Bruce Lipton e l'evoluzione della Biologia
Scienza e Fisica Quantistica
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C’è una cosa che io chiamo umorismo dell’universo; altri
possono chiamarlo scherzo cosmico. Ci sono state occasioni nella vita di tutti
noi in cui abbiamo creduto di sapere esattamente quale sarebbe stato il
risultato di qualche avvenimento o fatto.
Eravamo così convinti di sapere quello che sarebbe
successo che avremmo potuto scommettere la fattoria di famiglia più il lavello
della cucina sull’esito dell’evento. Ma...
Bruce Lipton - 12/01/2022
È in momenti come questi che l’universo ci sorprende
compiendo una svolta a sinistra invece che a destra.
Mentre nella maggior parte dei casi una tale svolta
potrebbe provocare rabbia, delusione o disillusione, io di solito reagisco
scrollando la testa con profonda ammirazione nella perversa natura
dell’umorismo dell’universo. Proprio quando pensavo di sapere esattamente come
sarebbero andate a finire le cose mi trovo senza fiato per la sorpresa.
Meravigliato, devo rivedere e riconsiderare le credenze che avevo e che mi
hanno portato alla mia errata conclusione.
Quando l’umorismo dell’universo colpisce un individuo,
riconoscere la propria sorprendente mancanza di consapevolezza può provocare un
profondo cambiamento nella propria vita. A livello individuale, ognuno deve
riconsiderare le proprie credenze per far posto a delle osservazioni
sorprendenti.
Invece, il corso della storia umana muta radicalmente
quando l’umorismo dell’universo sovverte una credenza che è parte della trama
dell’intera società. Considerate come il corso della storia umana sia cambiato
quando la credenza che il mondo fosse piatto fu sfidata dalla circumnavigazione
del globo.
Nel 1893 l’ordinario di fisica dell’Università di Harvard
avvisò i suoi studenti che non c’era più bisogno di ulteriori dottorati di
ricerca nel campo della fisica. Affermò con vanto che la scienza aveva
stabilito il fatto che l’universo era una macchina materiale, fatta di atomi
fisici e indivisibili che obbedivano interamente alle leggi della meccanica
newtoniana. Poiché tutte le leggi descrittive della fisica erano conosciute, il
futuro della fisica sarebbe stato relegato a compiere misurazioni sempre più
accurate.
Due anni dopo, il concetto newtoniano di un universo di
sola materia fu rovesciato dalla scoperta di particelle subatomiche, raggi-x, e
radioattività. Nel giro di dieci anni, i fisici avevano dovuto mettere da parte
la loro credenza fondamentale in un universo materiale, poiché si riconosceva
che esso era invece fatto di energia la cui meccanica obbediva alle leggi della
fisica quantistica. Quel pizzico d’umorismo dell’universo cambiò profondamente
il corso della civilizzazione, portandoci dalle macchine a vapore alle
navicelle spaziali, dai telegrafi ai computer.
Bene … il giullare cosmico ha colpito ancora!
Com’è successo alcune volte in passato, l’esprimersi
dell’umorismo dell’universo rovescia una credenza di base fondamentale
sostenuta dalla scienza convenzionale. Lo scherzo è contenuto nei risultati del
Progetto sul Genoma Umano. In tutto il trambusto sulla sequenza del codice
genetico umano, assorbiti dalla brillante impresa tecnologica, non abbiamo
guardato attentamente al vero significato dei risultati.
Una delle credenze centrali più importanti e fondamentali
della biologia convenzionale è che i tratti e il carattere degli organismi sono
controllati dai loro geni. Questa credenza si basa sul concetto della
determinazione genetica, il dogma convenzionale che si trova praticamente in
ogni libro di testo e in ogni corso di biologia. Come fanno i geni a
controllare la vita? Ci si basa sul concetto che i geni sono auto-emergenti,
cioè che essi sono capaci di accendersi e spegnersi da soli. I geni che si
auto-attivano produrrebbero programmi simili a quelli del computer che
controllerebbero la struttura e la funzione dell’organismo. Di conseguenza, la
nostra credenza nella determinazione genetica implica che la complessità
(livello evolutivo) di un organismo sarebbe proporzionale al numero di geni che
esso possiede.
Prima che il Progetto Genoma Umano fosse iniziato, gli
scienziati avevano stimato che la complessità umana necessitasse di un genoma
superiore ai 100.000 geni. I geni sono principalmente modelli che racchiudono
il codice della struttura chimica delle proteine, le “parti” molecolari che compongono
la cellula. Si credeva che ci fosse un gene per codificare ognuna delle 70.000
o 90.000 proteine che compongono il nostro corpo.
