martedì 29 dicembre 2020

La comunicazione non locale del cuore


La comunicazione non locale del cuore

Neuroscienze e Cervello

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La comunicazione non locale del cuore ci riconnette, battito dopo battito, alla frequenza della Terra: ecco la via del cambiamento globale

Carmen Di Muro - 27/12/2020

Articolo di Carmen Di Muro - Tratto da Scienza e Conoscenza n. 74

La coerenza personale fa parte della più ampia coerenza collettiva del cosmo, della vita intera. È ciò che sostiene il nostro essere, ciò che dà forma alla realtà che ci circonda e che si dispiega, giorno per giorno, alla luce dell’interazione con gli altri, con il cuore degli altri. Siamo immersi in una rete come le corde sottili di uno strumento musicale che insieme ad altri creano la sinfonia di ciò che percepiamo come esperienza personale e collettiva.

È proprio in questa comunione reciproca che i nostri cuori si svelano, tracciando la direzione non soltanto alla nostra rotta individuale, ma scrivendo la storia dell’umanità intera. Un’umanità che, mai come oggi, ci chiama a dilatare lo sguardo, a capire che siamo parte di un tutto interagente, parte di un sistema vivente, di un pianeta che è la nostra casa.

Molti ancora pensano che siamo individui distinti, ma la realtà è che anche quando siamo seduti in una stanza per conto nostro, non siamo soli. Siamo un elemento di questa famiglia, della vita, parte integrante di un sistema in movimento. Ne facciamo parte e, che lo vogliamo o meno, apparteniamo e siamo interconnessi inscindibilmente all’energia della Terra.

Risonanza di Schumann, ippocampo e anima

Ogni cellula del nostro corpo è immersa in un ambiente, esterno e interno, di fluttuanti forze magnetiche invisibili che possono influire virtualmente sui circuiti del sistema biologico.

Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere, se numerosi ritmi fisiologici negli esseri umani e nei modi di fare collettivi e globali sono sincronizzati con l’attività solare e geomagnetica, e se, inoltre, interruzioni energetiche in questi campi possono creare effetti negativi sulla salute umana e sul comportamento.

Il meccanismo più attendibile per spiegare questo fenomeno è il processo che vede un accoppiamento tra il sistema nervoso umano e frequenze geomagnetiche come, per esempio, la risonanza di Schumann e altre risonanze a frequenza molto bassa chesi verificano nella cavità della terra-ionosfera.

Sempre più evidenze suggeriscono che di tutti i sistemi fisiologici studiati finora, i ritmi del cuore e del cervello sono quelli più fortemente associati ai cambiamenti nelle condizioni geomagnetiche. Per esempio, la variazione naturale del campo geomagnetico terrestre si è visto essere in relazione alle funzioni cardiovascolari umane come la pressione sanguigna, la frequenza e la variabilità cardiaca.

IL CONTATTO CON LA NATURA E CON LA LUCE SOLARE, CHE CON LA LORO CARICA DI CAMPO

VIVIFICANO MENTE E CORPO, RIEQUILIBRA LE FREQUENZE BASSE E DISORGANIZZATE

Questa evidenza è alla base della spiegazione di tutte quelle sensazioni avvertite prima e dopo cambiamenti globali rilevanti.

Molti di noi le percepiscono a livello fisico, pur non essendone consapevoli, sotto forma di variazioni nel tono dell’umore, ma anche di altri sintomi quali fiacchezza, emicrania, dolori articolari e muscolari, disturbi cardiocircolatori fino ad alterazioni maggiormente dannose per la salute.

Infatti, diversi sono gli studi che hanno trovato significative associazioni tra tempeste magnetiche e diminuzione della variabilità della frequenza cardiaca (HRV), indicando un possibile meccanismo che collega l’attività geomagnetica con una maggiore incidenza di malattie coronariche e infarto al miocardico.

