mercoledì 29 gennaio 2020

Il DNA impara



Il DNA impara

intervista a Ernesto Di Mauro

Medicina Integrata


I nostri comportamenti modificano l’espressione del nostro DNA e di quello dei nostri figli: quando potremmo tramandare la felicità per via genetica?

Romina Alessandri - 29/01/2020

Pensiamo al DNA come al manuale delle istruzioni di funzionamento dell’essere umano. Frutto di milioni di anni di evoluzione, questo libretto di istruzioni è però una sorta di ipertesto che può essere letto in vari modi: possiamo iniziare la lettura dal secondo paragrafo, decidere di cliccare su un link piuttosto che su un altro, o di non cliccarne nessuno. E qui entra in gioco l’epigenetica che è il modo in cui il nostro DNA si esprime – attraverso specifici meccanismi come la metilazione, la fosforilazione, l’acetilazione ecc. – in risposta a determinati stimoli ambientali e comportamentali. La regolazione epigenetica è la “complessità e il controllo della complessità” – come scrive Ernesto Di Mauro, che è stato professore di Biologia Molecolare all’Università “La Sapienza” di Roma, ora vice-presidente della Accademia Europea Interdisciplinare delle Scienze, e autore del libro Epigenetica. Il DNA che impara: lo abbiamo sentito al telefono per capire fino a che punto possiamo agire consapevolmente sulla nostra biologia e quali le ripercussioni etiche delle possibili future scoperte in campo epigenetico.

SC - Ho letto il suo libro dal titolo Epigenetica: il DNA che impara e una delle primissime frasi che mi ha molto colpito è quella in cui scrive che noi, esseri umani, «siamo informazione, siamo accumulo di energia, organizzazione che si contrappone all’entropia». Ci vuole spiegare meglio questo passaggio?

Ernesto Di Mauro - Qui i concetti da illustrare sono due. Il primo è che l’informazione, per definizione, è energia. La scienza dell’informazione è basata sul lavoro di Shannon – padre della teoria dell’informazione su cui si è sviluppato lo studio e la progettazione dei sistemi informatici – in cui si dimostra questo concetto. In modo esemplificativo, applicandolo alla genetica, si può dire che io sono l’informazione che viene da mio padre e da mia madre, la quale viene dall’informazione dei loro genitori e così via, fino all’origine del sistema vivente. Per cui, l’informazione è l’accumulo di tutta l’energia che è stata necessaria per sviluppare il DNA, che a mano a mano si è evoluto.

L’entropia è il concetto opposto, l’altra faccia della medaglia: è la dispersione di energia, è l’equilibrio finale in cui tutto è uguale, in cui non c’è più differenza, non c’è più informazione.

Io, quindi, sono null’altro che l’informazione che è stata elaborata in precedenza e che ha richiesto energia – sempre usata per adattarsi all’ambiente –, per replicarsi, per riprodursi e, alla fine, c’è un essere vivente definito, che ha richiesto quell’energia.

Dal punto di vista formale, l’informazione è quindi energia, anche se a tal proposito occorre fare un chiarimento. L’informazione, di per sé, non è un’entità fisica, cioè non c’è un’unità di misura per l’informazione. I fisici tendono pertanto a sostenere che l’informazione stessa non sia, in sé, energia. Il problema però è che in effetti, per sviluppare qualcosa, serve l’energia del sistema. Non sono concetti ovvi e semplicissimi; per fare un esempio possiamo paragonare energia e informazione a hardware e software: per fare una macchina è necessaria energia per costruirne i componenti, ma il suo funzionamento seguita a richiedere energia. C’è l’energia per costruire una televisione, ma c’è anche l’energia per farla funzionare. C’è l’energia per fare un corpo, ma c’è anche l’energia per definire le informazioni che fanno funzionare quel corpo.

Nel caso dell’essere umano, l’informazione è il suo DNA, la sua genetica.

SC - Sempre nel sopra citato libro lei scrive che per tanto tempo si è voluto separare «il corpo dall’anima, la mente dal cervello, il genotipo dal fenotipo». Allo stesso modo, attualmente, spesso si sente contrapporre la genetica all’epigenetica: si tratta di due ambiti di studio separati, in contrasto, o piuttosto due facce della stessa medaglia? Approdando all’epigenetica si rinnega la genetica?

Ernesto Di Mauro - Genetica ed epigenetica sono sostanzialmente la stessa materia di studio. C’è un DNA che è l’informazione scritta sui componenti A, T, C e G, ma è tutto l’insieme delle modificazioni di questi componenti il nucleo del sistema. La genetica è l’informazione contenuta nel DNA e l’epigenetica è l’uso che se ne fa. I due concetti non sono separabili...

