lunedì 31 luglio 2023

Riprogrammare le cellule con il suono


Riprogrammare le cellule attraverso il suono

Nuova Biologia

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Ogni cellula produce vibrazioni meccaniche, reagendo a suoni, oscillazioni dei campi magnetici, luce: si tratta di energia fisica che può essere potenzialmente utilizzata per riprogrammare cellule malate verso l’autoriparazione

Carmen Di Muro - 30/07/2023

È possibile riparare cellule danneggiate con suoni, campi magnetici e luce? Secondo Carlo Ventura laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna, Specialista in Cardiologia e di Ricerca in Biochimica questo sarò uno scenario sicuramente possibile nel prossimo futuro. Presso il laboratorio di Biologia Molecolare del CNR di Bologna, Ventura sta conducendo interessanti e avanguardistici studi sull’effetto delle vibrazioni sonore su cellule staminali umane adulte. Attraverso uno speciale microscopio a forza atomica Ventura ha scoperto come la cellula comunichi attraverso vibrazioni sonore a livello delle sue strutture subcellulari.

«Utilizzando campi magnetici opportunamente convogliati – dichiara Carlo Ventura in un’intervista apparsa su Scienza e Conoscenza 57 ci siamo resi conto che era possibile far acquisire a cellule staminali umane adulte (ottenute per esempio da tessuto adiposo) caratteristiche simil-embrionali, cosa che le ha rese in grado di orientarsi verso destini complessi, quali quello cardiaco, neuronale, muscolare, scheletrico».

Le ricerche di Ventura stanno contribuendo a cambiare il paradigma della medicina, le cui basi, si è rivelato, non sono soltanto chimiche, ma anche e soprattutto fisiche. Ogni cellula infatti produce vibrazioni meccaniche, reagendo a suoni, oscillazioni dei campi magnetiti, luce: si tratta di energia fisica che può essere potenzialmente utilizzata per riprogrammare cellule malate verso l’autoriparazione. L’autoguarigione – la vix medicatrix naturae come la chiamavano gli antichi romani riprendendo un motto di Ippocrate – è insita negli esseri viventi che continuamente riparano e rinnovano le proprie cellule, per fare solo un esempio pensiamo che ogni tre mesi rinnoviamo il 70% delle nostre cellule.

«Noi crediamo – conclude Ventura – che in base al potere diffusivo delle energie fisiche che utilizziamo per riprogrammare le cellule staminali (finora in vitro) sia possibile raggiungere le staminali dove queste si trovano, di fatto in ogni tessuto del corpo umano, senza dover necessariamente ricorrere a un trapianto di cellule esogene, ma piuttosto riattivando la capacità delle cellule staminali tessuto-residenti di innescare un percorso di autoguarigione».

Carlo Ventura ha fondato nel 2011 ha fondato il VID art/science, un movimento internazionale che mira a promuovere un approccio interdisciplinare tra scienziati e artisti, nella convinzione che ogni manifestazione artistica possa parlare alle dinamiche più profonde della nostra biologia.

Approfondisci il tema del suono su Scienza e Conoscenza 66

Scienza e Conoscenza n. 66 >> http://bit.ly/2PLGBoi

Rivista - Settembre 2018

Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza

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lunedì 24 luglio 2023

Che cos’é una teoria scientifica?


Che cos’é una teoria scientifica?

Scienza e Fisica Quantistica

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Dal riduzionismo, all’epistemologia biiettiva per superare l’empasse del Modello Standard

Davide Fiscaletti - 22/07/2023

Come evidenzia il premio Nobel 1998 Robert Laughlin nel suo brillante libro Un universo diverso, la natura è regolata sia da principi essenziali, primari (che riguardano i costituenti elementari delle cose) sia da principi organizzativi (che riguardano strutture stabili e complesse composte da tali elementi). Nella storia della scienza esiste da sempre un conflitto tra due concezioni, vale a dire se siano le leggi microscopiche a determinare l’organizzazione, l’ordine che osserviamo nelle cose che ci circondano, oppure se invece vale il viceversa.

Da un punto di vista generale, possiamo dire che per gran parte dell’evoluzione del pensiero scientifico moderno ha prevalso un approccio riduzionistico, secondo cui i vari fenomeni diventerebbero via via più nitidi allorché vengono frazionati in parti e componenti sempre più piccole.

È fuori di dubbio il fatto che il riduzionismo abbia portato notevoli successi, in particolare nella fisica (pensiamo, per esempio, agli sviluppi della fisica atomica, della fisica nucleare, della fisica delle particelle elementari).

