martedì 25 settembre 2018

Come e quando e' stata scoperta l'Alzheimer




Come e quando e' stata scoperta la malattia di Alzheimer?

Medicina Non Convenzionale      

La malattia di Alzheimer è stata scoperta oltre un secolo fa, grazie alla ricerca di un medico tedesco che non si accontentava delle risposte che la medicina del suo tempo dava alla perdita di memoria

Redazione Scienza e Conoscenza - 25/09/2018

Tratto dal libro Alzheimer e altre malattie del cervello

All’inizio del secolo scorso, il dottor Aloysius “Alois” Alzheimer praticava la professione medica in una grande casa di cura in Germania. Un giorno venne ricoverata una donna di 51 anni, Auguste D., che presentava tutti i sintomi della senilità; tuttavia, vista la sua età, si pensò che fosse troppo giovane per essere affetta da questa patologia. A quel tempo si riteneva che la senilità facesse parte del normale processo di invecchiamento e che, con il passare degli anni, una persona potesse essere soggetta ad amnesie, ripetere verbalmente più volte le stesse cose, diventare più debole e fragile e avere maggiormente bisogno di aiuto da parte della propria famiglia. I casi di senilità aumentarono di pari passo con l’allungarsi della durata della vita, il che portò alla conclusione che doveva necessariamente trattarsi di una problematica legata all’invecchiamento.

Il dottor Alzheimer riuscì a seguire il caso di Auguste D. per parecchi anni, osservandola durante il suo declino. Quando la signora morì, Alzheimer effettuò un’autopsia e rilevò significative patologie cerebrali, che differenziavano la malattia di cui soffriva la paziente dai normali cambiamenti che avvengono nel cervello durante l’invecchiamento. Innanzitutto, scoprì che il cervello di Auguste D. presentava un’eccessiva atrofia. Quando il cervello invecchia, è possibile che si verifichi una certa riduzione della materia cerebrale, ma nel caso della paziente questa caratteristica era molto pronunciata.
In seconda battuta, il medico rilevò che, in confronto a un cervello sano e alla sua tortuosa superficie (le “circonvoluzioni”), i solchi del cervello di Auguste erano diventati molto profondi, e che la porzione interna (dove sono posizionati i ventricoli) risultava scavata. Inoltre si era verificata una vera e propria perdita di materia cerebrale.

Un’altra alterazione significativa era data dagli “ammassi neurofibrillari”. Le sinapsi neurali stavano aggrovigliandosi e morendo e, durante questo processo, non erano più in grado di inviare o assorbire le sostanze chimiche note come “neurotrasmettitori”, per esempio l’acetilcolina, essenziale ad ogni livello di funzionamento. Per finire, A. Alzheimer notò placche amiloidi (dette anche “placche senili”).

In un cervello che invecchia normalmente possono esserci da 3 a 15 placche, prodotte da una proteina chiamata APoe-4. Ma in un cervello colpito da questa malattia ci sono molte placche, che bloccano letteralmente le funzioni cerebrali. Pensate a una sostanza densa, appiccicosa e simile al colesterolo che si deposita a casaccio sulle varie parti del cervello. Alzheimer presentò le sue scoperte a una conferenza tenutasi nel 1906 e, successivamente, alla malattia venne dato il suo nome.

Attualmente, “demenza” viene considerato un termine generico. Ora sappiamo che, indipendentemente dall’età della persona, la perdita di memoria non è un evento normale. Anche se non conosciamo ancora tutte le cause di questa patologia e il modo per curarla, sappiamo che a provocarla è qualche tipo di alterazione chimica o fisica, e che si tratta di una condizione anomala.

Alzheimer e Altre Malattie del Cervello - Libro
Come portare pace e serenità al malato e in famiglia
Megan Carnarius

Prefazione - Estratto da "Alzheimer e Altre Malattie del Cervello"

di Megan Carnarius

Quest’anno ricorre il mio venticinquesimo anniversario di attività come terapeuta specializzata nella cura di persone cui è stata diagnosticata qualche forma di demenza.

Nei molti anni trascorsi in questo ambito, ho ideato e gestito programmi specifici, servizi e strutture, e ho lavorato con centinaia di famiglie, medici, operatori sanitari e persone direttamente colpite dalla malattia.

A fronte di tale esperienza, a un certo punto molti dei partecipanti ai miei corsi e alle mie conferenze hanno iniziato a chiedermi di scrivere un libro.

Mi sono sempre considerata una persona pratica, abituata a rimboccarsi le maniche; quindi, scrivere un libro è stata per me una vera sfida. Per completarlo ho impiegato 14 anni, sfruttando tutti i ritagli di tempo dopo il lavoro, e intanto continuavo a imparare cose nuove e a sperimentare gli alti e bassi che la vita ci riserva. La mia speranza è che quanto ho scritto sia utile alle famiglie, ai professionisti sanitari e a tutti coloro che soffrono di demenza allo stadio iniziale.

Questo libro spiega a chi assiste una persona colpita dal morbo di Alzheimer, o da un’altra demenza, come cogliere alcuni dei profondi insegnamenti che si celano dietro la malattia. Tutti noi vogliamo che venga trovata una cura.

Ma, nel frattempo, come possiamo garantire ad ogni persona, a qualunque stadio della malattia, una buona qualità di vita? Come possiamo esaminare più in profondità situazioni che di primo acchito possono sembrare disperate e devastanti, e scoprirvi invece opportunità, intuizioni e ispirazioni che ci aiutino a trovare nuovi stimoli e a comprendere maggiormente noi stessi e coloro che amiamo?

Come possiamo vivere queste esperienze al massimo delle nostre possibilità?

Le circostanze traumatiche, che ci mettono a dura prova, racchiudono in sé delle cose positive. Per esempio, nessuno di noi vorrebbe mai vivere situazioni di emergenza, ma certamente siamo contenti di sapere che qualcuno sa cosa fare in quei casi.

Se non esistessero le emergenze, i paramedici e gli infermieri del pronto soccorso non potrebbero sviluppare le proprie capacità ed essere d’aiuto agli altri. Il fatto di aver affrontato in precedenza altre situazioni problematiche permette loro di destreggiarsi nel momento presente e di riportare la stabilità.

Questi aspetti positivi, queste grazie inaspettate (definite Yods nella tradizione ebraica) talvolta impiegano molto tempo prima di rivelarsi o di germogliare dentro di noi, mentre altre volte si manifestano quasi istantaneamente e sono immediatamente comprensibili a un livello profondo. Che si tratti di un’emergenza lunga e complessa o di un evento che ci sorprende come un fulmine a ciel sereno, spesso queste benedizioni hanno su di noi un impatto fondamentale, e hanno il potere di trasformare la nostra vita.

A tutti coloro che si prendono cura di una persona che sta affrontando il difficile percorso della demenza, auguro di cuore di riuscire a lottare con forza per non lasciarsi travolgere dagli eventi, e di rimanere vigili e aperti alle benedizioni che questa esperienza porta con sé.

Svolgiamo una professione, che è al tempo stesso una vocazione, in cui possiamo riconoscere e apprezzare pienamente i doni che gli altri ci offrono, in modo che questa esperienza così intensa per l’anima avvii un processo di iniziazione e di crescita che apra il nostro cuore, nutra la nostra compassione e, in definitiva, permetta a ciascuno di noi di diventare un essere umano migliore.

A tutte le persone coraggiose che sono state colpite da una malattia che provoca la perdita della memoria, auguro di sentirsi aiutate e sostenute, di vivere questa esperienza secondo le proprie modalità uniche e individuali, di riuscire a esprimere se stesse, di amare ed essere amate, e di sentirsi al riparo da qualunque pericolo.

Durante le fasi finali della malattia, queste persone non saranno più partecipi dell’esperienza terrena e si troveranno in un profondo stato interiore che, di solito, noi che le assistiamo non siamo in grado di raggiungere e condividere.

La demenza avrà innalzato un muro intorno a esse, come fossero entrate in un convento di clausura.

Invece di pensare a questo muro come a una prigione, io lo considero l’omaggio finale alla vita che la persona ha vissuto, e al suo corpo, il contenitore che l’ha ospitata. Ora che alla persona viene concesso il tempo necessario per raccogliersi in se stessa, la sua anima potrà occuparsi degli aspetti spirituali del “sé”.

Infine, la mia speranza è che, al termine del suo percorso, quando è pronta e sente che è giunto il momento, la persona possa andarsene, e che le venga consentito di farlo.

Descrizione libro

Una guida completa per aiutare i familiari e gli operatori professionali nell'assistere le persone colpite da Alzheimer e altre malattie degenerative del cervello.

E' ricca di consigli pratici a supporto della sfera emotiva e spirituale per affrontare la malattia.

Un percorso che apre il cuore, nutre la compassione e permette a ciascuno di noi di diventare un essere umano migliore.