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Scienza e Conoscenza n.71 - Gennaio/Marzo 2020 - Rivista Cartacea — Rivista >> http://bit.ly/38ofSnq
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martedì 28 gennaio 2020

Perche' una terapia antiacida nei tumori e' efficace?



Perche' una terapia antiacida nei tumori e' efficace?

Medicina Integrata


Gli inibitori di pompa protonica sono farmaci banali dal potente effetto antitumorale: perché non sono ancora nei protocolli?

Stefano Fais - 24/01/2020

Il nostro gruppo di ricerca è stato il primo al mondo a lavorare sull’ipotesi che un’inibizione delle pompe protoniche potesse sia migliorare l’effetto delle terapie esistenti sia avere, di per sé, un effetto antitumorale. Abbiamo, quindi, inizialmente dimostrato che gli inibitori di pompa protonica (PPI), comunemente usati nel mondo come potenti antiacidi (omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo), erano in grado di rendere le cellule cancerogene e i tumori sensibili all’azione dei chemioterapici, anche a dosi sub-ottimali.

Ma questa scoperta non poteva certo completamente soddisfare la mia curiosità. Quello che mi stimolava di più era il rendermi conto che le pompe protoniche erano forse uno dei più importanti stratagemmi che le cellule tumorali usavano per rimanere vive e vegete in un ambiente estremamente tossico. Infatti, le pompe protoniche – agendo sia stipando H+ nelle vescicole interne alle cellule, sia eliminandoli esternamente – impediscono l’acidificazione interna delle cellule tumorali. Esperimenti successivi ci hanno dimostrato che trattando cellule tumorali umane e tumori di vario tipo con soli PPI si induceva una vera e propria morte cellulare, la quale innescava meccanismi interni solo in parte conosciuti.

La conclusione era semplice: la cellula tumorale non sopravvive in un microambiente molto ostile perché metabolizza, ovvero utilizza, le sostanze presenti nell’ambiente, ma perché fa in modo che esse non penetrino internamente. Un meccanismo chiave a questo fine sono le pompe protoniche; inibendole la cellula tumorale si trova totalmente disarmata e muore avvelenata di quello che lei stessa normalmente produce. Quindi, si può ottenere un effetto antitumorale potentissimo con dei farmaci che sono praticamente privi di effetti collaterali e che portano a tale effetto con un meccanismo che nessuno dei farmaci attualmente in uso nella terapia dei tumori utilizza, cioè l’inibizione di una funzione, probabilmente ancestrale, che semplicemente impedisce alle sostanze tossiche di intossicare i tumori.

Un nuovo paradigma della terapia tumorale

Gli inibitori di pompa protonica sono dei generici, che quindi comporterebbero dei costi ridottissimi e un’accessibilità alle cure in tutto il mondo, compresi i Paesi economicamente depressi. I PPI inoltre funzionano nei confronti di tutti i tumori, perché l’acidità extracellulare e l’iperattività delle pompe protoniche sono comuni a tutti i tumori.

Riflettere su questo porta a concludere che, molto semplicemente, l’acidità tumorale rappresenta un aspetto chiave della malignità comune a tutti i tumori, e che l’idea di usare la terapia antiacida (da sola o in combinazione con altri farmaci) nelle nuove strategie terapeutiche contro i tumori potrebbe contribuire a rendere i tumori delle malattie curabili, non da ultimo riducendo drasticamente gli effetti collaterali delle terapie in uso. I risultati del mio gruppo – insieme a quelli ancora più recenti di altri gruppi nel mondo – propongono per il futuro un nuovo paradigma della terapia tumorale: quello di privare i tumori dei meccanismi che consentono loro di sopravvivere nell’ambiente ostile da loro stessi creato e mantenuto.

A cominciare dalle pompe protoniche. Ma molti altri “scambiatori di protoni o di ioni” sono coinvolti nell’omeostasi delle cellule cancerogene, e l’inibizione di queste molecole conduce sempre a potenti effetti antitumorali.

A sostegno di quanto detto ho avuto il privilegio di partecipare a tre studi clinici in pazienti umani e a due studi effettuati in animali da compagnia affetti da tumore. Questi studi non avevano alcuna possibilità di essere proposti come trattamenti in prima linea di pazienti affetti da tumori alla prima diagnosi. Le terapie oncologiche sono basate su rigide linee guida che nessun oncologo del mondo potrà non seguire.

Quindi erano basati sulla possibilità di indurre o aumentare tramite PPI l’efficacia dei tradizionali chemioterapici. I risultati già pubblicati hanno tutti dimostrato una chiara capacità dei PPI nell’aumentare l’efficacia di una vasta gamma di chemioterapici di uso comune.

