lunedì 22 novembre 2021

Il corpo pensante e la paura


Il corpo pensante e la paura

Psicologia Quantistica

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Le persone sono impaurite perché vivono lontano da loro stesse e dalla loro verità. Essere se stessi senza paura significa invece essere integri rispetto ai valori del proprio cuore, del proprio corpo e della vita.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 21/11/2021

Tratto dal libro La Scienza del Cuore di Carmen Di Muro

«Il corpo è l’arpa dell’anima e sta a noi trarne dolce musica oppure suoni confusi». Khalil Gibran, poeta

C’è un dolore che accade, e che l’uomo non sceglie, che appartiene alla terra ed è parte di un ciclo, fa morire e porta a rinascere: è il dolore della memoria, della fatica di amare, del trovare qualcosa di sé in ciò che si ripete.

Ma dove il tempo fallisce, la ricomprensione di un nuovo scenario di significato è capace di smaltire quel dolore rimettendolo nel ciclo della vita. Paura di deludere le persone, di vergognarsi, di fallire, di scegliere sono le più grandi energie emozionali che causano blocchi nell’organismo.

In definitiva, uno dei mali più grandi della nostra epoca è che abbiamo paura di vivere, vivere per davvero, non sapendo che tutto ciò che facciamo è impregnato dall’energia con cui lo realizziamo.

Ciò che consideriamo come colpa, tanto in noi quanto negli altri, in realtà è paura. Tutto ciò che percepiamo come negativo deriva dalla paura. Se qualcuno è arrabbiato significa che ha paura. Se è scortese è perché ha paura. Se è manipolativo è perché ha paura. Se è crudele è perché ha paura. E come conseguenza cosa succede?

Che un individuo impaurito non può contribuire alla costruzione di alcunché. Un impaurito non può essere creativo e intuitivo perché è troppo impegnato a trovare soluzioni per scappare o, al contrario, per rimaner fermo. Un essere umano impaurito si affida all’informazione caotica che, invece, di rassicurare, separa e frammenta, causando maggiori rischi esterni e interni.

Le persone sono impaurite perché vivono lontano da loro stesse e dalla loro verità. Essere se stessi senza paura significa invece essere integri rispetto ai valori del proprio cuore, del proprio corpo e della vita.

 Essere veri significa, inoltre, non temere di mostrarsi al mondo, di far intravedere non soltanto la forza, ma anche la propria vulnerabilità, svelandosi per ciò che si è!

Miriamo alla perfezione, ma essere perfetti non vuol dire non avere difetti. Nessuno ne è privo! Al contrario, è giovevole smettere di giudicarsi, di servire quel severo padrone che alberga dentro il nostro cuore che ci dice che stiamo sbagliando. Ricordiamoci che la pena è altissima da scontare! Infatti tanto più non ci accoglieremo, tanto più dovremo affrontare lo stress e far pagare al corpo l’ammenda, poiché i blocchi che causeremo proverranno non dalle emozioni in sé, ma dalla resistenza a essere se stessi. La resistenza a chi si è veramente. La resistenza ad accettare il nostro vero scopo e ciò che siamo destinati a essere.

«Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo».
Alexander Lowen, psichiatra

Il nostro corpo è un essere senziente che pensa e agisce per noi, comunicando costantemente i suoi pensieri, i suoi dubbi, le sue perplessità, un interlocutore costante, in filo diretto con il cuore, in attesa di attenzione. E allora iniziamo a porgli questa domanda tanto semplice, quanto potente: «Io chi sono davvero?».

Il corpo essendo riflesso dei moti del nostro cuore, inizierà senza sforzo a far emergere la risposta. Lui è lì, sempre presente, in attesa di liberarsi dal dolore e dalla resistenza. Ascoltare il corpo è un modo positivo per applicare l’intuizione nella vita e rimanere fedeli a noi stessi. Pertanto prendersi del tempo, trascorrendo 5 minuti al giorno in silenzio, diviene il portale di ascolto privilegiato per scoprire cosa “il nostro corpo pensante” cerca di comunicare. Se c’è una parte che ci fa male, sintonizziamo l’attenzione proprio lì, fluendo con il dolore, senza giudicare il sintomo.

