venerdì 25 ottobre 2019

Scienza e Conoscenza n.70 - Rivista



Scienza e Conoscenza n.70 - Rivista

Ottobre/Dicembre 2019

Nuove scienze, Medicina Integrata


Descrizione

EDITORIALE - La scelta è tua

Ogni giorno possiamo fare tante scelte: nutrirci in modo sano ed equilibrato oppure divorare prodotti industriali; muoverci il più possibile sulle nostre gambe oppure stare in macchina o in autobus lamentandoci delle code; curarci o fare prevenzione con metodi naturali oppure abusare di farmaci chimici; svegliarci al mattino nervosi e arrabbiati o decidere dì essere grati alla vita.

Ogni giorno ognuno di noi può decidere se vivere una vita appagante oppure una vita mediocre e deprimente. Da queste scelte, e da molli altri fattori, dipende anche la nostra salute, mentale e Fisica.

Brutte e belle notizie

La brutta notizia è che gli ammalati di cancro sono cresciuti nel mondo del 33% negli ultimi 10 anni e sembra che questo dato sia in crescita, soprattutto nei paesi industrializzati.

La bella notizia, invece, è che questa crescita percentuale nefasta dipende in primis dal nostro stile di vita e dall'alimentazione, due fattori assolutamente modificabili e facilmente migliorabili, che dipendono esclusivamente dalle nostre scelte quotidiane.

Cosa sceglierai?

Per questo motivo abbiamo deciso di titolare questo numero della rivista LA SCELTA ANTITUMORE, ispirate sia dal nuovo libro del dott. Giuseppe Di Bella, sia dagli articoli di illustri esperti che troverete all'interno.

Questa rivista vi mostrerà sotto diversi punti di vista che la salute e la malattia dipendono da molti fattori, ma soprattutto dipendono da noi: dall'atteggiamento mentale con cui affrontiamo la salute e anche la malattia. Per questo parliamo in modo approfondito anche di Effetto Placebo e di quanto la speranza, l'empatia e l'utilizzo delle parole, dei pensieri o dell'intenzione sia importante nella nostra vita quotidiana.

Questo numero vi farà anche riflettere su quanto la ricerca scientifica sia spesso asservita ai poteri economici e politici (il caso Di Bella ne è un chiaro esempio), ma vi mostrerà anche il coraggio di medici e ricercatori che proseguono nella loro missione, senza paura.

Un nuovo manifesto per la scienza indipendente sta nascendo, vorrete farne parte?

Buona lettura,

Romina Alessandri, direzione editoriale

 Indice

EFFETTO PLACEBO

Il placebo non è un inganno - Gioacchino Pagliaio
La speranza è come un farmaco - Intervista a Fabrizio Benedetti a cura di Marianna Gualazzi
Il campo interattivo - Carmen Di Muro
6 passi per guarire - Lissa Rankin

LA SCELTA ANTIRUMORE

La scelta antitumore - Intervista a Giuseppe Di Bella a cura di Valerio Pignatta
Un nuovo strumento per la diagnosi precoce - A cura di ORAC
Perché una terapia antiacida nei tumori? - Stefano Fais
MANIFESTO PER LA SCIENZA

Scienza di Stato - Intervista a Il Pedante a cura di Valerio Pignatta

EPIGENETICA E PNEI

La malattia vien respirando - Intervista ad Antonio Maria Pasciuto a cura della Redazione
Epigenetica e nascita - Paola Battocchio e Jerry Diamanti
Ildegarda, scienziata del nostro tempo - Sabrina Melino
Emozioni sulla pelle - Antonio Del Sorbo

SCIENZA

Scienza come arte - Davide Fiscaletti
Majorana: ancora tanto da dire - La Redazione
La pietra, il bastone, la parola - Intervista ad Angelo Tartabini a cura della Redazione

RUBRICHE

La medicina è una sola - Valerio Pignatta
Question di cuore - Davide Terranova
Casi clinici - Stefano Fais
Psicologia quantistica - Carmen Di Muro
Funghi di lunga vita - Stefania Cazzavillan

Editore Macro Edizioni
Data pubblicazione         Ottobre 2019
Formato              Rivista - Pag 96 - 19.5 x 26.5 cm
ISBN      8878694878
EAN       9788878694873
MCR-NR              176351

Scienza e Conoscenza n.70 - Ottobre/Dicembre 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2BASRPZ  
Nuove scienze, Medicina Integrata
AA. VV.

La speranza e' come un farmaco



La speranza e' come un farmaco

intervista a Fabrizio Benedetti

Medicina Non Convenzionale


Quando dire “starai meglio” è come prendere la morfina: le neuroscienze dimostrano che le parole hanno lo stesso effetto dei farmaci

Marianna Gualazzi - 24/10/2019

Il seguente articolo è tratto da Scienza e Conoscenza 70

Le parole attivano processi biochimichi che sono gli stessi dei farmaci, ma è più corretto dire il contrario: sono i farmaci a utilizzare le vie biochimiche che le parole utilizzano dalla notte dei tempi. Ma di quali parole stiamo parlando? Di quelle di speranza e fiducia, quelle pronunciate con empatia da chi si prende cura di una persona che non sta bene, dalla mamma che consola il figlio che si è sbucciato un ginocchio in bicicletta e gli dice in tono amorevole che non è nulla e che in braccio dalla mamma, e con una canzone dolce sussurrata all’orecchio, starà subito meglio. Queste parole producono nel nostro corpo cascate di neurotrasmettitori come le endorfine, che sono le stesse che vengono attivate, ad esempio, dalla morfina e che ci aiutano ad alleviare il dolore: lo scopro leggendo La speranza è un farmaco, l’ultimo libro di Fabrizio Benedetti – professore di Neuroscienze all’Università di Torino e direttore del Centro di Medicina e Fisiologia dell'Ipossia presso i laboratori di Plateau Rosà in Svizzera, tra i massimi studiosi mondiali dell’effetto placebo – che sento al telefono per una chiacchierata.

Quali sono i meccanismi neurobiologici e psicologici alla base dell’effetto placebo? Perché e come funziona?

Le aspettative del paziente giocano un ruolo cruciale, insieme con la fiducia nel medico e nella terapia, nonché la speranza di guarigione. Questi fattori psicologici scatenano nel cervello del paziente l’attivazione di sostanze chimiche in grado di produrre effetti benefici, per esempio la riduzione del dolore.

L’interesse della scienza verso il placebo è stato principalmente motivato dal suo utilizzo nel testare la validità dei trattamenti farmacologici: come viene utilizzato il placebo per questo scopo?

Qualsiasi nuova terapia dev’essere testata e paragonata a un placebo, cioè a una terapia finta, proprio perché a volte succede che i fattori psicologici prima descritti sono in grado di produrre un effetto benefico. Quindi, se la terapia vera è più efficace della terapia finta, si dice che la terapia è veramente efficace poiché il miglioramento non è dovuto a fattori psicologici. Ovviamente, dobbiamo capire di che cosa stiamo parlando. Se parliamo di dolore, performance motoria, ansia, depressione, i fattori psicologici giocano un ruolo importante. Al contrario, se viene somministrato un antibiotico placebo (finto) a un paziente che soffre di polmonite, il paziente muore di polmonite.

In anni recenti l’effetto placebo è diventato argomento di studio in sé: cosa hanno rivelato i più recenti studi? Cosa ci dicono in merito all’affascinante rapporto tra mente, cervello e corpo?

Un’attività mentale complessa, come l’aspettarsi un beneficio, induce effetti fisiologici, cioè dei cambiamenti nel cervello e nel corpo del paziente. Questo enfatizza lo stretto legame fra eventi mentali ed eventi cerebrali.