Ciò suggerisce che le interferenze nei campi magnetici ambientali possono agire come guide d’onda capaci di innescare cambiamenti nell’attività elettrica del cervello, allo stesso modo dei molteplici agenti stressanti ormai noti (lavoro, relazioni, cambiamenti di vita, eventi importanti, inquinamento ecc).

Ma è anche vero il contrario. Basta poco per sentirsi bene, soprattutto in periodi di grande sovraccarico: è sufficiente godersi un po’ di natura o di luce solare che con la loro carica di campo, vivificano mente e corpo, riequilibrando le frequenze basse e disorganizzate. Pertanto, è ormai evidente come una vibrazione imposta esternamente, per quanto con uno spettro di frequenza ultrabassa, possa avere un’influenza sulla nostra fisiologia e sul nostro sistema psiche-soma nel bene e nel male.

Le risonanze di Schumann furono misurate per la prima volta nel 1952: ne sono state rilevate otto e hanno la stessa frequenza delle onde cerebrali umane. Poiché i nostri cervelli operano alle stesse frequenze, abbiamo la possibilità di creare collegamenti risonanti scambiando energia e informazioni con il campo magnetico e viceversa. In particolare è stato notato che queste frequenze risonanti coincidono specificatamente con la regione cerebrale chiamata ippocampo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Risonanza_Schumann

 

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Scienza e Conoscenza n. 74 - Ottobre/Dicembre 2020 >> https://bit.ly/35LVm0D

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venerdì 18 dicembre 2020

La cooperazione fra le cellule alla base della Vita


La cooperazione fra le cellule alla base della Vita

Nuova Biologia

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C’è un delicato equilibrio dinamico di ogni specie non soltanto in rapporto alle altre, ma in relazione alla globalità dell’ambiente interno ed esterno. Questa è l’armonia della vita, un’esperienza profonda di relazione. Possiamo immaginarci come singole individualità, stesso vale per il nostro corpo, ma nulla può funzionare se non nel reciproco rapporto, laddove è la relazione a diventare fondamentale.

Carmen Di Muro - 17/12/2020

C’è un delicato equilibrio dinamico di ogni specie non soltanto in rapporto alle altre, ma in relazione alla globalità dell’ambiente interno ed esterno. Questa è l’armonia della vita, un’esperienza profonda di relazione. Possiamo immaginarci come singole individualità, stesso vale per il nostro corpo, ma nulla può funzionare se non nel reciproco rapporto, laddove è la relazione a diventare fondamentale.

Il Sé senza l’altro non avrebbe senso, come pure la mente senza corpo non avrebbe senso. Tutto è interconnesso in un ordine nascosto, quanto ineffabile, che modula il micro e si riflette nel macro, in cui nessuno elemento può essere lasciato fuori, pena la cessazione della vita.

In questo campo comunitario si muovono le dinamiche che attivano l’unità nella molteplicità.

Basti pensare che siamo una comunità di circa 50 trilioni di abitanti cellulari. Quasi tutte le cellule che compongono il nostro corpo sono organismi individuali che hanno sviluppato una strategia di cooperazione finalizzata alla reciproca sopravvivenza e noi esseri umani ne condividiamo, congenitamente, i modelli base di comportamento essenziali.

Ogni cellula è, infatti, un essere senziente, dotato di intenzionalità, che cerca attivamente gli ambienti adatti alla sopravvivenza, evitando nel contempo quelli tossici ed ostili: esamina migliaia di stimoli provenienti dal microambiente in cui vive, e attraverso l’analisi di questi dati, attiva le risposte comportamentali più appropriate per assicurarsi la vita. Stesso principio vale per noi. 

Le cellule, inoltre, sono capaci di apprendere dalle esperienze legate all’ambiente e di creare una memoria che trasmettono alle cellule figlie. Questa sorprendente attività dell’ingegneria genetica naturale è importantissima, perché costituisce un meccanismo di “intelligenza” innata che consente l’evoluzione (Steele et al., 1998).

