mercoledì 31 marzo 2021

La probabilita' nella fisica quantistica


La probabilita' nella fisica quantistica

Scienza e Fisica Quantistica

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La scienza del XX secolo ha realizzato un gigantesco passo avanti, dichiarando, attraverso le stupefacenti scoperte della fisica quantistica, che l’universo macroscopico e quello microscopico sono due componenti complementari di un  sistema unitario, un essere unico e indivisibile che svela sfaccettature di se stesso in una straordinaria diversità di forme di manifestazione.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 30/03/2021

A cura di Elena Sanda Chira - Responsabile della collana libri Scienza e Conoscenza

John Gribbin, il geniale divulgatore scientifico britannico, ci spiega il funzionamento della meccanica quantistica e i principi quantistici che governano l’universo nella sua opera Q come Quanto: Dizionario Enciclopedico di Fisica Quantistica.

L’universo in cui viviamo, fatto di tanta bellezza,

è governato al livello dell’infinitamente piccolo,

dalle leggi quantistiche del Caso e della Probabilità!

Che cos’è la Probabilità?

In fisica, per probabilità s'intende esattamente ciò che s'intende nel nostro quotidiano, o quando si gioca al lotto. Si tratta della possibilità, dell'eventualità, che un certo fatto possa verificarsi. Se una moneta perfettamente coniata viene lanciata senza alcun trucco, ci sono esattamente 50 probabilità su 100 di ottenere una "testa" e 50 probabilità su 100 di ottenere una "croce". Le probabilità dei due risultati sono quindi 1 su 2. Come dimostra questo semplice esempio, se si considera ogni possibile esito di un certo processo, il totale delle probabilità è esattamente pari a 1. Le probabilità vanno sommate per i diversi risultati possibili dello stesso evento.

Come si può calcolare la probabilità?

 Un esempio un po' più complesso ci dimostra come possiamo calcolare le probabilità. Se lanciamo due dadi (d'ora in poi si darà sempre per scontato che tutto sia perfettamente equo e non ci sia possibilità d'inganno), quali sono le probabilità di ottenere un particolare totale, compreso tra 2 e 12? Per ogni dado, abbiamo 6 possibili risultati, quindi le possibilità di ottenere un certo valore per ogni dado sono di 1 su 6, ovvero 1/6. Tuttavia, nella combinazione dei possibili esiti di due dadi, le probabilità non sono più le stesse. Per ottenere il totale di 2 c'è una sola combinazione possibile, nella quale ogni dado lanciato dà 1. Le probabilità che ogni singolo dado si fermi sul 1 sono 1 su 6, le probabilità che entrambi diano 1 si ottengono moltiplicando le due probabilità, quindi sono 1 su 36 (1/6 x 1/6).

Le probabilità di ottenere un totale pari a 3 sono invece diverse. Possiamo giungere a questo totale in due modi diversi: con il primo dado che dà 1 e il secondo che dà 2, oppure viceversa. Ogni differente combinazione ha una probabilità di 1 su 36, quindi le probabilità totali di ottenere un totale 3 sono 1/36 più 1/36, vale a dire 1/18. Il risultato complessivo più probabile di due dadi è 7, che può essere dato da 6 diverse combinazioni (1+6, 2+5, 3+4, 4+3, 5+2, 6+1) e ha una probabilità complessiva di 1 su 6.

Nel caso di più fenomeni che interagiscono tra loro e molte possibili combinazioni nell'ottenimento del risultato, il calcolo delle probabilità in questi termini diventerebbe tedioso, mentre la figura complessiva delle probabilità può essere descritta statisticamente, ed è rappresentata da una distribuzione in cui ci sono molte diverse modalità per ottenere i risultati più probabili (il 7 della nostra coppia di dadi), e solo qualche modalità per ottenere i risultati meno probabili (equivalenti al 2 della nostra coppia di dadi). Si dice che gli eventi più rari stiano nella "coda" della distribuzione. In ogni caso, anche se non possiamo prenderci il tempo di considerare tutte le diverse possibilità, la natura lo fa per noi, attraverso l'operare del "caso".