Di solito, quando si inizia un cammino di consapevolezza, per scoprire lo scopo autentico della nostra vita, diventiamo an- cora più duri e severi nel soppesare noi stessi. Ricordiamoci che fin quando saremo in questa cosa straordinaria chiamata vita, dovremo sempre affrontare qualche sfida emozionale, fisica e mentale perché è così che si cresce.

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La Scienza del Cuore — Libro >> https://bit.ly/2T15Gz1

Nella Saggezza Cardiaca il Codice della Felicità

Carmen Di Muro

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giovedì 11 novembre 2021

Matrix Divina, rete energetica Universo


Matrix Divina, la rete energetica dell'Universo

Consapevolezza

>> https://bit.ly/3nzZBa4

Siamo un programma di coscienza dell’infinita matrice cosciente, che ci fa essere a nostra volta programmatori della nostra vita.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 10/11/2021

A cura di Elena Sanda Chira, coordinatrice della collana Scienza e Conoscenza

“In principio era il vuoto, brulicante di infinite possibilità, una delle quali sei tu” Vittorio Marchi, fisico e ricercatore di grande attualità, basandosi sulle ricerche dei più grandi fisici quantistici del XX secolo e sulle proprie investigazioni nel regno della materia e dello spirito, rivela la straordinaria capacità del cervello umano di connettersi alla Mente Universale e modificare continuamente la così detta Realtà.

Le cose non sono oggetti, ma coscienza

Nel 1944 Max Planck, padre della “teoria dei quanti”, scioccò il mondo affermando l’esistenza di una matrice energetica da cui tutto ha origine, dalle stelle alle galassie, dai più lontani universi al DNA. La matrice energetica detta Matrix Divina è la rete energetica che sostiene e unifica l’universo.

La visione di Plank era una visione “ribelle” di un’inattesa realtà che stava per rivoluzionare il mondo, condizionato da più di 400 anni dal metodo sperimentale e logico-deduttivo, il quale secondo la scienza galileiana era il solo che poteva portare alla conoscenza. L’affermazione di Plank, considerata l’epoca e la proposizione indimostrabile, fu veramente sconvolgente per l’implicazione sconcertante che aveva, ovvero il concetto che tutto è coscienza.

Werner Karl Heisenberg, lo scopritore della Fisica quantistica, è stato molto chiaro, al riguardo: le cose non sono oggetti, ma solo possibilità della coscienza di divenire una data realtà. Da quel momento la scienza moderna non ha più potuto tornare indietro. Oggi la Matrice di Planck, come viene attualmente chiamata dalla comunità scientifica più avanzata, anche se in realtà si tratta della Matrice divina, viene descritta come una forma di energia quantica che esiste in ogni momento e che è sempre esistita (al posto del cosiddetto “spazio vuoto”); è un PIENO intelligente in cui TUTTO, più che essere connesso, si manifesta in ogni cosa come un continuum.

Il cervello umano è parte della Matrice Divina

Si tratta, cioè, di un qualcosa all’interno del quale ogni evento che si determina in un solo punto ha il potere di riflettersi non localmente in ogni altro punto, oltre a rispecchiarsi ovunque, e di avere un effetto su ogni cosa dell’intero sistema universale (detto UNO).

Se si pensa quindi all’Universo come programma, gli atomi ne rappresentano i bit di informazione: essi sono on, in quanto materia allo stato fisico visibile, oppure off, in quanto onde invisibili. Gli atomi sono anche quelli indicati dal misticismo orientale, millenni di anni prima di Cristo, come unità-evento o unità-processo (quanto, da ka = colui che è, e want = provvidente, in sanscrito), una sintesi riconducibile a un unicum energetico, di cui la massa è solo una concentrazione, un aspetto virtuale. «Noi stessi siamo fatti della stessa materia di quelli» (Stephan Durr, fisico tedesco).

