecchio oppure di ricevere una lettera o una email da un amico nel preciso istante in cui stavate pensando a lui?

[Continua..]

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Dalla parapsicologia alla scienza

Le evidenze e i principali esperimenti di laboratorio

Gli esperimenti sulla comunicazione telepatica nel sonno

Telepatia e meccanica quantistica: l’entanglement

Un approfondimento sul concetto di entanglement

Il principio d’indeterminazione e quello di sovrapposizione

La teoria osservazionale pone l’accento sul ruolo dell’osservatore

La spiegazione delle ricerche di frontiera nella teoria dell’universo Superluminale

Spunti di riflessione e prospettive future

 

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lunedì 21 giugno 2021

Nervo vago: pilastro della salute


Il nervo vago: pilastro della nostra salute

Medicina Integrata

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Un nuovo metodo che permette di ripristinare la capacità di mantenere la salute fisica ed emozionale

Valerio Pignatta - 18/06/2021

Articolo tratto da Scienza e Conoscenza n. 76

Il sistema nervoso autonomo

Per oltre trent’anni Stanley Rosenberg ha praticato varie forme di terapie corporee tra le più utilizzate e diffuse, ma alla fine, come racconta nell’introduzione al suo ultimo libro Vago, il mio nervo più importante (Macro Edizioni, 2021) ha scoperto che stava usando la mappa sbagliata.

Infatti, venuto a conoscenza della teoria polivagale messa a punto da Stephen Porges, poté, grazie ai suoi concetti, espandere effettivamente per la prima volta la sua comprensione riguardo al funzionamento del sistema nervoso autonomo, e avere immediatamente a disposizione una mappa migliore.

Il sistema nervoso autonomo è parte integrante del sistema nervoso umano, e il suo compito consiste nel supervisionare e regolare l’attività degli organi interni o “viscerali”, ossia il cuore, il fegato, la cistifellea, lo stomaco, l’intestino, i polmoni, i reni e l’apparato genitale.

Le disfunzioni di uno qualsiasi di questi organi possono manifestarsi a causa di un malfunzionamento del sistema nervoso autonomo.

Come ci racconta Rosenberg il suo è stato un percorso di crescita continuo segnato dal passaggio finale dalle teorie classiche sul sistema nervoso autonomo alla rivoluzione apportata da Porges: “prima della teoria polivagale, era opinione largamente accettata che il funzionamento del sistema nervoso autonomo avvenisse in base a due stati: stress e rilassamento.

La reazione acuta da stress, detta anche reazione “combatti o fuggi”, è un meccanismo di sopravvivenza che si attiva quando ci sentiamo minacciati; in pratica, esso mobilita il corpo e lo prepara a com-battere o fuggire.

Quindi, in stato di stress i nostri muscoli sono in tensione e ci permettono di muoverci più rapidamente e/o di esercitare una forza maggiore. Dal canto loro, gli organi interni lavorano per supportare questo sforzo straordinario compiuto dal nostro sistema muscolare.

Una volta che abbiamo vinto la “lotta” e neutralizzato ciò che ci minacciava, oppure quando ci siamo allontanati a sufficienza da non essere più in pericolo, a quel punto subentra la reazione di rilassamento, e noi rimaniamo in questo stato rilassato finché non si presenta una nuova minaccia.

Nel vecchio approccio al sistema nervoso autonomo, il rilassamento era caratterizzato dalla reazione “riposa e digerisci” o “nutriti e riproduciti”.

Questo stato veniva attribuito all’attività del nervo vago, noto anche come decimo nervo cranico, che, come tutti i nervi cranici, ha origine nel cervello, o meglio, nel tronco encefalico. Secondo questa vecchia interpretazione, universalmente accettata, il sistema nervoso autonomo oscillerebbe tra stati di stress e rilassamento.

I problemi insorgono quando rimaniamo bloccati in uno stato di stress anche dopo che una minaccia o un pericolo sono passati, magari perché il nostro lavoro o stile di vita sono continuamente stressanti. Da molti decenni lo stress cronico viene riconosciuto come un vero e proprio problema di salute, e un’ingente quantità di ricerche scientifiche è stata dedicata a comprendere gli effetti dannosi dello stress a lungo termine.