Nel suo volume The Cosmic Code, Heinz Pagels fornisce un esempio del modo in cui opera il caso su larga scala, analizzando il numero di morsi di cane riportati negli ospedali di una grande città nel corso degli anni. Considerando un intervallo di 5 anni, il numero degli eventi riportati era di 68, 70, 64, 66 e 71, con una media di 68 morsi all'anno. «Dal momento che gli eventi sono casuali e indipendenti», dice Pagels, «la distribuzione è stabile». È possibile che capiti un anno in cui si hanno solo 5 eventi del genere, e un altro anno in cui ce ne sono 500, ma si tratta di probabilità molto remote, situate nella coda della distribuzione.

Una delle caratteristiche importanti di questo genere di studio è che con i dati provenienti da un numero sufficiente di anni (un numero sufficiente di risultati indipendenti dell'esperimento) gli statistici possono ricavare una curva delle probabilità e farsi un'idea della distribuzione complessiva, così da calcolare la probabilità di eventi rari che non sono mai stati osservati real-mente. Si tratta dello stesso genere di analisi statistica che porta i meteorologi a parlare dell'inondazione o dell'uragano che avviene una volta in un secolo, anche se in realtà non si possiedono i dati degli ultimi cento anni. Essi intendono dire che un evento del genere ha 1 possibilità su 100 di verificarsi nel corso di ogni anno, proprio come ci si aspetta di ottenere un 2 ogni 36 lanci dei dadi. Ma così come potrebbe accadere di ottenere un 2 con due lanci consecutivi, potrebbe accadere il verificarsi di due inondazioni "una volta in un secolo" in due anni consecutivi.

La probabilità nella fisica quantistica

 La probabilità è al cuore del mistero della realtà quantistica, giacché il mondo quantistico obbedisce rigidamente alle regole probabilistiche. Con ciò non s'intende dire che avendo un gran numero di eventi quantistici in corso nello stesso istante sia possibile prevedere cosa accadrà in modo statistico, come nel caso della previsione dei morsi di cane, che nella città presa in esame da Pagels potevano essere previsti nel numero di 68 all'anno. La probabilità quantistica può essere vista all'opera a livello di singoli atomi, fotoni ed elettroni. Quel che è peggio, la probabilità associata a un'entità quantistica in rapporto alla scelta di un esito in uno specifico luogo è influenzata, istantaneamente, da ciò che sta accadendo in un altro luogo . È un po' come se le probabilità di ottenere un 6 con il nostro dado, a casa nostra, dipendessero dalle probabilità di ottenere un certo valore con un altro dado a casa di qualcun altro.

 Un altro limpido esempio di probabilità all'opera nel mondo quantistico ci è dato dal decadimento  radioattivo. Ogni nucleo di un campione di materiale decade spontaneamente, in modo casuale, in accordo con le modalità insondabili del caso. Eppure l'effetto combinato è che esattamente la metà dei nuclei di un certo campione (indipendentemente dal valore iniziale) decadono entro un tempo preciso, definito tempo di dimezzamento. Fu proprio questo genere di comportamento quantistico a indurre Albert Einstein alla sua famosa considerazione: «Non posso credere che Dio giochi a dadi».

Tutto sembra però dimostrare che il mondo quantistico sia realmente dominato dal caso.

Non bisogna peraltro pensare che la probabilità quantistica sia sempre analoga alla probabilità nel nostro quotidiano!