Siamo un programma di coscienza dell’infinita matrice cosciente, che ci fa essere a nostra volta programmatori della nostra vita.

Questo, perché noi siamo un ologramma di quell’immenso Olomero che è la Matrice Divina. In altre parole, è lo stesso processo per cui ogni parte di un tutto contiene l’immagine dell’originale intero, anche se in scala ridotta. La natura olografica dell’Esistente usa questo principio per condividere all’istante e adimensionalmente l’informazione, ragion per cui, istruendo la modalità in virtù della quale ogni parte di sé rispecchia indissolubilmente l’Intero, in modo che l’Intero in ogni sua parte sia UNO, sia pure in scala ridotta.

L’Uno è strutturato in modo che le sue informazioni non locali agiscano simultaneamente dappertutto, secondo un progetto universalmente vivente e intelligente. Ovviamente la modalità di ricezione del programma universalmente cosciente dipende dal nostro programmatore interiore, ovvero dalla nostra specifica, personale “taratura”.

Siamo i creatori della realtà!

Qualunque sia il modo in cui noi osserviamo il mondo che ci circonda, come possiamo continuare a vederlo come reale se l’ESSERE che determina tutto ciò che è reale è intangibile? Chi siamo? Da dove veniamo? Cosa dobbiamo fare? Dove andiamo? Che cos’è la realtà? Ognuno di noi è un enigma? Perché non farci delle domande più profonde, dare inizio a un modo nuovo di stare al mondo, apportare una boccata dì aria fresca e rendere la vita più allegra? Il vero abbaglio della vita è quello di credere nel mistero che il reale esterno sia più reale di quello interno, quando invece il modello scientifico dimostra esattamente il contrario, affermando che quello che accade dentro di noi creerà quello che accade fuori di noi. La domanda, pertanto, è: cos’è la realtà? Gli occhi sono come una lente, ma il “nastro” che realmente sta vedendo è dentro di noi, del cervello, e si chiama plasma visivo. Il cervello è in grado di registrare quello che vede; questo è importante, e l’unico film, proiettato nel cervello, è quello che abbiamo la capacità di vedere. È possibile, allora, che i nostri occhi possano vedere più cose di quante ne riesca a proiettare consapevolmente il nostro cervello?

Candace Pert, neuroscienziata di fama mondiale, afferma: «Per come è fatto il nostro cervello, vediamo solo ciò che crediamo possibile; combiniamo, cioè, schemi che già esistono dentro di noi, a causa dei condizionamenti». Il nostro cervello non sa la differenza tra ciò che avviene là fuori e ciò che avviene qua dentro. Il fatto è che là fuori non c’è qualcosa di indipendente da quello che succede qua dentro. Quando si studia o si osserva la realtà delle cose c’è solo da aspettarsi un Benvenuti nel campo delle infinite creazioni!”

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Io, l'Universio, Dio

Vittorio Marchi

ISBN 9788828509790

Pagine 392 - Formato Brossura - cm 17x24

Casa editrice MACRO EDIZIONI

Edizione 3a Edizione Novembre 2021

Prima edizione Ottobre 2012

www.macrolibrarsi.it/libri/__la-grande-equazione-vittorio-marchi-libro.php?pn=1567


mercoledì 3 novembre 2021

Una rivoluzione in Medicina


Terapia Antiacida: Una rivoluzione alle porte della Medicina

Medicina Integrata

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Come medici sentiamo che una specie di rivoluzione è alle porte ... e aspettiamo con impazienza che la Verità sulla cura dei tumori, finalmente emerga  da  questo  orizzonte,  per  restituirci  la  fiducia  e  la  speranza  in  una  Nuova  Era  della  Medicina.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 02/11/2021

Tratto da La Terapia Antiacida per la cura dei tumori - Di Stefano Fais

Dalla prefazione al libro

- Dott. Domenico Mastrangelo - Genetica Oncologica e Medicina Clinica, Polo Scientifico San Miniato, Università di Siena.