Queste modifiche, quindi, possono essere trasmesse alle generazioni future esattamente come i modelli del DNA. La sopravvivenza della cellula dipende, dunque, dalla sua capacità di adattarsi dinamicamente ai continui cambiamenti. E più consapevolezza del suo ambiente possiede un organismo, migliori saranno le possibilità di sopravvivenza.

Per esempio, le mutazioni adattive implicano uno scopo nell’evoluzione biologica che è quello di conformarsi alle condizioni prevalenti della realtà circostante, che include l’intera comunità.

E la spinta evoluzionistica in direzione di comunità sempre più grandi riflette l’imperativo biologico della vita.

La cooperazione cellulare alla base della Vita

Per acquisire maggiore consapevolezza, e quindi aumentare le probabilità di sopravvivenza, le cellule cominciarono ad aggregarsi, prima in semplici colonie e, in seguito, in gruppi cellulari ad alto livello di organizzazione.

In comunità, la cellula non può comportarsi come un’agente indipendente che fa ciò che vuole, ma al contrario tutti i suoi membri collaborano a un piano d’azione comune. Con l’evoluzione di specie sempre più complesse, le cellule specializzate si assunsero il compito di monitorare e organizzare il flusso delle molecole-segnale che controllano i comportamenti.

Queste, via via, andarono a costituire una rete nervosa distribuita e un processore centralizzato di informazioni, un cervello (Lipton, 2007). La funzione del cervello è quella di coordinare la comunicazione delle molecole-segnale all’interno della comunità. Di conseguenza, in una comunità cellulare ogni membro deve affidarsi alle sagge decisioni della propria autorità di consapevolezza. Il cervello controlla i sofisticati meccanismi cellulari del corpo. Ma non solo.

Con la progressione della linea evolutiva, la specializzazione cerebrale, attraverso il sistema limbico, ha offerto le basi per far compiere un importante salto all’organismo, grazie alla capacità di percepire e coordinare il flusso dei segnali di controllo del comportamento all’interno della comunità cellulare. Ed è proprio questo il substrato neurale più antico che ci riporta a contatto con l’essenza della vita, su quel piano da cui, sia le cellule, che l’organismo intero, attraverso strutture e processi sempre più raffinati, ha iniziato a percepire, sentire e regolare il flusso di energia capace di instillare un continuum sensato tra dentro e fuori.

Questo diviene un punto molto importante da considerare per rintracciare quel filo comune da cui origina e prende forma il senso di realtà, ma anche il benessere. Il sistema limbico è quella struttura cerebrale presente nella parte più profonda e antica del telencefalo connessa alle emozioni, all’umore e al senso di autocoscienza che determina il comportamento individuale.

Ciò vuol dire che la voce dell’anima rappresentata dai sentimenti, custoditi in quella zona sommersa del nostro cervello, sono la base e il collante, che ha permesso e permette il fiorire perpetuo della vita.

Estratto da “Light R-evolution. Nati per accogliere la vita. Le 8 dimensioni evolutive del Sé” per gentile concessione dell'autrice Carmen Di Muro

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Nati per accogliere la vita - Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé

Carmen Di Muro

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martedì 15 dicembre 2020

Come migliorare il sistema immunitario


Come migliorare il sistema immunitario

Medicina Integrata

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Papaya fermentata, glutatione, vitamina D e vitamina K per migliorare il sistema immunitario

Redazione Scienza e Conoscenza - 14/12/2020

Articolo di Herber Rainer, tratto da Scienza e Conoscenza n. 74

Il sistema immunitario serve a mantenere l’integrità dell’organismo degli esseri umani nei confronti di tutto quello con cui inevitabilmente vengono a contatto, sia esso proveniente dall’esterno che dall’interno.