L’effetto placebo e l’effetto nocebo fanno parte della nostra vita di tutti i giorni: può farci qualche esempio?

Un esempio di placebo è la tazzina di caffè per rimanere svegli, attenti e vigili; ma è solo un effetto psicologico, poiché una tazzina non contiene la dose adeguata di caffeina per avere questi effetti. L’esempio opposto per il nocebo è il credere che bere una tazzina di caffè non faccia dormire: anche in questo caso, una tazzina non contiene la sufficiente quantità di caffeina per produrre insonnia.

Nel suo libro La speranza è un farmaco lei racconta di come le parole siano equiparabili ai farmaci: ci vuole spiegare meglio?

Questo è proprio quello che sta emergendo dalle neuroscienze. Le parole usano gli stessi meccanismi dei farmaci. Anzi sarebbe meglio dire il contrario: sono i farmaci a usare gli stessi meccanismi delle parole, visto che nel corso dell’evoluzione sono nate prima le parole e l’interazione sociale. Per esempio, la morfina usa la via biochimica delle endorfine, ma le parole positive di riduzione del dolore attivano esattamente le stesse endorfine...

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Nuove scienze, Medicina Integrata
AA. VV.

mercoledì 23 ottobre 2019

Il placebo non e' un inganno



Il placebo non e' un inganno

Medicina Non Convenzionale


Pensieri di guarigione, mindfulness e intenzionalità creatrice: la nostra mente può avere un effetto diretto sulla nostra biologia, aiutandoci a guarire

Gioacchino Pagliaro - 22/10/2019

Il seguente articolo è tratto da Scienza e Conoscenza 70.

Il placebo – in passato connotato in maniera negativa, per lo più usato per descrivere un effetto incerto e transitorio o per rilevare l’efficacia di un farmaco – oggi per merito dell’epigenetica, della PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) e delle recenti acquisizioni sulla plasticità neurale, si dimostra in molti casi come un’utile integrazione nelle cure.

L’Enciclopedia Treccani definisce il placebo come una reazione psicologica e fisiologica alla somministrazione di una preparazione a base di sostanza inerte. Questa reazione dipenderebbe da svariati elementi: la personalità del paziente, il tipo di relazione che il paziente ha con il curante/curanti, e non ultime le condizioni contestuali (ospedale, abitazione, trattamento psicoterapico ecc). Nella definizione si precisa che gli effetti di un farmaco dipendono non solo dal principio attivo, ma anche da una componente psicologica suggestiva. Inoltre i vantaggi dell’effetto placebo non sarebbero soltanto psicologici, ma anche organici e oggettivamente quantificabili.

La definizione di placebo è un’utile base di partenza per abbozzare la poliedricità di questo complesso processo, perché non restringe il campo definitorio esclusivamente all’uso di una sostanza o di un farmaco, ma riconosce anche la particolare rilevanza della dimensione psicologica. Dimensione che non riguarda solo un generico intra-psichismo individuale, ma che rimanda al tipo di informazione che viene fornita con il placebo, all’elaborazione cognitiva che la persona struttura e al tipo di aspettative e speranze che la persona è in grado di mettere in atto.

In questo modo si amplia la definizione stessa di placebo, che non resta circoscritta all’introduzione nell’organismo di una sostanza inerte, ma comprende anche un'azione mentale che può influire sull’organismo introducendo un cambiamento.

Ancora una volta il sistema di credenze, le convinzioni, la modalità, il tipo e la qualità dell’informazione offerta, unitamente all’aspettativa e all’intenzionalità, emergono come determinanti per produrre un effetto placebo, anche nelle sue forme più inaspettate e incredibili.

Speranza e fiducia: il placebo non è solo una sostanza inerte

Ma procediamo con ordine e, a proposito di effetto placebo nelle sue forme più e inaspettate e incredibili, non possiamo non ricordare un caso che negli anni Cinquanta scosse il mondo scientifico.

Il caso clinico pubblicato da B. Klopfer, psicologo dell’UCLA, sul «Journal of Protective Techniques» nel 1957 (1), riguardava un paziente affetto da un tumore delle ghiandole linfatiche in stadio molto avanzato, con masse tumorali molto grandi al collo, all’inguine e alle ascelle.

Questo paziente, entrato in fase terminale, non rispondeva più ad alcuna terapia, ma nonostante ciò non si rassegnava all’idea di non poter far nulla e continuava la ricerca di qualche trattamento sperimentale. Venuto a conoscenza del fatto che nell’ospedale dove era ricoverato avrebbero sperimentato un nuovo farmaco, su cui si riponeva molta speranza, chiese con insistenza di essere inserito nel gruppo di ricerca. In tale gruppo però potevano essere ammessi solo pazienti con un’aspettativa di vita di almeno tre mesi; purtroppo, per questo paziente la previsione era molto più breve. Tuttavia le sue insistenze furono talmente forti che, a seguito di queste pressioni, gli fu somministrata un’iniezione di questo nuovo farmaco. L’effetto fu incredibile. Dopo soli tre giorni il paziente passeggiava per il reparto, chiacchierava e scherzava. L’oncologo riferì che nel giro di poco tempo le formazioni tumorali erano scomparse e a seguito di questo inspiegabile fatto il paziente fu dimesso e considerato guarito. Stava talmente bene che, essendo un appassionato di volo riprese pure a volare.

Due mesi dopo il paziente venne a conoscenza che, in base a dieci trial condotti sul farmaco, questa cura si era rivelata un fallimento. La notizia che il farmaco assunto non aveva le proprietà terapeutiche inizialmente pubblicizzate, lo fece cadere in uno stato di profonda delusione e prostrazione tale per cui nel giro di poco tempo i tumori riapparvero.

Per la gravità della situazione il paziente venne ricoverato con la stessa diagnosi della volta precedente.

L’oncologo curante, colpito da quanto era accaduto, aveva trovato una spiegazione possibile nell’effetto placebo e, pur di aiutare il suo paziente, che comunque non poteva più fare nessuna terapia, cercò di utilizzare questo meccanismo a suo favore. Decise così di dirgli che la ricaduta non era dovuta all’inefficacia del farmaco, ma al fatto che il prodotto somministrato faceva parte di un lotto difettoso, aggiungendo che presto l’ospedale avrebbe avuto una versione sostitutiva del medicinale, doppiamente efficace.

Questa notizia riaccese nuove speranze e pochi giorni dopo venne fatta l’iniezione.

Naturalmente l’iniezione non conteneva alcun farmaco, né sperimentale né di altro tipo, tuttavia anche in questo caso le masse tumorali sparirono nuovamente e il paziente stette in buona salute per altri due mesi, senza recidive. Poco dopo l’American Medical Association annunciò pubblicamente che quel farmaco era del tutto inefficace e con grande clamore mediatico i produttori furono processati. Questa notizia creò nel paziente una ricaduta definitiva e pochi giorni dopo morì...

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Scienza e Conoscenza n.70 - Ottobre/Dicembre 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2BASRPZ
Nuove scienze, Medicina Integrata
AA. VV.

Descrizione rivista

EDITORIALE - La scelta è tua

Ogni giorno possiamo fare tante scelte: nutrirci in modo sano ed equilibrato oppure divorare prodotti industriali; muoverci il più possibile sulle nostre gambe oppure stare in macchina o in autobus lamentandoci delle code; curarci o fare prevenzione con metodi naturali oppure abusare di farmaci chimici; svegliarci al mattino nervosi e arrabbiati o decidere dì essere grati alla vita.

Ogni giorno ognuno di noi può decidere se vivere una vita appagante oppure una vita mediocre e deprimente. Da queste scelte, e da molli altri fattori, dipende anche la nostra salute, mentale e Fisica.