Il mio auspicio è ovviamente che i PPI possano entrare integralmente nella terapia dei tumori e che contribuiscano a consolidare una nuova visione nella gestione dei pazienti oncologici, basata non su un attacco massivo ed estremamente aggressivo nei confronti del cancro – che troppo spesso mina alle radici le enormi potenzialità del nostro corpo di reagire alla malattia – ma a una rivisitazione moderna e integrata del concetto di cura...

Stefano Fais

Stefano Fais si è laureato in Medicina e Chirurgia nel 1981. Per circa 15 anni ha condiviso l’attività di medico con l’attività di ricerca e nel 1994 ha deciso di dedicarsi completamente ad essa. È attualmente Direttore di Ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità. È autore di più di 200 fra lavori scientifici, monografie e libri ed è inventore di 10 brevetti.

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Scienza e Conoscenza n.70 - Ottobre/Dicembre 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2BASRPZ
Nuove scienze, Medicina Integrata
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lunedì 27 gennaio 2020

Tumore, acidita' e inibitori di pompa protonica



Tumore, acidita' e inibitori di pompa protonica

Cancro: le cure alternative


Gli inibitori di pompa protonica comunemente in uso nel mondo come potenti anti-acidi (PPI) sono in grado di rendere le cellule cancerogene e i tumori sensibili all’azione dei chemioterapici, rendono quindi i farmaci antitumorali più efficaci e hanno di per sé un effetto antitumorale

Stefano Fais - 22/01/2020

Un fenomeno di grande importanza nella terapia dei tumori è la capacità delle cellule tumorali di resistere all’azione di una grande varietà di agenti anticancerogeni, e l’acidità tumorale, specialmente nei tumori solidi, ha un ruolo chiave. Il meccanismo secondo cui l’acidità tumorale riduce l’effetto dei farmaci antitumorali (che sono fondamentalmente tutti dei terribili veleni cellulari) è basato sul fatto che la maggior parte di questi composti sono “basi deboli” (chimicamente parlando). Quindi se si trovano in un ambiente ricco di H+, cioè acido, vengono immediatamente protonati e neutralizzati all’esterno delle cellule tumorali: in poche parole i farmaci vengono bloccati nell’ambiente extracellulare e non entrano nella cellula tumorale. Anche le poche molecole che riescono a entrare, probabilmente mediante una sorta di effetto auto tamponante, sono inglobate dalle vescicole intracellulari acide, che le neutralizzano e/o le eliminano mediante rilascio extracellulare di tali vescicole.

Il nostro gruppo è stato il primo al mondo a lavorare sull’ipotesi che una inibizione delle pompe protoniche potesse sia migliorare l’effetto delle terapie esistenti, sia di per sé avere un effetto anti-tumorale. Abbiamo quindi inizialmente dimostrato che inibitori di pompa protonica comunemente in uso nel mondo come potenti anti-acidi (PPI) erano in grado di rendere le cellule cancerogene e i tumori sensibili all’azione dei chemioterapici, anche a dosi sub-ottimali. I dati pre-clinici hanno portato al coordinamento di una serie di studi clinici in pazienti con diversi tipi di cancro e con risultati veramente incoraggianti. Inoltre tali dati sono stati supportati da studi clinici in animali da compagnia affetti con tumori spontanei.

Comunque, l’ipotesi più stimolante e originale era quella di privare, tramite utilizzo di PPI, le cellule cancerogene delle condizioni per loro essenziali alla sopravvivenza. Questo allo scopo di indurre una sorta di suicidio nelle cellule mediante l’acidificazione intracellulare e la conseguente attivazione di enzimi litici, in grado di indurre una rapida e inesorabile morte cellulare. Gli esperimenti condotti in questa direzione hanno tutti mostrato che i PPI (farmaci come omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo, già usati per le gastriti), sono estremamente tossici per diverse cellule tumorali umane. I dati da noi ottenuti sono in grande accordo con quanto dimostrato da altri colleghi che utilizzano molecole in grado di inibire altri scambiatori di protoni e ioni come le anidrasi carboniche (1), i symporter come NHE1 (2), e i trasportatori delle monocarbossilasi (3).

Note

(1) Un enzima presente nei globuli rossi del sangue, l'anidrasi carbonica, aiuta nella conversione dell'anidride carbonica ad acido carbonico e ioni bicarbonato.

(2) Un symporter è una proteina integrale della membrana che è coinvolta nel trasporto di molti tipi differenti di molecole attraverso la membrana cellulare. Il simporter lavora nella membrana plasmatica e le molecole vengono trasportate contemporaneamente attraverso la membrana cellulare ed è quindi un tipo di cotransportatore. NHE-1 è noto anche come scambiatore di sodio / idrogeno 1.

(3) Si tratta di proteine che catalizzano la diffusione del lattato attraverso le membrane cellulari.