Tuttavia, è lecito chiedersi: esiste veramente un livello fondamentale dal quale si può spiegare tutto, usando il formalismo matematico a partire dalle interazioni fondamentali tra i costituenti elementari?

Il reame dei sistemi complessi

Va sottolineato che esistono tutta una serie di sistemi fisici – come i superfluidi e i superconduttori – i quali evidenziano chiaramente come le simmetrie che caratterizzano i costituenti elementari si possano rompere e la materia possa acquisire collettivamente e spontaneamente delle nuove proprietà che non sono presenti nelle sue regole fondamentali. In questi fenomeni il risultato è maggiore della somma degli addendi: nei superconduttori, per esempio, gli elettroni del materiale tendono a muoversi tutti assieme, sotto forma di coppie elettrone-elettrone, chiamate coppie di Cooper, come se fossero un’unica macroentità.

I sistemi in cui si verificano questi fatti costituiscono quella che viene anche chiamata la “terra di mezzo”, o reame, dei sistemi complessi la quale comprende molteplici scale di grandezza. In questo dominio rientrano in pratica tutti i fenomeni che stanno tra la fisica delle particelle e la cosmologia, e quindi per esempio anche gli organismi viventi, i sistemi cognitivi, i sistemi sociali.

Si tratta di un territorio caratterizzato dall’intreccio dei livelli e dall’emergenza di nuove forme organizzative, dove a partire dalle proprietà dei costituenti può essere impossibile dedurre i comportamenti globali del sistema. Nel suo recente illuminante libro Complessità. Un’introduzione semplice, Ignazio Licata sostiene che la terra di mezzo è il posto dove succedono le cose più interessanti per noi, in riferimento alla capacità di produrre conoscenza.

In questi fenomeni si osserva una pluralità di livelli e di comportamenti e questo necessita di ricorrere a più modelli, ciascuno dei quali ci permetterà di cogliere solo un aspetto parziale delle cose, di mettere a fuoco quanto emerge dagli obiettivi che ci si pone, mentre cambiando obiettivi cambiano i modelli.

I limiti riduzionisti del Modello Standard della fisica delle particelle

La nuova fisica sviluppatasi nel XX secolo, e segnatamente l’esplorazione del mondo atomico e subatomico, ha demolito le basi della visione del mondo, mostrando come in ambito quantistico le particelle subatomiche non hanno significato come entità isolate, ma possono essere comprese solo come interconnessioni tra vari processi di osservazione e misurazione.

Nonostante ciò, il Modello Standard della fisica delle particelle – la teoria fondamentale che, usando il linguaggio della teoria quantistica dei campi, descrive le proprietà delle particelle elementari della fisica e specifica il modo in cui interagiscono – sembra essere affetta da svariati limiti legati alla sua modalità “riduzionista” di approcciarsi alla realtà.

Il Modello Standard non sembra aver imparato la lezione riguardante l’esistenza e le proprietà del vuoto quantistico, quell’entità dinamica capace di esibire delle fluttuazioni di energia (descritte in termini di particelle virtuali) non direttamente osservabili, ma significative nello studio dei comportamenti dei sistemi fisici in quanto in grado di produrre su di essi effetti reali e osservabili...

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Scienza e Conoscenza n. 68 - Aprile/Giugno 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2YKRKHY

Nuove scienze, Medicina Integrata

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venerdì 21 luglio 2023

Akasa e Teoria delle Stringhe


Akasa e la Teoria delle Stringhe

Medicina Integrata

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Dall’antica sapienza indiana alla fisica dei quanti, la dimostrazione che niente è separato, tutto è collegato, tutto è una cosa sola

Antonio Morandi - 21/07/2023

L’idea originaria di Akasa la troviamo espressa nei Veda, il cuore della tradizione sapienziale dell’India da cui si è sviluppata tutta la vasta letteratura scientifica e spirituale che sta alla base della cultura indiana.

Per meglio comprendere il grado di complessità del tema è importante precisare che nella cultura indiana il concetto di Akasa è utilizzato in svariate modalità: in Ayurveda, la più importante Medicina Tradizionale Indiana è uno dei 5 elementi che costituiscono il corpo umano, nella Matematica Vedica è sinonimo di “zero” mentre nel Vastu Sastra, l’antica forma di architettura vedica, indica l’idea dello “spazio” che tutto pervade. Tutto quello che ha una forma, i “mattoni” della materia, gli organismi, le stelle, l’universo intero deriva da Akasa.