Leggendo queste pagine scoprirai:

le caratteristiche dell'Alzheimer e degli altri tipi di demenza;
quali sono le varie fasi della malattia e come riconoscerle;
come assistere il malato nei suoi bisogni più importanti;
i consigli per essere resilienti come assistenti;
in che modo la comunicazione minima e interpretare i desideri del malato;
gli strumenti utili alla migliore assistenza (dalla musica agli odori, dai disegni agli animali da compagnia);
quanto sia importante l'umorismo nel rapporto con i malati;
le modalità per affrontare gli ultimi istanti e la fine;
la dimensione più sottile e spirituale di questa malattia e nuovi punti di vista riguardo ad ambiti finora rimasti inesplorati.
Contiene anche una guida sui medicinali più utilizzati con descrizione degli effetti e dei limiti.

 Indice

Prefazione

Capitolo 1 - La cura per la perdita della memoria. Fondamenti e visione globale

Capitolo 2 - Passato e presente. Il modello medico e la cura a lungo termine

Capitolo 3 - Introduzione a un approccio filosofico

Capitolo 4 - La malattia come condizione di disagio

Capitolo 5 - Affrontare la malattia cronica

Capitolo 6 - Gli anziani e la demenza

Capitolo 7 - Un sistema di cura più umano

Capitolo 8 - Ricapitolare e lasciare andare

Capitolo 9 - Gli stadi della demenza

Stadio 1 - Perdita delle capacità acquisite in età adulta
Stadio 2 - Perdita delle capacità acquisite durante l’adolescenza: fase iniziale - intermedia
Stadio 3 - Perdita delle capacità acquisite durante l’infanzia: fase intermedia - avanzata
Stadio 4 - Perdita delle capacità acquisite nel periodo neonatale e di prima infanzia: fase avanzata
Fase terminale - prepararsi alla transizione: fare ritorno a casa
Capitolo 10 - La qualità della vita: criteri e confini

Capitolo 11 - L’Alzheimer per vivere più vite nel corso di una sola esistenza

Capitolo 12 - L’Alzheimer per tramandare i ruoli di matriarca e patriarca

Capitolo 13 - L’Alzheimer per essere accuditi e condividere il ruolo di custodi del tempo

Capitolo 14 - L’Alzheimer per sottrarsi a una situazione insostenibile

Capitolo 15 - L’Alzheimer come opportunità di trasformazione: la ruota di medicina

Capitolo 16 - L’Alzheimer per rifiutare il cambiamento

Capitolo 17 - L’Alzheimer per consentire agli altri di proseguire con la loro vita

Capitolo 18 - L’Alzheimer per imparare la compassione

Capitolo 19 - L’Alzheimer per insegnare agli altri compassione e introspezione

Capitolo 20 - Prendersi cura di se stessi

Capitolo 21 - L’importanza dell’umorismo

Capitolo 22 - Quando sarà tutto finito?

Capitolo 23 - Conclusione

Bibliografia
Ulteriori informazioni
Ringraziamenti
Appendice

Megan Carnarius, specialista in Alzheimer, è rinomata per l'umanità che la contraddistingue nel suo approccio con le persone colpite da demenza e le loro famiglie. Infermiera professionale, responsabile di una casa di riposo ed esperia di massoterapia, Megan ripercorre i suoi 25 anni di esperienza nella realizzazione e gestione di case di cura per anziani affetti da perdita di memoria.

Alzheimer e Altre Malattie del Cervello - Libro
Come portare pace e serenità al malato e in famiglia
Megan Carnarius

lunedì 24 settembre 2018

Amit Goswami e la fisica delle possibilita'




Amit Goswami e la fisica delle possibilita'

Scienza e Fisica Quantistica
      
Il cervello non crea la coscienza perché essa non è un fenomeno cerebrale: ce ne parla Alberto Lori

di Alberto Lori - 23/09/2018

Tratto dal libro Coscienza Quantica di Alberto Lori

Nella sua essenza la quantistica è la fisica delle possibilità. Qualunque oggetto è fatto di possibilità. Possibilità per chi? Per la coscienza che sceglie tra varie possibilità. Quando la coscienza non sceglie, dice Amit Goswami, già professore di fisica teoretica dell’Università dell’Oregon, gli oggetti quantistici si comportano come onde di probabilità che si propagano come le altre onde ordinarie. Ogni volta che la coscienza osserva, le onde collassano e diventano oggetti dell’esperienza cosciente.

Tutto ciò che sperimentiamo subisce questo processo e ciò non vale soltanto per gli oggetti materiali, vale anche per i pensieri, i sentimenti, le intuizioni. La coscienza non è materiale. Il cervello non crea la coscienza perché essa non è un fenomeno cerebrale.

In fisica quantistica, continua il professor Goswami, abbiamo delle possibilità, di conseguenza possiamo dire che abbiamo possibili particelle elementari che creano possibili atomi, che compongono possibili molecole, che a loro volta, creano possibili reti neurali che formano un possibile cervello che ci dà una possibile coscienza. Può allora una possibile coscienza convertire possibilità di particelle elementari in eventi concreti? Puoi sognare di vivere in una nuova casa e risvegliarti in una villa principesca? «Possibilità unite ad altre possibilità possono fornirci soltanto altre possibilità, mai fatti concreti», dichiara convinto Goswami.

Chiediamoci allora in che modo la coscienza interagisce con la materia. In fondo sono due cose diverse e due cose che non hanno niente in comune non possono interagire, nel senso che non possono comunicare e per farlo hanno bisogno di un mediatore. E allora? Materialismo e dualismo non sono la soluzione. Dobbiamo ritenere la coscienza, non la materia, come fondamento dell’esistenza. È un cambio radicale di paradigma. E se pensiamo che la materia sia fatta di possibilità di coscienza, allora dobbiamo ritenere che non sia il cervello a creare la coscienza, bensì che sia contrario: è la coscienza stessa a creare il cervello. È evidente allora come in questo modo possa comprendersi che la scelta di coscienza non è più un atto dualistico di coscienza e materia. Il dualismo scompare perché la coscienza nell’interagire con il campo quantico sta scegliendo una sola possibilità che di per sé è la propria possibilità.

Scopri il libro di Alberto Lori

eBook - Coscienza Quantica
Un percorso quantistico di sviluppo evolutivo
Autore: Alberto Lori
www.macrolibrarsi.it/ebooks/ebook-coscienza-quantica.php?pn=1567

Alberto Lori ci offre un grande dono: ci fa comprendere la bellezza della Scienza e della Coscienza unite.

Non possono esserci due cose separate: la scienza da una parte e la coscienza dall’altra.
“Tutto è uno”, ci ricorda Alberto, attraverso le dimostrazioni matematiche della fisica contemporanea e la saggezza dell’antica spiritualità.

Alberto affronta questi temi con il coraggio, la determinazione e la lungimiranza di un altro grandissimo genio: Carl Gustav Jung. Jung aveva compreso molto bene la fisica dei quanti, anche grazie alla sua amicizia con Wolfgang Pauli, premio Nobel nel 1945 per la meccanica quantistica.

Dalla prefazione di Giovanni Vota


Indice

Prefazione a cura di Giovanni Vota

Capitolo 1 - Tutto cominciò per una lampadina: il nuovo paradigma della fisica

Il contributo di Planck e Kirchhoff
L’ausilio degli oscillatori
Boltzmann, De Broglie, Feynmann e Bohr
La scuola di Copenaghen
L’importanza dell’osservatore

Capitolo 2 - Viviamo di paradossi: l’indeterminismo degli esperimenti “su campo”

Il curioso gatto di Schrödinger
Wheeler e la doppia fenditura
Località e non località, “questo il problema”
“L’assist” dei testi sacri
Il potere che ti appartiene
L’apporto di Giuseppe Genovesi, istoni e DNA
Intenzione come Causa mundi

Capitolo 3 - In rotta di collisione o nella direzione di un auspicabile sincretismo?