Torna in libreria l’Amico e Collega Stefano Fais... e ci torna, come di consueto, con un altro best seller, dal titolo piuttosto accattivante. La terapia antiacida per la cura dei tumori.

Infatti, non è tanto un approfondimento, convincente e documentato (come sempre!), sulla validità dell’approccio antiacido alla terapia anti tumorale, quanto una proposta operativa e un invito ad ampliare le nostre prospettive, le nostre conoscenze e le nostre (spesso errate!) convinzioni, sulla natura e sulla curabilità della malattia tumorale.

Non c’è bisogno di essere scienziati, per apprezzare e finire col condividere le idee di Stefano, perché, in questa sua nuova opera, con non poca sapienza comunicativa, Stefano ha deciso di far parlare anche i pazienti, riportando le storie di alcuni di essi!

E dati tempi, modi, motivazioni ed organizzazione dell’attuale comunicazione scientifica, si può tranquillamente affermare, senza timore di essere smentiti, che nulla appare più convincente di una testimonianza personale e diretta.

D’altra parte, nelle nostre lunghe telefonate, vivendo entrambi (personalmente, in maniera  più  modesta  e  limitata,  di  quanto  non  faccia  Stefano!)  la magica  visione di  un orizzonte che va molto al di là degli spazi, spesso troppo angusti, che l’approccio chemioterapico lascia, alla speranza dei pazienti affetti da tumore, ci ritroviamo sempre sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda!

Sentiamo che una specie di rivoluzione è alle porte ... e aspettiamo con impazienza che la Verità sulla cura dei tumori, finalmente emerga  da  questo  orizzonte,  per  restituirci  la  fiducia  e  la  speranza  in  una  Nuova  Era  della  Medicina,  che  finalmente  prenda  le  distanze  dal  concetto  di  cura  intesa  come  “guerra” alla malattia, e riporti la persona, nella sua interezza, al centro dell’attenzione.

In una lettera accorata a Ralph Moss, giornalista scientifico, autore del libro The cancer rebellion: hope and betrayal (La ribellione del cancro: speranza e tradimento), il doppio premio Nobel Linus Pauling scriveva:

“Tutti dovrebbero sapere che la “guerra al cancro” è una frode grossolana e che il National Cancer Institute e l’American Cancer Society sono derelitte, nei loro doveri nei confronti delle persone che le sostengono”.

In queste semplici e schiette parole di un grande scienziato, e nel coraggio civile di  scienziati  del  calibro  di  Stefano  Fais,  che  non  hanno  paura  di  dire  la  Verità  e  di divulgarla, per il bene di tutti, possiamo, finalmente, ritrovare la speranza che avevamo perduto!

SCOPRI IL LIBRO DEL DOTT. STEFANO FAIS

La terapia antiacida è molto efficace nel bloccare la crescita tumorale. Un metodo di cura dei tumori basato su tantissime evidenze scientifiche raccolte dal 2004 dal dott. Stefano Fais e dal suo gruppo di ricerca.

In questo libro l’autore presenta in maniera chiara e dettagliata la terapia antiacida per la cura dei tumori.