Che cos’è Akasa

Tutto quello che è percepibile dai nostri sensi evolve da Akasa, che tuttavia non è percepibile nella sua pura sostanza. L’elemento Akasa è l’anello di congiunzione fra uno stato potenziale puramente energetico della materia, il Brahman e l’Atman della tradizione vedica, e la materia stessa. Da Akasa evolvono tutti gli altri elementi, o stati della materia, chiamati Panca Mahabhuta secondo un ordine ben preciso di densità crescente: Akasa (Etere), Vayu (Aria), Tejas (Fuoco), Jala (Acqua) e Prthvi (Terra). Questa sequenza evolutiva, che ritroviamo anche alla base dell’Ayurveda, è ben descritta in tutti i Darsana, i sistemi di pensiero, o se vogliamo filosofici, tradizionali dell’India.

La sequenza a densità incrementale dei Panca Mahabhuta racchiude in sé un dato di primaria importanza: ogni elemento più denso poiché derivante dal precedente meno denso, ne contiene le proprietà. Quindi l’elemento meno denso ha un’informazione e una potenzialità creativa ed evolutiva, mentre quello più denso contiene l’informazione attuata del sistema. Le proprietà base dei singoli elementi sono progressivamente più complesse man mano che si progredisce nella sequenza. Akasa è caratterizzato dalla diffusibilità, Vayu dalla capacità di pressione, Tejas da calore radiante, Jala dall’attrazione vischiosa e Prthvi dall’attrazione coesiva. Attraverso la presenza di Akasa in ogni elemento si diffonde quindi l’informazione dell’ordine primigenio. È evidente quindi come Akasa sia presente e determinante in tutti i Panca Mahabhuta. Akasa offre il background affinché tutto avvenga.

Akasa e Prana e la Teoria delle Stringhe

Secondo alcune correnti di pensiero indiane la spinta propulsiva in questa evoluzione è il Prana. La relazione fra Akasa e Prana determina la costituzione dell’universo e di tutta la realtà percepibile. Il Prana è la forza vitale ed evolutiva di ogni organismo vivente, è coincidente con la capacità di esistere attraverso l’armonizzazione degli elementi, i Pañca Mahabhuta, che lo costituiscono. La descrizione di Akasa ne evidenzia la superiorità ontologica rispetto agli altri elementi. L’essenza stessa di Akasa è quindi un’informazione, una qualità vibratoria primordiale e prototipica che si diffonde e pervade, senza però che ci sia movimento.

È sconcertante come la descrizione di Akasa ricordi quanto espresso nella moderna Teoria delle Stringhe sulla costituzione dell’universo. Secondo questa teoria la realtà e le forze fondamentali della Natura possono essere considerate come delle corde, stringhe appunto, monodimensionali vibranti. Le stringhe hanno una dimensione infinitamente piccola, a livello della costante di Planck (10^-35m), si diffondono nello spazio definendolo e interagiscono fra loro costituendo la rete della realtà: esattamente quello che secondo la cultura indiana fa Akasa. E così come a un livello dimensionale maggiore della costante di Planck le stringhe appaiono come normali particelle, con massa, carica e altre proprietà determinate dallo stato vibrazionale della stringa, Akasa a un livello maggiore di complessità si evolve negli altri stati della materia, negli altri elementi o Mahabhuta, per formare la realtà percepibile.

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Scienza e Conoscenza n. 68 - Aprile/Giugno 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2YKRKHY 

Nuove scienze, Medicina Integrata

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venerdì 14 luglio 2023

Cervello quantistico e coscienza non locale


Cervello, processi quantistici e coscienza non locale

Neuroscienze e Cervello

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La coscienza è un epifenomeno del cervello o una trama intrinseca all'universo, governata da principi quantistici? Ecco cosa ne pensa il professor Stuart Hameroff

Carmen Di Muro - 14/07/2023

Etimologicamente il termine coscienza deriva dal latino consciens, participio presente di conscíre ovvero essere  consapevole. La determinazione storica di questa facoltà è genericamente correlata con quella di una sfera  dell’interiorità come campo specifico nel quale è possibile effettuare indagini che concernono l’ultima realtà dell’uomo e, assai spesso, ciò che in quest’ultima realtà si rivela: quell’intimo conoscimento che ciascuno ha dei suoi sentimenti ed azioni per il quale egli può fare esperienza di sé.

