Che cos'è la Non Località?
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Scopriamo insieme una delle stranezze più affascinanti
della fisica quantistica, la non località, in una rassegna critica: dal teorema
di Bell all’esperimento di Aspect, agli approcci non-locali del tessuto
quantistico
Davide Fiscaletti - 04/01/2023
La meccanica quantistica può essere considerata la teoria
fondamentale della scienza moderna che più ha contribuito a modificare la
nostra comprensione dell’universo. Per quanto riguarda la geometria del mondo
fisico, si può dire che la teoria quantistica introduce prospettive molto più
ampie di quelle offerte da ogni teoria fisica precedente. In particolare,
l’elemento più sorprendente ed intrigante che emerge dal formalismo quantistico
sta nel fatto che le particelle subatomiche sono in grado di comunicare tra di
loro informazioni in modo istantaneo, in altri termini sono connesse in modo
non-locale.
Riguardo al fenomeno della non-località, tutto è iniziato
a partire dalla pubblicazione nel 1935 da parte di Einstein, Podolski e Rosen,
di un famoso articolo dal titolo La descrizione quantistica della realtà può
considerarsi completa? in cui è stato sviluppato quello che è poi stato
chiamato il paradosso, o meglio, argomento EPR (dalle iniziali dei tre autori).
Consideriamo due particelle A e B che hanno condiviso una particolare
esperienza di accoppiamento alla loro nascita e che poi vengono allontanate e
portate in estremi opposti dell’universo; allora, in base al formalismo della
meccanica quantistica, se ad un certo istante effettuiamo una misura sulla
particella A, è possibile conoscere istantaneamente lo stato della particella
B, a prescindere dalla distanza che c’è tra di esse.
Il paradosso EPR era, in realtà, una critica di Einstein
all’idea che la meccanica quantistica sia una teoria completa nel descrivere la
natura. I fisici hanno cercato di spiegare questo fenomeno assumendo che ci sia
una sorta di "messaggero" che parte dalla particella A per
raggiungere la particella B e informarla di assumere un certo comportamento. Ma
l’informazione arriva istantaneamente e quindi l’idea di un ipotetico
messaggero non solo non funziona, ma sembra avere poco senso.
Le correlazioni non-locali tra particelle subatomiche che
caratterizzano esperimenti di tipo EPR risultano essere inspiegabili e
incomprensibili all’interno di uno schema classico. Fenomeni di questo tipo
hanno tuttavia trovato una loro compiuta spiegazione e formalizzazione in un
noto teorema dimostrato nel 1964 dal fisico irlandese John Stewart Bell (che è
considerato da molti esperti nel campo dei fondamenti concettuali della
meccanica quantistica come il più importante recente contributo alla scienza):
“Quando due particelle sono emesse in direzioni opposte e le proprietà di una di
esse sono attualizzate da una misurazione, le proprietà dell’altra particella –
anche esse misurate – saranno correlate indipendentemente dalla distanza che le
separa”. La dimostrazione del teorema di Bell implica che un’esperienza
avvenuta nel passato tra due particelle subatomiche crea tra di esse una forma
di "connessione" per cui il comportamento di ciascuna delle due
condiziona in modo diretto ed istantaneo il comportamento dell’altra a
prescindere dalla distanza che c’è tra di esse.
Ai giorni nostri, non è stata trovata ancora alcuna
contro-argomentazione significativa in grado di mettere in discussione la
validità del teorema di Bell. Tutti gli esperimenti effettuati finora – e
particolarmente significativi sono, in questo senso, gli esperimenti di Alain
Aspect (1981) al laboratorio di ottica di Orsay, di Yanhua Shih (2001)
dell’Università del Maryland e di Nicolas Gisin (2003) dell’Università di Ginevra
– hanno confermato il risultato ottenuto da Bell, vale a dire che la non
località deve essere considerata una caratteristica fondamentale e
irrinunciabile del mondo microscopico, che le particelle subatomiche sono
capaci di comunicare istantaneamente a prescindere dalla loro distanza.