Leggendo queste pagine scoprirai:

qual è l’attuale terapia dei tumori

perché ogni paziente va considerato per la propria personale vita vissuta e non solo per lo stadio della sua malattia

la correlazione che c’è tra tumori e acidità

cos’è il trattamento antiacido e le evidenze scientifiche che provano che funziona

perché i tumori sono malattie e non condanne a morte

le storie e le testimonianze di pazienti guariti

gli indirizzi utili e i riferimenti bibliografici


La Terapia Antiacida per la Cura dei Tumori — Libro >> https://bit.ly/36pW0yV

Stefano Fais

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martedì 2 novembre 2021

Cervello, intestino, microbiota: un legame a vita


Cervello, intestino, microbiota: un legame che dura tutta la vita

Medicina Integrata

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Il  microbiota,  in  tutti  i  suoi  aspetti  e  sistemi  dell’organismo  in  cui  è  operante,  è  stato il compagno costante nella vita degli esseri viventi nel corso dell’evoluzione, permettendo, molto probabilmente, l’evoluzione stessa.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 31/10/2021

Tratto dal libro Cervello-Intestino, un legame indissolubile - di Stefano Manera

Il microbiota intestinale rimane il nostro fedele compagno per tutta la vita, dalla nascita alla morte. Esso inizia a formarsi proprio quando ognuno di noi è ancora nel ventre materno; è lì che si forma il primo nucleo colonizzatore di  quello  che  diventerà  il  microbiota  adulto  che  sarà  in  grado  di  condizionare  lo  stato della nostra salute, così come della nostra malattia. Ma non solo.

Esso sarà in grado di condizionare anche l’invecchiamento e i processi che la medicina moderna definisce col termine di aging. Proprio  in  tale  ottica,  questo  ricco  ecosistema  non  è  statico,  ma  piuttosto  è  in  uno stato costante di flusso, in continuo divenire. In ogni individuo, il microbiota presenta  piccole  variazioni  giornaliere  o  stagionali  della  sua  composizione  che  dipendono da molteplici fattori, ma queste fluttuazioni diventano più evidenti quando  osserviamo  la  vita  di  un  individuo  nella  sua  interezza.

Nella  prima  infanzia  e  nella  vecchiaia,  il  microbiota  è  piuttosto  diverso  dal  tipico  microbiota  intestinale  adulto.  In  questi  due  periodi  della  vita,  che  sono  infatti  molto  delicati  e  presentano caratteristiche proprie, il microbiota non solo è molto reattivo alle influenze esterne (compresi eventuali trattamenti farmacologici), ma è anche molto influente per quanto riguarda lo stato di salute generale dell’individuo.

È risaputo che le neuroscienze  identificano  la  prima  infanzia  come  un  periodo  estremamente  delicato  nell’evoluzione cognitiva del soggetto: è un momento temporale in cui il cervello è più sensibile e vulnerabile agli stimoli ambientali, ed è in questo periodo che si forma il linguaggio e prende corpo la capacità cognitiva. È stato ipotizzato che questi periodi così sensibili della vita, coincidenti con una maggior delicatezza del microbiota intestinale, corrispondano a periodi sensibili per lo sviluppo o per il declino di altri sistemi corporei, come ad esempio il sistema immunitario, il sistema ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), l’asse cervello-intestino e il sistema neuropsichico in generale.

Nella prima infanzia, inoltre, il microbiota intestinale gioca un ruolo decisivo per il corretto sviluppo del sistema immunitario del bambino e tutto questo si rifletterà inevitabilmente nel quadro più generale della salute e della malattia del soggetto adulto. Ogni azione terapeutica eseguita su un bambino, compresi gli interventi medici, farmacologici  e  nutrizionali,  è  in  grado  di  condizionare  in  maniera  estremamente  precisa lo sviluppo psicofisico successivo di ogni persona.

LE PRIME FASI DELLA VITA

Sappiamo  quando  inizia  la  colonizzazione  dell’intestino  da  parte  dei  nostri  amici  batteri? Effettivamente no e c’è più di qualche controversia a riguardo. Studi recenti che riportano l’esistenza di un microbiota placentare e una conseguente colonizzazione già durante la vita intrauterina del feto sono smentiti da altri studi  che  suggeriscono  che  questi  risultati  sono  influenzati  dalla  contaminazione,  dato che la placenta e l’utero si ritiene siano sterili. La  colonizzazione  intrauterina  tuttavia  non  sembrerebbe  avere  un  effetto  così  importante sulla composizione del microbiota postnatale rispetto alla fondamentale colonizzazione che avviene durante la nascita.