L'interpretazione standard della coscienza

Oggigiorno, il lavoro di ricerca sullo spettro della coscienza viene attuato partendo da ciò che è dimostrabile empiricamente e procede dal presupposto che la mente cosciente sia il risultato dell’attività biologica dei neuroni celebrali. La ragione di questo sta nel fatto che molti scienziati considerano la coscienza come un epifenomeno, ovvero come il prodotto manifesto macroscopico di numerosi processi elettrochimici che avvengono nel nostro cervello. Stando, quindi, al modello standard la coscienza emergerebbe dal complesso calcolo neuronale (la cui attitudine è vista in termini di impulsi neuronali e trasmissioni sinaptiche, equiparati a "bit" binari di calcolo digitale) che nasce durante l'evoluzione biologica come adattamento dei sistemi viventi, estrinseco alla composizione  dell'universo.

Eppure la coscienza non è semplicemente il risultato di reazioni molecolari e di processi chimici, ma è il  nucleo essenziale della natura, è sua essenza. La coscienza esiste al di fuori degli usuali vincoli dello spazio/tempo e sfugge alla tradizionale comprensione delle leggi della fisica classica. Essa è energia non locale e il suo campo d’azione non va concepito entro i confini del corpo fisico, ma al contrario, in modo esteso all’infinito.

La coscienza come trama intrinseca dell'universo

Ma in che modo il cervello produce la ricchezza dell'esperienza consapevole e di qualsiasi atto soggettivo? Le tradizioni spirituali e contemplative, e alcuni eminenti ricercatori moderni, considerano la coscienza intrinseca, "tessuta nella trama dell'universo".

Tale principio è ciò che anima le avveniristiche concettualizzazioni di “neurodinamica quantistica” di uno scienziato di fama mondiale, lo studioso americano Stuart Hameroff, il quale ha sviluppato negli ultimi 20 anni in sinergia con fisico britannico Sir Roger Penrose, una teoria rivoluzionaria chiamata “orchestrated objective reduction” (Orch OR).

Essa suggerisce che la coscienza nasca, in realtà, dalle vibrazioni quantistiche che avvengono nei polimeri proteici chiamati microtubuli all'interno dei neuroni del cervello, vibrazioni che controllano, "collassando" e risuonando su scala, i processi cerebrali, generando atti di coscienza, attraverso la connessione alle increspature di "ordine più profondo" nella geometria dello spazio-tempo.

La coscienza è più simile alla musica che al calcolo. E il cervello sembra più un'orchestra, un sistema di risonanza vibrazionale multi-scalare, che un computer. I modelli di informazione del cervello si ripetono su scale spazio-temporali in gerarchie simili ai frattali di reti neuronali, con risonanze e battiti di interferenza.

ll prof. Stuart Hameroff, oltre ad aver condotto per anni ricerche con il Premio Nobel per la Fisica Prof R. Penrose, è professore e direttore di anestesia e psicologia, nel Centro di studi sulla Coscienza dell'Università di Banner in Arizona, impegnato nello studio su come gli anestetici agiscono nei microtubuli per cancellare la coscienza, nonché di come l'ecografia transcranica potrebbe essere utilizzata in modo non invasivo per risuonare con i microtubuli cerebrali e trattare disturbi mentali, cognitivi e neurologici.


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mercoledì 12 luglio 2023

Ascoltare la voce del corpo


Ascoltare la voce del corpo: la consapevolezza interocettiva

Psicologia Quantistica

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La cosiddetta “consapevolezza interocettiva” è la sensibilità nei confronti delle informazioni e degli stimoli interni, quali il respiro, la peristalsi gastrointestinale, il senso di fame e sazietà, ma anche la cognizione del dolore e delle altre emozioni

Carmen Di Muro - 07/07/2023

Il nostro corpo è un sistema di intelligenza mutevole, pulsante, in continuo cambiamento. È un fiume di energia ed informazioni che costantemente ricrea se stesso, la sede da cui tutto parte e da cui tutto si genera nella costante interazione tra interno ed esterno. Esso è un fenomeno assai complesso e va compreso sempre a partire da quelli che sono i “vissuti” della coscienza, sulla base di quel profondo e insolvibile legame che tiene assieme la sfera somatica e quella psichica, non come due dimensioni differenti, ma nella loro reciproca relazione originaria al di fuori della quale noi non saremmo quello che siamo. Il corpo è, infatti, la terra dove prendono forma visibile le dinamiche sottili che si svolgono dentro di noi, ciò che permette di situarsi emotivamente, rinnovando, di volta in volta, il nostro equilibrio personale e il nostro senso di stabilità nel mondo.