Visioni opposte o complementari?
Computer cerebrale
Il dilemma sulla coscienza e il cervello olografico
Penrose, Hameroff e Haramein

Capitolo 4 - La Coscienza non locale

Coscienza: a che punto siamo? Un po’ di dietrologia
L’uovo, la gallina e il primato della nascita
Amit Goswami e la fisica delle possibilità
La connessione biunivoca tra cuore e cervello
Huygens e gli orologi a pendolo
Conclusioni

Capitolo 5 - La struttura del Vuoto

Vacuum, non solo un latinismo
I capricci dell’elettrone
Meccanica quantistica versus Relatività generale
Olofrattalità dell’universo
Geometria sacra, sezione aurea e PHI
Dalla sfera al toroide

Postfazione a cura di Carmen Di Muro


Chi è Alberto Lori

Alberto Lori, speaker del giornale radio RAI, poi conduttore del Tg2 RAI; in seguito redattore del telegiornale Contatto di Maurizio Costanzo alla PIN della Rizzoli; collaboratore de’ Il Giornale dei Misteri di Giulio Brunner e di Mondo Archeologico di Mirella Rostaing Casini; ha diretto Immagine Italia, rivista trimestrale di carattere turistico; il settimanale ASI, Agenzia Sanitaria Italiana; Quasar, il primo mensile italiano di scienza alternativa.
Coordinatore di Dimensione Uomo, gruppo d’informazione, divulgazione e ricerca scientifica, è giornalista freelance e voce di documentari e rubriche TV di successo come: Mixer, Ultimo Minuto, SuperQuark, Sfide, La Storia siamo noi.
È stato autore e conduttore dei programmi su RadioRadio Sempre di domenica e Attenti al lupo.
Diplomato Practitioner e Master advanced in PNL all’ISI-CNV di Marco Paret e in Sviluppo delle Risorse Umane all’HRD Academy di Roberto Re, si è specializzato in PNL seguendo i corsi di Anthony Robbins, di Richard Bandler, e in psicologia quantistica con lo psicologo Ilio Torre. È stato docente di dizione e pronuncia italiana nell’ambito del Corso di Giornalismo della Luiss. Ha curato la comunicazione dei dirigenti, comandanti e istruttori del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, dei giornalisti dell’Ansa, dei piloti Alitalia.
È autore di numerose pubblicazioni di psicoquantistica e comunicazione.

eBook - Coscienza Quantica
Un percorso quantistico di sviluppo evolutivo
Autore: Alberto Lori
www.macrolibrarsi.it/ebooks/ebook-coscienza-quantica.php?pn=1567

mercoledì 19 settembre 2018

Ascoltare la voce del corpo




Ascoltare la voce del corpo: la consapevolezza interocettiva

Psicologia Quantistica      

La cosiddetta “consapevolezza interocettiva” è la sensibilità nei confronti delle informazioni e degli stimoli interni, quali il respiro, la peristalsi gastrointestinale, il senso di fame e sazietà, ma anche la cognizione del dolore e delle altre emozioni

Carmen Di Muro - 18/09/2018

Il nostro corpo è un sistema di intelligenza mutevole, pulsante, in continuo cambiamento. È un fiume di energia ed informazioni che costantemente ricrea se stesso, la sede da cui tutto parte e da cui tutto si genera nella costante interazione tra interno ed esterno. Esso è un fenomeno assai complesso e va compreso sempre a partire da quelli che sono i “vissuti” della coscienza, sulla base di quel profondo e insolvibile legame che tiene assieme la sfera somatica e quella psichica, non come due dimensioni differenti, ma nella loro reciproca relazione originaria al di fuori della quale noi non saremmo quello che siamo. Il corpo è, infatti, la terra dove prendono forma visibile le dinamiche sottili che si svolgono dentro di noi, ciò che permette di situarsi emotivamente, rinnovando, di volta in volta, il nostro equilibrio personale e il nostro senso di stabilità nel mondo.

Che cos'è la consapevolezza interocettiva

Ciò significa che nella maggior parte delle situazioni, senza accorgercene, tendiamo a regolare la stabilità emozionale attraverso il mantenimento dell’equilibrio corporeo. Questa è la cosiddetta “consapevolezza interocettiva”, ovvero la sensibilità nei confronti delle informazioni e degli stimoli interni, quali il respiro, la peristalsi gastrointestinale, il senso di fame e sazietà, ma anche la cognizione del dolore e delle altre emozioni. Mediante l’interocezione il corpo comunica il proprio stato di salute ed efficienza fisica permettendoci di costituire il “senso di essere sè”, la nostra identità biologica. Essa diviene una delle modalità fondamentali di percepire il reale partendo dalla voce silente dei segnali somatici.

Molti degli avvenimenti che esperiamo giornalmente, che siano positivi o negativi, non di rado vengono colti a partire da quello che genera il corpo sotto forma di input sensoriali. Infatti, le modificazioni somatiche diventano le coordinate di definizione, referenza ed informazione del vissuto della persona e non sempre sintomi attribuibili esclusivamente ad una malattia o un disturbo organico. L’esterno, ovvero ciò che accade, diventa muto, e non si riesce a cogliere e a vedere il contesto o l’evento che ha generato l’emozione di cui il soma si fa interlocutore. Ciò che perturba l’esperienza di vita della persona viene, quindi, letto a partire dalla corporeità e non più dalla situazione intercorrente. È chiaro che da questa prospettiva possiamo meglio comprendere come un qualcosa che è un'emozione centrale del tema di vita dell'individuo che non viene avvertita o riferita a sé, può divenire qualcosa che acquista caratteristiche perturbanti e sintomatiche di estraneità, un elemento che sembra colpirci dall'esterno, non facente parte del proprio sentire personale.

La consapevolezza interocettiva: quando i sintomi nascono dalle emozioni

Il risultato? Un senso di grande instabilità che porta la nostra attenzione a polarizzarsi sempre più sui segnali corporei generando paura circa l’esistenza di una reale patologia ed innescando il circolo degli automatismi di pensiero, delle credenze stabili ed autosabotanti, che ci tolgono la storia, chi siamo realmente. Da qui comprendiamo come determinate sintomatologie si formino a partire dal mancato accordo tra agire e sentire, e dallo spostamento e dalla repressione di emozioni che rimangono inconsapevoli, vissuti che non riusciamo a cogliere per quello che vogliono realmente segnalarci, la cui informazione disarmonica, non di rado, rimane bloccata nei vari comparti somatici.

E nel momento in cui la nostra sfera profonda viene perturbata durevolmente da questo sentire disturbante, l’intera fisiologia del corpo non potrà che risentirne divenendo maggiormente vulnerabile ad una serie di agenti nocivi esterni e, di conseguenza, al reale insorgere della patologia. Afferrare, sentire e riconfigurare la condizione emotiva per ciò che è, mettendola in relazione al continuo accadere della vita, diventa il passo fondamentale per dare inizio alla riorganizzazione del significato personale, un processo di scoperta e di creazione che apre all’esistenza e alla sua più vera comprensione.

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martedì 18 settembre 2018

Dalla Maesta' di Martini alla fisica quantistica - 2




Dalla Maesta' di Martini alla fisica quantistica - 2

Scienza e Fisica Quantistica

Dalla "Maestà" di Simone Martini alla fisica quantistica - seconda parte
      
Un affascinante lettura dell'opera di Simone Martini alla luce della teoria quantistica di Bohm detta dell'ordine implicato

di Davide Fiscaletti - 15/09/2018

Sulla base di quanto detto, le caratteristiche dei personaggi raffigurati e del background sotteso dalla scena della “Maestà” di Simone Martini, a mio parere, ci aprono la possibilità di individuare delle significative connessioni, e di effettuare rilevanti parallelismi, con svariati temi e teorie della fisica quantistica, dall’ordine implicito di Bohm fino ad arrivare al vuoto quantistico della teoria quantistica dei campi.

Per quanto riguarda il parallelismo tra le caratteristiche dei personaggi rappresentatati nella “Maestà” di Simone Martini e l’ordine implicito di Bohm, possiamo dire che, proprio come l’ordine implicito di Bohm comporta una fisica emergente da un livello primigenio, primordiale, dove anche le particelle, che nel mondo macroscopico che percepiamo appaiono localizzate “qui” o “là” durante le misurazioni, sono espressione di una totalità indivisa, una sorta di ologramma – in cui una singola corrispondenza tra le parti di un oggetto e le parti della sua registrazione non esiste, ogni punto nella registrazione è piuttosto legato alla struttura complessiva dell’oggetto e ogni parte dell’oggetto è legato alla complessiva registrazione – allo stesso modo anche le creature affrescate da Simone Martini nella “Maestà” sono la proiezione di una realtà più profonda, di un luogo implicito soprannaturale e superiore, sono strutture derivate da questo background superiore, che può quindi essere in qualche modo considerato l’ordine implicito che genera i processi descritti da questo affresco.