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Stefano Fais

Tumori: terapia integrata e ricerca indipendente
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Scienza e Conoscenza n. 63 - Rivista >> https://goo.gl/ddGQ6U
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Autori Vari

Scienza e Conoscenza n.70 - Ottobre/Dicembre 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2BASRPZ
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mercoledì 22 gennaio 2020

Scienza e Conoscenza n.71



Scienza e Conoscenza n.71 

Gennaio/Marzo 2020

Nuove scienze, Medicina Integrata


Una delle grandi domande a cui è davvero difficile dare risposta è: “possiamo cambiare la nostra esistenza a nostro piacimento e condurla dove vogliamo?”.

In questo numero di «Scienza e Conoscenza» vi incoraggiamo a trovare la vostra personale risposta, attraverso le testimonianze e le riflessioni di chi fa ricerca quotidiana su questo fronte, passando dalla genetica all’epigenetica e dal DNA all’informazione energetica.

Scopriremo insieme quanto siano obsolete le idee secondo cui la nostra esistenza e la nostra salute sono solo una questione di geni (ovvero di DNA) e quanto invece tutto sia plasmato e modificabile da ogni singola esperienza che viviamo (epigenetica).

Ci stupiremo scoprendo gli affascinanti parallelismi tra epigenetica e Karma, in un articolo che mette in luce come le antiche tradizioni e conoscenze – in questo caso l’Ayurveda – contengono in nuce ciò che la scienza più all'avanguardia è in grado di spiegare oggi. Scopriremo anche che l’Ayurveda pone nella conoscenza profonda di sé stessi il presupposto e fondamento per la prevenzione delle malattie e per la salute duratura.

Le ricerche più avanzate in medicina integrata – che propongono anche un nuovo approccio alle malattie tumorali e degenerative – si occupano dell’uomo e non della malattia, considerano le nostre interazioni con l’ambiente fisico ed emozionale in cui viviamo come fondamentali per la nostra salute.

Mi auguro che, alla fine della lettura di questo illuminante numero di «Scienza e Conoscenza», ognuno acceda a una maggiore consapevolezza rispetto al "potere" di indirizzare la propria vita, non solo attraverso le azioni ma anche attraversi, le emozioni, la spiritualità e la consapevolezza di essere un insieme di materia (corpo) ed energia (spirito) inseparabili e interconnessi.

Inoltre, come già dal numero precedente, troverete un'importante sezione dedicata al Manifesto per una nuovo scienza a cui spero presterete grande attenzione, perché se la ricerca in medicina e la scienza non sono indipendenti e libere non potranno mai lare davvero i nostri interessi.

Buona lettura.

Romina Alessandri, Direttore Editoriale

Indice

EPIGENETICA

Epigenetica: l’Occidentalis Karma, di Antonio Morandi
Il DNA impara - Intervista a Ernesto Di Mauro a cura di Romina Alessandri

MEDICINA INTEGRATA

I tumori sono cannibali? di Stefano Fais
Il Glutatione protegge il tuo Genoma, di Pietro Buffa
Integratori: sì, no, quali? di Claudio Lombardo
5G tra rischi e salute, di Diego Tomassone
Il mio incontro con Wilhelm Reich, di Armando Vecchietti

MANIFESTO PER UNA NUOVA SCIENZA

Manifesto per una nuova Scienza, di Gioacchino Pagliaro
Cattiva scienza, eredità duratura, di Beata Bishop
L’essere umano è un organismo quantistico, di Rossella Mollo
Intelligenza artificiale e Medicina 4.0, di Antonio Del Sorbo
Nel nome dell’evidenza, di Franco Mastrodonato

FISICA E DINTORNI

All’inizio fu il Big One! - Intervista a Ignazio Licata a cura di Marianna Gualazzi
Il fermione di Majorana e i computer quantistici, di Antonella Ravizza

RUBRICHE

La medicina è una sola, Stefano Fais
Questione di cuore, Caldwell B. Esselstyn
Casi clinici, Ennio Masciello
Funghi di lunga vita, Stefania Cazzavillan
Psicologia quantistica, Carmen Di Muro

Scienza e Conoscenza n.71 - Gennaio/Marzo 2020 - Rivista Cartacea — Rivista >> http://bit.ly/38ofSnq
Nuove scienze, Medicina Integrata
Editore Macro Edizioni
Data pubblicazione         Gennaio 2020
Formato              Libro - Pag 96 - 19.5 x 26.5 cm
ISBN      8878694940
EAN       9788878694941

lunedì 13 gennaio 2020

Aloe Vera: la regina delle piante medicinali



Aloe Vera: la regina delle piante medicinali

Alimentazione e Salute


Quali sono le proprietà dell'estratto puro di aloe vera e come può essere utilizzato per risolvere piccoli e grandi disturbi, con ricetta per prepararlo in casa!