Che cos'è la consapevolezza interocettiva

Ciò significa che nella maggiorparte delle situazioni, senza accorgercene, tendiamo a regolare la stabilità emozionale attraverso il mantenimento dell’equilibrio corporeo. Questa è la cosiddetta “consapevolezza interocettiva”, ovvero la sensibilità nei confronti delle informazioni e degli stimoli interni, quali il respiro, la peristalsi gastrointestinale, il senso di fame e sazietà, ma anche la cognizione del dolore e delle altre emozioni. Mediante l’interocezione il corpo comunica il proprio stato di salute ed efficienza fisica permettendoci di costituire il “senso di essere sè”, la nostra identità biologica. Essa diviene una delle modalità fondamentali di percepire il reale partendo dalla voce silente dei segnali somatici.

Molti degli avvenimenti che esperiamo giornalmente, che siano positivi o negativi, non di rado vengono colti a partire da quello che genera il corpo sottoforma di input sensoriali. Infatti, le modificazioni somatiche diventano le coordinate di definizione, referenza ed informazione del vissuto della persona e non sempre sintomi attribuibili esclusivamente ad una malattia o un disturbo organico. L’esterno, ovvero ciò che accade, diventa muto, e non si riesce a cogliere e a vedere il contesto o l’evento che ha generato l’emozione di cui il soma si fa interlocutore. Ciò che perturba l’esperienza di vita della persona viene, quindi, letto a partire dalla corporeità e non più dalla situazione intercorrente. È chiaro che da questa prospettiva possiamo meglio comprendere come un qualcosa che è un'emozione centrale del tema di vita dell'individuo che non viene avvertita o riferita a sé, può divenire qualcosa che acquista caratteristiche perturbanti e sintomatiche di estraneità, un elemento che sembra colpirci dall'esterno, non facente parte del proprio sentire personale.

La consapevolezza interocettiva: quando i sintomi nascono dalle emozioni

Il risultato? Un senso di grande instabilità che porta la nostra attenzione a polarizzarsi sempre più sui segnali corporei generando paura circa l’esistenza di una reale patologia ed innescando il circolo degli automatismi di pensiero, delle credenze stabili ed autosabotanti, che ci tolgono la storia, chi siamo realmente. Da qui comprendiamo come determinate sintomatologie si formino a partire dal mancato accordo tra agire e sentire, e dallo spostamento e dalla repressione di emozioni che rimangono inconsapevoli, vissuti che non riusciamo a cogliere per quello che vogliono realmente segnalarci, la cui informazione disarmonica, non di rado, rimane bloccata nei vari comparti somatici.

E nel momento in cui la nostra sfera profonda viene perturbata durevolmente da questo sentire disturbante, l’intera fisiologia del corpo non potrà che risentirne divenendo maggiormente vulnerabile ad una serie di agenti nocivi esterni e, di conseguenza, al reale insorgere della patologia. Afferrare, sentire e riconfigurare la condizione emotiva per ciò che è, mettendola in relazione al continuo accadere della vita, diventa il passo fondamentale per dare inizio alla riorganizzazione del significato personale, un processo di scoperta e di creazione che apre all’esistenza e alla sua più vera comprensione.


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martedì 11 luglio 2023

Cancro e medicina ayurvedica


Il cancro secondo la medicina ayurvedica

Medicina Integrata

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Secondo l'Ayurveda la trasformazione neoplastica è data dalla progressiva perdita, da parte della cellula, della possibilità di recuperare le informazioni necessarie per l’adattamento all’ambiente e la messa in atto di strategie per la sopravvivenza che attingono a schemi e configurazioni precedenti

Antonio Morandi - 07/07/2023

È possibile quindi definire un modello generale che descriva le condizioni neoplastiche secondo l’Ayurveda.

All’inizio si deve verificare una condizione che determini un’alterazione o un abbassamento della capacità digestiva e/o metabolica dell’organismo. Questa capacità metabolica è chiamata Agni ed è riferibile a tutti i processi di digestione e trasformazione dell’organismo sia a livello macroscopico che microscopico. Questa alterazione può avere luogo in seguito all’esposizione cronica ed eccessiva ad elementi ambientali o all’assunzione di alimenti non adeguati allo specifico organismo.