Il fatto che i personaggi affrescati nella “Maestà” siano delle mere apparizioni, privi di concretezza fisica e che il mondo trasmesso dal dipinto sia un mondo di pura immagine, al di sopra della realtà, uno spazio indefinito, con architetture fragili, sottili, decoratissime, indica chiaramente che, nella visione proposta da Simone Martini, la realtà tangibile esperita può essere vista come la proiezione, l’espressione dinamica di una struttura ontologica globale più fondamentale, costituita appunto da questo luogo “altro”, soprannaturale, compatibilmente con la visione di Bohm dell’ordine implicito. Se nella sua teoria dell’ordine implicito Bohm comunicava le sue idee riguardo la non-separabilità delle particelle subatomiche utilizzando le immagini dell’ologramma e dell’olomovimento, qualcosa del genere sembra fare anche Simone Martini nella “Maestà”. Le architetture fragili, sottili, decoratissime, le forme smaterializzate, alleggerite e impalpabili, i colori delicati e astratti presenti nell’affresco del pittore senese possono essere visti come la trasposizione delle immagini dell’ologramma e dell’olomovimento che rappresentano il processo di totalità indivisa che ha luogo nell’ordine implicito del mondo quantistico. Le architetture fragili, prive di concretezza fisica, le forme impalpabili che costituiscono un tutt’uno con un luogo implicito soprannaturale, superiore, possono essere considerate, nel mondo che Simone Martini intende trasmettere in questo dipinto, l’espressione del carattere non separabile della realtà materiale al livello fondamentale, in altre parole possono essere viste come la controparte, nell’universo di Simone Martini, della non-località quantistica.

Il fatto che Simone Martini nella “Maestà” abbia eliminato ogni riferimento alla materia intesa come qualcosa avente un’esistenza primaria, suggerendo un mondo magico, al di sopra della realtà tangibile, mostra chiaramente, a mio parere, come il pittore senese in qualche modo riesca ad anticipare, in questo suo affresco, alcune caratteristiche chiave del comportamento delle particelle atomiche e subatomiche. Vale a dire appunto il fatto – evidenziato dalla visione di Bohm dell’ordine implicito – che le particelle materiali del mondo fisico – nonostante ci appaiano separate e aventi una struttura relativamente stabile ed autonoma – in realtà, ad un livello fondamentale, sono il riflesso di un processo di totalità indivisa che ha luogo in un background più profondo, l’ordine implicito, caratterizzato da non-località e non-separabilità. Il fatto che il mondo indefinito trasmesso dalla “Maestà” sia un luogo contemporaneamente interno (come è indicato dal pavimento in prospettiva) ed esterno (come è indicato dal cielo sullo sfondo), e caratterizzato allo stesso tempo da notte (blu notturno del cielo) e giorno (luce intensa su tutti i particolari) può essere visto come la rappresentazione in qualche modo visiva della natura eterea del processo di totalità indivisa che ha luogo nell’ordine implicito, corrispondente alle immagini dell’ologramma e dell’olomovimento con cui Bohm comunicava le sue idee riguardo alla struttura ontologica fondamentale dei processi quantistici.

Davide Fiscaletti

Marchigiano, laureato in fisica all’Università di Bologna nel 1999, è membro ricercatore dello SpaceLife Institute, centro di ricerca che si propone di aprire nuove prospettive in campo scientifico (in particolare: lo sviluppo di una nuova visione nell’ambito della fisica; lo sviluppo della cosmobiologia, disciplina scientifica che interpreta l'evoluzione della vita come parte integrale dell'evoluzione dell'universo; lo sviluppo scientifico della consapevolezza umana libera da ogni influenza religiosa e filosofica). Si occupa di fondamenti della fisica teorica, segnatamente di questioni interpretative della meccanica quantistica, di relatività, di gravità quantistica e di consapevolezza.

Al XCII Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica (Torino, 20 settembre 2006) ha presentato uno studio dal titolo “Potenziale quantico: analisi-storico critica e prospettive aperte”; al XCIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica (Pisa, 27 settembre 2007), ha presentato uno studio dal titolo “Dualismo oggettivo onda-corpuscolo e potenziale quantico: prospettive aperte”; al XCVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica (Bologna, 20 settembre 2010), ha presentato uno studio dal titolo “Non località, potenziale quantico e l’arena dei processi quantistici”.

Tiene seminari e conferenze su tematiche inerenti la sua ricerca.

Continua la lettura su:

Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza
Autori Vari

giovedì 13 settembre 2018

Il cancro secondo la medicina ayurvedica




Il cancro secondo la medicina ayurvedica

Medicina Non Convenzionale

Secondo l'Ayurveda la trasformazione neoplastica è data dalla progressiva perdita, da parte della cellula, della possibilità di recuperare le informazioni necessarie per l’adattamento all’ambiente e la messa in atto di strategie per la sopravvivenza che attingono a schemi e configurazioni precedenti

Antonio Morandi - 13/09/2018

È possibile quindi definire un modello generale che descriva le condizioni neoplastiche secondo l’Ayurveda.

All’inizio si deve verificare una condizione che determini un’alterazione o un abbassamento della capacità digestiva e/o metabolica dell’organismo. Questa capacità metabolica è chiamata Agni ed è riferibile a tutti i processi di digestione e trasformazione dell’organismo sia a livello macroscopico che microscopico. Questa alterazione può avere luogo in seguito all’esposizione cronica ed eccessiva ad elementi ambientali o all’assunzione di alimenti non adeguati allo specifico organismo.

L’equilibrio di Agni porta all’utilizzo ideale delle risorse, mentre una sua disfunzione porta alla formazione ed accumulo di materiale dismetabolico, chiamato Ama, letteralmente “cibo non cotto”, riconosciuto come “non self” dall’organismo e quindi di ostacolo al suo corretto funzionamento. Per la sua natura di catalizzatore metabolico Agni è caratterizzato da attributi di velocità e qualità diffusive, calde, penetranti e, secondo i principi dell’Ayurveda, le condizioni che possono portare a una sua alterazione sono quelle in cui si verifica l’eccessiva presenza di elementi con caratteristiche qualitative opposte. Queste condizioni si possono verificare, ad esempio, in un individuo in seguito ad assunzione, per lunghi periodi, di cibo con qualità eccessivamente pesanti e vischiose o, al contrario, all’esposizione a situazioni anomale, sia fisiche che psicologiche, che presentino qualità riferibili al freddo in senso lato, come ad esempio la paura e lo stress, determinando quindi contrazione, blocco e secchezza, elementi contrastanti la qualità calda di Agni.

L’alterazione di Agni determina quindi la formazione e l’accumulo di materiale dismetabolico a più livelli (Ama), che va ad alterare ed ostruire il flusso di informazioni che, secondo l’Ayurveda, è veicolato da particolari canali chiamati Srota. L’alterazione o il blocco delle comunicazioni intercellulari, dovuto alla presenza di materiale dismetabolico che degenera la funzione della membrana e della matrice extra cellulare, è una condizione che anche la moderna biomedicina considera fra le cause principali della trasformazione neoplastica.

Quindi da una parte si avrà un blocco del flusso informativo che altera profondamente l’equilibrio fra i principi funzionali (Doṣa) che governano la fisiologia cellulare e quindi il funzionamento dei tessuti più complessi, generando condizioni di stagnazione, congestione e infiammazione. Dall’altra parte la perdita dello scambio di informazioni e del feedback intercellulare, che consente un continuo adattamento alle variazioni ambientali e microambientali, porterà a un cambiamento della strategia di sopravvivenza cellulare e un’alterazione delle istruzioni normalmente utilizzate.

La trasformazione neoplastica secondo l’Ayurveda è data quindi dalla progressiva perdita, da parte della cellula, della possibilità di recuperare le informazioni necessarie per l’adattamento all’ambiente e la messa in atto di strategie per la sopravvivenza che attingono a schemi e configurazioni precedenti. Cellule con modificazioni che possono essere tendenzialmente neoplastiche si producono continuamente e continuamente vengono eliminate dai meccanismi omeostatici di controllo del sistema generale dell’organismo. Infatti il meccanismo, ad esempio, dell’infiammazione è considerato la fase iniziale di trasformazione e controllo del tessuto neoplastico o potenzialmente tale. L’alterazione del controllo da parte dell’organismo sull’infiammazione è il primo passo della trasformazione neoplastica. Quando l’organismo perde la sua capacità di omeostasi ed autocontrollo, le cellule alterate sopravvivono e raggiunta una massa critica, possono costituire un sistema a sé stante, prevalente sui tessuti circostanti ed autonomo.

Da un punto di vista macroscopico e clinico le condizioni patologiche descritte in Ayurveda che possono essere assimilate alla moderna descrizione di neoplasia sono dette Arbuda. Il termine Arbuda significa letteralmente “crescita di carne”, tuttavia nella sua radice etimologica è anche compreso il concetto di distruzione. Arbuda ha anche altri significati fra cui “dieci miliardi”, numero astronomicamente grande che può indicare la crescita incontrollata di cellule, ma anche “montagna”, “serpente” e anche “demone”.

Quindi, in accordo quanto sopra esposto, secondo l’Ayurveda possiamo riassumere la manifestazione clinica di una neoplasia nei seguenti stadi:

1. Śopha - gonfiore/infiammazione;

2. Granthi - rigonfiamento tissutale;

3. Arbuda - tumore vero e proprio;

4. Karkaṭārbuda - tumore solido esplicitamente maligno;

5. Adhyarbuda - metastasi in siti primari;

6. Dvirārbuda - metastasi distanti;

7. Vraṇārbuda - suppurazione, tumori ulcerativi.

La tipizzazione costituzionale secondo il concetto di Prakṛti viene ovviamente adottata anche nell’ambito delle neoplasie, permettendo di individuare non solo le predisposizioni individuali ma anche, in caso di accertamento clinico, le possibili modalità evolutive della patologia e quindi la migliore strategia terapeutica. Questo concetto è anche estendibile alla Medicina Moderna per una migliore stratificazione dei pazienti e tipizzazione della terapia.