Brutte e belle notizie

La brutta notizia è che gli ammalati di cancro sono cresciuti nel mondo del 33% negli ultimi 10 anni e sembra che questo dato sia in crescita, soprattutto nei paesi industrializzati.

La bella notizia, invece, è che questa crescita percentuale nefasta dipende in primis dal nostro stile di vita e dall'alimentazione, due fattori assolutamente modificabili e facilmente migliorabili, che dipendono esclusivamente dalle nostre scelte quotidiane.

Cosa sceglierai?

Per questo motivo abbiamo deciso di titolare questo numero della rivista LA SCELTA ANTITUMORE, ispirate sia dal nuovo libro del dott. Giuseppe Di Bella, sia dagli articoli di illustri esperti che troverete all'interno.

Questa rivista vi mostrerà sotto diversi punti di vista che la salute e la malattia dipendono da molti fattori, ma soprattutto dipendono da noi: dall'atteggiamento mentale con cui affrontiamo la salute e anche la malattia. Per questo parliamo in modo approfondito anche di Effetto Placebo e di quanto la speranza, l'empatia e l'utilizzo delle parole, dei pensieri o dell'intenzione sia importante nella nostra vita quotidiana.

Questo numero vi farà anche riflettere su quanto la ricerca scientifica sia spesso asservita ai poteri economici e politici (il caso Di Bella ne è un chiaro esempio), ma vi mostrerà anche il coraggio di medici e ricercatori che proseguono nella loro missione, senza paura.

Un nuovo manifesto per la scienza indipendente sta nascendo, vorrete farne parte?

Buona lettura,

Romina Alessandri, direzione editoriale

 Indice

EFFETTO PLACEBO

Il placebo non è un inganno - Gioacchino Pagliaio
La speranza è come un farmaco - Intervista a Fabrizio Benedetti a cura di Marianna Gualazzi
Il campo interattivo - Carmen Di Muro
6 passi per guarire - Lissa Rankin

LA SCELTA ANTIRUMORE

La scelta antitumore - Intervista a Giuseppe Di Bella a cura di Valerio Pignatta
Un nuovo strumento per la diagnosi precoce - A cura di ORAC
Perché una terapia antiacida nei tumori? - Stefano Fais
MANIFESTO PER LA SCIENZA

Scienza di Stato - Intervista a Il Pedante a cura di Valerio Pignatta

EPIGENETICA E PNEI

La malattia vien respirando - Intervista ad Antonio Maria Pasciuto a cura della Redazione
Epigenetica e nascita - Paola Battocchio e Jerry Diamanti
Ildegarda, scienziata del nostro tempo - Sabrina Melino
Emozioni sulla pelle - Antonio Del Sorbo

SCIENZA

Scienza come arte - Davide Fiscaletti
Majorana: ancora tanto da dire - La Redazione
La pietra, il bastone, la parola - Intervista ad Angelo Tartabini a cura della Redazione
RUBRICHE

La medicina è una sola - Valerio Pignatta
Question di cuore - Davide Terranova
Casi clinici - Stefano Fais
Psicologia quantistica - Carmen Di Muro
Funghi di lunga vita - Stefania Cazzavillan

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martedì 15 ottobre 2019

Metalli pesanti e composti chimici causa di malattie



Metalli pesanti e composti chimici causa di malattie

Alimentazione e Salute


Al giorno d'oggi i fattori inquinanti e i metalli pesanti con cui veniamo in contatto sono molti di più rispetto ai nutrienti essenziali che dovremmo introdurre nel nostro corpo...

Fiamma Ferraro - 14/10/2019

Vi sono oggi in circolazione in vari prodotti circa 80.000 composti chimici. Scienziati e produttori ci assicurano che in questi prodotti gli eventuali veleni sono contenuti in dosi così infinitesimali da non procurare alcun danno. E su questo si può anche essere d’accordo: probabilmente ognuna di queste dosi non può, da sola, procurare danni, ma se le varie dosi pur infinitesimali si sommano l’una all’altra, potenziandosi magari a vicenda, allora l’ammontare complessivo di tossine nell’organismo inizia a essere non più tanto infinitesimale, e iniziano a manifestarsi i problemi di salute.

Anche le varie malattie correlate all’età, dal Parkinson, all’Alzheimer, all’artrosi – malattie un tempo meno frequenti nelle persone che raggiungevano un’età avanzata – potrebbero essere causate o aggravate da queste tossine, accumulate giorno dopo giorno, che con il passare degli anni hanno raggiunto quantità rilevanti. Queste sostanze tossiche, sconosciute fino a 100 anni fa, si trovano ormai ovunque nel nostro ambiente: dai pesticidi agricoli a conservanti e coloranti, dai ftalati e bisfenoli (l’uso del bisfenolo A nei biberon è stato finalmente proibito, dopo anni di impiego) agli ormoni e antibiotici usati negli allevamenti degli animali, ai vari metalli tossici, come arsenico, mercurio piombo ed altri. Si calcola che negli ultimi 150 anni sia cresciuto di 1.000 volte il carico dei metalli tossici che dall’ambiente esterno penetrano e restano depositati nel nostro organismo.

Oltre a questo carico pesante di tossicità ci si aggiunge il fatto gravissimo che spesso i cibi che ingeriamo sono talmente elaborati da non contenere più nessuno degli essenziali nutrienti di cui ognuno di noi ha bisogno per mantenersi in salute.

La Terapia Chelante — Libro >> http://bit.ly/33w2knx
Disintossicarsi dai Metalli Tossici
Fiamma Ferraro

Descrizione

Un metodo scientificamente provato per prevenire gli effetti nocivi dei metalli pesanti e delle tossine presenti nell'ambiente e curare i danni da essi provocati alla nostra salute

Per la prima volta un libro che parla in maniera completa della Terapia Chelante. Questa efficace e scientificamente provata terapia ha la scopo di disintossicare il nostro organismo dall’accumulo di metalli pesanti e tossici.

L’inquinamento di questo tipo è infatti sempre più profondo: dall’aria all’acqua, dai cibi alle otturazione dentali, nell’ambiente in cui viviamo si trovano sempre più particelle per noi nocive. Le tossine che assimiliamo quotidianamente, e che si accumulano nel nostro corpo nel corso degli anni, possono scatenare o aggravare numerose malattie e accelerare il normale processo di invecchiamento.

Come possiamo quindi riconoscere i metalli tossici? Dove si trovano?
C’è una differenza tra i metalli pesanti e tossici?

Agiscono da soli o abbinati e potenziati da altre sostanze nocive?

Siamo veramente a rischio? Possiamo prevenire le intossicazioni?
Sono a rischio anche i bambini? Il rischio è uguale per tutti?

Quali sono le manifestazioni cliniche? Esistono test diagnostici?

La dott.ssa Fiamma Ferraro, esperta di terapia chelante, risponderà a tutte queste domande in questa straordinaria opera presentando le misure di prevenzione e le terapie dirette a liberare il nostro corpo del carico di metalli ed altri elementi tossici che tutti, con il passare degli anni, inevitabilmente accumuliamo.

“Viviamo in un mondo tossico, ma non dobbiamo per forza vivere anche in un corpo tossico”
Fiamma Ferraro

Indice

Premessa colloquiale: la realtà non-fantascientifica

Introduzione da non perdere!