Nel cercare di curare e gestire lo stress cronico, medici e terapeuti hanno dato vita a un vasto movimento, e hanno scritto su giornali, riviste, libri e blog un gran numero di articoli destinati al pubblico in generale. Anche l’industria farmaceutica ha iniziato a produrre un’ampia gamma di farmaci antistress che, grazie a un consumo sempre più diffuso, hanno fruttato alle multinazionali considerevoli profitti. Eppure, nonostante tutte queste risorse, tante persone hanno l’impressione di non essere state aiutate a sufficienza, e continuano a sentirsi stressate.

Molti ritengono che la nostra società stia diventando di anno in anno sempre più stressante, e che di conseguenza anche la gente sia sempre più stressata.

Forse, il problema è che abbiamo utilizzato la mappa sbagliata. Seguendo il vecchio approccio al sistema nervoso autonomo non siamo ancora stati in grado di scoprire metodi veramente efficaci per gestire lo stress”. [continua...]

Continuando la lettura su Scienza e Conoscenza n. 76 scoprirai:

La pratica clinica sul nervo vago

La neurologia del coinvolgimento sociale

Come ristabilire il coinvolgimento sociale - le tecniche

 

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Vago - Il Mio Nervo più Importante — Libro

Gli esercizi per superare ansia, depressione, emicrania, mal di schiena e molti altri disturbi psico-emotivi

Stanley Rosenberg

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lunedì 14 giugno 2021

Pelle specchio paure inconsce


La pelle è lo specchio delle nostre paure inconsce

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Il termine dismorfofobia (dal greco δύσμορϕος = deforme e ϕόβος = paura) fu introdotto nel 1891 dallo psichiatra modenese Enrico Agostino Morselli per indicare l’eccessiva preoccupazione per un difetto corporeo immaginario o trascurabile. Per descrivere tale situazione in medicina si utilizzano anche espressioni come dismorfia, delirio dismorfofobico e disturbo di dismorfi-smo corporeo.

Antonio Del Sorbo - 13/06/2021

Questa forma di disagio si manifesta sotto forma di eccessiva focalizzazione e inquietudine a causa di un’imperfezione o un inestetismo, oggettivamente irrilevante o persino inesistente.

Un esempio è il timore infondato di perdere tutti i capelli dinanzi a un minimo diradamento, o di sviluppare troppi peli, pur avendo una peluria normale. Altri motivi di dismorfofobia riguardano le rughe, la seborrea, il rossore, il pallore, l’acne, la sudorazione, le cicatrici e le asimmetrie del viso.

Oltre agli aspetti che riguardano la pelle e i suoi annessi, al dermatologo vengono spesso richiesti consigli sulla forma o la grandezza del naso, delle orecchie, sul profilo degli occhi, dei denti, del seno, e di qualsiasi altra parte del corpo oggetto di attenzione.

Nelle persone che in precedenza avevano avuto episodi di anoressia o bulimia, anche il peso corporeo può diventare un’idea fissa, fino a diventare il primo pensiero al risveglio, e l’ultimo della giornata prima di addormentarsi.

L’esagerata preoccupazione di aver contratto una malattia venerea è nota come venereofobia, e perdura anche in assenza di manifestazioni cliniche e quando gli esami per le malattie sessuali risultano nella norma. In questi casi il paziente diventa ipervigile sul colore della lingua o dei genitali.

La percezione soggettiva di difetto fisico, è tale che il paziente si sente osservato dagli altri, malgrado il suo aspetto esteriore rientri oggettivamente nei limiti della norma. Tutto ciò ha anche ricadute relazionali e sociali, dal momento che chi focalizza eccessivamente l’attenzione su un proprio difetto fisico, spesso considera quest’ultimo la causa della scarsa qualità dei propri rapporti sociali.

I pazienti con venereofobia ad esempio, attribuiscono il loro comportamento evitante nei confronti del partner a un presunto rossore ai genitali, spesso irrilevante. Al momento della visita il paziente con dismorfofobia riferisce che se non fosse per quel problema, la sua vita affettiva sarebbe normale.

Dismorfofobia e stress post traumatico

La dismorfofobia può essere considerata una variante somatoforme del disturbo ossessivo compulsivo. Se l’ossessione (pensiero fisso) è focalizzata su una determinata parte del corpo, il comportamento compulsivo che ne fa seguito è un rituale irrefrenabile di osservarsi ripetutamente nel corso della giornata.