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martedì 11 settembre 2018

Dalla Maesta' di Martini alla fisica quantistica



Dalla “Maesta'” di Simone Martini alla fisica quantistica

Scienza e Fisica Quantistica
      
Il famoso dipinto del pittore senese suggerisce importanti parallelismi con l’ordine implicito di Bohm e il vuoto della teoria quantistica dei campi

Davide Fiscaletti - 11/09/2018

Scienza e arte possono essere considerate due distinte modalità con cui l’uomo si interrelaziona col mondo esterno, cercando di rispondere a domande fondamentali mediante un percorso fatto di idee, rappresentazioni, teorie e ipotesi testate in posti dove pensiero e manualità si intrecciano. Nonostante, nell’attuale spettro dei saperi e nell’opinione comune, la scienza sia vista come il regno delle certezze “oggettive”, come un insieme di ricette universali con il quale decodifichiamo un codice cosmico inscritto in una natura intesa come qualcosa di oggettivo ed immutabile, del tutto indipendente dall’osservatore, mentre l’arte venga invece considerata il campo della creatività e dell’intuitivo, apparentemente privi di regole oggettive, fondati su una ineludibile sensorialità, soggettività e irrazionalità, è evidente che arte e scienza sono legate molto più di quanto si pensi comunemente. Rilevanti parallelismi possono essere individuati tra di esse, sia come forme di conoscenza, in riferimento al tipo di verità in esse radicata, sia per il loro modo di raccontare l’universo (che non è qualcosa di asettico, oggettivo, distaccato e impersonale, ma una modalità viva e consapevole, che ci fa capire come il mondo non si possa rappresentare con un unico linguaggio e un unico punto di vista).

Come nel passato, ai tempi del Rinascimento Fiorentino, l’arte fu il linguaggio più utilizzato per trasmettere cultura nel mondo, così oggi la fisica quantistica – alla luce dei cambiamenti profondi che ha introdotto nella descrizione della natura – suggerisce la possibilità di trovare nuove forme di dialogo tra arte e scienza. È infatti possibile riscontrare nell’arte contemporanea una tendenza implicita a rappresentare il mondo microscopico invisibile descritto dalla fisica quantistica. Si pensi, per esempio, alle opere di Teresa Iaria che descrivono, in maniera mirabile, attraverso un originale linguaggio figurativo, concetti e temi della fisica teorica, come il bosone di Higgs, le teorie dei twistors, delle stringhe e dei loop, oppure all’installazione Three Solids di Attila Csörgo, apparizione poetica di impalpabili “solidi” regolari che “galleggiano” nell’aria come per magia, permettendo di rappresentare in qualche modo alcune caratteristiche del vuoto della teoria quantistica dei campi.

A mio parere, tuttavia, non solo opere d’arte contemporanee possono ricevere una rilettura diretta e finalizzata a evidenziare e ottenere alcuni aspetti fondamentali dei fenomeni descritti dalla fisica quantistica: a questo proposito la chiave di volta è rappresentata soprattutto da opere d’arte del Medioevo, quando si può dire che eravamo ancora agli albori del pensiero scientifico moderno.

Il millennio medievale, sostiene Luigi Borzacchini, costituisce una lunga fioritura da cui la scienza moderna emerge come frutto prezioso della civiltà cristiana, in seguito a una trasformazione epocale del paradigma sintattico connessa a una concezione del processo conoscitivo sempre più centrata sul ruolo attivo del soggetto e sull’importanza cruciale dei concetti – estranei all’esistenza attuale delle cose nella visione di Aristotele – di spazio vuoto, materia, moto, infinito. Io qui intendo puntualizzare questa tesi di Borzacchini proponendo l’idea che il Medioevo sia all’origine della scienza moderna come conseguenza del fatto che la pittura medievale presenta rilevanti parallelismi e connessioni con temi, risultati e teorie della fisica quantistica. In particolare, in questo articolo intendo mostrare che il dipinto della “Maestà” di Simone Martini, affrescato nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena, può essere considerato l’emblema di “affresco quantistico implicito”, che in qualche modo anticipa rilevanti temi, risultati e teorie della fisica quantistica contemporanea.

Simone Martini e la “Maestà”

Nei decenni a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, la città di Siena fu una delle città artisticamente più avanzate d’Italia. Si può affermare che in quel periodo la pittura senese visse una stagione memorabile – e per certi versi irripetibile – con la creazione di opere straordinarie per mano, soprattutto, di pittori del calibro di Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa - 1319 circa), Simone Martini (Siena, 1284 - Avignone, 1344), Pietro Lorenzetti (Siena, 1285 circa - 1348) e Ambrogio Lorenzetti (Siena, 1290 circa - 1348).

Allievo di Duccio, Simone Martini fece arrivare l’arte senese a un altissimo livello di preziosismo che trovò una straordinaria compiutezza alla luce della sua conoscenza profonda delle tecniche dell’oreficeria, nonché dell’esaltazione del ritmo della linea e della raffinatezza dei colori. Il fatto fondamentale che emerge rileggendo alcuni dipinti di Simone Martini, a mio parere, è che se la fisica quantistica cerca di andare oltre la realtà esperita data da manifestazioni e apparizioni locali e frammentarie, vedendola come proiezione di un background, di un livello più profondo, invisibile e non accessibile, dato da una rete di fluttuazioni elementari di natura non-locale e olografica (dalla teoria dell’ordine implicito del fisico americano David Bohm fino ad arrivare alle teorie quantistiche dei campi e ai moderni approcci alla gravità quantistica). In un’ottica per certi versi parallela l’arte di Simone Martini rappresenta la dicibilità del reale, con l’obiettivo di esplorare ed indagare le sue frontiere più profonde: è una sorta di ariete di sfondamento del reale, ciò che rompe le barriere corporee per acquisire conoscenza e potere sull’invisibile. La pittura di Simone Martini è una frontiera che origina un canale di significato contenuto in un livello implicito, in un palcoscenico più profondo, in assenza del quale non sarebbe possibile pervenire alla trascendenza.

La “Maestà” è di fatto la prima opera firmata e datata di Simone Martini, affrescata nella “Sala del Mappamondo” nel Palazzo Pubblico di Siena tra il 1315 e il 1318 e restaurata nel 1321 dallo stesso Simone e dalla sua bottega. Si tratta, questa, di un’opera di carattere religioso ma anche civile e politico, che si riferisce alla sovranità della Repubblica di Siena.

L’affresco può essere in qualche modo considerato il simbolo della civiltà del ‘300 in Italia, quella ugualmente fiorita con le pagine del Canzoniere di Petrarca, amico di Simone ad Avignone, o con le novelle di Giovanni Boccaccio. L’affresco evidenzia sia una completa assimilazione di tutte le componenti della formazione di Simone Martini, sia l’emergere di soluzioni nuove e moderne. Infatti, accanto all’influenza dello stile di Duccio di Buoninsegna, in particolare della Maestà dipinta dal maestro senese negli anni 1308-1311 per il Duomo di Siena, il dipinto di Simone si arricchisce di elementi che rivelano una visione più moderna, evidenziando anche spunti pittorici giunti in Italia, in particolare ad Assisi, dall’Inghilterra e dalla Francia (in particolare, riferimenti che vanno dall’Altare dell’Abbazia di Westminster a Londra, alle miniature francesi, ai lavori di oreficeria, vetri dipinti, smalti che si stavano diffondendo in Europa e a Siena nel nuovo stile gotico).

La “Maestà” è inoltre arricchita nella sua superficie pittorica con vetri colorati, con un insieme di decorazioni e punzoni in oro zecchino impresse sull’intonaco ancora fresco di giornata. Il grande affresco in un certo senso può essere considerato una magnifica opera di oreficeria, quasi avesse lo scopo di trasmettere i celebri smalti traslucidi della contemporanea scuola senese.

Nella “Maestà” un fatto cruciale è che la linea di Simone Martini, sottile e precisa, fluisce armoniosamente da una figura all’altra, descrive incessantemente in un percorso continuo ogni forma, ogni piega e ogni dettaglio, alleggerendo e smaterializzando le forme. I colori sono delicati e astratti, fantastici, pieni di trasparenze e riflessi, contribuiscono con la linea a rendere le forme impalpabili, eteree. Simone Martini ha realizzato effetti molto particolari, è piuttosto difficile fotografare i suoi colori. La tonalità scura del blu oltremare del cielo fa aumentare i contrasti, i colori si accendono, brillano gli ori delle aureole e dei ricami.