Parte Prima - La presenza di metalli tossici e altre tossine nell’ambiente che ci circonda e i problemi da ciò derivanti

Metalli “pesanti” e “tossici”: definizioni e delucidazioni
Dimensioni di un problema non quantificabile
Utilizzi e ubiquità dei metalli tossici
“Chi bella e profumata vuole apparire, deve soffrire”… triste ma vero
Intossicazioni da metalli tossici nella storia… che continua
Esposizioni occupazionali
Metalli tossici killer: colpevoli o innocenti? Cosa ci dimostra la letteratura scientifica?
Danni per la salute derivanti dalla presenza di metalli tossici nell’ambiente
Parte Seconda - I "protagonisti": metalli tossici e altre tossine

I metalli tossici: eccone alcuni
La doppia faccia dei metalli pesanti
Sostanze chimiche nocive
La radioattività
Parte Terza - Sintomatologia e problematiche attribuibili a intossicazioni croniche da metalli tossici

Sintomi e diagnosi potenzialmente riconducibili a un'intossicazione cronica da metalli tossici
Meccanismi di tossicità
Alcuni problemi di salute in cui potrebbe essere notevole il ruolo dei metalli
I metalli tossici sono come il prezzemolo e certi politici
La psiconeuroimmunologia
Filo conduttore di sintomi vaghi e aspecifici
Sintomatologia e problematiche da intossicazioni croniche da metalli tossici in età pediatrica
Test per diagnosticare un'intossicazione cronica da metalli tossici
Parte Quarta - Il trattamento delle intossicazioni da metalli tossici: la terapia chelante

La chelazione
La storia della terapia chelante: l’EDTA
TERAPIA CHELANTE
Terapia chelante con EDTA
Altre forme di somministrazione di EDTA
Notizie più recenti sull’EDTA
Sostanze chelanti sintetiche diverse dall’EDTA
Agenti naturali con effetto chelante
Sostanze naturali chelanti con effetto più blando
La sudorazione: disintossicazione e chelazione per via diretta verso l’esterno
Ideazione di un protocollo chelante personalizzato e valutazione delle modalità terapeutiche
Quali potrebbero essere i sintomi attribuibili a una terapia chelante/disintossicante?
Quale dovrebbe essere il ruolo di un buon medico, sia per gli adulti che per i bambini?
Parte Quinta - Riflessioni, consigli e conclusioni

I puntini sulle "i": chi potrebbe trarre beneficio da una terapia chelante?
La prevenzione viene prima della cura: è possibile evitare i metalli tossici?
Consigli pratici per la quotidianità
Ulteriori riferimenti scientifici e bibliografici
Indice analitico
L'Autrice

La Terapia Chelante — Libro >> http://bit.ly/33w2knx
Disintossicarsi dai Metalli Tossici
Fiamma Ferraro

lunedì 14 ottobre 2019

Le intolleranze alimentari



Le intolleranze alimentari

Alimentazione e Salute


Allergia o intolleranza? Qual è la differenza?

Urbano Baldari - 12/10/2019

Non è semplice affrontare il discorso delle intolleranze alimentari, in quanto il cibo è un bisogno primario, con il quale ogni uomo si deve confrontare ogni giorno. Alla televisione si moltiplicano corsi di cucina, così come le riviste sull’argomento in edicola. Non c’è dubbio, per la gran parte della umanità mangiare bene è un piacere, naturalmente riferendosi alle usanze culinarie di ogni popolo. Tuttavia, l’alimento può essere fonte di patologia, per cui possono comparire sintomi che, alla sospensione dietetica di ciò che disturba, migliorano o addirittura scompaiono.

Le intolleranze sono definibili come situazioni patologiche di risposta difensiva abnorme contro alimenti o parte di essi, che si manifestano soprattutto, e in prima battuta, a livello della parete intestinale, e che coinvolgono il sistema mucosale (MALT), in special modo i Linfociti TIEL, con catene γ/δ e le IgA di parete. Questa risposta difensiva avviene, normalmente, in un ambiente in cui, per svariati motivi, si è creato uno stato di disbiosi intestinale (alterazione dell’ecosistema formato dai batteri “buoni” che ci aiutano nei processi digestivi e di produzione di vitamine), con sovvertimento del naturale equilibrio ecologico delle popolazioni di microrganismi che vivono sulla parete intestinale.

Manuale per Allergici — Libro >> http://bit.ly/32e0Zl9
Come riconoscere e curare naturalmente: neurodermatite, orticaria, allergie da contatto, asma, congiuntiviti allergiche…
Henning Müller-Burzler

Le allergie sono dovute a una attivazione più profonda, rapida e completa del sistema immunitario, con un procedimento che coinvolga i Linfociti T più interni, con catene α/β, le cellule di presentazione ecc. Esaminando il vasto mondo patologico chiamato “intolleranza alimentare”, avremo di fronte alterazioni molto varie, a volte semplici, a volte molto complesse, coinvolgenti i meccanismi biochimici, immunitari, endocrini e nervosi presenti e operanti nella digestione dei cibi:

Coinvolgimento metabolico di strutture che lavorano per produrre il processo digestivo: stomaco, intestino tenue e crasso, fegato, pancreas, vie biliari, tutte le strutture valvolari che regolano il flusso del cibo: nello stomaco, cardias e piloro; nel tenue, papilla duodenale e sfintere di Oddi, valvola ileo-cecale; alla fine dell’intestino crasso lo sfintere anale.
Corrette modifiche del pH intestinale in funzione del tratto in cui viene metabolizzato il bolo alimentare (esempio: acidità nello stomaco, basicità nel tenue) controllato dai sistemi tampone (il più importante è il sodio bicarbonato).
Controllo efficace del sistema nervoso autonomo, detto anche sistema nervoso vegetativo.
Corretta produzione di sostanze neuro-endocrine e ormonali.
Regolazione della flora intestinale eubionte (ovvero normale) per ridurre gli effetti “immuno-stimolante” e “biochimico”, apportatori di informazioni nuove e in grado a volte di provocare disturbi.

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Scienza e Conoscenza - N. 40 — Rivista

mercoledì 9 ottobre 2019

Per una coscienza universale e fraterna



Per una coscienza universale e fraterna

Consapevolezza e Spiritualità


L'educare a sentire se stesso "parte dell’Universo" è il nucleo fondamentale di una pedagogia per la Cittadinanza Globale

Bruno Fuoco - 08/10/2019

Una parte dell’umanità sta maturando una nuova coscienza ispirata a una rinnovata sensibilità verso i valori di collettività e di universalità, capace di accedere al cuore degli altri e di avvertire che le relazioni con gli altri esseri umani e con la Natura, sono anche esse una parte profonda della loro stessa vita individuale.

Questo accresciuto “senso di unità”, dicono gli scienziati Capra e Luisi, «è pienamente confermato dalla comprensione della realtà della scienza contemporanea [...] ci sono molte somiglianze tra la visione del mondo mistico, sia orientale che occidentale, e la concezione sistemica della Natura che si sta sviluppando in molte discipline scientifiche [...]. Quando guardiamo al mondo che ci circonda, scopriamo che non siamo gettati nel caos e nel caso, ma facciamo parte di un ordine importante» (Vita e Natura, Una visione sistemica, Aboca, 2014, pp. 368-369).

Se arriviamo ad ampliare la nostra coscienza, sentiamo allora che siamo tutti uniti e connessi in quanto rappresentiamo una unità. Oscar Di Montigny in una recente pubblicazione (Il Tempo dei nuovi eroi, Oscar Mondadori, 2016, p.20) fa sua questa riflessione sui requisiti che un essere deve possedere per potersi definire ‘morale’: «Un essere diventa veramente morale soltanto quando in lui si risveglia la sensibilità a tutto ciò che è collettivo, universale, cosmico. Questa facoltà gli permette non solo di entrare nell’anima e nel cuore degli altri, ma anche (se gli capita di farli soffrire) di provare egli stesso il dolore che infligge a quegli esseri, e di conseguenza egli cerca di riparare. Un giorno, gli esseri umani dovranno capire che tutto quello che fanno agli altri (il bene come il male) è anche a sé stessi che lo fanno. In apparenza, ogni essere è isolato, separato dagli altri, ma in realtà, sul piano spirituale, qualche cosa di lui vive in tutte le creature, in tutto l’Universo. Se questa coscienza universale si è risvegliata in voi, nel momento in cui agirete ai danni di qualcuno, sentirete che state facendo del male anche a voi stessi. E avviene altrettanto quando date il vostro aiuto e il vostro amore agli altri. Ecco il fondamento della morale: l’uomo inizia a percepire dentro di sé il male e il bene che egli stesso fa a sé o agli altri» (O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 20 dicembre 2000, Prosveta).