Per esempio, nelle persone in cui l’attenzione si focalizza

su un minimo diradamento al cuoio capelluto, il terrore di perdere i capelli,

costringe a comportamenti compulsivi

come quello di contarne ogni giorno quanti ne cadono.

In altre persone la dismorfofobia si manifesta sotto forma di ossessione di avere la pelle invasa da insetti, seguita da un meccanismo compulsivo che le induce a staccarsi piccoli pezzetti di pelle, per poi fotografarli e rinchiuderli in un sacchetto da far analizzare al microscopio.

In casi estremi questa parassitofobia può accompagnarsi a episodi di autolesionismo. In altre persone ancora, la dismorfofobia può manifestarsi dopo aver riscontrato qualcosa di insolito sui genitali (per esempio strane secrezioni, puntini o macchie rosse).

Anche dopo aver escluso la presenza di malattie veneree con gli esami normalmente previsti, il paziente mette in atto veri e propri rituali, come quello di disinfettare in maniera compulsiva le parti intime, pratica che nei casi più estremi può determinare vere e proprie reazioni irritative da contatto, come vulvite e balanite.

Alcune persone riferiscono che tale disagio è insorto in un momento preciso della loro vita, a seguito di un evento traumatico. Infatti qualsiasi forma di dismorfofobia a carico della pelle e degli annessi cutanei, è genericamente ricordata con il termine improprio di dermatite da stress. [continua...]

 Puoi leggere l'articolo completo su Scienza e Conoscenza n.76

Scienza e Conoscenza n. 76 - Aprile-Giugno 2021 >> https://bit.ly/3dKxwWX

Rivista - Autori vari

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Ascoltando la Pelle — Libro

Il dermatologo risponde - Antonio Del Sorbo

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sabato 5 giugno 2021

Coronavirus: perché respirare dal naso


Coronavirus: perche' e' importante respirare dal naso

Medicina Integrata

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Alcuni consigli utili e fondamentali per la prevenzione e l’ottimizzazione del proprio sistema immunitario, basati in primo luogo sul modo di respirare, ma non solo.

Fiamma Ferraro - 04/06/2021

Dott.ssa Fiamma Ferraro

Ovviamente è indispensabile attenersi in prima linea a quanto indicato dalle nostre autorità sanitarie (restare a casa, lavarsi le mani, stare a distanza da altre persone, evitare affollamenti ed altro).

Tra i consigli di prevenzione che in genere si leggono vi è peraltro ben poco quanto all’importanza del modo di respirare; vi sono molti consigli per rinforzare l’immunità, con uno stile sano di vita, evitando ansia e stress (consiglio ben difficile da se­guire di questi tempi), con integratori, con una buona dieta ed altro, ma tra questi consigli non vi è quasi mai quello di “respi­rare bene”;

Respirando bene ed evitando quindi l’iperventilazione (vedi il mio libro “Attacco all'Asma... e non solo”)  si ottiene una buo­na ossigenazione di tutte le cellule del corpo ed una ottimizzazione del nostro sistema immunitario.

Purtroppo chi inizia ora l’addestramento per ridurre l’iperventilazione deve eseguire con costanza gli esercizi per diverso tempo prima di ottenere degli effetti di ottimizzazione del sistema immunitario, e quin­di questo addestramento non sarebbe utile per ottenere subito questa ottimizzazione e per diminuire il rischio, già in corso, di contagio da coronavirus.

Vi è tuttavia una misura preventiva (e cioè diretta solo a chi sta ancora bene e non ha alcuna diffi­coltà respiratoria), ad effetto abbastanza rapido, per diminuire il rischio di contagio da corona virus: e cioè quella di cercare di respirare costantemente dal naso e non dalla bocca.

È infatti noto non solo agli addetti sanitari ma anche a gran parte del pubblico e dei media che normalmente (e cioè quan­do si sta ancora bene e non sono presenti problemi che ostaco­lano l’ingresso dell’aria nelle vie respiratorie, come purtroppo accade in casi di coronavirus a volte anche in stadi non avan­zati) si dovrebbe respirare dal naso e non dalla bocca, sia di giorno che di notte.

Il naso è l’organo che la natura ci ha dato per respirare men­tre la bocca è l’organo destinato al mangiare e parlare, e solo in situazioni di emergenza al respirare. Data l’importanza del respiro, senza il quale non potremmo sopravvivere che pochi minuti, la natura, tramite la bocca, ci ha dato appunto un or­gano di riserva per il respiro, al quale possiamo ricorrere in caso di sforzi fisici estremamente intensi o impossibilità di respirare dal naso (per otturazione delle vie nasali o altri stati patologici).