D’altra parte, nell’interpretazione di Copenaghen della
meccanica quantistica la non-località emerge di fatto come un ospite inatteso
nascosto dietro l’interpretazione puramente probabilistica della funzione
d’onda e il meccanismo di "casualità" ad essa associato. Tuttavia, se
si tiene conto dei risultati sperimentali sopra menzionati (nonché di risultati
simili ottenuti da altri autori), bisogna ammettere che la non-località
costituisce la carta di visita fondamentale della geometria del mondo
quantistico e, di conseguenza, dovrebbe essere introdotta fin dall’inizio, come
principio fondamentale, all’interno di ogni teoria volta a descrivere l’arena
dei processi quantistici. I risultati sperimentali suggeriscono che la non-località
deve essere considerata la proprietà essenziale che sta alla base del
comportamento delle particelle subatomiche e della geometria del mondo
quantistico. In questo articolo, ci proponiamo di sviluppare una rassegna
critica degli approcci non-locali presenti nella letteratura volti a descrivere
l’arena dei processi quantistici, il cosiddetto "tessuto
spazio-temporale" della fisica quantistica.
La geometria non-locale nell’approccio del potenziale
quantico di Bohm
L’idea del potenziale quantico, introdotta
originariamente da David Bohm negli anni '50, può essere considerata la via più
semplice e naturale per introdurre la non-località nel mondo quantistico.
Nell’ambito dell’interpretazione di Bohm della meccanica quantistica, il
potenziale quantico informa ogni particella dove andare, come se dietro alla
realtà fenomenica spazio-temporale fatta di materia ed energia, esistesse un
piano nascosto che la guida e la unisce a tutte le altre particelle in un’unica
simbiosi cosmica. L’espressione matematica del potenziale quantico indica che
l’azione di questo potenziale è di tipo spazio, vale a dire crea sulle
particelle un’azione istantanea, proprio quella richiesta per comprendere i
processi di tipo EPR.
Il potenziale quantico contiene un’informazione globale
sui processi fisici, che può essere definita come "informazione
attiva", contestuale al sistema sotto osservazione e al suo ambiente, la
quale non è "esterna" allo spazio-tempo, ma piuttosto è
un’informazione geometrica "intessuta" nello spazio-tempo. A questo
proposito, possiamo dire che l’evoluzione dello stato di un sistema quantistico
modifica l’informazione attiva globale e questa influisce a sua volta sullo
stato del sistema quantistico ridisegnando la geometria non-locale dei
processi. In questo quadro geometrodinamico possiamo anche dire che il
potenziale quantico rappresenta le proprietà geometriche dello spazio dalle
quali la forza quantistica, e quindi il comportamento delle particelle
quantistiche, derivano.
La maggior parte delle interpretazioni della fisica
quantistica tendono a derivare la non-località da situazioni locali usando
concetti continui come spazio-tempo o ambiente, correndo il rischio di
incorrere in paradossi simili, per così dire, a quelli che caratterizzano le
avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Il linguaggio ondulatorio e l’interpretazione statistica
possono funzionare soltanto quando si ha a che fare con un gran numero di
processi virtuali di creazione/distruzione di particelle. Per esempio, lo stato
fondamentale dell’atomo di idrogeno può essere visto come una sorta di media su
molte interazioni virtuali tra il campo elettrico nucleare e l’elettrone
orbitante. La teoria quantistica dei campi è la figlia più matura della
meccanica quantistica e fornisce la sintassi più generale che conosciamo per
descrivere le forze. La meccanica quantistica può essere considerata una buona
approssimazione della teoria quantistica dei campi per sistemi a bassa energia
quando il numero dei quanti in considerazione è conservato.
Vediamo allora di comprendere quale tipo di lettura della
meccanica quantistica è fissata dalla teoria quantistica dei campi. Dalla
teoria quantistica dei campi sappiamo che il mondo fisico è una rete di
transizioni energetiche e che il nostro linguaggio basato su onde e particelle
è un linguaggio approssimato. Seguendo la terminologia di Penrose, la struttura
della meccanica quantistica è data dagli operatori di evoluzione e dai processi
di creazione o distruzione di particelle. Alla luce della teoria quantistica
dei campi, il mondo fisico è descritto da una rete di vertici di interazioni
dove alcune proprietà (posizione spazio-temporale, impulso, spin, ecc…) sono
create e distrutte. La misura di tali proprietà è tutto ciò che conosciamo del
mondo fisico da un punto di vista operazionale. Ogni altra costruzione in
fisica, come la nozione stessa di spazio-tempo continuo o gli operatori
associati alle variabili fisiche che descrivono l’evoluzione, ha il ruolo di
connettere in modo causale le proprietà misurate.