Alice Beringer - 12/01/2020

Al mondo esistono più di 250 tipi di Aloe. Di questi solo l’Aloe Vera (Aloe Barbadensis Miller), grazie alla sua composizione biochimica, possiede le migliori caratteristiche come pianta officinale. Già gli antichi Greci conoscevano numerose ricette per la sua applicazione e le nostre nonne la chiamavano semplicemente «la pianta del primo soccorso».

L’Aloe si può difatti considerare una piccola “farmacia” casalinga: il succo guarisce tagli e ustioni, protegge contro le punture di zanzara e le scottature solari, aiuta nella cura dell’acne oppure contro la caduta dei capelli ed è efficace contro i disturbi di stomaco, se si è mangiato troppo oppure troppo pesantemente.

L’Aloe è un rimedio miracoloso contro molti disturbi e malattie, che non produce effetti collaterali. I nostri antenati necessitavano dell’intera pianta per poter estrarre il succo curativo dalle sue foglie. Per fortuna noi possiamo comperarlo od ordinarlo in farmacia.

A seconda della malattia il succo è adatto per l’uso interno ed esterno allo stato puro, senza aggiunte chimiche.

Cosa contiene l'Aloe Vera

L’Aloe Vera Research Institute [L’Istituto di ricerca sull’Aloe Vera; N.d.T.] negli USA ha studiato, negli anni e in maniera approfondita, la composizione chimica della pianta.
Oltre alla vitamina A, C ed E essa contiene soprattutto un’alta percentuale di vari amminoacidi, così importanti per la formazione delle proteine e per il quadro proteico. Alcuni di loro devono essere somministrati attraverso l’alimentazione, anche se in parte vengono prodotti dal nostro organismo. A questo gruppo appartiene l’amminoacido lisina, che l’Aloe vera contiene in alta concentrazione, come anche l’arginina e la metionina.

Ecco di seguito di amminoacidi contenuti nell’Aloe Vera, così importanti per la nostra salute

Alanina
Arginina
Acido aspartico
Acido glutammico
Glicina
Istidina
Lisina
Metionina
Prolina
Serina
Tirosina

Anche la composizione minerale è interessante

Calcio 18,6 mg/l
Carbonato di potassio 31,4 mg/l
Ferro 44,0 mg/l
Manganese 4,5 mg/l
Magnesio 3,1 mg/l
Sodio 12,7 mg/l
Zinco 1,7 mg/l

L’Aloe contiene proprio quelle sostanze che si dimostrano essere importantissime per il buon funzionamento del sistema immunitario, in quanto lo rafforzano.

Aloe Vera per il rafforzamento del sistema immunitario e del corpo

Molto tempo prima dello sviluppo sintetico degli antibiotici era già noto l’effetto antibatterico dell’Aloe Vera che faceva di lei la pianta medicinale per eccellenza contro tutti i tipi di infiammazione. Questa conoscenza cadde in seguito nell’oblio.

Tutti i processi infiammatori, a partire dal foruncoletto alla nefrite, rappresentano la parte principale delle malattie nelle quali incorriamo abitualmente. Se si cura solo la sintomatologia, anziché intervenire sulla causa, anche queste malattie possono avere un decorso lungo e difficile. Nelle infiammazioni è perciò fondamentale rafforzare le funzioni fisiologiche dell’organismo, in modo da evitare conseguenze e danni di vasta portata.

L’Aloe si adatta egregiamente allo svolgimento di questo lavoro: nell’uso estemo funge da antibiotico, uccidendo i batteri; tramite l’assunzione orale rafforza il sistema immunitario del corpo.

Nel nostro corpo vi sono delle immunocellule alle quali compete la difesa contro sostanze estranee nel nostro organismo (antigeni), nonché l’eliminazione di cellule degenerate. Questo sistema di controllo così complicato è in grado di funzionare solo se le cellule di difesa sono veramente integre. Ogni squilibrio è subito avvertito, perché si diventa più predisposti a infezioni di tipo batterico o virale. Per fare un esempio: ammalarsi di influenza o di qualche disturbo intestinale sarà più facile. Soltanto quando la condizione enzimatica è perfetta, il nostro corpo può produrre abbastanza anticorpi, in quanto gli enzimi regolano la funzione cellulare.

È qui che si rivela l’efficacia dell’Aloe Vera. L’Aloe dà una mano alla regolare costruzione degli enzimi, mobilita la loro attività, rafforzando in questo modo il sistema immunitario. Ricordatevi che ogni farmaco sintetico provoca nel nostro organismo un’intossicazione più o meno grave, disturbando di conseguenza il quadro enzimatico. Ciò si manifesta con i cosiddetti effetti collaterali. L’Aloe viceversa non intossica in alcun modo l’organismo; al contrario, lo sostiene direttamente alle fondamenta della nostra salute e cioè nell’attività degli enzimi.