Quando però il respiro per via orale, invece di restare una misu­ra eccezionale alla quale si ricorre in caso di necessità (come nei casi di coronavirus già presenti) diventa un’abitudine perma­nente (sono purtroppo non poche le persone che respirano per­manentemente con la bocca aperta giorno e notte) allora sono ben noti, non solo ai medici ma anche ad una gran parte delle persone, i danni che possono essere causati da questa respira­zione orale costante (e per respirare si intende ovviamente sia l’inspirare che l’espirare).

Questi danni rischiano di diventare molto più rilevanti quando, come nel caso attuale, ci troviamo ad affrontare un virus emesso, - in particolare con tosse e star­nuti ma non solo - con le goccioline contaminanti contenute nell’aria che inaliamo, che si stabilizza nell’apparato respiratorio. Mi sembra quindi strano che tra i consigli sanitari in genere dati per evitare di essere contagiati e di contagiare gli altri non vi sia il consiglio, importante per la prevenzione ed oltre tut­to assolutamente non costoso, di respirare - ogniqualvolta ciò possibile senza sforzi e disagi - dal naso e non dalla bocca, e di tenere la bocca chiusa quando non si parla o mangia.

Come utilizzare al meglio la mascherina

Sono ovviamente utili le mascherine (di tecnologia più o meno avanzata ed efficacia diversa a seconda dell’attività svolta), sia per evitare l’ingresso di virus con l’inspirazione, sia l’emissio­ne di virus con l’espirazione.

Occorre tuttavia, quando si indossa una mascherina, pren­dere alcune precauzioni, (in particolare per quelle elementari e di tecnologia non avanzata). Dal momento che può essere sco­modo portare una maschera vi è tra l’altro anche un aumentato rischio di toccare spesso il viso con le mani quando si sposta la maschera per renderla meno fastidiosa.

Un’altra considerazione è che le maschere più comuni durano solo poco tempo prima di dover essere sostituite; bisognerebbe inoltre anche con le ma­scherine, cercare di respirare dal naso e non dalla bocca, se si riesce a farlo senza sforzo e disagio.

Come spero i lettori abbia­no notato, ho messo in evidenza l’importanza del respirare dal naso per prevenire il contagio da coronavirus; quando infatti non si tratta più di prevenire ma, magari senza saperlo, si è già contagiati, allora la quantità d’aria che si introduce –sia con la respirazione orale che, tantomeno, con quella nasale – può non essere sufficiente, fino ad arrivare alla necessità di ricoveri e alla necessità di misure di aiuto alla ventilazione, con introduzio­ne di ossigeno supplementare con vari sistemi.

In questi casi di malattie dell’apparato respiratorio il problema si presenta infatti già nelle prime due fasi del processo di ossigenazio­ne dell’organismo, e cioè nel passaggio in quantità sufficiente di ossigeno dall’aria atmosferica ai polmoni e poi dagli alveoli polmonari al sangue, e non solo nella fase finale - fase che vie­ne potenziata eliminando l’iperventilazione - del passaggio dell’ossigeno dal sangue alle cellule dei tessuti del corpo.

Quando ci si accorge che si ha l’abitudine di iperventilare (e si spera che ciò avvenga prima che l’iperventilazione abbia magari contribuito a causare malattie croniche, disfunzioni delle difese immunitarie e vari altri problemi) allora è il caso di passare agli esercizi diretti ad eliminare l’iperventilazione. (Esercizi del Metodo Buteyko possono essere approfonditi sul sito della Dott.ssa Ferraro).

Questi esercizi – è importante ripeterlo- vanno effettuati solo a titolo preventivo o magari quando, pur contagiati, si è in una fase in cui non è presente alcun sintomo e si può cercare di respirare di meno e dal naso senza percepire difficoltà e disagi. Dopo questa pre­messa (mi scuso per la lunghezza ma mi è sembrato importante ribadire anche queste cautele importanti) passo a descrivere meglio i vantaggi che il respirare costantemente dal naso e non dalla bocca può apportare per diminuire le probabilità di contagio da coronavirus e da altre malattie che colpiscono in particolare l’apparato respiratorio.