L’equilibrio di Agni porta all’utilizzo ideale delle risorse, mentre una sua disfunzione porta alla formazione ed accumulo di materiale dismetabolico, chiamato Ama, letteralmente “cibo non cotto”, riconosciuto come “non self” dall’organismo e quindi di ostacolo al suo corretto funzionamento. Per la sua natura di catalizzatore metabolico Agni è caratterizzato da attributi di velocità e qualità diffusive, calde, penetranti e, secondo i principi dell’Ayurveda, le condizioni che possono portare a una sua alterazione sono quelle in cui si verifica l’eccessiva presenza di elementi con caratteristiche qualitative opposte. Queste condizioni si possono verificare, ad esempio, in un individuo in seguito ad assunzione, per lunghi periodi, di cibo con qualità eccessivamente pesanti e vischiose o, al contrario, all’esposizione a situazioni anomale, sia fisiche che psicologiche, che presentino qualità riferibili al freddo in senso lato, come ad esempio la paura e lo stress, determinando quindi contrazione, blocco e secchezza, elementi contrastanti la qualità calda di Agni.

L’alterazione di Agni determina quindi la formazione e l’accumulo di materiale dismetabolico a più livelli (Ama), che va ad alterare ed ostruire il flusso di informazioni che, secondo l’Ayurveda, è veicolato da particolari canali chiamati Srota. L’alterazione o il blocco delle comunicazioni intercellulari, dovuto alla presenza di materiale dismetabolico che degenera la funzione della membrana e della matrice extra cellulare, è una condizione che anche la moderna biomedicina considera fra le cause principali della trasformazione neoplastica.

Quindi da una parte si avrà un blocco del flusso informativo che altera profondamente l’equilibrio fra i principi funzionali (Doṣa) che governano la fisiologia cellulare e quindi il funzionamento dei tessuti più complessi, generando condizioni di stagnazione, congestione e infiammazione. Dall’altra parte la perdita dello scambio di informazioni e del feedback intercellulare, che consente un continuo adattamento alle variazioni ambientali e microambientali, porterà a un cambiamento della strategia di sopravvivenza cellulare e un’alterazione delle istruzioni normalmente utilizzate.

La trasformazione neoplastica secondo l’Ayurveda è data quindi dalla progressiva perdita, da parte della cellula, della possibilità di recuperare le informazioni necessarie per l’adattamento all’ambiente e la messa in atto di strategie per la sopravvivenza che attingono a schemi e configurazioni precedenti. Cellule con modificazioni che possono essere tendenzialmente neoplastiche si producono continuamente e continuamente vengono eliminate dai meccanismi omeostatici di controllo del sistema generale dell’organismo. Infatti il meccanismo, ad esempio, dell’infiammazione è considerato la fase iniziale di trasformazione e controllo del tessuto neoplastico o potenzialmente tale. L’alterazione del controllo da parte dell’organismo sull’infiammazione è il primo passo della trasformazione neoplastica. Quando l’organismo perde la sua capacità di omeostasi ed autocontrollo, le cellule alterate sopravvivono e raggiunta una massa critica, possono costituire un sistema a sé stante, prevalente sui tessuti circostanti ed autonomo.

Da un punto di vista macroscopico e clinico le condizioni patologiche descritte in Ayurveda che possono essere assimilate alla moderna descrizione di neoplasia sono dette Arbuda. Il termine Arbuda significa letteralmente “crescita di carne”, tuttavia nella sua radice etimologica è anche compreso il concetto di distruzione. Arbuda ha anche altri significati fra cui “dieci miliardi”, numero astronomicamente grande che può indicare la crescita incontrollata di cellule, ma anche “montagna”, “serpente” e anche “demone”.

Quindi, in accordo quanto sopra esposto, secondo l’Ayurveda possiamo riassumere la manifestazione clinica di una neoplasia nei seguenti stadi:

1. Śopha - gonfiore/infiammazione;

2. Granthi - rigonfiamento tissutale;

3. Arbuda - tumore vero e proprio;

4. Karkaṭārbuda - tumore solido esplicitamente maligno;

5. Adhyarbuda - metastasi in siti primari;

6. Dvirārbuda - metastasi distanti;

7. Vraṇārbuda - suppurazione, tumori ulcerativi.

La tipizzazione costituzionale secondo il concetto di Prakṛti viene ovviamente adottata anche nell’ambito delle neoplasie, permettendo di individuare non solo le predisposizioni individuali ma anche, in caso di accertamento clinico, le possibili modalità evolutive della patologia e quindi la migliore strategia terapeutica. Questo concetto è anche estendibile alla Medicina Moderna per una migliore stratificazione dei pazienti e tipizzazione della terapia.