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venerdì 19 marzo 2021

Lampade di sale dell'Himalaya e serotonina


Lampade di sale dell'Himalaya e serotonina

Terapie e trattamenti olistici

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Ipotesi sugli effetti delle lampade al Sale Himalayano sul nostro benessere

Redazione - Scienza e Conoscenza - 18/03/2021

Articolo del Dr. Paolo Scicolone - Tecnologo alimentare - Consulente nutrizionale

Da un po' di anni a questa parte si è diffuso il commercio di particolari lampade realizzate con blocchi di sale provenienti dalle cave di salgemma dell'Himalaya, grezze o modellate, scavate per posizionare all'interno una lampadina.

L'effetto è molto gradevole e costituiscono un bel complemento d'arredo per studi o salotti.

I venditori ne promuovono con assoluta sicurezza i benefici effetti per la salute e questo ha spinto alcuni studiosi a voler indagare meglio. Sembra certo, dalle esperienze raccolte su web e da interviste personali, che soggiornare in un ambiente illuminato con queste lampade provochi un senso di benessere, di relax e aumenti il livello di attenzione e le capacità di apprendimento.

I sostenitori di queste lampade attribuiscono questi effetti alla loro capacità di produrre ioni negativi, che sembra abbiano effetti positivi sia sull'ambiente sia sulla persona.

Se presenti in dosi adeguate questi ioni hanno capacità di abbattere le polveri sottili e di agire contro microrganismi presenti nell'ambiente, hanno un potere rinfrescante e dinamizzante che rende l'aria salubre come quella di alcuni luoghi di montagna o come quella che si respira dopo un bel temporale o in prossimità di cascate.

Le tre situazioni citate sono fra gli esempi più riportati per descrivere ambienti ad alta presenza di ioni negativi.

Sugli effetti diretti di questi ioni sulla salute della persona c'è una maggiore controversia e necessitano sicuramente ulteriori approfondimenti.

Di certo però la lampada al sale degli effetti positivi li produce. Uno studio del 2010 condotto presso l'Università di Karachi in Pakistan, paese produttore ed esportatore di sale rosa dell'Himalaya, ha dimostrato l'aumento del metabolismo della serotonina nel cervello di ratti esposti per 14 settimane alla luce di lampade di sale. Questo è stato rilevato misurando i livelli di materia prima, il triptofano, di serotonina stessa e del principale metabolita, il 5-HIAA (acido 5-idrossiindolacetico). Il triptofano cresce sia a livello cerebrale sia a livello plasmatico, probabilmente per una azione inibitoria sull'enzima Triptofano pirrolasi.

La serotonina è nota per i suoi effetti sull'uomo. Sono infatti tante le pubblicazioni che ne esaltano il ruolo positivo nel contrastare il disturbo affettivo stagionale, sul comportamento alimentare, sull'umore, su patologie degenerative come il morbo di Alzheimer e quello di Parkinson, sul benessere delle ossa, sulla coagulazione del sangue, sui problemi cardiovascolari, sui ritmi circadiani, sulle funzioni sessuali e molti studi mettono in evidenza anche il nesso fra bassi livelli di serotonina e la predisposizione al consumo di alcol.

Su quale possa essere il meccanismo di questo effetto delle lampade gli autori dello studio (che abbiamo provato a contattare) sembrano orientati ad accreditare l'azione degli ioni negativi, affidando a fugace menzione possibili meccanismi d'impatto di altra natura che forniscono invece le chiavi di lettura più interessanti.  Non esiste studio (o non ne abbiamo trovati) che metta in relazione la luce di queste lampade o le proprietà del materiale con questo risultato.

Fin dai tempi remoti si sa che certe frequenze interagiscono con organismi viventi. Esempi li abbiamo con l'abbronzatura, la produzione di Vitamina D, l'inibizione della produzione di melatonina, la fotosintesi delle piante. Questi gli esempi più noti, ma la letteratura scientifica è piena di ricerca sugli effetti di particolari frequenze rilasciate da fonti luminose su alcune funzioni del nostro organismo.