Questo tuttavia non è un dettaglio di poco conto quando parliamo dell’impatto del trasferimento prenatale di microrganismi dalla madre al bambino, anche in basso numero. La fisiologia della gravidanza ci insegna che i tessuti materni aumentano la loro permeabilità.  Non  è  un  mistero  che  le  donne  che  aspettano  un  figlio  riferiscano  aumento  ponderale  e  spesso  lamentino  gonfiore  e  ritenzione  idrica.

La  Natura  in  quel periodo decide che la donna debba essere il “deposito” energetico del bambino che si sta formando e che debba potergli così trasferire parte delle sue informazioni, batteri compresi. Il passaggio (fondamentale e ancora poco compreso) può avvenire solo se i tessuti diventano permeabili. La sperimentazione su animali ha constatato ad esempio che lo stato germ-free durante la gravidanza ha effetti drammatici sullo sviluppo della prole nei roditori.

In questo caso sono evidenti gli effetti sulla permeabilità della barriera emato-encefa-lica, con un aumento della stessa e una bassa espressione della proteina a giunzione stretta chiamata occludina; questi effetti perduravano anche dopo la nascita e nell’età adulta.

È  importante  sottolineare  che  questo  studio  ha  identificato  che  l’integrità  della  barriera  emato-encefalica  potrebbe  essere  ripristinata  attraverso  la  ricolonizzazione  postnatale  del  microbiota,  definendo  quindi  un  preciso  ruolo  causale  del  microbiota  nello  sviluppo  della  barriera  emato-encefalica  stessa.

Questo  aspetto  potrebbe essere di enorme importanza soprattutto nella correlazione tra disbiosi e patogenesi dei disturbi del neurosviluppo. In questo senso, i fattori materni prenatali implicati nell’insorgenza o nel mantenimento della disbiosi sono molti (ad esempio dieta, obesità, attivazione del sistema immunitario, stress) e sono tutti noti per alterare il corretto sviluppo neuropsichico della prole sia nei nei roditori che negli esseri umani.

È difficile dare una definizione rigorosa di quello che potrebbe essere un microbiota sano durante i primi anni di vita. Tuttavia, è noto che esso tende a svilupparsi intorno  a  specie  che  colonizzano  precocemente  l’intestino  costituendone  il  primo  nucleo e modellandone la composizione a lungo termine. Subito dopo la nascita, il microbiota è tipicamente costituito da Enterobacteriaceae, Bifidobacteriaceae e Clostridiaceae; man mano che il bambino cresce, si assiste a un incremento dei batteri anaerobi  obbligati  con  un  aumento  della  biodiversità  complessiva,  raggiungendo  livelli simili a quelli degli adulti verso il primo anno di vita, periodo che coincide con lo svezzamento e il passaggio all’assunzione di cibi solidi.

La differenziazione del microbiota  aumenta  fino  ai  tre  anni  circa  di  età.  Lo  svezzamento e questo rapido sviluppo del microbiota si  sono  dimostrati  fondamentali  per  la  protezione  contro la genesi di patologie  autoimmuni  nei  topi.  Tuttavia,   anche   dopo   lo   svezzamento, il microbiota continua  a  cambiare,  ma  la   sua   composizione   nei   bambini  sani  (misurato  a  7-12  anni  di  età)  rimane  significativamente diversa da quello dell’adulto.