E proprio il “sentirsi parte”, questa possibilità offertaci dalla coscienza della quale siamo dotati, è la chiave di volta del cambiamento verso la fraternità e la collettività. Poiché quando ciò accade, cioè quando sentiamo nel nostro cuore, in tutto il nostro organismo, l’Unità e la comune filiazione di tutti gli esseri, diventiamo necessariamente fraterni. In assenza di questo stato interiore di coscienza, le idee proclamate intellettualmente non generano comportamenti di valore.
Per tale ragione, la fraternità deve essere intesa, innanzitutto, come uno stato di coscienza attraverso il quale sentiamo il legame fraterno e siamo nel contempo consapevoli di questo nostro sentire.

Chi vive in questo stato di coscienza fraterna non si sente separato dagli altri e non nutre in sé i germi che producono comportamenti antagonisti e violenti. Chi, invece, vive in uno stato di coscienza ove sente, soprattutto, la separazione, nutre potenzialmente attitudini antagoniste e ostili e non si rende disponibile a collaborare per il miglioramento della vita sul nostro pianeta.
L’attitudine fraterna è l’unica attitudine, a nostro avviso, che consente soluzioni sistemiche alle molteplici problematiche umane e ambientali, in quanto essa è sensibile agli interessi collettivi (globali) e non a quelli di una sola parte (gruppo, nazione o continente). Educare a sentire, e non solo a pensare di far parte dell’Universo è dunque il nucleo fondamentale di una pedagogia per la Cittadinanza Globale.

Tratto da Bruno E.G. Fuoco, "Cittadinanza globale e società fraterna, principi e strategie per un approccio empatico e cooperativo alla vita", Stella Mattutina Edizioni, Firenze, 2019.

Ipercoscienza - L'Intelligenza Nascosta nel DNA — Libro >> http://bit.ly/2ASDMJl
I segreti della genetica e della fisica quantistica per connettersi con l'Universo
Grazyna Fosar, Franz Bludorf

Descrizione

L’umanità non è solo un insieme di singoli individui, ma compone, proprio come accade per Internet, un vera e propria rete di coscienza comune a cui tutti siamo collegati e dalla quale si possono attingere informazioni e conoscenze sorprendenti: l’intelligenza in rete.

Quest’affermazione, spiegata a fondo dagli autori partendo da presupposti apparentemente lontanissimi, come la trasmissione delle informazioni all’interno della fisica quantistica e la scoperta dell’esistenza di una forza antigravitazionale, o le recentissime teorie riguardanti le funzioni del DNA “fantasma”, porta a implicazioni che modificano profondamente la nostra conoscenza della natura umana e squarcia il velo che ancora copre la comprensione di fenomeni quali i rapimenti UFO, gli stati alterati di coscienza o il fenomeno dell’“intuizione”, che ha permesso e permette a famosi scienziati e artisti di giungere a nuove straordinarie conoscenze.

Questo libro esamina argomenti di grande interesse e attualità:

i “domini di vuoto” che potrebbero aver provocato la spaventosa catastrofe della Tunguska, in Siberia, e che offrono una possibile spiegazione degli avvistamenti UFO;
la scoperta secondo cui la gravitazione influisce sulla coscienza umana e sul clima;
le nuove asserzioni degli scienziati relative al DNA “fantasma” e alla sua peculiarità di essere un mezzo per l’ipercomunicazione (la comunicazione tramite l’intelligenza in rete, già utilizzata dagli animali per agire e muoversi in maniera coordinata seppure distanti).
... l’uomo pare ormai pronto per comprendere e percepire un universo più complesso di quello percepito finora.

Questo libro fornisce studi e considerazioni che rendono evidente come l’umanità stia entrando in una nuova epoca, in cui tutte le conoscenze precedenti e la percezione stessa dell’esistenza saranno radicalmente modificate!

Da Stephen Hawking a Galileo, dall’iperspazio al controllo della realtà, dalla teoria del tutto all’intelligenza nascosta nel DNA, dai “domini di vuoto” alla scoperta secondo cui la gravitazione influisce sulla coscienza umana e sul clima, Grazyna Fosar e Franz Bludorf ci espongono in maniera chiara argomenti di grande interesse e attualità, svelandoci i segreti che ci mettono in comunicazione con l’Universo.

 Indice

Capitolo 1 - Il signore dei buchi neri

Stephen Hawking, la gravitazione e il cervello
Capitolo 2 - Perduti nell’iperspazio

La sinfonia di Mozart è scivolata attraverso un cunicolo spazio-temporale?
Capitolo 3 - Controllo della realtà

Niente è quel che sembra!
Capitolo 4 - La zona non lineare

Esperienze bizzarre della coscienza umana
Capitolo 5 - Luci dal mondo speculare

L’antigravitazione diventa visibile
Capitolo 6 - Esplosione nell’universo

Che cosa è esploso nella Tunguska?
Capitolo 7 - La danza degli ombrelli

L’antigravitazione alla prova
Capitolo 8 - Galileo, il papa e le api

Quando la gravitazione va in tilt
Capitolo 9 - Genetico

Il nostro patrimonio genetico on line
Capitolo 10 - Tutto dorme, uno solo veglia

Costruttori ciechi e ingegneria genetica nel formicaio
Capitolo 11 - Le mele dell’Eden

Divieti biblici, controllo delle coscienze e quotazioni di borsa
Capitolo 12 - Intelligenza in rete

La “teoria del tutto” in pratica
Appendice 1: Domande ed errori frequenti

Appendice 2: “Prodigiosi grigi”

Esperienze UFO e ipercomunicazione: un bilancio scientifico
Glossario

Bibliografia

Indice analitico

Recapiti degli autori

Ipercoscienza - L'Intelligenza Nascosta nel DNA — Libro >> http://bit.ly/2ASDMJl
I segreti della genetica e della fisica quantistica per connettersi con l'Universo
Grazyna Fosar, Franz Bludorf


lunedì 7 ottobre 2019

Che cosa sono i paradigmi?



Che cosa sono i paradigmi?

Scienza e Fisica Quantistica


Un paradigma è come il sistema di convinzioni inconscio di una cultura. Noi viviamo e respiriamo queste convinzioni, e pensiamo e interagiamo di conseguenza: ma come si fa ad andare oltre?

Marianna GUALAZZI - 06/10/2019

Il seguente articolo è tratto dal libro Che Bleep ne sai?

Un paradigma non viene mai messo in discussione perché nessuno ci pensa. È come indossare i famigerati occhiali dalle lenti rosate continuamente: vediamo tutto attraverso quelle lenti. Questa è la realtà in cui viviamo. Tutte le nostre percezioni ci pervengono attraverso quella cornice e, all’interno di quel sistema, ci sono tutte le cose che diamo per scontate. Non le mettiamo mai in questione, né addirittura ne diventiamo consapevoli, finché non andiamo a sbattere contro un muro e le lenti rosate si infrangono, e all’improvviso il mondo sembra diverso.