Ha quindi il compito di discriminare tra le sostanze benefiche e quelle potenzialmente dannose, sia che si tratti di sostanze con valore nutrizionale, come il cibo, ma anche di microbi benefici o commensali o di elementi nocivi quali batteri, virus, tossine, o di cellule o detriti da eliminare.

Il sistema immunitario si distingue in innato e acquisito. Il sistema immunitario innato, più veloce, ma anche più aspecifico, è quello che risponde nell’immediato. È costituito soprattutto da leucociti neutrofili e dai macrofagi che cercano di inglobare e distruggere ogni elemento sospetto incontrato sul loro percorso.

Il sistema immunitario acquisito è più raffinato: grazie all’effetto memoria di alcuni linfociti, questi, in seguito a un precedente incontro con un determinato microbo, sono già pronti per produrre anticorpi specifici, anche in grande quantità, qualora si ripresentasse lo stesso microbo, batterico o virale che sia.

Il ruolo dei microbi

Dobbiamo ricordarci che noi siamo quello che siamo grazie a un guscio microbico che ci protegge e che difende la nostra vita sin dalla nascita e fa come da primo filtro verso il mondo esterno. Oggi possiamo affermare che senza i batteri, i miceti, i virus e i retrovirus che normalmente sono presenti in grande quantità su tutte le superfici esposte – ovvero sulla cute e su tutte le mucose – noi non potremmo né vivere né difenderci dalle aggressioni esterne, perché i batteri benefici, per esempio i bifidobatteri, i lattobacilli, ma anche gli streptococchi e molti altri, fanno da barriera fisica all’ingresso di quelli patogeni.

Lo stesso vale, per quanto ne sappiamo oggi, per i miceti e i virus: quelli salutari non devono mancare se vogliamo mantenere il nostro equilibrio immunitario.

Come si forma il sistema immunitario

Non deve perciò sorprendere che a livello dell’intestino, in particolare nel tenue, si sia costituita la più importante barriera immunitaria tra organismo e mondo esterno, in cui avviene il più ampio contatto tra tutto quello che viene da fuori, principalmente il cibo, e le aree deputate al riconoscimento tra il sé (il “self”) e il resto del mondo (il “non self”).

Oggi sappiamo che in assenza di microbi, soprattutto di batteri, il sistema immunitario (s.i.) non si attiva, non matura, non si sviluppano le stazioni linfatiche come le placche di Peyer e tutte le altre componenti dell’apparato immunitario sono gravemente deficitarie. Mancando l’allenamento quotidiano offerto dai batteri e dalle altre sostanze elementari presenti nell’intestino, il s.i. non impara a distinguere tra aggressori e sostanze innocue o nutrimenti utili e non riesce a sviluppare una corretta risposta ai vari antigeni, con un mancato equilibrio tra tolleranza e risposta esagerata o allergica.

Il sistema immunitario ha una sua finestra temporale per imparare a svilupparsi e a maturare, come il linguaggio o la deambulazione nei bambini. [continua...]

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venerdì 11 dicembre 2020

Il potere dell'effetto Placebo


Il potere dell'effetto Placebo

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Il potere dell’effetto placebo, della preghiera e del lasciar andare: la via dell’abbandono spirituale per l’autoguarigione

Lissa Rankin - 10/12/2020

Qualcuno recentemente mi ha chiesto cosa ne pensassi del mistero dell’effetto placebo – di cui ho scritto a lungo nel mio libro Mind Over Medicine. La mente supera la medicina – che gli scienziati non hanno ancora capito, ma su cui hanno solo delle teorie.

Ho pensato che alcuni di voi potrebbero essere interessati a ciò che ho scritto. Nella versione originale di Mind Over Medicine ho definito l’effetto placebo come una combinazione di convinzioni positive e cure premurose da parte di qualcuno in una posizione di autorità, a cui siamo stati condizionati a rispondere con una salute migliore.

Il mio punto di vista sul placebo è cambiato nel corso degli anni e ho aggiornato il mio pensiero nella nuova versione rivista del libro.