Come ha mostrato in modo preciso Licata nel suo recente
articolo Transaction and non-locality and quantum field theory,
l’interpretazione della meccanica quantistica che forse si addice di più al
linguaggio della teoria quantistica dei campi è la teoria transazionale,
rilettura geometrodinamica realistica dei processi quantistici originariamente
proposta da Cramer in alcuni articoli degli anni ’80 e poi estesa recentemente
in un approccio più fondamentale da Ruth Kastner (nonché da Chiatti e Licata in
ambito cosmologico). In questo approccio, ciascuna particella risponde a tutte
le sue future possibilità. A un livello fondamentale soltanto le transazioni
tra opportuni "modi" del campo hanno luogo, e la funzione d’onda
semplicemente contiene un’informazione statistica riguardo a un gran numero di
transizioni elementari. Nell’ambito dell’interpretazione transazionale
possibilista suggerita dalla Kastner, lo spazio-tempo non è una sostanza pre-esistente,
ma piuttosto emerge come un insieme di attualizzate transazioni risultanti in
trasferimenti di energia da un emettitore a un assorbitore. Le transazioni sono
oggetti che in qualche maniera trascendono la struttura spazio-temporale, in
altre parole in questo quadro sono l’espressione della natura non-locale dei
processi quantistici.
Alla luce del linguaggio transazionale, il vuoto dei
processi quantistici può essere immaginato non solo come lo stato di minima
energia, ma anche come la rete di tutte le possibili transazioni dei modi di
campo in una "totalità indivisa", e deve essere considerato come uno
stato radicalmente non-locale. Nell’approccio transazionale sviluppato da
Chiatti e Licata, l’arena fondamentale dell’universo è un vuoto quantistico arcaico,
atemporale, non-locale in cui le uniche "cose" realmente esistenti
nel mondo fisico sono gli eventi di creazione e distruzione (o, in altre
parole, di manifestazione e de-manifestazione) di certe qualità. In questo
approccio, il vuoto è la fabbrica da cui tutte le strutture fisiche emergono
attraverso processi di riduzione e tali strutture influenzano a loro volta
l’attività del vuoto, in un feedback quantistico. In questo approccio, il
teorema di Bell non solo individua i limiti delle teorie a variabili nascoste,
ma fornisce la porta di una teoria in grado di spiegare la non-località come un
effetto residuale che emerge, in particolari condizioni, dalle manifestazioni
del vuoto primordiale atemporale. La non-località dei processi quantistici di laboratorio
appare in ultima analisi come un caso particolare della totalità atemporale
associata al vuoto primordiale.
Gli approcci non-locali in gravità quantistica
L’idea di una struttura di relazioni sottesa alle forme
osservabili di materia e di energia e allo spazio-tempo è stata definita da J.
A. Wheeler "schiuma quantistica" dello spazio-tempo, proprio con
l’intento di evocare l’erosione delle nozioni tradizionali lungo la discesa
verso la scala di Planck tipica della gravità quantistica. A questo proposito,
le varie versioni della teorie della stringhe che, pur non disponendo di un
principio unificatore, hanno avuto un certo successo nel superare alcuni
impasse della fisica delle particelle, comportano che la struttura
spazio-temporale sia il risultato dell’interazione tra configurazioni
vibrazionali in p dimensioni chiamati p-brane (dove p=10 nella versione più
accreditata). In particolare, nella versione matriciale della cosiddetta teoria
M le brane derivano da un background non-locale il quale permette di ottenere
una meccanica quantistica analoga a quella di Bohm.
In realtà, la maggior parte delle versioni delle stringhe
sono costruite su uno spazio-tempo piatto minkowskiano, mentre una corretta
teoria autenticamente relativistica (nel senso della relatività generale),
dovrebbe essere indipendente dal background, ossia non presupporre alcuna
metrica. Ci sono diverse teorie che possiedono questi requisiti. Una di queste
è, per esempio, la teoria dei twistors di Penrose. Per usare le stesse parole di
Penrose, “un twistor è un oggetto simile a un giano bifronte, unitario ma con
una faccia rivolta verso la meccanica quantistica e l’altra verso la relatività
generale”. La struttura dei twistors permette di rendere conto in modo preciso
della dinamica intrinsecamente non-locale dello spazio-tempo.