I vantaggi del RESPIRARE CON IL NASO

1. Il coronavirus viene introdotto nell’organismo in particolare tramite l’aria (vedi ad es. questo rif. “Evi­dence of airborne transmission of the severe acute respiratory syndrome virus. Link to full textApril 22, 2004 N Engl J Med 2004; 350:1731-1739”) In un solo giorno respiria­mo dai 10.000 ai 20.000 litri di aria: circa 10 volte di più rispetto ai chili di cibo che mangiamo.

L’aria contiene molti virus e altre particelle che pertanto in un solo gior­no inaliamo in una quantità che, secondo varie ricerche, può raggiungere i 100 miliardi.

Il 70% circa di tutte le particelle e virus contenuti nelle goccioline contaminate presenti nell’aria viene filtrato quando queste particelle e virus attraversano le mucose e le ciglia del nostro naso.

Se invece respiriamo dalla bocca e non dal naso, l’aria arriva nei nostri polmoni senza essere stata preventivamente fil­trata. In altri termini, saltiamo la prima linea di difesa del nostro corpo. Pertanto, in relazione alle misure di protezione contro il coronavirus, non è certo sufficiente lavarci le mani ecc. se, allo stesso tempo, teniamo la bocca aperta e respiriamo ogni giorno dai 10.000 ai 20.000 litri di aria non filtrata.

2. Un naso freddo aumenta il rischio di infezioni da virus. Quando inaliamo dal naso l’aria viene riscaldata ed inumidita (il che non avviene se si respira dalla bocca) mentre il naso stesso si raffredda e si secca. Tuttavia quan­do espiriamo dal naso, esso viene nuovamente riscaldato ed idratato dall’aria calda ed umida che viene restituita dai polmoni. Se invece, pur inspirando dal naso espiria­mo attraverso la bocca ciò non avviene ed il naso resta freddo e secco. E’ importante perciò non solo inspirare ma anche espirare dal naso e non dalla bocca. La ricerca mostra infatti che il rinovirus, noto per causare raffred­dori e infezioni delle vie respiratorie superiori, si molti­plica quando il naso si raffredda, il che crea un ambiente favorevole per la riproduzione del rinovirus (ved. ad es.” Temperature-dependent innate defense against the common cold virus limits viral replication at warm temperature in mouse airway cells Ellen F. Foxman et al. Edited by Tada­tsugu Taniguchi, University of Tokyo- January 5,2015 doi. org/10.1073/pnas.1411030112 “) ed è probabile che ciò valga anche per la propagazione del coronavirus.

3. l ruolo antibatterico ed antivirale dell’ossido nitri­co (NO) prodotto nei seni paranasali. Sono note le proprietà antivirali dell’ossido nitrico, sostanza scoperta da Eddie Weitzberg, Jon Lundberg e collaboratori dell’I­stituto Karolinska in Svezia, negli anni ’90 (ved. ad es. High nitric oxide production in human paranasal sinuses. Nat Med. 1995 Apr;1(4):370-3.- Lundberg JO et al. e “Nitric Oxide Inhibits the Replication Cycle of Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus Link to full text – J Vi­Irol. 2005 Feb; 79(3): 1966–1969 -Sara Åkerström et al. ), prodotto in grandi quantità nei seni paranasali quan­do respiriamo attraverso il naso, allo scopo di dilatare le vie bronchiali per consentire all’aria di attraversarle fa­cilmente.

Inoltre l’NO provoca anche la dilatazione dei vasi sanguigni all’interno dei polmoni, il che consente un migliore passaggio dell’ossigeno dai polmoni al sangue. Una ulteriore importante funzione dell’ NO è costituita dalle sue proprietà antimicrobiche, che eliminano virus e batteri che sono fuggiti dalle ciglia all’interno del naso e della gola. Il coronavirus appartiene allo stessa tipologia di virus della SARS (sindrome respiratoria grave acuta). In un articolo del 2005 i ricercatori hanno concluso che l’os­sido nitrico inibisce la replicazione del virus SARS (ved. ad es.) Quando respiriamo dalla bocca questa importante sostanza, l’ossido nitrico, non viene invece prodotto.