La luce emessa dalla lampadina viene “filtrata” di cristalli di sale e trasmette determinate lunghezze d'onda luminose che in qualche sito si quantificano di ampiezza che va dai 600 ai 700 nm (6000-7000).

L'intervallo medio (650nm) è perfettamente coerente con le ipotesi di salute proposte nella prima metà del secolo scorso da alcuni scienziati, fra i quali l'ing. Andrè Simoneton, anche se i suoi valori si riferivano a rilevazioni radiestesiche un po' più complesse. Simoneton rilevò che queste lunghezze d'onda sono tipiche di un individuo in salute.  Si potrebbe indagare anche sulle cosiddette Energie Sottili e i lavori di Simoneton sono strettamente connessi a queste.

Le sue ricerche hanno messo in risalto il valore del sale marino, ritenendolo, dopo ripetute misurazioni sulle lunghezze d'onda rivelatesi “potenziatrici” di salute, custode dell'energia marina con capacità di trasferirla ai cibi ed al corpo. Questi studi, se approfonditi, dovrebbero incoraggiare anche la produzione di oggetti simili con blocchi di sale marino che, a differenza di altri sali commerciali pressoché “morti”, mostrò una vitalità misurata da alcuni suoi studiosi delle energie in valori che vanno da 7000 a 10600 a seconda di luogo di prelievo e tempo di conservazione.

Nel caso delle lampade in commercio si tratta di salgemma che pur avendo una remota origine marina non sappiamo se sia in grado di produrre gli stessi benefici da questo punto di vista. In ogni caso una cristallo riscaldato ha un proprio spettro di emissioni. Come anche i biofisici ben sanno c'è una emissione propria di ogni materiale, di ogni miscela. Delle emissioni delle rocce di sale non abbiamo trovato notizia. Anche questa ipotesi sull'efficacia delle lampade non viene indagata neppure da quegli esperti in cristalloterapia che potrebbero trovare interesse in queste ricerche. Avendo escluso lo stimolo di tipo chimico proprio nelle emissioni andrebbe ricercata la ragione di questi effetti salutistici delle lampade di sale.

L'emissione di frequenze, la luce e i colori

Ogni cellula, ogni tessuto, ogni parte del nostro corpo lavora a certe frequenze caratteristiche, che possono variare a seconda di tante condizioni, fra le quali lo stato di salute. Le frequenze esterne, sonore, luminose, di ogni tipo, sono veicoli di informazioni che possono essere riconosciute dagli organismi viventi e sono in grado di stimolare una risposta organica.

Le emissioni della lampada potrebbero agire entrando in risonanza con molecole, recettori, segnali biochimici coinvolti nel ciclo di produzione di serotonina potenziandoli o con i processi  di inibizione della produzione disattivandoli o elevando la radiovitalità del nostro corpo mettendolo in condizione di potenziare tutte le attività orientate alla salute. Al momento non ci sono studi che hanno cercato questa relazione.

Anche i colori, hanno effetti sul nostro umore e su tutto il metabolismo e la gamma cromatica di queste lampade potrebbe produrre stimoli che portano ai risultati descritti. Tante osservazioni, tante ricerche in svariati campi, dalla psicologia alla fisica studiano le relazioni fra colori e risposte metaboliche.

Ci piacerebbe poter dare dei dati certi, ma dovendoci affidare a ricerche già pubblicate da altri possiamo solo formulare ipotesi che appaiono comunque molto credibili.

Sarebbe interessante capire se la TRP pirrolasi subisce interferenze nella propria attività per una qualunque delle cause ipotizzate in precedenza o se c'è proprio un'influenza sulle cellule epatiche che producono questo enzima; o, ancora, si potrebbero valutare le interazioni fra la luce della lampada o le energie del sale riscaldato e le frequenze energetiche del sistema nervoso centrale.

La visione meccanicistica dura a morire cerca sempre le ragioni in una molecola che urta un'altra molecola. E giunge ad un vuoto nel momento in cui le misurazioni in laboratorio fanno crollare le aspettative.