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Scienza e Conoscenza n. 63 - Rivista >> https://goo.gl/ddGQ6U

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lunedì 10 luglio 2023

I Mantra modificano il cervello


I Mantra modificano il cervello: ricerche scientifiche lo dimostrano

Neuroscienze e Cervello

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Moderni strumenti come l'elettroencefalogramma e la risonanza magnetica funzionale mostrano come l'ascolto e la recitazione dei Mantra abbia evidenti effetti sul cervello.

Antonio Morandi - 09/07/2023

Molti Mantra sono stati studiati scientificamente e il più noto è senz’altro il Gāyatrī Mantra, uno dei più famosi ed utilizzati nella cultura indiana. È derivato dal Ṛg Veda, uno dei quattro Veda, testi sapienziali fondamentali della cultura vedica ed indiana, ed è composto da diverse strofe. E’ interessante notare che il nome Gāyatrī deriva dalla metrica vedica con cui il Mantra è stato composto, a riprova dell’importanza della recitazione dei testi vedici. La notorietà del Gāyatrī Mantra, come è accaduto per il Mantra OM e per molti altri, ha travalicato i limiti dell’India e si è universalmente ed ubiquitariamente diffuso. Secondo la tradizione, la funzione principale di questo Mantra è quella di sollecitare l’illuminazione individuale, di permettere il superamento dei limiti dell’ignoranza e favorire l’unione con la coscienza collettiva.

Anche in questo caso la scienza moderna ha potuto verificare la veridicità delle affermazioni sull’effetto a livello neurofisiologico della recitazione di questo Mantra, soprattutto in relazione al suo ascolto.

Mantra e cervello

È stato infatti dimostrato che il semplice ascolto della recitazione del Gāyatrī Mantra induce cambiamenti a livello neurofisiologico rilevabili sia con l’Elettroencefalogramma che con la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI). In questo studio, 20 soggetti fra i 20 e 35 anni senza alcuna esperienza nella recitazione di Mantra o di Meditazione, sono stati sottoposti all’ascolto del Gāyatrī Mantra per 15 minuti. Le rilevazioni sono state fatte sia prima che dopo l’ascolto, ed i risultati sono sorprendenti. Il tracciato elettroencefalografico ha mostrato un aumento delle onde gamma e beta rispetto a prima dell’ascolto del Mantra; a tal riguardo è interessante segnalare che un’alta prevalenza delle onde gamma è stata riscontrata in soggetti esperti di meditazione buddista. La fMRI ha invece mostrato un’attivazione di alcune aree cerebrali, alcune dovute senz’altro agli stimoli uditivi e all’elaborazione linguistica e ritmica, ma oltre a queste è stata riscontata anche un’attivazione del lobo insulare, specialmente a destra (1).

Il lobo insulare è un’area cerebrale che, oltre ad essere legata ai processi di consapevolezza, alle emozioni ed alle facoltà relazionali ed empatiche,  è significativamente coinvolta nei processi legati alla meditazione (2). È stato inoltre dimostrato che lo spessore della corteccia cerebrale del lobo insulare è significativamente aumentato in persone esperte in meditazione e che ha un ruolo fondamentale in tale pratica (3).

Mantra e medicina integrata: uno studio su pazienti con tumore al seno

Un altro importante effetto dell’ascolto della recitazione del Gāyatrī Mantra è stato recentemente documentato in uno studio clinico randomizzato su pazienti con tumore al seno che dovevano ricevere una chemioterapia neoadiuvante. Nel gruppo che è stato sottoposto all’ascolto durante la terapia è stata riscontrata una percentuale significativamente più alta di risposta positiva, con anche un migliore risultato terapeutico finale in termini di riduzione della massa tumorale. Inoltre lo stesso gruppo ha mostrato un significativo miglioramento dello stato di ansia e depressione, e quindi della qualità di vita,  secondo il punteggio della scala HAD (Hospital Anxiety and Depression score) (4).

Questi ultimi risultati ottenuti dal puro e semplice ascolto della recitazione di un Mantra  offrono una prospettiva diversa dalle ipotesi che ritengono l’effetto rilevato sul sistema nervoso sia dovuto solo all’atto della ripetizione verbale continua che deattiverebbe alcune aree cerebrali risultando in uno stato di rilassamento psicofisico (5).