Paradigmi e sistemi di credenze

Un altro modo per comprendere un paradigma è di vederlo come un sistema di credenze. Se avete mai provato a definire quale sia il vostro sistema di credenze, a che cosa attribuite valore e in che cosa credete, sapete quanto sia difficile. Forse alcuni dei temi a cui avete pensato consapevolmente non sono così difficili: potete credere nell’importanza della famiglia, dell’amicizia, dell’esercizio fisico, di una dieta salutare; potete aver ragione di credere che la vostra scelta politica sia la più sensata e via dicendo. Ma ci sono dozzine, forse centinaia, di credenze inconsce, mai esaminate, che governano la vostra vita dai livelli sotterranei della consapevolezza ottenebrata; si tratta di convinzioni che riguardano il vostro valore e la vostra competenza, per esempio, o se ci si possa fidare o no della gente, depositate durante l’infanzia e tuttora operanti nel determinare il modo in cui vi ponete in relazione con il mondo.
Un paradigma è come il sistema di convinzioni inconscio di una cultura. Noi viviamo e respiriamo queste convinzioni, e pensiamo e interagiamo di conseguenza.

Il vecchio paradigma scientifico non funziona

Praticamente ogni giorno appaiono nuove informazioni scientifiche che non possono essere spiegate attraverso il modello classico newtoniano.
La teoria della relatività, la meccanica quantistica, l’influenza dei pensieri e delle emozioni sul nostro corpo, le cosiddette “anomalie” come le esperienze extrasensoriali (ESP), la guarigione per mezzo della mente, la visione remota, le persone che fungono da medium e da channel, le esperienze pre-morte ed extracorporee: tutto ciò indica la necessità di un modello diverso, un paradigma nuovo che includa tutti questi fenomeni in una teoria più ampia sulla modalità di funzionamento del mondo.
Non si tratta solo del fatto che il vecchio modello è insufficiente a rispondere agli interrogativi sollevati dalle nuove ricerche. Un problema ancora più serio è che il vecchio modello non ha fatto pressoché niente per liberare la vita umana dalla sofferenza, dalla povertà, dall’ingiustizia e dalla guerra. Di fatto, si potrebbe sostenere tranquillamente che molti di questi problemi sono peggiorati a causa del modello meccanico che da lungo tempo domina il nostro modo di sperimentare il mondo.

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Descrizione

A volte la gravità non funziona. Alcuni elementi sono simultaneamente sia onde che particelle. Gli elettroni, semplicemente, scompaiono continuamente.

Se l’universo è così squisitamente imprevedibile e possibilista, perché i nostri pensieri sono invece così limitanti?

Se pensi di dover andare ogni giorno sullo stesso luogo di lavoro, a fare le stesse commissioni, di dover formulare sempre gli stessi pensieri e di sentirti sempre allo stesso modo, questo libro fa al caso tuo: con l’aiuto di oltre una dozzina di scienziati sperimentali e teorici, verrai guidato all’interno di un universo più bizzarro e vivo di quanto tu possa immaginare.

E ti condurrà ancora oltre, ai margini estremi di ciò che sappiamo della coscienza, della percezione, della chimica del corpo e della struttura cerebrale.

Di che cosa è fatto un pensiero?
Di che cosa è fatta la realtà?
Ma soprattutto, può un semplice pensiero modificare la natura della realtà?
Rivelazioni sensazionali che non conducono soltanto al mondo materiale, ma nel profondo del regno della spiritualità.

 Indice

Qualche parola da parte degli autori

Le Grandi Domande

Scienza e religione: il grande divorzio

Cambiare paradigma

Che cos’è la realtà?

Vista e percezione

La fisica quantistica

L’osservatore

La coscienza

Il dominio della mente sulla materia

La coscienza crea la realtà

Sono io che creo la mia realtà?

Perché non siamo dei maghi?

Il cervello quantico

Il cervello: un’introduzione

Le emozioni

Le dipendenze

Desiderio Scelta Intento Cambiamento

Interludio di Betsy

I paradigmi: l'altra faccia

Correlazione

La sovrapposizione finale

Epilogo: una festa quantica

La creazione di Ma che BIP sappiamo veramente?!

Collaboratori

Ulteriori suggerimenti

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venerdì 4 ottobre 2019

Bambini con ADHD: cosa c'entra la natura?



Bambini con ADHD: cosa c'entra il gioco nella natura?

Neuroscienze e Cervello


Gli studi del neurobiologo Jaak Pansepp dimostrano come l’insorgere sempre più frequente di disturbi psichiatrici nei bambini – ne è un esempio la dilagante “epidemia” di ADHD – sia correlata all’impossibilità di sperimentare il gioco fisico, non indirizzato, nella natura e tra coetanei. Il gioco libero stimola la subcorteccia cerebrale, sede delle nostre emozioni di base, e conseguentemente porta all’ottimale maturazione della corteccia, sede di funzioni più evolute come la creatività e l’interazione sociale...

Valerio Pignatta - 04/10/2019

Con vari articoli pubblicati nell'ultimo trentennio su autorevoli riviste scientifiche, il noto ricercatore americano di origine estone Jaak Panksepp ha posto degli interrogativi e proposto delle soluzioni al problema della sindrome da deficit dell'attenzione e iperattività (conosciuta anche come ADHD, Attention Deficit Hyperactivity Disorder).

Salvo alcuni casi illuminati e limitati a professionisti della mente particolarmente attenti, ci pare di poter affermare che queste enunciazioni scientifiche non siano state ancora recepite dalla comunità internazionale degli psichiatri, sebbene siano a nostro parere di fondamentale importanza per capire il crescente fenomeno dei disturbi comportamentali e psiconeurologici che molti bambini vanno manifestando nei paesi “industrializzati”.
Negli anni, questo neurobiologo ha pubblicato più di 420 articoli scientifici sui rapporti tra emozioni, intersoggettività, socializzazione, sistemi motivazionali e comportamento.

Il suo ampissimo lavoro di ricerca vuole esplorare le modalità attraverso le quali dallo studio dell’organizzazione neuronale delle emozioni nel cervello dei mammiferi (e quindi anche in quello umano) si possano capire le emozioni stesse e i loro disturbi nell’uomo adulto e nei bambini. Egli ha condotto molte ricerche sui meccanismi cerebrali alla base della rabbia, della paura, dell’angoscia da separazione (panico) e sui disturbi neuropsichiatrici che derivano da un deterioramento di questi sistemi.
Panksepp ha anche studiato quali sono le sostanze cerebrali (in particolar modo i neuropeptidi) che regolano i legami sociali e i sentimenti sin dalla più tenera infanzia. Le conseguenze pratiche delle sue ricerche sperimentali hanno portato alla possibilità di sviluppare un approccio multidisciplinare nell'affrontare i disturbi dello sviluppo cognitivo e comportamentale del bambino, come l'autismo e appunto la sindrome ipercinetica.

L’importanza del gioco non indirizzato

Panksepp ha messo in evidenza l'importanza della socializzazione per l'acquisizione da parte del cervello in formazione dei bambini di norme comportamentali, capacità di interagire, manifestazione delle proprie emozioni, rispetto dell'altro ecc.
Oggigiorno, la sindrome da deficit dell'attenzione e iperattività (ADHD) è diagnosticata sempre più spesso e questo avviene a un ritmo allarmante. Del pari, psicostimolanti estremamente efficaci di cui non si conoscono ancora chiaramente gli effetti sul cervello in formazione vengono prescritti sempre più frequentemente da una classe medica che, purtroppo, non è al corrente degli studi di neurobiologia emozionale più recenti.
Secondo le ricerche di Panksepp, si può presupporre che l'aumento del numero di casi di ADHD si spieghi soprattutto con l'impossibilità per questi bambini di interagire con altri coetanei mediante il gioco. Studi pre-clinici indicano che il gioco aiuta gli animali in fase di crescita fisiologica e psicologica a superare le proprie inibizioni comportamentali. D'altro canto, gli psicostimolanti somministrati per tamponare i disturbi comportamentali in bambini ipercinetici diminuiscono la loro voglia di giocare e di vivere. La riflessione principale e determinante cui arriva Panksepp coi suoi studi è che la natura è stata rimossa dalla vita della maggior parte dei bambini che vivono nel mondo occidentale.