L'argomento lampade non è finalizzato a celebrare l'oggetto ma ad esplorare quei linguaggi più nascosti ma ben compresi da quell'immenso cervello che è la natura, che tardano a recuperare una centralità che hanno avuto per millenni.

Le onde, le vibrazioni sono il linguaggio primordiale che guida ogni esistenza e può svelare i segreti anche  di un uso terapeutico che altrimenti, come sta succedendo, saremmo  costretti o a negare o ad ignorare essendo non inquadrabili in protocolli prestabiliti, o a dimenticare nei cassetti degli studi di Università troppo periferiche.

Quel poco che la ricerca finora ha potuto dirci è che l'effetto positivo, in termini di incremento del metabolismo della serotonina, è stato misurato e quindi l'esposizione alle lampade di sale rosa dell'Himalaya fa bene. Le cause sono ancora ben indagare e comprendere e le ipotesi qui formulate potrebbero fornire interessanti spunti.

 

Acqua e Sale — Libro >> https://bit.ly/3eX0cya

Inesauribili fonti di vita - Due doni della natura per la nostra salute

Barbara Hendel, Peter Ferreira

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giovedì 18 marzo 2021

Profilassi Omeopatica contro il Covid-19


Profilassi Omeopatica contro il Covid-19

Curarsi con l'Omeopatia

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I fatti hanno dimostrato che la profilassi consigliata è efficace, non avendo avuto nel tempo, tra i pazienti, alcun caso di malattia né tanto meno di ospedalizzazione quindi, anche alla luce delle nuove evidenze scientifiche pubblicate in questo periodo, lavori a cui ho anche partecipato attivamente essendo diventato ricercatore indipendente a tutti gli effetti, ho deciso di riproporre una omeoprofilassi anche ai lettori di Scienza e Conoscenza.

Diego Tomassone - 17/03/2021

Il rimedio fin da subito consigliato è stato Eupatorium perfoliatum 30CH, rimedio che ho individuato come “genio epidemico”, ossia come rimedio che copre meglio la sintomatologia del Covid-19, e che può quindi agire da rimedio “profilattico”.

Questa indicazione è arrivata repertorizzando i sintomi che erano noti inizialmente, e valutando un pochino la situazione e l'esperienza avuta personalmente, perché soprattutto nel periodo dicembre 2019/gennaio 2020, ho curato diverse “influenze atipiche” e polmoniti che, con il senno di poi, presumo essere stati casi Covid-19, curati tutti con questo rimedio.

La cosa strabiliante è stata che Eupatorium perfoliatum si è dimostrato anche efficace nel contrastare e guarire sintomi neurologici quali perdita di gusto e olfatto, anche se, dalle sperimentazioni del rimedio in nostro possesso (effettuate negli anni: 1846, 1863, 1879, 1890, 1900), questo rimedio non parrebbe efficace nel curare questi sintomi!

La mia attenzione è stata posta sul “genio epidemico” omeopatico perché sono medico omeopata e mi occupo di clinica, però se andiamo ad analizzare la composizione della pianta Eupatorium perfoliatum scopriamo che contiene: lattoni sesquiterpenici, tra cui eupafolina, eu-perfolitina, eufoliatina, eufoliatorina, euperfolide, eucannabinolide e helenalin; polisaccaridi immunostimolanti, principalmente 4-0-metilglu-curoxilani; flavonoidi, come la QUERCITINA, il kaempferolo, l’iperside, l’ASTRAGALINA, la RUTINA, l’eupatorina; diterpeni, tra cui l’acido dendroidinico e l’ebenolide; steroli; olio volatile.

I lattoni sesquiterpenici sono noti per le attività antimicrobiche, antitumorali, immunostimolanti e citotossiche. L’eupatorina flavonoide può avere attività citotossica.

Tutte molecole che hanno dimostrato di avere una efficacia proprio verso il Covid-19!