Ovviamente anche l’ossido nitrico, analogamente ad altre sostanze fondamentali e indispensabili, se presente in eccesso nell’organismo può provocare vari effetti negativi. Tramite una respirazione normale non è possibile produrlo in quantità ec­cessiva ma può essere pericoloso assumere integratori a base di ossido nitrico o dell’amminoacido arginina, soprattutto per chi assume il Viagra o farmaci a base di nitroglicerina o altri che contengono o potenziano la formazione di ossido nitrico. Mi sembra utile citare infine un mezzo che consente di intensifi­care, tramite il respiro, la produzione dell’ossido nitrico prodot­to dai seni paranasali: è stato scientificamente provato (ved ad es. “ Exhaled nasal nitric oxide during humming: potential clinical tool in sinonasal disease? -Biomark Med. 2013 Apr;7(2):261-6. doi: 10.2217/bmm.13.11.Maniscalco M1, Pelaia G, Sofia M.” e “ Strong humming for one hour daily to terminate chronic rhinosi­nusitis in four days: A case report and hypothesis for action by stim­ulation of endogenous nasal nitric oxide production.” In Journal In IMedical Hypotheses 2006 66(4):851-854 -Author Eby, George A. “) che il fatto di cantare prolungatamente, attraverso il naso e con la bocca ben chiusa, il suono hmmmm…. fa aumentare la produzione di NO nei seni paranasali.

Questi studi scientifici pertanto ora confermano gli effetti benefici provocati dalla pra­tica, diffusa da molti secoli in varie scuole di yoga e medicina orientale, consistente appunto nell’ emettere ripetutamente ed a lungo il suono ommm…… !

Come diceva anche Didier Raoult, il direttore dell’Insti­tut Méditerranée Infection di Marsiglia, in merito al modo migliore per contrastare il coronavirus: ” Ciò che funziona meglio è il nostro sistema immunitario ” (France Info, 26 gennaio 2020).

Come possiamo ottimizzare le nostre difese immunitarie

Prima ancora di pensare a qualsiasi forma di terapia di sup­porto, bisogna ricordarsi che l’organismo r agirà meglio se è supportato da uno stile di vita sano. In particolare:

1. Cercare di ridurre lo stress; in questo periodo storico non ha tutti i torti chi afferma che “tra il dire e il riuscire a fare c’è di mezzo il mare!”. Ricordiamoci però che negli ultimi anni lo stress viene preso sempre di più in con­siderazione per il suo ruolo nocivo. Chi è a conoscenza dei concetti di base di un riaddestramento respiratorio è anche consapevole che lo stress è una delle prime cause dell’iperventilazione. Come fare? Esercizi di respirazione del metodo Buteyko, meditazione per chi ha appreso una buona tecnica, tutorial guidati su you tube.

2. Una respirazione ottimale; (come già sapete ;-))

3. Praticare attività fisica regolarmente; minimo 30 minuti al giorno di un’attività fisica di lieve-media intensità. In questo particolare periodo: cyclette, tapis roulant, tutorial su you-tube. Corsa sul posto, salire e scendere le scale di casa/del condominio (evitando in tal modo anche l’aria non raccomandabile all’interno degli ascensori), lavori domestici vari.

4. Dormire a sufficienza; per anni, la comunità scientifica non ha avuto ben chiaro il ruolo del sonno per la salute. Ormai è risaputo che il sonno favorisce tutti i processi riparativi a tutti i livelli, compreso il sistema immunitario. Come ricordo sempre: ciò che conta è il giusto dosaggio. Non bisognerebbe dormire né troppo né troppo poco. Circa 8 ore al giorno; è per questo che si dice che l’uomo passa un terzo della propria vita a dormire.

5. Optare per un’alimentazione varia ed equilibrata.

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martedì 1 giugno 2021

I traumi del passato e la quantistica


I traumi del passato e la meccanica quantistica

Medicina Quantistica e Bioenergetica

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Perchè le memorie traumatiche delle generazioni passate che si ripresentano nel nostro quotidiano? In questo articolo si propone un’estensione della Teoria Quantistica dei Campi volta a spiegare la dinamica dei fenomeni biologici, con particolare riferimento ai cosiddetti psicotraumatismi transgenerazionali.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 31/05/2021

Articolo apparso su Scienza e Conoscenza n. 76 di Vincenzo Di Spazio, MD, Antonio Manzalini, Ph.D

La congettura elaborata, suffragata da molteplici conferme cliniche, è che la genesi degli psicotraumatismi transgenerazionali si attua in una dimensione temporale ciclica attraverso condensazioni di bosoni di Nambu-Goldstone, quindi ha a che fare con la meccanica quantistica.