Troppo pochi bimbi hanno l'opportunità di buttarsi nella mischia del gioco fisico con i loro compagni.
Intelligenza, umanità e creatività sono programmi genetici che non trovano le condizioni ideali per svilupparsi – come dovrebbero – con il gioco, perché il gioco naturale, soprattutto quello non organizzato nella natura, non fa più parte del “curriculum” di molti bambini. Panksepp precisa che i suoi surrogati, siano essi sport organizzati o giochi coordinati o preparati (piscinetta, parco, compleanni ecc.), sono pallide imitazioni del gioco reale. La maggior parte dei genitori e degli educatori, anche professionisti, non riconosce ancora il profondo valore del gioco naturale, ossia di quei “giochi che la natura stessa suggerisce a quell'età”. Molti immaginano tali attività come forme incipienti di educazione all'aggressione e alla prevaricazione. Ma in realtà la questione si pone in termini molto diversi.
Sebbene il predominio sembri essere un aspetto naturale e preponderante nel gioco fisico, con la giusta attenzione e ben indirizzato, esso potrebbe essere finalizzato alla promozione della sensibilità sociale.

Molti genitori e altrettante scuole trascurano i bisogni del gioco presumendo che trattare i bambini come se fossero dei piccoli adulti faciliti la crescita di futuri cittadini perfettamente integrati nella società. Ma, sottolinea Panksepp, non ci sono evidenze scientifiche che un giovane ragazzo possa maturare nel modo migliore e completo senza la soddisfazione del gioco quotidiano, il primo strumento che Madre Natura ha fornito per l'educazione sociale.
Una maturazione del cervello in funzione favorevole alla società forse potrebbe essere agevolata attraverso la presenza di abbondanti quantità di gioco naturale per tutta la durata della prima infanzia. I giochi “scalmanati” vanno interpretati come un importante preludio ai giochi associativi maggiormente elaborati, che implicano giochi di finzione e drammatizzazioni fantasiose. Secondo Panksepp, se le attuali società industrializzate non intraprenderanno iniziative finalizzate alla promozione del gioco naturale, oltre all'ADHD, potranno comparire in modo diffuso tra i ragazzi altre patologie neuropsichiatriche e conseguenze psicologiche di vario tipo.

Consistenti studi dimostrano chiaramente che tutti gli psicostimolanti utilizzati a piene mani nelle nostre società riducono la gaia pienezza sensoriale ed emozionale del gioco (sia nei giovani animali che negli umani): questo è profondamente preoccupante. Il gioco “primitivo” e le soddisfazioni a livello emozionale che esso implica riducono la frequenza dell'impulso a scardinare l'autocontrollo, promuovendo le funzioni regolatrici del lobo frontale che si attivano a favore di dinamiche sociali collaborative e interagenti.

Dagli psicofarmaci ai centri per il gioco

Non è quindi privo di fondamento approfondire l'idea secondo la quale gli interventi sotto forma di gioco intensivo con altri bambini possono alleviare i sintomi dell'ADHD. Senza contare che potrebbero esserci anche benefici indiretti: ad esempio Panksepp sostiene che una sessione di trenta minuti di gioco fisico da mezzora a un'ora prima di coricarsi può ridurre tutti i comuni problemi o rifiuti dell'andare a dormire nei bambini e nei ragazzi. Un altro effetto collaterale di un vivere attivo, giocoso e felice viene individuato nella riduzione dell'incidenza della depressione nei bambini e di conseguenza negli adulti. La depressione giovanile è devastante per l'allegra vitalità del gioco ed è noto che la cessazione della somministrazione di psicostimolanti può indurre depressione. Secondo Panksepp la società odierna occidentale deve arrivare a sostituire i farmaci con “centri per il gioco” destinati ai ragazzini a rischio, al fine di favorire la maturazione del lobo frontale del loro cervello e di svilupparne la socializzazione.

Cervello, movimento ed emozioni

Molte evidenze empiriche supportano l'esistenza di un minimo di sette prototipi di sistema emozionale in tutti i cervelli mammiferi: ricerca (seeking), rabbia, paura, sessualità, cura, panico e gioco. In modo grossolano si può dire che il primario processo di coscienza affettiva sembra essere fondamentalmente un incondizionato dono della natura piuttosto che una capacità acquisita, anche se quei sistemi, base di partenza presente nello sviluppato apparato attivo emozionale dei cervelli dei mammiferi, facilitano acquisizioni di capacità attraverso vari rafforzamenti del “sentito”. Il comportamento comunque sopravvive a una decorticazione cerebrale radicale. Panksepp ha dimostrato che animali senza alcuna neocorteccia giocano vigorosamente (1).
Secondo Panksepp, è nell'area del tronco encefalico che si fonda la genesi evolutiva della coscienza. Essa è la sede dei primi sistemi motori organizzati che originerebbero gli stati di coscienza affettivi. Studi condotti su pazienti colpiti da ictus che hanno subito la lesione di parti rilevanti della superficie corticale confermerebbero questa ipotesi dato che, tranne rare eccezioni, in questi casi i soggetti conservano sia la coordinazione motoria che un buon livello di coerenza individuale.

Il neurobiologo pone quindi il centro del Sé (self, simple ego life form) a livello subcorticale e le condizioni del suo sviluppo a uno stadio evolutivo precoce, a partire da processi motori organizzati in modo riflesso e via via sempre più orientati in senso affettivo e cognitivo. Sono ovvie quindi le implicazioni di tutto ciò per disturbi comportamentali come l'ADHD che si vogliono sedare con risposte neurochimiche indotte e non con stimoli in primis motorio-comportamentali e di conseguenza cognitivo-emozionali.
Le attività del cervello si compongono di un funzionamento subcorticale e di un funzionamento corticale. Panksepp ci spiega che «le zone subcorticali nel cervello sono la fonte delle emozioni di base degli esseri umani. Le zone corticali nel cervello – sede di funzioni quali la creatività e l’interazione sociale – maturano se permettiamo al bambino di giocare».
Mentre questo funzionamento subcorticale è inconscio nella vita umana adulta, nella vita infantile è centrale, sia perché l’attività corticale nella prima infanzia non è ancora coordinata e quantitativamente limitata, sia perché il cervello umano raggiunge la sua maturità solo se si procede a partire dai primi gradini della scala – l’attività subcorticale – un gradino alla volta, nel modo giusto.Per questo Panksepp afferma che una società che non investe sulla possibilità del bambino di giocare e di trovarsi nella natura, molto facilmente potrà essere una società di individui adulti non perfettamente maturati secondo il progetto della natura stessa.

Il gioco come pulsione neurologica

Dunque Panksepp incoraggia gli educatori a non sottovalutare il valore del gioco, e incoraggia a ritrovare i momenti ludici del bambino nella natura, eliminando gli interventi razionali di persone che non riconoscono le sue reali necessità: il bambino è diverso dall'adulto e ha bisogno del gioco. L´adulto potenziale che è in ogni bambino ha bisogno del gioco come strumento di crescita di strutture neurologiche programmate dal nostro genoma.
«Lo stimolo al gioco – scrive Panksepp – è una pulsione neurologica. L'attività di circa un terzo dei 1.200 geni del cervello che noi valutiamo essere presenti nelle regioni corticali frontale e posteriore è significativamente modificata dal gioco nell'ora seguente una sessione di attività ludica di trenta minuti» (2).
Tali impulsi neurobiologici filtrano continuamente, ogni giorno, in ogni bimbo normale. Già nel 1988 (3) Panksepp avvertiva che se questi impulsi avessero continuato a rimanere per la maggior parte inappagati, si sarebbero presentate delle conseguenze, e una di queste poteva essere l'aumento dell'incidenza di ADHD. Le sue predizioni si sono rivelate veritiere.