Curare la Cistite in modo naturale: con l'Aloe

A causa di un raffreddamento della vescica si possono insediare germi sulla sua mucosa e provocare un’infiammazione. A questa malattia sono esposte di più le donne rispetto agli uomini, perché i germi possono penetrare con maggiore facilità all’interno della vescica grazie all’uretere più corto. L’infiammazione si contraddistingue dalla forte pressione urinaria, accompagnata spesso da febbre. La malattia si dovrebbe risolvere entro due settimane.
Si consiglia, oltre a tenere ben coperto e al caldo il basso ventre, l’assunzione di 1 cucchiaino di succo d’Aloe per 3 volte al giorno, possibilmente diluito in acqua calda oppure nel tè.

Cosa si può curare con l'Aloe Vera?

Con l'Aloe Vera è possibile curare: abrasioni, acciacchi di vecchiaia, acne, acne rosacea, actinomicosi, alitosi, allergia alle fragole, alopecia, anemia, aritmia, arteriosclerosi, artrite urica (gotta), ascesso, ascesso delle ghiandole sudoripare, asma, carenza di acido gastrico, catarro del cavo orale, cateratta, cheratite, cistite, colesterolo, congiuntivite, cura della pelle, depurazione del sangue, dermomicosi, distonia neurovegetativa, disturbi del seno frontale, disturbi gastrici, disturbi mestruali, doppie punte, eczema, eczema da contatto, eczema seborroico, ematoma, emeralopia, emorroidi, eritema nodoso,erpes, ferite, ferite da taglio, foruncoli, gastrite, geloni, giradito, glicemia, infiammazione dell’ano, ipertensione, mal di denti, mastite, meteorismo, micosi del piede, neurodermatite, orticaria, orzaiolo, piaghe da decubito, psoriasi, rinite, afforzamento della funzionalità renale, rughe, scottatura solare, stipsi, tonsillite, ulcera duodenale, ustioni, vene varicose, vesciche.

Produrre in casa un'ottimo succo di Aloe: la ricetta

Nel caso in cui diffidiate dell’uso di prodotti d’Aloe già confezionati, ecco qui alcune indicazioni utili per la produzione del succo curativo a casa.

Procuratevi presso il vostro giardiniere una pianta d’Aloe Vera di almeno due anni. L’età ideale sarebbe di quattro anni.
La pianta dovrebbe essere collocata nel vostro appartamento in un posto soleggiato. Durante l’estate può stare sul balcone.
Al momento dell’utilizzo tagliate con un coltello ben affilato una delle foglie inferiori. Incidete la foglia sul suo lato inferiore e spremete il succo.
Il miglior modo di conservazione è nel vetro scuro (vetro bruno).
Il succo non utilizzato è da riporre in frigorifero, dove si conserva per alcune settimane.
Per l’applicazione di cataplasmi si utilizza la polpa della foglia intera, separando la stessa dalla dura scorza esterna. La polpa va riposta in un contenitore e ridotta in crema con un passaverdure.
Anche questa crema può essere conservata per più settimane in frigorifero, posta in un contenitore di vetro scuro.

Come tutti i farmaci anche l’Aloe Vera è da assumere esclusivamente nei dosaggi prescritti e per non più di due mesi. In caso contrario la sua forza terapeutica perderà efficacia e può addirittura produrre l’effetto opposto.

Aloe Vera — Libro >> http://bit.ly/35NmhH4
La Regina delle Piante Medicinali. Belli e sani in modo naturale con l'estratto puro di Aloe Vera.
Alice Beringer

Descrizione libro

Scopri le proprietà dell'Aloe Vera, le ricette e come coltivarla

Dimenticata per lungo tempo, dopo la scoperta e la diffusione dei farmaci chimici, l'erboristeria, l'ayurvedica e la medicina naturale oggi riscoprono l'Aloe vera, la regina delle piante medicinali.

Grazie alla sua composizione biochimica l’Aloe Vera è indicata come trattamento per innumerevoli malanni e per i più svariati disturbi, tanto da essere considerata come una piccola farmacia casalinga:

guarisce tagli e ustioni,
rende più morbida la pelle e la protegge da punture di zanzara e scottature,
aiuta nella cura dell’acne e degli eczemi,
è altrettanto efficace contro i disturbi digestivi e intestinali, i dolori mestruali e perfino le artriti.

Il libro Aloe Vera descrive l’effetto terapeutico e i campi d’applicazione del succo d’aloe vera.

Impara ad utilizzare l'aloe vera e avrai a disposizione uno strumento unico e potente per la propria salute!

