La Serie di Fibonacci nei dipinti di Leonardo Da Vinci
Un'interessante “rilettura” della Successione del
matematico Leonardo Fibonacci attraverso la musica e i dipinti di Leonardo Da
Vinci
di Emanuele Cangini - 27/11/2015
Cosa collega Leonardo da Vinci, Leonardo Fibonacci e
l’opera di Riccardo Magnani intitolata La missione segreta di Leonardo da
Vinci? Come possono personaggi ed elaborati così lontani nella progressione
storica essere al contempo così vicini? No, non lasciatevi ingannare; il comun
denominatore non risiede nel nome del genio vinciano. La musica, questa la
risposta.
Quella stessa musica espressione più sublime di armonia
nelle partiture dei grandi compositori, rinascimentali e non, trova esatta
adiacenza nelle opere figurative del genio fiorentino, abilmente presentate nel
libro di Magnani, e perfetta concordanza con quanto stabilito dalla Successione
di Leonardo Fibonacci. «La serie nella quale ciascun numero intero positivo
equivale alla somma dei due che lo precedono»: questa la definizione della
Successione di Fibonacci, abbastanza esplicita da non lasciare alcun dubbio
anche in chi, con la matematica, da sempre ha avuto un rapporto tendenzialmente
conflittuale. Facendo un piccolo inciso, è interessante notare quanto il
rapporto sequenziale tra due numeri, consecutivi nella serie, assuma un valore
che si approssima in maniera sempre più rapida, nella progressione, al numero 1,618,
meglio conosciuto come Sezione aurea (Φ).
Dipinti come metafora del pentagramma musicale
Musica, quindi, regolata nelle proprie metriche dalla
Successione di Fibonacci, a sua volta intimamente collegata al concetto di
Sezione aurea: escalation perfetta, simmetrica per certi aspetti, che tende a
raggiungere il proprio picco di singolarità nella comparazione con taluni
dipinti leonardeschi, nei quali si celano, a detta del Magnani, importanti
indizi di messaggi sapienziali. Nella Madonna di Dreyfus (1469, National
Gallery of Art) la beata Vergine dispone le dita della mano sinistra secondo
una particolare conformazione, mentre con il braccio destro cinge il figliolo
redentore; stessa cosa dicasi nella Vergine delle Rocce (1483, Musée du Louvre)
e nella Maddalena Penitente (Tiziano Vecellio, 1531, Galleria palatina Palazzo
Pitti), tutte raffigurazioni pittoriche nelle quali sono ravvisabili, nei
soggetti ritratti, posizioni delle dita che, se non certo anomale, senza dubbio
non sfuggirebbero nella loro eccentricità a eventuali sguardi scrutatori.
Ebbene, questi posizionamenti peculiari delle dita, altro
non sono se non la rappresentazione di precisi accordi musicali, accordi che
rimandano ai concetti di Androgino, di sposalizio alchemico, Hybris, musica
delle sfere, tutti richiami all’antica condizione di beatitudine primigenia
della quale l’uomo disponeva, prima della simbolica “cacciata dal Paradiso”.
Percorso pittorico che diventa percorso musicale che diventa, a sua volta,
percorso matematico, in un susseguirsi di fasi solo in apparenza scollegate tra
loro.
Come nelle arti del Trivio e del Quadrivio, anche in
questo caso possiamo notare un ritorno alla fusione, una sorta di involuzione
della sfera sapienziale, un filo conduttore che rimanda a una visione unitaria
della conoscenza: non più paratie stagne tra settori, ma vasi comunicanti di
una stessa sostanza. Lo scibile deve ritornare qual era, una summa intesa non
solamente come addizione aritmetica di addendi o semplicemente come sommatoria
di singoli fattori isolati, ma ben più nobilmente tornare ad assurgere al ruolo
che da sempre gli compete, quale quello di collante di tutte le discipline di
studio tra loro coordinate e interfacciate.
La cultura è un concetto non necessariamente comparabile
alla conoscenza, spesso però maldestramente confuse: la cultura non sempre
implica conoscenza, la conoscenza, dal canto suo, sempre implica cultura. In
questa precisa ottica trasversale vanno collocati i princìpi espressi sia dalla
matematica fibonacciana che dai dipinti leonardeschi: l’armonia, la
proporzione, in natura seguono certe metriche, certe leggi ben delineate.
Principio del bello che trova riscontro tanto nella dimensione poetica quanto in
quella pittorico-architettonica. Il divenire della progressione di Fibonacci si
tramuta, trasfigurandosi, nell’esperienza dell’avvicinamento sempre più
prossimo, ma mai raggiunto, alla perfezione, richiamando a sé quei valori
antichi, ma sempre molto attuali, di ricerca del simmetrico. Musica, quindi,
come inchiesta sul bello, come tensione verso una perfezione che può solo
essere pensata ma mai esperita.
Matematica, musica e arte: sentieri paralleli verso la
vetta della conoscenza
“Tutto scorre”, sosteneva Eraclito nel suo filosofare
ispirato dall’acqua e votato al divenire, senza dubbio contrapposto al tema
della filosofia permanente dell’essere di Parmenide: correnti divergenti pur
egualmente ispirate dalla ricerca della causa mundi. Come la Sezione aurea
rappresenta geometricamente il particolare rapporto tra segmenti di una
semiretta, allo stesso modo la Serie di Fibonacci indica una particolare
progressione numerica nella quale i rapporti tra i numeri assumono un valore
singolare; identicamente, la Musica delle sfere celesti rispetta questa stessa
legge che altrettanto riscontriamo nelle corrispondenze strutturali della
Grande piramide di Giza, per esempio. La pietra filosofale tanto cara agli
alchimisti, può essere forse ravvisata proprio in tali ordini: ecco perciò il
leonardiano Uomo vitruviano, nel quale le proporzioni delle parti corporee
soggiacciono a ben precise leggi regolatrici. Come Penelope tesseva la tela per
poi disfarne l’ordito la notte, stessa cosa pare accadere all’incedere della conoscenza:
far progressi per poi, di tutto punto, dimenticarne le trame senza però
abbandonarne il fuso. Chissà che proprio in questo risieda l’ironia del
creatore, chissà che nei giorni da qui a venire non si possa, finalmente,
mutare il nostro paradigma iniziale da un «lasciate ogni speranza voi
ch’intrate» a un più lieto «…e uscimmo a riveder le stelle».
Keith Devlin
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L'Avventurosa scoperta che cambiò la storia della
matematica