Prima pensavo che a fare la differenza fosse quella semplice somma di credenze positive e cure premurose, ma ora ritengo che l’effetto placebo abbia molto meno a che fare con le pillole di zucchero o con le convinzioni positive e invece molto di più con la coscienza. La presenza di un vero guaritore (sia esso un medico, uno psicoterapeuta, un agopuntore o un guaritore energetico) crea una risonanza con il paziente, che può essere in grado di trascinarlo in una frequenza di guarigione.

Qualsiasi trattamento somministrato in presenza di questa frequenza di guarigione – pillole, iniezioni, aghi, apposizione delle mani, forse anche cure a distanza – può avere un impatto sul paziente in modo tale da apportare sollievo dai sintomi e, in alcuni casi, una vera e propria guarigione.

Quindi, anche se si potrebbe pensare che le persone possono infondere una convinzione positiva a qualsiasi ordinaria pillola di zucchero, l’impatto della presenza di un guaritore può essere un fattore molto più importante di quanto non abbiamo immaginato in precedenza. Come dico nel libro Mind Over Medicine, è uno dei paradossi della guarigione; si può guarire se stessi, però non si può fare da soli.

Trasforma in placebo qualsiasi cosa

Tenendo presente questo avvertimento, una cosa che le persone possono fare da sole è usare la loro intenzione di caricare qualsiasi cosa del potere della guarigione. Non c’è alcuna ragione per cui non possiamo caricare la nostra acqua dell’intenzione di guarire – o il nostro estratto verde, il nostro cibo, o qualsiasi farmaco o integratore che prendiamo – per amplificarne l’impatto sull’organismo. Perché non impregnare tutto ciò che usiamo a scopo medicinale con la coscienza della guarigione?

Come sto scrivendo in Sacred Medicine, tutto può essere Medicina Sacra, se la usiamo con una sacra consapevolezza.

Si può guarire se stessi e non si può guarire da soli

La guarigione è relazionale quasi per definizione. Anche se siamo solo in relazione con Dio (o come volete chiamare la grande forza dell’amore che crea la vita ed è dentro tutti noi), la guarigione non è una pratica esclusivamente di autoaiuto. Guarigione e amore sono impossibili da separare.

Quindi, anche se può sembrare semplicistico, se volete massimizzare l’effetto placebo per i vostri scopi, dovete trovate un “altro” con cui relazionarvi, che esso sia un medico o un terapeuta oppure ancora un guaritore che apprezzate; praticate le vostre arti di guarigione con un amico fidato, oppure la devozione verso ciò che chiamate Dio/Dea.

Il tipo di amore coinvolto nella guarigione trascende la persona, perché ogni buon guaritore è solo un canale per l’amore incondizionato dell’Universo.

Nonostante ciò che ci insegnano alla facoltà di medicina, non è in alcun modo poco professionale amare i propri pazienti. Al contrario. L’amore guarisce, e ci sono molti dati scientifici a sostegno di questa affermazione. [continua...]

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La Mente Supera la Medicina — Libro

Mind over medicine - La prova scientifica che si può guarire da soli

Lissa Rankin

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venerdì 4 dicembre 2020

I virus sono nostri alleati per la salute


I virus sono nostri alleati per la salute

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Nei mesi passati abbiamo vissuto scenari a dir poco apocalittici: città “rosse”, paesi isolati, strade e piazze deserte, saracinesche abbassate, il tutto condito da panico, solitudine, angoscia di perdita e frantumazione, angoscia di desertificazione psicotica: limitazioni e restrizioni che hanno avuto a che fare con la sopravvivenza, piuttosto che con l’esistenza.