Oltre ai geni che codificano le proteine, la cellula
contiene geni che determinano il carattere di un organismo controllando
l’attività di altri geni. I geni che programmano il funzionamento di altri geni
si chiamano geni regolatori. I geni regolatori codificano informazioni sui
complessi modelli fisici che realizzano anatomie specifiche, le quali
rappresentano le strutture che distinguono ogni tipo di cellula (cellule
muscolari da cellule ossee, per esempio) o di organismo (una scimmia da un
essere umano). Inoltre, un sottogruppo di geni regolatori è associato al
controllo di specifici modelli comportamentali. I geni regolatori orchestrano
l’attività di un numeroso gruppo di geni le cui azioni contribuiscono
collettivamente all’espressione di tratti quali la consapevolezza, l’emozione e
l’intelligenza. Era stato stimato che ci fossero più di 30.000 geni regolatori
nel genoma umano.
Considerando il numero minimo di geni necessari per
formare un essere umano, per cominciare occorrerebbero oltre 70.000 geni,
ovvero uno per ognuna delle oltre 70.000 proteine che si trovano in un corpo
umano. Poi includeremo il numero di geni regolatori che necessitano per
provvedere alla complessità di modelli espressi nella nostra anatomia,
fisiologia e comportamento. Arrotondiamo il numero di geni umani a 100.000
tondi includendo un numero minimo di 30.000 geni regolatori.
Pronti per lo scherzo cosmico? I risultati del Progetto
Genoma rivelano che ci sono solo circa 34.000 geni nel genoma umano. Due terzi
degli attesi geni non esistono! Come possiamo rendere conto della complessità
di un essere umano geneticamente controllato quando non ci sono geni
sufficienti nemmeno per codificare le proteine? Più umiliante per il dogma
della nostra credenza nella determinazione genetica è che non c’è molta
differenza nel numero totale di geni trovati negli esseri umani e quelli
trovati negli organismi primitivi che popolano il pianeta. Recentemente i
biologi hanno completato la mappatura del genoma di due dei più studiati
modelli animali nella ricerca genetica, la mosca della frutta e un microscopico
verme (Caenorhabditis elegans).
Il primitivo verme caenorhabditis serve perfettamente
come modello per studiare il ruolo dei geni nello sviluppo e nel comportamento.
Quest’organismo primitivo dalla crescita e riproduzione rapide, ha un corpo
precisamente modellato che comprende esattamente 1029 cellule ed un cervello
semplice, di circa 200 ordinate cellule. Presenta un singolare repertorio di
comportamenti e, più importante, si presta alla sperimentazione genetica. Il
genoma del caenorhabditis è composto di oltre 18.000 geni. Il corpo umano con
più di 50 trilioni di cellule ha un genoma con solo 15.000 geni in più di un
misero e microscopico verme senza spina dorsale.
«Sul margine estremo della scienza cellulare sta
emergendo il riconoscimento che l’ambiente e, più specificatamente, la nostra
percezione dell’ambiente controlla direttamente il nostro comportamento e
l’attività dei geni».
Appare ovvio che la complessità degli organismi non è
riflessa nella complessità dei suoi geni. Ad esempio, si è recentemente
scoperto che il genoma della mosca della frutta consiste di 13.000 geni.
L’occhio della mosca della frutta è composto da più cellule di quelle che si
trovano nell’intero verme caenorhabditis. Profondamente più complessa nella struttura
e nel comportamento del microscopico verme, la mosca della frutta ha 5.000 geni
in meno!
Il Progetto Genoma Umano è stato uno sforzo
complessivamente dedicato a decifrare il codice genetico umano. Si pensava che
il completo modello genetico umano avrebbe dato tutte le necessarie
informazioni alla scienza per curare tutte le malattie dell’umanità. Si credeva
inoltre che la consapevolezza del meccanismo del codice genetico umano avrebbe
permesso agli scienziati di creare un Mozart o un altro Einstein.
Il fallimento dei risultati del genoma a conformarsi alle
nostre aspettative rivela che le nostre aspettative di come funziona la
biologia sono basate chiaramente su ipotesi o informazioni errate. La nostra
credenza nel concetto di determinismo genetico è fondamentalmente errata! Non
possiamo in vero affermare che il carattere delle nostre vite è la conseguenza
della nostra programmazione genetica. I risultati del genoma ci portano a
riconsiderare la domanda: da dove acquisiamo la nostra complessità biologica?
In un commento sui sorprendenti risultati dello studio
sul genoma umano, David Baltimore, uno dei genetisti più importanti, vincitore
del Premio Nobel, affrontò la questione della complessità:
«A meno che il genoma umano non contenga parecchi geni
che risultino opachi ai nostri computer, è chiaro che non dobbiamo la nostra
indubitabile maggior complessità rispetto ai vermi e alle piante a un maggior
numero di geni. Capire cosa ci dà questa complessità – il nostro enorme
repertorio comportamentale, abilità a produrre azioni consce, notevole
coordinazione fisica, variazioni precisamente modulate in risposta ai
cambiamenti dell’ambiente esterno, l’apprendimento, la memoria … ho bisogno di
continuare? – rimane una sfida per il futuro». (Nature 409:816, 2001).