In questo dipinto è possibile individuare un’attenzione al particolare, al dettaglio curato. È una descrizione accurata che si può rintracciare nella scena, nelle vesti, negli oggetti, nelle acconciature, e serve per creare un’ambientazione fiabesca, leggendaria. Sono rappresentate figure e ambienti tipici della società aristocratica, ricca ed elegante, che vive in una dimensione tutta poetica, staccata dalla realtà. La Madonna, seduta su un trono di forme gotiche, con la corona e vesti sontuose, appare come una regina e con regale compostezza sostiene il figlio, vestito e atteggiato come un principe. La scena si svolge in un luogo ornato e preparato come per una festa o una cerimonia importante. I personaggi hanno forme esili e slanciate, fisionomie riprese dalla realtà, ma idealizzate, sono elegantissimi, composti, hanno movenze aggraziate e rappresentano un’umanità eletta.

Nonostante l’osservazione dal vero, l’evocazione a situazioni vissute, e al folclore medievale, quello che propone qui Simone Martini è tuttavia un mondo magico, di pura immagine, al di sopra della realtà, fatto di sola apparenza visiva. Viene eliminato ogni riferimento alla materia: i valori di peso, concretezza fisica, sensazioni tattili, sembrano essere scomparsi. I personaggi sono delle apparizioni: sembrano esseri inconsistenti, spiriti fatti solo di colore e di luce. Si trovano in uno spazio indefinito e suggestivo con architetture fragili, sottili, decoratissime. Quello trasmesso dalla Maestà è un luogo per certi versi impossibile: è insieme interno (come è indicato dal pavimento in prospettiva) ed esterno (come è indicato dal cielo sullo sfondo), ed è insieme notte (blu notturno del cielo) e giorno (luce intensa su tutti i particolari). È un luogo "altro", soprannaturale e superiore dove vivono queste bellissime creature eteree.

Eppure, nonostante questo mondo artificioso, c’è un eccezionale senso di equilibrio con cui Simone Martini riesce a far apparire tutto semplice e naturale. Il pittore senese riesce a far vivere in questo spazio incredibile questi personaggi così irreali.

La “Maestà” e l’ordine implicito di Bohm

Sulla base di quanto detto, le caratteristiche dei personaggi raffigurati e del background sotteso dalla scena della “Maestà” di Simone Martini, a mio parere, ci aprono la possibilità di individuare delle significative connessioni, e di effettuare rilevanti parallelismi, con svariati temi e teorie della fisica quantistica, dall’ordine implicito di Bohm fino ad arrivare al vuoto quantistico della teoria quantistica dei campi.

Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea
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giovedì 6 settembre 2018

I Mantra modificano il cervello




I Mantra modificano il cervello: ricerche scientifiche lo dimostrano

Neuroscienze e Cervello      

Moderni strumenti come l'elettroencefalogramma e la risonanza magnetica funzionale mostrano come l'ascolto e la recitazione dei Mantra abbia evidenti effetti sul cervello

di Antonio Morandi - 06/09/2018

Molti Mantra sono stati studiati scientificamente e il più noto è senz’altro il Gāyatrī Mantra, uno dei più famosi ed utilizzati nella cultura indiana. E’ derivato dal Ṛg Veda, uno dei quattro Veda, testi sapienziali fondamentali della cultura vedica ed indiana, ed è composto da diverse strofe. E’ interessante notare che il nome Gāyatrī deriva dalla metrica vedica con cui il Mantra è stato composto, a riprova dell’importanza della recitazione dei testi vedici. La notorietà del Gāyatrī Mantra, come è accaduto per il Mantra OM e per molti altri, ha travalicato i limiti dell’India e si è universalmente ed ubiquitariamente diffuso. Secondo la tradizione, la funzione principale di questo Mantra è quella di sollecitare l’illuminazione individuale, di permettere il superamento dei limiti dell’ignoranza e favorire l’unione con la coscienza collettiva.
Anche in questo caso la scienza moderna ha potuto verificare la veridicità delle affermazioni sull’effetto a livello neurofisiologico della recitazione di questo Mantra, sopratutto in relazione al suo ascolto.

Mantra e cervello

È stato infatti dimostrato che il semplice ascolto della recitazione del Gāyatrī Mantra induce cambiamenti a livello neurofisiologico rilevabili sia con l’Elettroencefalogramma che con la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI). In questo studio, 20 soggetti fra i 20 e 35 anni senza alcuna esperienza nella recitazione di Mantra o di Meditazione, sono stati sottoposti all’ascolto del Gāyatrī Mantra per 15 minuti. Le rilevazioni sono state fatte sia prima che dopo l’ascolto, ed i risultati sono sorprendenti. Il tracciato elettroencefalografico ha mostrato un aumento delle onde gamma e beta rispetto a prima dell’ascolto del Mantra; a tal riguardo è interessante segnalare che un’alta prevalenza delle onde gamma è stata riscontrata in soggetti esperti di meditazione buddista. La fMRI ha invece mostrato un’attivazione di alcune aree cerebrali, alcune dovute senz’altro agli stimoli uditivi e all’elaborazione linguistica e ritmica, ma oltre a queste è stata riscontata anche un’attivazione del lobo insulare, specialmente a destra (1).

Il lobo insulare è un’area cerebrale che, oltre ad essere legata ai processi di consapevolezza, alle emozioni ed alle facoltà relazionali ed empatiche,  è significativamente coinvolta nei processi legati alla meditazione (2). È stato inoltre dimostrato che lo spessore della corteccia cerebrale del lobo insulare è significativamente aumentato in persone esperte in meditazione e che ha un ruolo fondamentale in tale pratica (3).

Mantra e medicina integrata: uno studio su pazienti con tumore al seno

Un altro importante effetto dell’ascolto della recitazione del Gāyatrī Mantra è stato recentemente documentato in uno studio clinico randomizzato su pazienti con tumore al seno che dovevano ricevere una chemioterapia neoadiuvante. Nel gruppo che è stato sottoposto all’ascolto durante la terapia è stata riscontrata una percentuale significativamente più alta di risposta positiva, con anche un migliore risultato terapeutico finale in termini di riduzione della massa tumorale. Inoltre lo stesso gruppo ha mostrato un significativo miglioramento dello stato di ansia e depressione, e quindi della qualità di vita,  secondo il punteggio della scala HAD (Hospital Anxiety and Depression score) (4).

Questi ultimi risultati ottenuti dal puro e semplice ascolto della recitazione di un Mantra  offrono una prospettiva diversa dalle ipotesi che ritengono l’effetto rilevato sul sistema nervoso sia dovuto solo all’atto della ripetizione verbale continua che deattiverebbe alcune aree cerebrali risultando in uno stato di rilassamento psicofisico (5).

Un’influenza vibrazionale dei suoni specifici è intuibile anche dai risultati degli studi elettroencefalografici prima riportati, la diversa attivazione fatta rilevare dai Mantra OM e Gāyatrī rispettivamente delle onde Gamma e Theta, suggerisce un’influenza vibrazionale specifica piuttosto che un’azione generica. I dati relativi all’effetto dell’ascolto della recitazione anche se tradizionalmente considerati meno efficaci della recitazione vera e propria, propongono un meccanismo d’azione che esula dalla soggettività e si riflette sulla totalità del reale.

Note

Thomas IS, Rao S “Effect of Gayatri Mantra Meditation on Meditation Naive Subjects: an EEG and fMRI Pilot Study” The International Journal of Indian Psychology 3(2), No.7: 14-18, 2016
Luders et al. “The unique brain anatomy of meditation practitioners: alterations in cortical gyrification” Front. Hum. Neurosci. Vol 6 (34): 1-9, 2016
Lazar et al. “Meditation experience is associated with increased cortical thickness” Neuroreport. 28; 16(17): 1893–1897, 2005
 Mandeep Kaur et al. “Effect of vedic hymns on response to neoadjuvant chemotherapy in breast cancer: A randomized clinical study” J Cancer Sci Ther, 8:8 (Suppl) ), 2016
 Berkovich-Ohana A et al. “Repetitive speech elicits widespread deactivation in the human cortex: the “Mantra” effect?” Brain and Behavior, doi: 10.1002/brb3.346 , 2015

Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea
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mercoledì 5 settembre 2018

L'etere nel XX secolo: da Todeschini a Reich




L'etere nel XX secolo: da Todeschini a Reich

Scienza e Fisica Quantistica

Due scienziati screditati e misconosciuti del Novecento, Todeschini e Reich, hanno dedicato la loro vita allo studio dell'etere e dell'energia che lo pervade e hanno elaborato interessanti teorie sulla bioenergia

Gabriele Muratori - 01/09/2018

Tratto da Noi Medici di Noi Stessi

Il XX secolo è stato un periodo molto difficile per chi credeva nell’esistenza dell’etere. Per queste persone l’emarginazione da ogni discussione e dibattito era quasi la regola, presso un mondo scientifico e accademico saldamente attaccato, dominato e infatuato dalla teoria della relatività, che ne esclude la presenza e che considera lo spazio come vuoto.