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martedì 7 gennaio 2020

Come la musica influenza la biochimica del corpo



Ecco come la musica influenza la biochimica del corpo

Medicina Integrata


La musica è in grado di influire sullo stato di salute del nostro corpo, lavorando sullo stress e sul sistema immunitario: scopriamo come

Emiliano Toso - 06/01/2020

All’Università McGill di Montreal, studiano come la musica possa cambiare la biochimica del nostro corpo. È stato dimostrato che l’ascolto della musica influenza lo stato di salute del nostro corpo attraverso quattro vie: il piacere, lo stress, il sistema immunitario e l’aggregazione sociale.

Nei laboratori del Prof. Levitin (cit. The Neurochemistry of music, M.L.Chanda and D. J. Levitin Cell Press 2013) si stanno studiando come queste vie di azione della musica sul nostro corpo siano regolate dalle variazioni chimiche di ormoni quali la dopamina e gli oppioidi, il cortisolo, la serotonina e l’ossitocina.

Le dinamiche neurochimiche che stimolano la via del riconoscimento sono simili a quelle che proviamo con il cibo o il sesso. Esistono sistemi di tecnologia di neuroimaging (es. PET, fMRI) che riescono a rilevare in modo preciso in quali aree del cervello avvengono queste dinamiche e a compararle con situazioni che stimolano il piacere con dinamiche molto simili.

Ascoltando musica ci sentiamo più motivati, più attenti, più focalizzati a raggiungere un obiettivo, più creativi.

Ricevo spesso riscontri da coach, managers, psicologi che lavorano nel campo della motivazione o sportivi che utilizzano Translational Music per migliorare le loro prestazioni o quelle della loro squadra o team di lavoro.

In molti ospedali i chirurghi e lo staff medico richiedono l’ascolto di un certo tipo di musica in sala operatoria durante gli interventi ed è stato dimostrato come questa pratica migliori l’attenzione, la collaborazione tra lo staff e abbassi i livelli di stress degli operatori e del paziente.

Sono stati pubblicati anche studi in cui è stato dimostrato che l’ascolto della musica durante un’operazione chirurgica o durante il parto può agire sulla percezione del dolore e di conseguenza ai pazienti viene ridotta la dose di antidolorifici (Cepeda et al. 2006). Ciò è supportato dal fatto che l’ascolto musicale agisce sulla stessa parte del cervello (Nucleus Accumbens) su cui agisce la morfina (Jeffries, Neuroreport 2003). Due marcatori dello stress che sono stati rilevati durante l’ascolto della musica sono il cortisolo e la B-endorfina.

L’ascolto della musica favorisce inoltre la produzione di ACTH, prolattina, ormone della crescita e norepinefrina.

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Scienza e Conoscenza n. 65 - Luglio-Settembre 2018 >> https://goo.gl/oH72LH
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La Biologia delle Credenze - Nuova Edizione 4D — Libro >> http://bit.ly/36tJ2kz
Come il pensiero influenza il DNA e ogni cellula - Con musica a 432 Hz di Emiliano Toso
Bruce Lipton

eBook - La Biologia è Musica >> http://bit.ly/361p6Wf
Dal DNA alla vibrazione di ogni singola cellula: la vita è un intreccio di frequenze danzanti
Emiliano Toso (Musicista)

giovedì 2 gennaio 2020

I nostri pensieri plasmano il nostro cervello



In che modo i nostri pensieri plasmano il nostro cervello?

Nuova Biologia


Tutti noi possiamo cambiare i circuiti del vostro cervello. Tutti noi abbiamo quel potere di scelta quantica. Abbiamo sempre posseduto gli strumenti per farlo, ma solo adesso siamo divenuti consapevoli di come si usano: ce lo spiega Joe Dispenza nel suo libro Evolvi il tuo cervello

Redazione Scienza e Conoscenza - 01/01/2020

Il seguente articolo è tratto da:

Vi invito ad avere un pensiero solo, un qualunque pensiero. Che il vostro pensiero sia collegato a una sensazione di rabbia, tristezza, ispirazione, gioia o eccitazione sessuale, avete modificato il vostro corpo. Avete modificato voi stessi. Qualsiasi pensiero, che si tratti di “non posso” come di “posso”, di “non sono abbastanza bravo” come di “ti amo”, produce effetti analoghi e misurabili.
Mentre voi siete seduti a leggere con noncuranza questa pagina senza alzare un solo dito, tenete presente che il vostro corpo sta subendo una moltitudine di cambiamenti dinamici.
Lo sapevate che tutt’a un tratto, attivati dal vostro ultimo pensiero, il vostro pancreas e le vostre ghiandole surrenali si sono messi a secernere alcuni nuovi ormoni? Come in un’improvvisa tempesta di fulmini, in diverse aree del vostro cervello l’intensità della corrente elettrica è appena aumentata, provocando il rilascio di una fiumana di sostanze neurochimiche troppo numerose da elencare.
La vostra milza e il vostro timo hanno inviato un gran numero di e-mail al vostro sistema immunitario per generare alcune modifiche. Diversi succhi gastrici sono entrati in circolo.
Il vostro fegato ha iniziato a produrre enzimi che solo alcuni istanti prima non c’erano. Il ritmo del vostro cuore è variato, i vostri polmoni hanno alterato la gettata sistolica, e il flusso sanguigno diretto ai capillari delle vostre mani e dei vostri piedi è cambiato. Tutto per aver avuto un unico pensiero. Così grande è il vostro potere.