[...continua la lettura sul libro Cervello-Intestino un legame indissolubile - di Stefano Manera]


Cervello Intestino: un Legame Indissolubile — Libro >> https://bit.ly/3jSt4Jq  

Il ruolo del microbiota intestinale nelle nostre relazioni fisiche, mentali e psicoemozionali

Stefano Manera

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lunedì 1 novembre 2021

Mente e Corpo: un'unita'


Mente e Corpo: un'unita'

Medicina Integrata

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Sin dalla notte dei tempi, l’uomo ha sempre considerato il corpo e la mente all’interno di una concezione dualistica, ovvero come elementi tra loro indipendenti, per poter spiegare fenomeni che altrimenti non sarebbero stati compresi, come i pensieri, il dolore fisico e la morte. Il dualismo consentiva anche di distinguere gli esseri viventi da quelli non viventi e, in termini più ampi, di poter esprimere più semplicemente concetti morali, religiosi e filosofici.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 30/10/2021

Tratto dal libro Cervello-Intestino un legame indissolubile - di Stefano Manera

La distinzione tra mente e corpo, cioè la visione dualistica, senza dubbio fu molto chiara inizialmente, addirittura lineare, ma per molti filosofi parve poco convincente.

Anticamente la mente e l’anima erano considerate essere la stessa cosa: era l’anima che distingueva l’uomo dagli animali e che lo rendeva un essere pensante; ed era ancora l’anima che “animava” un essere non vivente, portandolo alla vita.

Ad esempio, Aristotele, Ippocrate, Giovenale e san Tommaso d’Aquino consideravano il corpo naturalmente abitato da una forza spirituale, appunto l’anima, e non avevano una visione dualistica.Nelle Satire di Giovenale (redatte dopo il 127 d.C.) si legge la famosa locuzione mens sana in corpore sano (mente sana in corpo sano), con essa intendendo che, per aver sane le facoltà dell’anima, bisogna aver sane anche quelle del corpo.

Giovenale riteneva che mente e corpo fossero distinte, ma strettamente interconnesse. Nella tradizione cristiana, anima e corpo furono sempre considerati distintamente con precise caratteristiche morali, in una visione dualistica molto evidente nelle usanze di mortificare e punire il corpo per elevare maggiormente l’anima verso Dio, separando cioè ciò che era considerato terreno, quindi peccaminoso, da ciò che era considerato puro.

San Tommaso sosteneva che l’anima sopravvivesse al corpo dopo la morte, ma che fosse destinata a unirsi nuovamente a esso, in occasione della risurrezione finale dei  corpi,  poiché  nella  sua  interpretazione  filosofica  e  teologica,  sarebbe  stato  inconcepibile considerare la forma senza la materia e la materia senza la forma, ovvero corpo e spirito separati.

Da un punto di vista storico, il dualismo corpo-mente è stato per lungo tempo visto  nell’ottica  del  dualismo  materia-spirito  e  il  maggior  responsabile  di  questo  modo  di  vedere  la  realtà  è  stato  certamente  Cartesio,  che  definì  l’anima  come  res cogitans in opposizione al corpo definito come res extensa.

Questa  tesi  fu  considerata  ben  presto  insostenibile  e  gli  studiosi  della  mente  dell’ultimo secolo identificarono e sottolinearono tale errore gnoseologico in maniera molto precisa, come ha fatto ad esempio Antonio Damasio, dedicando a questo argomento un intero saggio*.

La  teoria  cartesiana,  tuttavia,  ebbe  molto  successo  nelle  teorizzazioni  etiche  e  pedagogiche  sino  agli  inizi  del  XX  secolo.  La  concezione  di  un’anima  intelligente  che dirige il corpo, semplificava molto l’etica, la prassi educativa e le regole religiose attraverso la contrapposizione tra spirito e carne: le persone dovevano essere educate a dominare le esigenze del corpo attraverso la volontà.

Le azioni umane venivano interpretate e giudicate come atti dettati esclusivamente dal libero arbitrio.

L’UNITÀ PSICOFISICA

Nel XIX secolo accadde però qualcosa di nuovo: l’attenzione cominciò a rivolgersi ai rapporti tra corpo e spirito e sempre meno alla loro opposizione. In quegli anni venne teorizzato il concetto di unità psicofisica per indicare quella connessione  esistente  tra  gli  stimoli  recepiti  dal  corpo  e  la  percezione  a  livello  di  coscienza e, viceversa, la connessione tra sentimenti, stati d’animo e traumi psichici nel comportamento somatico.