Destino volle che proprio un ingegnere italiano, Marco Todeschini, si opponesse con tutte le sue forze a questo conformismo e, con una serie di intuizioni, scoperte e invenzioni elaborasse una interessantissima e ancora attuale teoria sulla presenza dell’etere e sui suoi effetti in tutti i campi dell’esistente.

Todeschini per oltre trent’anni ricercò e individuò il principio unifenomenico, quel principio cioè unificatore della formazione di tutti i fenomeni, ponte di passaggio tra il mondo materiale e quello spirituale.

Fondamento per tutta questa conoscenza è, in contrapposizione alle tesi della relatività einsteiniana, la rivalutazione del concetto di “etere”, ovvero di quel fluido sottilissimo responsabile di ogni moto e fenomeno dell’universo, dal mondo atomico a quello cosmologico, con una influenza reciproca tra le realtà biologiche e psichiche.

L'etere secondo Todeschini

Nell’ambito della teoria della presenza dell’etere introdusse con assoluta novità una componente psichica e spirituale fino ad allora emarginata da tutti gli scienziati. Secondo Todeschini esiste una “intelligenza Universale” di natura puramente spirituale che, grazie alla presenza delle forze che mette in atto, trasforma lo spazio vuoto in uno spazio pieno a densità costante, proprio come un’altra sostanza materiale.

In poche parole, lo spazio privo di qualsiasi particella atomica o subatomica, sinonimo perciò di vuoto assoluto, per il fatto stesso di essere sede in ogni suo punto di “forze”, diventa inerte, assume una massa, una certa densità, al pari della materia; oppone per questo resistenza a corpi in movimento o induce riduzione di velocità in corpi già in movimento. In questo modo si comporta come spazio pieno.

Todeschini quindi ammette l’esistenza di uno spazio tridimensionale, fluido, denso e incompressibile, con una densità propria pari a 1/9x10 elevato alla ventesima potenza, inferiore a quella dell’acqua che è circa uguale a 1 kg/dm3.

Cercando, poi, il fondamento a un principio unificante, afferma che la meccanica con cui si verificano i fenomeni naturali nel microcosmo (corpo umano) è la stessa del macrocosmo (universo).

Nella sua opera principale dal titolo Spazio-biofisica e Psicodinamica, sostiene che l’esistenza dell’etere è la condizione indispensabile e per la formazione della materia, e per il sistema di percezione corporea attraverso l’attivazione degli organi di senso. Riassume egli stesso in modo molto sintetico il suo pensiero in questo brano: «Il mondo fisico è costituito solamente di spazio fluido inerziale, i cui movimenti rotanti costituiscono i sistemi atomici e astronomici che formano la materia».

Questo testo richiama il fatto che come si formano i sistemi stellari e galattici, cioè quelli di dimensione infinitamente grande, così si formano in sistemi atomici, infinitamente piccoli.

Reich e l'energia orgonica

Durante il XX secolo svolse la sua attività un altro scienziato molto interessante e controverso, che se vogliamo parlare di etere o forme di energie simili non possiamo trascurare. Si tratta di W. Reich, il quale attraverso i suoi studi giunse a scoperte molto interessanti anche se “non autorizzate”, come riporta Marco Pizzuti nel suo testo già citato.

Wilhelm Reich fu medico, psicoanalista, proveniente dalla grande e famosa scuola di Vienna fondata da Sigmund Freud. A differenza  di molti suoi colleghi si impegnò anche in attività politiche e sociali.

Non si fermò qui: si interessò pure di fenomeni fisici e biologici e la scoperta dell’energia orgonica, che presenta caratteristiche molto simili all’etere tanto che si può identificare con esso, fa parte di questo suo interesse.

Lasciò in eredità una serie di invenzioni e sistemi terapeutici di grande valore e attualità, che ancora oggi vengono apprezzati e utilizzati soprattutto nei campi della psicoanalisi, della medicina e della meteorologia.

Grazie al fatto che non è assolutamente costoso procurarsi, fabbricarsi e adattare alle proprie esigenze gli strumenti che egli stesso ha inventato, numerosi estimatori della sua opera e liberi ricercatori hanno potuto riprodurre con una certa facilità i suoi esperimenti e metodi di cura. Questa materia è completamente libera da brevetti o diritti d’autore.

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Noi, Medici di Noi Stessi
Medicina tradizionale ed energia orgonica per ritrovare la salute
Gabriele Muratori

martedì 4 settembre 2018

La musica delle cellule




La musica delle cellule: intervista a Carlo Ventura

Medicina Quantistica e Bioenergetica

È possibile riprogrammare le cellule e indurle all'autoguarigione utilizzando il suono, le vibrazioni e i campi elettromagnetici?
Ne parliamo con il professor Carlo Ventura, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna, Specialista in Cardiologia e dottore di Ricerca in Biochimica, che sta compiendo nuovi e avanguardistici studi su questo tema

Valerio Pignatta - 30/08/2018

Valerio Pignatta - I suoi studi portano alla conclusione che qualsiasi cellula può essere ridifferenziata, ossia indotta, diciamo, a dimenticare la sua precedente condizione, e quindi a essere riprogrammata per la salute e l'efficienza biologica. Questa possibilità apre scenari molto complessi e pieni di speranza. Come è stato possibile?

Carlo Ventura - Utilizzando campi magnetici opportunamente convogliati ci siamo resi conto che era possibile far acquisire a cellule staminali umane adulte (ottenute per esempio da tessuto adiposo) caratteristiche simil-embrionali, cosa che le ha rese in grado di orientarsi verso destini complessi, quali quello cardiaco, neuronale, muscolare, scheletrico. Sempre utilizzando queste energie fisiche siamo addirittura riusciti a orientare verso gli stessi destini cellule somatiche umane adulte non-staminali, quali i fibroblasti della pelle. Stiamo attualmente cercando di verificare se queste strategie possano essere applicate con successo per ripristinare elevate capacità differenziative in cellule staminali o somatiche umane adulte esposte a condizioni patologiche, ad esempio coltivate in una situazione di ipossia capace di mimare un contesto di danno tissutale.
Tutto questo è stato possibile perché le cellule (incluse le cellule staminali), producono esse stesse campi magnetici e vibrano di continuo con frequenze di oscillazione meccanica che possono cadere sia in un range udibile che subsonico. Queste caratteristiche cellulari sono anche alla base della capacità delle cellule di rispondere a tali stimoli fisici. Certo bisogna capire a quali profili di onde elettromagnetiche o vibrazioni meccaniche esse siano sensibili, anche in relazione al risultato differenziativo che si vuole ottenere. Questo non è facile e richiede esperimenti spesso complessi e di lunga durata.

Valerio Pignatta - La possibilità di induzione della riparazione cellulare ha delle implicazioni enormi nell'ambito dell'oncologia, ma anche in quello cardiologico. Ricordiamo che le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte nel nostro paese e non solo. Lei sta lavorando molto su questo aspetto. Che prospettive ci sono secondo i suoi studi? La trasfusione di cellule staminali nelle parti malate di un cuore infartuato a cosa viene associata e che risultati può dare?

Carlo Ventura - Finora la trasfusione di cellule staminali umane adulte di vario tipo, per lo più fatte moltiplicare (espanse) in vitro in coltura prima del trapianto, che di solito avviene per infusione coronarica, si è dimostrata una procedura sicura e priva di effetti collaterali. Purtroppo, i risultati in termini di efficacia nel trattamento delle forme gravi di insufficienza cardiaca non sono stati per lo più all’altezza delle aspettative, con riprese della contrattilità cardiaca modeste, o addirittura inconsistenti o transitorie nel tempo, a seconda dei vari studi. Noi crediamo che, in base al potere diffusivo delle energie fisiche che utilizziamo per riprogrammare le cellule staminali (finora in vitro) sia possibile raggiungere le staminali dove queste si trovano, di fatto in ogni tessuto del corpo umano, senza dover necessariamente ricorrere a un trapianto di cellule esogene, ma piuttosto riattivando la capacità delle cellule staminali tessuto-residenti di innescare un percorso di autoguarigione. Questa possibilità è sicuramente molto attraente per le implicazioni che potrebbe avere nelle malattie del cuore e cardiovascolari in genere, dal momento che anche il cuore, come ogni tessuto, ha le sue cellule staminali residenti. Stiamo lavorando in questo campo, e stiamo attualmente passando dagli studi in vitro a quelli su modelli animali di infarto miocardico, prima di poter procedere agli studi sull’uomo. Questi di per sé non sarebbero problematici date le basse energie in gioco, sia a livello dei campi elettromagnetici sia delle vibrazioni meccaniche utilizzate. Per quanto riguarda il campo oncologico, stiamo lavorando su cellule staminali tumorali, di fatto ritenute all’origine del processo metastatico tumorale, che spesso segna una tappa di non-ritorno in molti pazienti. La nostra speranza è di poter utilizzare le nostre strategie per riprogrammare anche queste cellule, facendole ri-diventare staminali non-patologiche, ossia capaci di riparare anziché distruggere e invadere i tessuti del corpo umano.