Spieghiamo prima la Meccanica Quantistica

La Meccanica Quantistica (MQ) nasce, com’è noto, all’inizio del Ventesimo secolo e viene progressivamente consolidata nella seconda metà degli anni Venti. In un contesto culturale e scientifico ancora profondamente influenzato dai paradigmi riduzionisti, il potenziale innova-tivo della MQ risulta inizialmente ridimensionato.

Le particelle (elettroni, protoni, neutroni…) erano considerate come oggetti materiali puntiformi, dotate di una doppia natura, corpuscolare ed ondulatoria. Solo a partire dal secondo dopoguerra si iniziò a superare questa visione atomistica, con lo sviluppo della Teoria Quantistica dei Campi (TQC) [1].

In sintesi, nella TQC non esistono onde e particelle, nel senso della MQ, ma solamente campi e “modidi oscillazione” quantizzati: la realtà è pervasa da un’intricatissima rete di fluttuazioni energetiche che si intrecciano per dare vita ad ogni tipo di materia-energia osservabile.

Anche le stesse interazioni tra i corpi, secondo le quattro forze fondamentali, sono mediate dallo scambio di bosoni (quanti dei campi di Gauge).

Questo quadro teorico, confermato con straordinaria precisione da numerose verifiche sperimentali, è alla base dell’attuale Modello Standard, assieme al meccanismo di Higgs spiega l’acquisizione di massa di alcune particelle dei bosoni dell’interazione elettrodebole.

La TQC si distingue dalla MQ anche per la rivisitazione del concetto di “vuoto quantistico”: il vuoto perde il significato classico di mezzo inerte, e diventa stato di minima energia in costante fluttuazione.

Nessun corpo è dunque statico ed isolabile: le fluttuazioni energetiche dei campi del vuoto e della materia attuano una fitta rete di accoppiamenti dinamici e multi-scala.

In questa visione, la realtà appare dunque espressione profonda della generazione, elaborazione, memorizzazione e scambio di informazione quantistica, le cui quantizzazioni sono tecnicamente chiamate bosoni di Nambu Goldstone (NG).

I bosoni di NG sono portatori di informazione ed organizzazione della materia. Poiché la massa dei bosoni di NG è nulla, e la loro energia a riposo è nulla, essi si possono condensare anche in un numero infinito senza portare alterazioni ai livelli di energia dei sistemi ma semplicemente modifi-candone il livello di simmetria, organizzazione.  

Una caratteristica saliente dei bosoni di NG è che sono non-locali, ovvero agiscono istantaneamente ed in modo distribuito, superando i limiti della località classica, ma pur sempre rivelabili sperimentalmente.

Vediamo un esempio. Il reticolo di un cristallo ideale è caratterizzato da una certa simmetria traslazionale (invarianza per traslazioni spaziali). Un cristallo reale, in genere, ha un’estensione limitata ed inoltre può contenere anomalie strutturali, impurità, dislocazioni.

Questo determina delle rotture di simmetria traslazionale che generano, secondo il Teorema di NG, un campo vibrazionale fononico (verificabile sperimentalmente) che modifica la simmetria del cristallo: in questo caso i bosoni di NG prendono il nome di fononi.

Crono-informazione nel tempo immaginario

In questa direzione, i fisici Ricciardi e Umezawa hanno sviluppato una teoria secondo la quale il meccanismo cerebrale di memorizzazione e recupero della memoria avviene attraverso delle rotture di simmetria che generano bosoni di NG.

Secondo le evoluzioni di questo modello (recentemente ripreso ed esteso anche da Vitiello e Freeman), in tutto il corpo, si verificherebbero rotture spontanee di simmetria dei dipoli elettrici dei fluidi biologici dovuti alla continua interazione con l’ambiente.

CONTINUA LA LETTURA DI QUESTO ARTICOLO SU SCIENZA E CONOSCENZA N.76 E SCOPRIRAI:

La genesi di psicotraumi e la condensazione bosonica

Scoprire i traumi transgenerazionali analizzare l'energia del passato che si manifesta sui pazienti oggi

Esempi pratici di traumi in pazienti

Conclusioni e risoluzioni

 

Scienza e Conoscenza n. 76 - Aprile-Giugno 2021 >> https://bit.ly/3dKxwWX

Rivista - Autori vari

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