Per potenziare l’efficacia della profilassi omeopatica, siccome è un consiglio che ho voluto divulgare gratuitamente a tutti, indipendentemente se fossero miei pazienti oppure no, ho voluto anche inserire un’integrazione sia nutriterapica che gemmoterapica, in particolare puntando l’attenzione sulle evidenze scientifiche e sui nostri lavori di recente pubblicazione, quindi integrazione di vitamina D e di vitamina C, oligoelementi come lo Zinco, di gemmoterapici (quali Rosa Canina, Ribes nero, Ontano nero, Betulla verrucosa, Olivello spinoso), e di lattoferrina (soprattutto per i più piccoli), e consigliare un cibo curativo quale la zuppa di miso, per potenziare la risposta immunitaria agendo anche sul microbiota intestinale, troppo spesso in disequilibrio per colpa di una alimentazione priva di nutrienti essenziali e prodotti fermentati, ma troppo ricca di alimenti raffinati e cibo spazzatura.

Questo per fornire, per quanto possibile e per quanto si conosce oggi grazie alle evidenze scientifiche, una “protezione totale”, sia per “blindare” le persone a prescindere dall’età e dallo stato di salute, sia per dare una mano al Sistema sanitario, occupandomi di fornire valide e semplici strategie per evitare di intasare soprattutto gli ospedali.

A quanto pare tutto ciò è stato utile, ed ha riscosso molto successo non solo tra la “gente comune”, ma anche tra le forze dell’ordine, l’esercito, i vigili del fuoco e persino nel team di moto Gp.

Tutti hanno voluto seguire questi consigli naturali, per proteggersi.

 

Segni, Sintomi ed Emozioni in Omeopatia — Libro >> https://bit.ly/3vBOZc6

Domenico Claps

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mercoledì 17 marzo 2021

Cosa sono realmente i virus?


Cosa sono realmente i virus?

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Dialogano costantemente con le nostre cellule umanizzandosi e perdendo la loro pericolosità: a meno che non siano creati in laboratorio...

Stefano Fais - 08/03/2021

Articolo di Stefano Fais - Tratto da Scienza e Conoscenza n. 75

Studiando l’infezione da HIV-1 mi sono accorto che il virus, uscendo dalla cellula, tramite un fenomeno che al tempo e per almeno un paio di decenni è stato chiamato “budding”, acquisiva, mi piace dire “si portava dietro”, dei frammenti di membrana cellulare (della cellula che lo rilasciava) che si ritrovavano in tutta la progenie virale.

Per dimostrare questo abbiamo inventato un test, ex novo, che non solo dimostrava la presenza di proteine cellulari, ma che – immobilizzando il virus su plastica, tramite anticorpi che riconoscevano le proteine cellulari – ne manteneva totalmente l’infettività virale.

Detto questo, che al tempo era definitivamente una scoperta, vorrei fare un passo indietro per ricordare che i virus, e in particolare quelli a RNA, ed in particolare quelli come l’HIV-1 che sono retrovirus, non vivono o vivono molto difficilmente al di fuori di una cellula e molti di essi, se non riescono ad entrare e quindi ad “infettare” entro pochissimi attimi un’altra cellula, sono destinati ad estinguersi.

Ricordo inoltre che i retrovirus, come l’HIV-1, ma non solo, si chiamano così perché del loro patrimonio fa parte una proteina che si chiama appunto trascrittasi inversa, e cioè in grado di retrotrascrivere un pezzetto di RNA all’interno di un genoma e quindi continuare a vivere in stretto parassitismo con la cellula ospite.

Infatti questi enzimi sono stati usati nella terapia genica, in particolare in tutte quelle condizioni in cui era possibile dimostrare la presenza di un gene difettivo o mancante causa di una malattia, e quindi intervenire retrotrascrivendo un gene funzionante nel genoma del paziente.