Inoltre, alla luce di alcuni importanti approcci
introdotti per unificare relatività generale e meccanica quantistica, il
background spazio-temporale dei fenomeni risulta essere soggetto a fluttuazioni
quantistiche e, in particolare, emerge da una rete non-locale di celle
elementari alla scala di Planck. A questo proposito, una teoria molto elegante
che ha i giusti requisiti relativistici è la "loop quantum gravity"
(gravità quantistica ad anelli) di Rovelli e Smolin. I loops sono linee di
campo chiuse che non dipendono dal sistema di riferimento e forniscono quindi
la base per una descrizione relazionale dello spazio-tempo nello spirito di
Mach-Leibniz. La gravità quantistica ad anelli prevede che gli operatori associati
ad area, angolo, lunghezza e volume risultano avere uno spettro discreto alla
scala di Planck e, sulla base di alcuni risultati recenti ottenuti da Gambini
dell’università di Montevideo e Pullin dell’università della Louisiana,
introduce un quadro olografico nella forma di incertezza nella determinazione
di volumi che cresce in modo radiale.
Inoltre, riguardo al carattere olografico del tessuto
quantistico fondamentale alla scala di Planck, un modello recente molto
rilevante è quello di Jack Ng dell’università della North Carolina, in cui la
struttura del background dei processi, vale a dire della schiuma
spazio-temporale è determinata dall’accuratezza con cui viene misurata la sua
geometria. Nel modello di Ng, come conseguenza del carattere olografico, i
gradi di libertà della schiuma spazio-temporale, alla scala di Planck, devono
essere considerati infinitamente correlati, con il risultato che la
localizzazione di un evento perde il suo significato invariante. In altre
parole, la schiuma spazio-temporale dà luogo a una non-località fondamentale.
In questo approccio, sono proprio le caratteristiche non-locali della schiuma
spazio-temporale che consentono di includere la gravitazione nella teoria.
È infine importante menzionare che, nell’ambito di una
teoria nota come Quantum Graphity, in cui la geometria e la gravità emergono da
una rete di grafi di spin, Caravelli e Markopoulou del Perimeter Institute of
Theoretical Physics di Waterloo hanno recentemente suggerito un modello
esplicito di schiuma quantistica, uno spazio-tempo quantistico con legami
spaziali non-locali. Gli stati quantistici che descrivono questo background
non-locale dipendono da due parametri: la grandezza minima del legame e la loro
densità rispetto a questa lunghezza.
Conclusioni
Alla luce dei risultati della fisica quantistica e, in
particolare, di alcuni rilevanti approcci elaborati recentemente (sia in ambito
non-relativistico sia di teoria quantistica dei campi sia di gravitazione
quantistica), a un livello fondamentale i comportamenti delle interazioni
possono essere visti come la conseguenza di una geometria ricca e complessa, la
cui proprietà fondamentale sembra essere la non-località. Questa geometria
permea le strutture profonde dello spazio-tempo, in modo tale che gli stessi
fenomeni fisici sono per così dire immersi in una sorta di tessuto geometrico,
ed è precisamente dalla dinamica non-locale inerente a esso che emergono le
diverse forme di materia e le varie forze che le muovono come altrettanti
effetti possibili delle fluttuazioni quantistiche, in parte effimere e
aleatorie, e delle diverse entità che condizionano la geometria quantica del
mondo fisico alla scala fondamentale. Sulla base degli approcci non-locali
illustrati in questo articolo, emerge la prospettiva che, così come non possono
esistere delle particelle materiali (i fermioni), né delle particelle
messaggere (i bosoni) senza interazioni, nello stesso modo le interazioni non
potrebbero aver luogo senza la geometria non-locale sottostante che "tesse"
lo spazio-tempo (o le diverse forme dello spazio-tempo) e propaga l’azione
delle forze fondamentali attraverso il mondo microscopico e l’intero universo.
I rapporti tra l’explicate order della struttura
spazio-temporale e le teorie che indagano la struttura fine della schiuma
quantistica ci offre così la possibilità di un’interessante riflessione di
carattere epistemologico e cognitivo. L’intera storia della fisica può essere
considerata come un progressivo raffinamento dei modelli di spazio-tempo, da
quello assoluto di Newton alle geometrie che caratterizzano le varie
geometrodinamiche quantistiche e relativistiche. L’analisi svolta in questo
articolo mostra che la non-località può essere considerata la carta di visita
fondamentale della fisica quantistica, sia in ambito non-relativistico di prima
quantizzazione, sia in teoria quantistica dei campi per arrivare infine alla
gravitazione quantistica. Emerge la prospettiva di una struttura
fondamentalmente non-locale in cui la geometria e la dinamica coesistono e dalla
quale si codeterminano continuamente.
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Dalla non-località a una visione unificantedi spazio,
materia, mente e vita
Davide
Fiscaletti
www.macrolibrarsi.it/ebooks/ebook-universo-iperconnesso-pdf.php?pn=1567