Un’influenza vibrazionale dei suoni specifici è intuibile anche dai risultati degli studi elettroencefalografici prima riportati, la diversa attivazione fatta rilevare dai Mantra OM e Gāyatrī rispettivamente delle onde Gamma e Theta, suggerisce un’influenza vibrazionale specifica piuttosto che un’azione generica. I dati relativi all’effetto dell’ascolto della recitazione anche se tradizionalmente considerati meno efficaci della recitazione vera e propria, propongono un meccanismo d’azione che esula dalla soggettività e si riflette sulla totalità del reale.

Note

Thomas IS, Rao S “Effect of Gayatri Mantra Meditation on Meditation Naive Subjects: an EEG and fMRI Pilot Study” The International Journal of Indian Psychology 3(2), No.7: 14-18, 2016

Luders et al. “The unique brain anatomy of meditation practitioners: alterations in cortical gyrification” Front. Hum. Neurosci. Vol 6 (34): 1-9, 2016

Lazar et al. “Meditation experience is associated with increased cortical thickness” Neuroreport. 28; 16(17): 1893–1897, 2005

 Mandeep Kaur et al. “Effect of vedic hymns on response to neoadjuvant chemotherapy in breast cancer: A randomized clinical study” J Cancer Sci Ther, 8:8 (Suppl) ), 2016

 Berkovich-Ohana A et al. “Repetitive speech elicits widespread deactivation in the human cortex: the “Mantra” effect?” Brain and Behavior, doi: 10.1002/brb3.346 , 2015

PER APPROFONDIRE

Mantra Yoga — CD >> https://bit.ly/3JUra8f

Antiche vibrazioni sonore che liberano la mente

Rino Capitanata, Thea

www.macrolibrarsi.it/musica/__mantra-yoga-cd.php?pn=1567


 

martedì 4 luglio 2023

La fisica delle possibilità


Amit Goswami e la fisica delle possibilità

Scienza e Fisica Quantistica

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Il cervello non crea la coscienza perché essa non è un fenomeno cerebrale: ce ne parla Alberto Lori

Alberto Lori - 03/07/2023

Tratto dal libro Coscienza Quantica di Alberto Lori

Nella sua essenza la quantistica è la fisica delle possibilità. Qualunque oggetto è fatto di possibilità. Possibilità per chi? Per la coscienza che sceglie tra varie possibilità. Quando la coscienza non sceglie, dice Amit Goswami, già professore di fisica teoretica dell’Università dell’Oregon, gli oggetti quantistici si comportano come onde di probabilità che si propagano come le altre onde ordinarie. Ogni volta che la coscienza osserva, le onde collassano e diventano oggetti dell’esperienza cosciente.

Tutto ciò che sperimentiamo subisce questo processo e ciò non vale soltanto per gli oggetti materiali, vale anche per i pensieri, i sentimenti, le intuizioni. La coscienza non è materiale. Il cervello non crea la coscienza perché essa non è un fenomeno cerebrale.

In fisica quantistica, continua il professor Goswami, abbiamo delle possibilità, di conseguenza possiamo dire che abbiamo possibili particelle elementari che creano possibili atomi, che compongono possibili molecole, che a loro volta, creano possibili reti neurali che formano un possibile cervello che ci dà una possibile coscienza. Può allora una possibile coscienza convertire possibilità di particelle elementari in eventi concreti? Puoi sognare di vivere in una nuova casa e risvegliarti in una villa principesca? «Possibilità unite ad altre possibilità possono fornirci soltanto altre possibilità, mai fatti concreti», dichiara convinto Goswami.

Chiediamoci allora in che modo la coscienza interagisce con la materia. In fondo sono due cose diverse e due cose che non hanno niente in comune non possono interagire, nel senso che non possono comunicare e per farlo hanno bisogno di un mediatore. E allora? Materialismo e dualismo non sono la soluzione. Dobbiamo ritenere la coscienza, non la materia, come fondamento dell’esistenza. È un cambio radicale di paradigma. E se pensiamo che la materia sia fatta di possibilità di coscienza, allora dobbiamo ritenere che non sia il cervello a creare la coscienza, bensì che sia contrario: è la coscienza stessa a creare il cervello. È evidente allora come in questo modo possa comprendersi che la scelta di coscienza non è più un atto dualistico di coscienza e materia. Il dualismo scompare perché la coscienza nell’interagire con il campo quantico sta scegliendo una sola possibilità che di per sé è la propria possibilità.

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Un percorso quantistico di sviluppo evolutivo

Alberto Lori

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