L’idea ha creato grande entusiasmo e aspettative, ma ahimè la terapia genica non le ha per nulla soddisfatte, per i seguenti motivi:

● sia per la pericolosità dell’approccio di per sé,

● sia perché utilizzava retrovirus anche se attenuati,

● perché clinicamente è risultata estrema-mente tossica,

● ma anche perché troppo spesso l’avvenuta retrotrascrizione non risultava stabile.

Lo stesso metodo è stato utilizzato per il test che viene utilizzato anche oggi per verificare la positività al Covid-19: sto parlando dei tamponi PCR (Polymerase Chain Reaction), oggi RT-PCR (RT è l’acronimo di Teverse Transcriptase).

Il principio su cui si basa la PCR è l’amplificazione, attraverso cicli ripetuti che usano un enzima chiamato DNA-polimerasi; questo porta alla ricostruzione di un segmento di DNA completo, cioè a doppia elica, a partire da un frammento a elica singola.

Purtroppo è praticamente impossibile spiegare come si svolge esattamente questo procedimento senza richiamare tecnicismi, che in questa sede mi sembrano inutili.

Certamente chi legge può facilmente intuire che un procedimento del genere può portare a generare qualcosa di anche molto lontano dalla realtà, tanto che chi inventò questo metodo – Kary Banks Mullis che ha ricevuto il premio Nobel per la chimica nel 1993 – ebbe a dire che la PCR in nessun modo doveva diventare un esame utilizzabile in procedimenti diagnostici, proprio perché gravido di possibili falsi negativi, ma soprattutto di falsi positivi.

Ma certo è che queste considerazioni lasciano il tempo che trovano, perché lì dove il corredo diagnostico è insufficiente la PCR viene molto usata, ed in particolare nelle infezioni virali.

E ora facciamo un passo in avanti per dire che il nostro genoma è stracolmo di sequenze virali e retrovirali che noi abbiamo acquisito durante un’intera filoontogenesi.

Parola che contiene in sé due concetti: evoluzione (filogenesi) e sviluppo (ontogenesi), cioè a dire che la nostra, come tutte le altre specie viventi, si è evoluta e sviluppata nel tempo secondo un processo che in sé contiene un’enorme quantità di variabili. [Continua...]

Continuando la lettura su Scienza e Conoscenza n. 75 potrai approfondire:

Cosa sono i virus e le cellule

La lezione del genoma umano: epigentica e sequenze retrovirali

Gli esosomi: come funzionano gli organismi viventi

Gli esosomi sono le gemmule di Darwin?

Un esempio: la flora batterica intestinale

La lotta per il predominio delle specie

Le forbici genetiche CRISPR/Cas

Considerazioni finali

Bibliografia di approfondimento

 

Scienza e Conoscenza n. 75 - Gennaio - Marzo 2021 — Rivista >> https://bit.ly/3iWBmyp

Nuove scienze, Medicina Integrata

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martedì 16 marzo 2021

Come difenderci dai Virus


Come difenderci dai Virus e quali integratori possono essere utili

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Che cos’è un virus e come affrontarlo quando entra in contatto con il nostro organismo, i consigli del Dott. Origa.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 15/03/2021

Articolo del Dott. Eugenio Origa, tratto da Scienza e Conoscenza n. 75

Le recenti vicende che hanno coinvolto e stanno coinvolgendo tutt’ora il mondo intero, occupato a far fronte a quella che è definita pandemia, hanno portato alla ribalta un protagonista da sempre citato, IL VIRUS, ma forse non ben conosciuto dalla maggior parte delle persone.

Conoscere meglio la struttura e il funzionamento dei Virus

Il Virus (dal latino = VELENO) è un microrganismo visibile solo al microscopio elettronico perché le sue dimensioni sono comprese fra 0,02 e 0,3 micrometri o micron (micron è un milionesimo di metro o, se volete, un millesimo di millimetro), è perciò le entità biologica più piccola che al momento conosciamo.