Luigi Marcello Monsellato - 03/12/2020

Questo articolo è di Luigi Marcello Monsellato -  tratto da Scienza e Conoscenza n. 74

La Caccia agli untori

Purtroppo simili scenari si profilano nuovamente all’orizzonte: poter incontrare amici, poter abbracciare, poter semplicemente essere vicini, il banale quotidiano di ognuno vengono ancora una volta ad essere interdetti, sottostando alla paranoia di dover sospettare di chiunque e alla fobia di ogni eventuale contatto, generando un vuoto relazionale e contestuale unico nella storia recente: il nostro partner può addirittura trasformarsi nel nostro untore!

Oltre a questo, sul web, largheggiano in maniera incontestabile e altezzosa, discorsi e sentenze approssimativi, ridondanti e inconcludenti, ricchi di sbavature populiste. E così, tempestati ad ogni piè sospinto dai mass media, ossessionati dal contagio, non ci è più possibile financo toccarci il volto con le nostre stesse mani e veniamo condannati a una vita clandestina.

Ci sentiamo sempre più abbandonati, vulnerabili, nudi, insicuri, in attesa di essere ammorbati, da un momento all’altro, da un impostore invisibile, ma circolante tra di noi, e nascosto, subdolamente, dovunque sono gli altri.

In tutto questo, nuove star televisive in camice bianco, novelle cassandre risorte dalle ceneri dell’anonimato, diffondono notizie e ricerche che la scienza sta ancora verificando, creando nessi non appropriati e insicure certezze che confondono le persone.

Spesso si rimangiano quello che prima era verità e cadono frequentemente in una inutile e sterile contesa, che genera ulteriore sfiducia, incertezza, smarrimento.

I virus sono parte integrante del nostro DNA

La cosa certa, però, è che oggi ci troviamo di fronte a un nuovo paradigma scientifico e conoscitivo. Siamo oramai nel campo delle soft skills, delle competenze trasversali, della molteplicità, della celebrazione delle diversità, del singolo: un criterio sistemico, aperto, equoreo, circolare, polisemico, compatibile, in cui l’informazione dell’ambiente esterno viene metabolizzata e conseguentemente modificata tramite un diverso utilizzo dell’informazione presente nel DNA, piuttosto che tramite modifiche quali/quantitative del contenuto di informazione.

Oggi abbiamo l’opportunità di scoprire il significato più profondo di qualunque trasformazione biologica grazie all’evoluzione.

Pensiamo alle variegate e ancora misteriose relazioni che interconnettono gli organismi superiori con i microrganismi e in particolar modo i virus. Quando ci interfacciamo con il mondo eterogeneo dei microorganismi spesso usiamo termini “bellici” o ricorriamo ad atteggiamenti “antagonistici”: si parla di batteri patogeni per l’uomo, si legge che dobbiamo difenderci dai virus, si scrive che dobbiamo combattere i parassiti e via dicendo.

In effetti, i microrganismi costituiscono l’essenza stessa della biosfera: rappresentano infatti la componente più incisiva, sia sul piano quantitativo (60-90% della biomassa) che qualitativo.

Altrettanto decisivo e ancor più “viscerale” è il ruolo che hanno i “nostri” virus, alcuni dei quali sono inseriti da milioni di anni nel genoma dei primati: l’8% del nostro genoma è costituito da sequenze retrovirali endogene e oltre il 50% opera connesso con esse.

Queste sequenze portano avanti una funzione strategicamente fondamentale per la sopravvivenza e l’evoluzione degli organismi che li ospitano.

Per di più, i retrovirus e altre sequenze mobili filogeneticamente accomunate con essi (che rappresentano la frazione in assoluto più significativa, sul piano quantitativo, del nostro genoma), sono indispensabili per il trasferimento laterale di informazioni/sequenze geniche tanto tra le singole specie, quanto tra specie differenti, dando il via al processo vitale della comunicazione, della cooperazione, dell’interazione sistemica. [continua...]