Pensieri e chimica

Ma come fate a essere in grado di eseguire tutte quelle azioni? Tutti possiamo capire intellettualmente che il cervello è capace di gestire e regolare molte funzioni diverse in tutto il resto del corpo, ma fino a che punto noi siamo responsabili del lavoro che il nostro cervello sta compiendo in qualità di Direttore Generale del corpo? Che ci piaccia o no, una volta che un pensiero è sopraggiunto nel cervello, il resto è storia: tutte le reazioni corporee che conseguono dal nostro pensiero intenzionale o non intenzionale si dispiegano dietro le quinte della nostra consapevolezza. A pensarci, quando guardiamo direttamente al nocciolo della questione, è sorprendente rendersi conto di quanto influenti ed estesi possano essere gli effetti di uno o due pensieri, siano essi consci o inconsci.

Ad esempio, è possibile che i pensieri apparentemente inconsci che ci attraversano la mente quotidianamente e ripetutamente inneschino una cascata di reazioni chimiche che producono non soltanto ciò che sentiamo, ma anche come sentiamo? Possiamo accettare che gli effetti a lungo termine del nostro modo di pensare abituale possano semplicemente essere la causa del modo in cui il nostro corpo passa in uno stato di squilibrio, ovvero ciò che chiamiamo malattia? È verosimile che, un istante dopo l’altro, noi addestriamo il nostro corpo a non essere in buona salute attraverso la ripetizione dei nostri pensieri e delle nostre reazioni? E se il nostro pensiero da solo potesse spingere la nostra chimica interna al di fuori del raggio della normale attività tanto spesso da provocare alla fine una ridefinizione di questi stati anormali come stati normali, regolari, da parte del sistema di autoregolazione del corpo? È un processo sottile, ma forse finora non gli avevamo mai dedicato tanta attenzione. Mi auguro che questo libro offra alcuni suggerimenti per la gestione del vostro universo interno.

Modifica la consapevolezza per modificare il cervello

A proposito di attenzione, ora voglio che stiate attenti, diveniate consapevoli e ascoltiate. Riuscite a sentire il ronzio del frigorifero? Il suono di un’auto che passa vicino a casa vostra? Un cane che abbaia in lontananza? E la risonanza del vostro battito cardiaco? Soltanto spostando l’attenzione in quei momenti, avete provocato un aumento di potenza e tensione del flusso elettrico in milioni di cellule cerebrali nella vostra stessa testa. Scegliendo di modificare la vostra consapevolezza, avete modificato il vostro cervello. Non soltanto avete cambiato il modo in cui il vostro cervello funzionava alcuni istanti prima, ma anche il modo in cui funzionerà nell’istante successivo, e forse anche per il resto della vostra vita.

Quando ritornate a rivolgere l’attenzione alle parole di questa pagina, il flusso del vostro sangue diretto verso diverse parti del cervello è stato alterato. Avete anche innescato una cascata di impulsi, dirottando e modificando correnti elettriche dirette verso varie aree del cervello. Su un livello microscopico, una moltitudine di cellule nervose differenti si sono chimicamente alleate per “tenersi per mano” e comunicare, al fine di stabilire delle relazioni reciproche a lungo termine più salde. A causa del vostro spostamento di attenzione, la scintillante ragnatela tridimensionale si sta accendendo in nuove combinazioni e sequenze. Tutto questo l’avete fatto per mezzo del vostro libero arbitrio, spostando la vostra attenzione focalizzata. Avete letteralmente trasformato la vostra mente, le vostre idee.

Come esseri umani, abbiamo la capacità naturale di focalizzare la nostra consapevolezza su qualsiasi cosa. Come impareremo, come e dove dirigiamo la nostra attenzione, su che cosa rivolgiamo l’attenzione, e per quanto tempo, in ultima analisi ci definisce a livello neurologico. Se la nostra consapevolezza è così mobile, perché è così difficile mantenere l’attenzione su pensieri che potrebbero esserci utili? Proprio ora, continuando a rimanere concentrati sulla lettura di questa pagina, potreste avere dimenticato il vostro mal di schiena, la controversia che avete avuto poco tempo fa con il vostro capo, e persino di che sesso siete. È dove rivolgiamo l’attenzione e su che cosa la rivolgiamo che mappa il corso stesso del nostro stato d’essere.

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Joe Dispenza