Gli scienziati hanno continuamente sostenuto che i nostri
destini biologici sono scritti nei nostri geni. Davanti a quella credenza,
l’universo ci prende in giro con uno scherzo cosmico: il controllo della nostra
vita non è nei geni. Certamente la conseguenza più interessante dei risultati
del progetto è che noi ora dobbiamo affrontare la “sfida del futuro” cui
alludeva Baltimore. Che cosa controlla la nostra biologia, se non i nostri
geni?
Negli anni scorsi, l’enfasi della scienza e della stampa
sul potere dei geni ha oscurato il brillante lavoro di molti biologi che rivela
una comprensione radicalmente diversa dell’espressione organismica. Sul margine
estremo della scienza cellulare sta emergendo il riconoscimento che l’ambiente
e, più specificatamente, la nostra percezione dell’ambiente controlla
direttamente il nostro comportamento e l’attività dei geni.
Sono stati recentemente identificati i meccanismi
molecolari per cui gli animali, dalle singole cellule sino agli esseri umani,
rispondono agli stimoli dell’ambiente ed attivano le risposte fisiologiche ed i
comportamenti appropriati. Le cellule utilizzano questi meccanismi per adattare
dinamicamente la loro struttura e funzione per adeguarsi alle richieste
dell’ambiente in continuo mutamento. Il processo di adattamento è mediato dalla
membrana cellulare (la pelle della cellula), che equivale al cervello della
cellula. Le membrane cellulari riconoscono i segnali dell’ambiente attraverso
proteine-recettori. I recettori riconoscono segnali sia fisici (ad es. sostanze
chimiche, ioni) che energetici (ad es. forze elettromagnetiche e scalari).
I segnali dell’ambiente attivano le proteine-recettori,
facendole agganciare a proteine reagenti. Le proteine reagenti sono
“interruttori” che controllano il comportamento della cellula. Proteine
recettori e reagenti danno alla cellula la consapevolezza attraverso la
sensazione fisica. In senso stretto, questi complessi proteici della membrana
rappresentano unità molecolari di percezione. Queste molecole di percezione
della membrana controllano anche la trascrizione dei geni (l’accendersi o
spegnersi dei programmi genetici) e sono state recentemente associate a
mutazioni di adattamento (alterazioni genetiche che riscrivono il codice del
DNA in risposta allo stress).
La membrana cellulare è l’omologo (equivalente)
strutturale e funzionale di un chip del computer, mentre il nucleo rappresenta
un leggi-e-scrivi hard disc caricato con programmi genetici. L’evoluzione degli
organismi, risultante da un sempre maggior numero di unità percettive della
membrana, potrebbe essere riprodotta usando la geometria frattale. I modelli
frattali ripetuti permettono un controllo incrociato di struttura e funzione
fra tre livelli di organizzazione biologica: la cellula, l’organismo
multicellulare, e l’evoluzione sociale. Attraverso la matematica frattale
possiamo ottenere una preziosa conoscenza del passato e del futuro
dell’evoluzione.
L’ambiente, attraverso l’atto della percezione, controlla
il comportamento, l’attività genetica, e persino la riscrittura del codice
genetico. Le cellule imparano (si evolvono) creando nuove proteine percettive
in risposta alle nuove esperienze ambientali. Le percezioni apprese,
specialmente quelle derivate da esperienze indirette (ad es. genitori,
coetanei, educazione accademica), potrebbero essere basate su informazioni
scorrette o errata interpretazione. Poiché potrebbero essere o non essere vere,
le percezioni sono in realtà… credenze!
La nostra nuova conoscenza scientifica sta ritornando
all’antica consapevolezza del potere della credenza. Le credenze sono
indubbiamente potenti – siano esse vere o false. Mentre abbiamo sempre sentito
del potere del pensiero positivo, il problema è che il pensiero negativo è
altrettanto potente, ma nella direzione “opposta”. I problemi che s’incontrano
con la salute nel corso della nostra vita sono generalmente connessi alle
errate percezioni acquisite nelle nostre esperienze conoscitive. La
meravigliosa parte della storia è che le percezioni possono essere reimparate.
Possiamo rimodellare le nostre vite nel riaddestrare la nostra consapevolezza.
Questa è un riflesso della saggezza senza tempo che c’è stata tramandata ed è
ora riconosciuta nella biologia cellulare.
Una comprensione dei nuovi meccanismi che descrivono il
controllo cellulare causerà uno spostamento profondo nelle credenze biologiche
quanto la rivoluzione quantistica ne ha causato nella fisica. La forza del
nuovo emergente modello biologico è che unisce le filosofie di base della
medicina convenzionale, della medicina complementare e della guarigione
spirituale.
Bruce Lipton
Il Dr. Bruce Lipton, biologo cellulare, autore e
ricercatore, è stato professore associato di anatomia alla Scuola di Medicina
dell’Università del Wisconsin, dove ha partecipato al curriculum medico come
ricercatore di biologia cellulare ed istologia. La sua ricerca di laboratorio
sulla distrofia muscolare si è concentrata sulla biochimica...
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