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L'Infiammazione e il Simile — Libro

Lezioni di medicina omeosinergetica

Luigi Marcello Monsellato

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martedì 1 dicembre 2020

La nocivita' dell'inquinamento elettromagnetico


La nocivita' dell'inquinamento elettromagnetico

Scienza e Fisica Quantistica

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Campi elettromagnetici da stazioni radio base ed elettrosensibilità: uno studio francese ne prova il legame e ci mette in guardia dal 5G

Redazione Scienza e Conoscenza - 30/11/2020

Questo articolo di Fausto Bersani Greggio è tratto da  Scienza e Conosenza n. 74

Partendo da uno studio epidemiologico residenziale condotto in Francia e inerente a esposizioni a campi elettromagnetici generati da Stazioni Radio Base (SRB) per telefonia cellulare, viene approfondita la possibile correlazione con sintomi riconducibili a sindromi da elettrosensibilità (EHS).

L’argomento riveste una particolare rilevanza soprattutto in prossimità della realizzazione della rete di quinta generazione (5G).

Che cos’è l’elettrosensibilità

L’elettrosensibilità (EHS) è una malattia che nasce come effetto dell’inquinamento elettromagnetico a breve o a medio termine. I primi studi sperimentali risalgono a circa trent’anni fa. In genere si tratta di persone che hanno sviluppato un’ipersensibilità patologica multi-organo, spesso come risultato di qualche evento scatenante di natura elettromagnetica, chimica, infettiva o fisica.

Si può verificare sia a livello residenziale che lavorativo, può interessare esposizioni elettromagnetiche sia di alta che di bassa frequenza e, in ogni caso, si presenta a valori decisamente inferiori rispetto a quelli sanciti dalle normative vigenti.

I sintomi più diffusi sono neurologici (mal di testa, vertigini,

disturbi di concentrazione e della memoria, disturbi del sonno, astenia), cardiovascolari (tachicardia, vampate di calore), dermatologici (bruciori, arrossamenti, formicolii), disturbi della vista, solo per citarne alcuni.

Interessano più frequentemente la popolazione femminile (70%) e non esistono limiti di età a cui si possono manifestare: si tratta di una patologia che di fatto può colpire anche i bambini.

Possiamo stimare che questo fenomeno interessi circa il 3-4% delle persone e che il 10% della popolazione colpita manifesti una grave disabilità.

Per contro esiste una forte componente di negazionisti che per anni ha sostenuto, e sostiene, si tratti di un “effetto nocebo” o che comunque interessi persone affette da turbe o disturbi psicosomatici.

Oggi sappiamo, grazie a studi condotti in particolare da ricercatori francesi che l’EHS può essere diagnosticata con biomarcatori, quindi può essere valutata in modo oggettivo e misurabile.

Fra gli studi territoriali uno in particolare, pur con alcuni limiti quali ad esempio la mancata rilevazione strumentale puntuale dei campi elettromagnetici e l’assenza di un’analisi approfondita di eventuali fattori di confondimento, si distingue per la raccolta sistematica dei dati, offrendo interessanti spunti di approfondimento.

L’indagine epidemiologica a cui sto facendo riferimento è stata condotta in Francia da R. Santini5,6 e riguarda la frequenza con cui si presentano i sintomi EHS in funzione della distanza dalle SRB (Stazioni Radio Base) per la telefonia cellulare.

Sulla base dei dati raccolti è possibile dimostrare, in modo statisticamente significativo, che, in media, la frequenza di tali sintomi, da un certo punto in poi, decresce in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza dalle antenne.

Questo andamento ricalca il comportamento di un parametro fisico noto con il nome di densità di potenza* (DP) del campo elettromagnetico il quale, pertanto, risulterebbe essere un indicatore più significativo del semplice campo elettrico

o campo magnetico nell’indagine relativa ai possibili effetti delle radiofrequenze/microonde sull’uomo.

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SCIENZA E CONOSCENZA N. 74 DA CUI È TRATTO QUESTO ABSTRACT

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