Lobo frontale e ADHD

Misurazioni del flusso sanguigno cerebrale con PET (tomografia a emissione di positroni) hanno mostrato che soggetti con una attenuata attività del lobo frontale presentavano una diminuita creatività, deficit psichici e abbondanti sintomi negativi sia mentali che emozionali. Ora, al fine di facilitare la maturazione del lobo frontale e lo sviluppo salutare di menti favorevoli alla vita sociale, i bambini necessitano del gioco. E per sfruttare al massimo questi doni genetici dovremmo creare ambienti sociali per i bambini che non solo permettano, ma incoraggiano il soddisfacimento dei naturali, gioiosi e imperiosi bisogni di gioco (4). Panksepp sostiene che se impariamo a ristabilire il potere del gioco nei nostri programmi educativi pre-scolastici in modi nuovi e creativi, potremmo promuovere le funzioni esecutive del lobo frontale (5) e, in tal modo, invertire l’inarrestabile proliferazione dell’ADHD. È quindi assolutamente dimostrato che l'ADHD ha a che fare con la maturazione del cervello: a livello neuroscientifico sappiamo che i bimbi con ADHD presentano qualche insufficienza nelle funzioni esecutive del lobo frontale (6). La regolazione delle capacità del lobo frontale promuove il miglioramento di attitudini come «autoriflessione, immaginazione e creatività nel gioco»: queste abilità esecutive favoriscono una specie di «flessibilità e previdenza comportamentale» che costituisce «comportamenti in direzione di uno scopo e ben focalizzati».

Va precisato che le cognizioni sono in gran parte corticali, mentre le affezioni in gran parte subcorticali. Ma i processi cortico-cognitivi superiori che aiutano a regolare l'emozionalità emergono solo gradualmente man mano che l'organismo matura. Questi due stati sovrapposti, subcorticale e corticale, interagiscono continuamente anche se noi non ce ne rendiamo conto. Studi sull'immaginazione ci dicono che molte aree superiori del cervello (corticale, cognitiva) ‘‘si accendono’’ durante l'induzione di emozioni.
In pratica se una persona è triste è anche più facile che commetta un maggior numero di errori. Le aree subcorticali sono adibite a scopi molto speciali: si tratta di circuiti geneticamente dedicati alle varie emozioni e motivazioni che nelle regioni subcorticali sono condivise da tutti i mammiferi.

La natura distante: verso la standardizzazione tecnologica

«Dubitiamo – afferma Panksepp – che sarà mai possibile svelare l'intrinseca natura degli aspetti superiori del binomio cervello-mente umani senza prima avere una solida comprensione degli aspetti che ne stanno alla base – i processi archetipici emozionali-motivazionali che tutti i mammiferi condividono».
Per contro, come società, reagiamo all'ADHD con psicofarmaci come il Ritalin e altri medicinali chimici della stessa specie. Ma la sensibilizzazione agli psicostimolanti rende i soggetti ancor più insistentemente materialisti – più desiderosi di ogni specie di ricompensa edonistica (7). La sensibilizzazione agli psicostimolanti riduce gli stimoli dei bambini al gioco e quindi non aiuta una normale e salutare maturazione del cervello.
Inoltre, le sempre crescenti aspettative educative standardizzate insieme all'aumento dell'intolleranza nei confronti gaia giocosità dei bambini potrebbero costituire un’ulteriore ragione del dilagare delle diagnosi di ADHD (8).
Già Platone (9) nell'antichità invitava a lasciar giocare liberamente i bambini, perché riteneva che fosse un'attività determinante per la loro formazione. Oggi siamo a tal punto immersi nella tecnologia da esserci completamente dimenticati che là fuori esiste un mondo reale con il quale, volenti o nolenti, dobbiamo avere a che fare se vogliamo evolvere completamente secondo le nostre predisposizioni e potenzialità, genetiche e antropologiche.

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Note

1) Panksepp J., Normansell L. A., Cox J.F., Siviy S., “Effects of neonatal decortication on the social play of juvenile rats”, in Physiology & Behavior, vol. 56, 1994, pp. 429–443.
2) Burgdorf J., Panksepp J., Brudzynski S.M., Kroes R., Moskal J.R. “Breeding for 50-kHz positive affective vocalizations in rats”, in Behav Genet 2005, 35:67–72.
3) Panksepp J., Affective neuroscience: The foundations
of human and animal emotions, Oxford University Press, New York, 1998.
4) Panksepp J., Affective neuroscience: The foundations
of human and animal emotions, Oxford University Press, New York, 1998.
Panksepp J., “The long-term psychobiological consequences of infant emotions: Prescriptions for the twenty-first century”, Infant Mental Health Journal, 22, 2002, 132–173.
5) Barkley R. A., “ADHD and the nature of self-control”, Guilford Press, New York, 1997.
Panksepp J., Burgdorf J., Gordon N. & Turner C., “Modeling ADHD-type arousal with unilateral frontal cortex damage in rats and beneficial effects of play therapy”, Brain and Cognition, 52, 2003, 97-105.
6) Castellanos F.X. & Tannock R., “Neuroscience of attention deficit/hyperactivity disorder: The search for endophenotypes”, Nature Reviews Neuroscience, 3, 617-628, 2002.
7) Nocjar C., Panksepp J. “Chronic intermittent amphetamine pretreatment enhances future appetitive behavior for drug- and natural-reward: interaction with environmental variables” in Behav Brain Res 2002, 128:189–203.
8) Panksepp J., “Attention deficit disorders, psychostimulants, and intolerance of childhood playfulness. A tragedy in the making?”, Current Directions in Psychological Sciences, 7, 1998, 91–98.
9) Platone, Leggi, libro VII, 794.

Chi è Jaak Panksepp

“Neuroscienziato delle emozioni” – così come è stato definito – lavora al Dipartimento di veterinaria, anatomia comparata, farmacologia e fisiologia della Washington State University ed è professore emerito al Dipartimento di psicologia della Bowling Green State University. In aggiunta al suo impegno nella ricerca e nella didattica accademica, Panksepp ha fondato e diretto l'organizzazione no-profit “Memorial Foundation for Lost Children”, che ha avuto il merito di fornire informazioni indipendenti e consigli ai genitori dei bambini affetti da disordini neuropsichiatrici, in particolare autismo e ADHD.
Il professor Panksepp è comparso due volte in popolari trasmissioni televisive: in una trasmissione alla BBC intitolata “Oltre il gioco” e su Discovery Channel in “Perché il cane sorride e lo scimpanzè piange”. In queste occasioni Paksepp ha parlato della sua scoperta relativa allo squittio di gioia dei topi, emesso ad una frequanza di 50 kHz, conseguente l'induzione al gioco.

Bibliografia

Panksepp, J., “Attention deficit hyperactivity disorders, psychostimulants, and intolerance of childhood playfulness: A tragedy in the making?”, in Current Directions in Psychological Science, vol. 7 (9), 1998, pp. 1-98.
Panksepp, J., “Affective consciousness: Core emotional feelings in animals and humans”, in Consciousness and Cognition, vol. 14, 2005, pp. 30-80.
Panksepp, J., “Can PLAY Diminish ADHD and Facilitate the Construction of the Social Brain?”, in J. Can. Acad. Child. Adolesc. Psychiatry, vol. 16(2), maggio 2007, pp. 57-66.
Panksepp, J. e Burgdorf, J., “'Laughing’ rats and the evolutionary antecedents of human joy?”, in Physiology & Behavior., vol. 79, 2003, pp. 533– 547.

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