Valerio Pignatta - Il trapianto di cellule staminali tra specie diverse comporta delle problematiche?

Carlo Ventura - Di solito il trapianto di organi e tessuti tra specie diverse è associato a forme di rigetto di varia entità. In ambito clinico, il rigetto associato a trapianto allogenico (donatore diverso dal ricevente) di cellule, tessuti e organi richiede l’uso di immunosoppressori a vita. Una popolazione di cellule staminali, le cellule staminali mesenchimali, presenti in molti organi e tessuti, tra cui il midollo osseo, il grasso, la placenta a termine, la polpa dentaria, la parete del cordone ombelicale, ha mostrato una capacità immunomodulante, o tollerogenica. In pratica queste cellule riescono a farsi percepire dal ricevente come se fossero sue proprie, pur provenendo da un donatore altro. Questa caratteristica apre prospettive di notevole entità perché se si confermasse l’assenza o la scarsità del rigetto a seguito del trapianto di staminali mesenchimali, ad esempio di derivazione placentare, sarebbe possibile ipotizzare nel futuro una disponibilità di tali cellule per una medicina rigenerativa pensata su vasta scala e non più necessariamente personalizzata come accade oggi a seguito del trapianto autologo delle proprie cellule staminali.

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lunedì 3 settembre 2018

L'energia che cura: scopriamo la pranoterapia




L'energia che cura: scopriamo la pranoterapia

Medicina Non Convenzionale      

Parliamo di energie sottili e discipline energetiche che possono integrarsi alla medicina tradizionale per migliorare il benessere e la qualità della vita di molte persone

Carmen Di Muro - 27/08/2018

Da quando le discipline psicologiche, sociologiche e fisiche hanno cominciato ad interessarsi al tema della malattia come fatto non esclusivamente fisiologico, da quando gli studi di F. A. Popp ci hanno permesso di capire come ogni essere vivente emetta costantemente una radiazione ultra debole chiamata biofotone, e da quando la medicina quantistica ha documentato che l’essere umano è governato da una fittissima rete di segnali elettromagnetici che fanno dialogare tutte le cellule, il complesso fenomeno della salute è divenuto sempre più condivisibile interdisciplinarmente aprendo gli scenari verso un nuovo approccio integrato di fare medicina, in cui nessuna branca esclude l’atra, ma al contrario l’arricchisce potenziandone i benefici.

In questa prospettiva maggiormente estesa in cui la ricerca di frontiera ha fatto passi da gigante sull’impalpabile mondo della coscienza, le “discipline energetiche” o “pratiche del benessere”, così come le cosiddette medicine altre, acquistano un nuovo statuto culturale che vede al centro l’uomo nella sua multidimensionalità di anima, mente, spirito e ambiente. Tra corpi ed universo non esiste dualità, ma un unico infinito campo di risonanza che li unisce. È questo a gestire le funzioni più alte della mente, nonché la fonte delle informazioni che governano la crescita degli organismi. È il nostro cervello, il nostro cuore, la nostra memoria e, al contempo, l’impronta genetica del mondo in tutta la sua storia.

Tutto ciò sta pian piano conducendo sull’orlo di una rivoluzione, profonda e coraggiosa, e le più recenti acquisizioni scientifiche relative alla psiconeuroimmunologia, all’epigenetica, come pure ai fenomeni quantistici non-locali nei sistemi viventi offrono le premesse per una possibile chiave esplicativa dei processi che regolano la cura e il miglioramento, in termini di benessere, attraverso chi opera utilizzando l’energia. Ne è esempio Nelli Giorgio, consulente energetico e pranoterapeuta che con grande amore ha messo le sue doti al servizio delle persone. E seppure la strada verso la scoperta delle leggi sottili che animano l’esistenza è ancora lunga, la sua esperienza e le sue osservazioni, non possono far altro che aprire nuovi orizzonti e dialoghi maggiormente integrati tra scienza, coscienza ed etica della salute.

Nelli lei è un consulente energetico. Potrebbe spiegarci meglio di cosa si occupa e cosa si intende con questo termine?

Il consulente energetico è un esperto di discipline energetiche e dei tipi di tecniche che possono essere usate per aumentare il benessere personale che includono una serie di pratiche che vanno dal reiki, al karuna reiki, al theta healing, al pranic healing, alla pranoterapia, al trattamento dei corpi astrali, all’aura, ai chakra, agli ambienti e al come informatizzarli e caricarli. Io mi occupo di questo, infatti tutto ciò che energia è il mio settore, svolgendo questa particolare professione presso il mio studio privato di Milano e di Treviso, nonché collaborando con l’EFP group, il Centro di Terapie Integrate della dott.ssa Poli e con vari primari dell’Istituito Clinico Zucchi e del Policlinico di Milano, come pure con professionisti sanitari tra cui psicoterapeuti, osteopati, ortopedici e ginecologi.

Come ha scoperto di avere queste doti e come si è indirizzato verso la conoscenza e l’utilizzo di queste pratiche?

Ho studiato molto, nonostante nascessi come perito metalmeccanico e avessi lavorato a lungo nel settore tecnologico occupandomi di programmazione analogica basata sulla trigonometria. All’età di 33 anni emerse improvvisamente questa mia sensibilità per cui sentivo profondamente il dolore negli altri. Infatti, tutte le volte che avevo davanti una persona capivo cosa gli faceva male e lo sentivo su di me. Da lì, dopo una lunga ricerca interiore, ho deciso di indagare sottoponendomi alla misurazione del mio stato energetico attraverso una strumentazione basata sulla digitoscopia superando il valore massimo di 24 con un valore supernormale di 30 e la fotografia Kirlian. Decisi così di accrescere questa mia naturale predisposizione, frequentando la A.MI. University, la scuola di pranoterapia a cui sono iscritto nel relativo albo da 15 anni, ulteriori corsi di specializzazione e approfondendo, altresì, lo studio di discipline come anatomia, medicina, ortopedia e tutto ciò che potesse arricchire la mia conoscenza, collaborando attivamente con la dott.ssa Rosi Coerezza, medico esperto in Terapie Naturali, che da allora mi orienta per la parte prettamente medica. Non faccio diagnosi né prescrivo farmaci, ma mi limito a supportare la persona, integrando queste “pratiche di benessere” ai processi di cura medica in atto.  

Tra le varie tecniche del benessere lei utilizza una specifica metodologia?

Opero utilizzando diverse tecniche che possano favorire e migliorare il benessere, in base a ciò che reputo in linea con l’unicità del cliente e con la diagnosi o il problema con cui mi arriva. Posso utilizzare, per esempio, la pranoterapia, ossia passando le mani sulla persona dove si avverte la variazione di energia lavoro in scarico e in carico, ma non solo. Di solito, quando ho davanti qualcuno che ha un disturbo, punto a riportarlo in equilibrio reinformando la sua coscienza in modo tale che si riorienti in un contesto che gli appartiene. Quando la coscienza viene reinformata viene portata al suo equilibrio naturale e automaticamente ciò si riflette nell’ambiente in cui vive facilitando il benessere psico-fisico su più livelli.

Quali sono gli effetti principali di queste pratiche sull’organismo? Ci sono disturbi in cui sortiscono maggiori risultati?

È molto soggettivo e dipende dalla persona. Cistiti, e infiammazioni a livello intestinale come colon irritabile, gastrite, ernia iatale, ossia tutto ciò che è gastroenterico ha un ottimo risultato in termini di benessere personale. Anche sulle ossa, sulle ernie, sulle protrusioni, sulla rottura dei legamenti è stata accertata un miglioramento nella velocità di cicatrizzazione, evidenziabile attraverso successivi esami clinici di riscontro rispetto alla situazione di partenza.

Nel corso della sua lunga esperienza ha notato che migliorano più quelli che credono o quelli che non credono?

Quelli che credono hanno i maggiori risultati in termini di incremento del benessere psico-fisico e in questo l’amore è fondamento. Di tecniche ce ne son tante ed io ne ho studiate altrettante, ma se non si è allineati all’amore e alla verità non si può niente. Questa è la base. Perché è proprio l’autenticità che permette di manifestare l’energia migliore necessaria per la salute. 

Biopranoterapia
Teoria, pratica e metodologia terapeutica
Gabriele Laguzzi