Prese quindi corpo il concetto di unità psicofisica partendo dalle ricerche di Gustav Theodor Fechner sui fenomeni psicofisici, sulla sensazione e sulla percezione. Il biennio 1860-1861 fu un periodo importante poiché, innanzi tutto, fu elaborata  la  famosa  legge di Weber-Fechner,  ovvero  uno  dei  primi  tentativi  di  descrivere  la  relazione  tra  stimolo  e  percezione,  e  in  secondo  luogo  perché  furono  scritti  da  Fechner  stesso  due  importanti  saggi:  Elementi  di  psicofisica  (1860)  e  Sul  problema  dell’anima (1861).

Ma fu solo agli inizi del XX secolo che si ebbe la svolta significativa rispetto al problema  dell’unità  psicofisica  attraverso  molteplici  autori  e  i  loro  relativi  lavori;  pensiamo  a  William  James  e  a  Sigmund  Freud,  l’“ideatore”  della  psicoanalisi,  dsciplina in cui l’interesse per il corpo e per la relazione corpo-mente è presente fin dalla sua nascita attraverso lo studio sulle pulsioni.

Ma pensiamo anche agli studi sulla psicogenesi delle forme del pensiero, al cognitivismo di Jean Piaget, agli svi-luppi della medicina psicosomatica, alla filosofia energetistica di Henri Bergson, alla teologia  evoluzionistica  di  Teilhard  de  Chardin  e  alla  fenomenologia  a  partire  da  Edmund Husserl in poi.

La psicologia studia la coscienza senza riferirsi a organi del corpo o a componenti microscopici dell’organismo umano, come neuroni e gangli, ma a esperienze vissute dall’individuo che è considerato come una realtà fisica, vivente, che parla e agisce.

Oggi  sappiamo  che  l’esperienza  non  esiste  in  sé,  ma  è  un  vissuto  soggettivo  e  individuale. Fu questo l’errore in cui cadde Cartesio definendo il pensiero come res cogitans.

Il nostro bisogno di avere delle definizioni si esprime con identificazioni e riferimenti a cose e a situazioni intese oggettivamente; in questo modo la coscienza diviene necessariamente qualcosa di estraneo al corpo e al quale dovrà essere necessariamente collegata.

VIVERE È CONOSCERE

La realtà è invece che la coscienza non è assolutamente estranea al corpo, ma è un tutt’uno. È così che nasce il concetto di unità psicofisica: coscienza e organismo fis-co non sono due realtà a sé stanti e di cui dobbiamo studiare le reciproche influenze, ma costituiscono la stessa realtà umana vissuta dal soggetto. Abbiamo  sentito  spesso  proferire  distinzioni  come:  sofferenze  dell’anima  e  del  corpo, educazione della mente e del corpo, malattie mentali e malattie fisiche e così via.

Tutte queste espressioni, tuttavia, sono estremamente devianti perché inducono a  credere  che  mente  e  corpo  siano  ambiti  separati  e,  magari,  meritevoli  di  cure  e  attenzioni distinte.

L’unità psicofisica è invece il nuovo modo di considerare l’uomo in contrapposizione al dualismo psicofisico, concetto che ha preso corpo sostanzialmente a causa delle carenze e dei limiti del linguaggio umano, il quale non può parlare degli stati soggettivi se non attraverso l’oggettivazione; ed è proprio così che la coscienza diventa una res (per quanto cogitans) in opposizione al corpo.

[continua la lettura sul libro Cervello-Intestino un legame indissolubile - di Stefano Manera]


Cervello Intestino: un Legame Indissolubile — Libro >> https://bit.ly/3jSt4Jq

Il ruolo del microbiota intestinale nelle nostre relazioni fisiche, mentali e psicoemozionali

Stefano Manera

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