Sono detti [i virus] acellulari perché mentre in una cellula noi riconosciamo tutte le strutture che sono fondamentali per la vita (un apparato respiratorio, un apparato riproduttivo, un apparato digestivo ecc.), il virus è formato solo da materiale genetico: DNA o RNA (genoma), avvolto e protetto da una struttura proteica detta capside.

Pertanto, il virus per sopravvivere e riprodursi deve utilizzare le strutture di un altro essere vivente, ovvero la cellula. La cellula farebbe volentieri a meno di offrire questa collaborazione, pertanto il virus, senza chiedere permesso, entra nella cellula e ne sfrutta le risorse. Per questo motivo sono detti parassiti endocellulari obbligati.

Come siano nati è ancora un mistero, perché molte delle nostre conoscenze dipendono dalla possibilità di trovare dei resti fossili di antenati degli esseri viventi che noi oggi conosciamo, ma i virus non fossilizzano. Le ipotesi proposte sono varie ma, tra tutte, tre sembrano le più ragionevoli:

● Avrebbero origine da cellule più complesse che si sono “ridotte” nel tempo fino a rimanere solo col DNA o l’RNA rendendoli dipendenti dalle altre cellule.

● Una fuga di materiale genetico da una cellula complessa.

● Sono strutture che si sono evolute autonomamente accanto alle cellule più complesse

Il tempo ci dirà chi ha ragione, ma intanto vediamo come funzionano.

Nonostante abbiano forme diverse (elicoidali, poliedrici, sferici ecc.) tutti devono per prima cosa aderire alla superficie della cellula tramite strutture glicoproteiche dette spicole, che sono come delle spine, che costituiscono anche la loro carta di identità – antigene, che li rende individuabili da parte del nostro Sistema Immunitario.

Una volta agganciati, la cellula li porta nel suo interno dove, grazie all’azione degli enzimi della cellula ospite, il codice genetico del virus viene liberato e può cominciare la sua azione di parassita, ovvero replica se stesso in diverse centinaia di migliaia di copie.

Può farlo nel liquido cellulare – citoplasma (virus a RNA), oppure deve entrare nel nucleo della cellula ospite per agganciarsi al suo DNA (virus a DNA).

Il virus riproduce sia il suo genoma sia il suo capside, e sempre all’interno della cellula, si autoassembla rigenerando la struttura virale per intero.

Quando la cellula è ormai piena di virus si rompe (lisi) morendo e liberando i virus che andranno ad infettare altre cellule. In particolare, i virus che hanno come genoma DNA e che quindi si replicano dentro il nucleo della cellula ospite, scambiano materiale genetico con la cellula ospite per cui dopo due o tre passaggi cellulari il virus che si forma è diverso da quello originale, spesso perdendo le sue caratteristiche di aggressività e patogenicità (come accade per i virus influenzali).

 

Dal canto suo, la cellula infettata cerca di informare dell’accaduto le cellule vicine e il Sistema Immunitario producendo l’INTERFERONE (ne esistono diverse classi): in questo modo sia le cellule vicine che tutte le altre cellule del corpo sono pronte a far fronte alla minaccia virale.

Il Sistema Immunitario gioca un ruolo fondamentale nell’organizzare l’eliminazione del virus ed è sostenuto in questo dall’intestino, o meglio dalla flora batterica intestinale (Microbiota). [Continua...]

Continua la lettura su Scienza e Conoscenza n. 75 e scoprirai:

Perchè la nostra immunità dipende dal Microbiota intestinale

Gli integratori consigliati per aiutare il sistema immunitario e il loro CORRETTO utilizzo

Gli antiossidanti, il Glutatione, la lattoferrina, la vitamina C e i fermenti lisati come alleati contro i virus

La micoterapia

La Vitamina D

I modi e i tempi giusti per assumere gli integratori


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