venerdì 31 luglio 2015

Che cos'è la medicina quantistica

Che cos'è la medicina quantistica: intervista a Piergiorgio Spaggiari

Dalla risonanza magnetica nucleare alle medicine non convenzionali: intervista a Piergiorgio Spaggiari

La redazione S&C - 28/07/2015



Che cos'è la medicina quantistica: intervista a Piergiorgio Spaggiari

Piergiorgio Spaggiari, fisico e medico, già docente universitario e ricercatore del CNR, nonché già direttore generale di importanti aziende ospedaliere della regione Lombardia (Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano, Azienda Ospedaliera Valtellina Val Chiavenna, Azienda Ospedaliera della provincia di Lodi, Azienda Ospedaliera di Cremona).

Nell’agosto del 2001 il prof. Spaggiari viene invitato in Cina, dove tiene una serie di relazioni e conferenze magistrali: Il Primo Ospedale  del Popolo lo nomina “Professore honoris causa” nel proprio staff di Primari. Analogamente, nell’ottobre 2007, mentre è direttore Generale a Lodi, Spaggiari viene insignito della Laurea Honoris Causa dell’Università di Odessa: a motivo delle sue ricerche, sperimentazioni e risultati nell’impegno di campi elettromagnetici ultra deboli per la terapia di alcune patologie. È un luminare e un divulgatore di fama internazionale sui nuovi paradigmi della medicina.

Lo abbiamo incontrato telefonicamente per farci spiegare i meccanismi e gli aspetti biofisici del corpo umano che vanno a integrare la visione biochimica alla base della medicina tradizionale, aprendo prospettive di diagnosi e di cura sempre più complete, integrate e olistiche.

Le sensazionali scoperte della fisica quantistica stanno lentamente facendosi spazio nella cultura umana occidentale e nei suoi vari ambiti scientifici e applicazioni. Anche la medicina è stata interessata da questo fenomeno. Se dovesse farci una panoramica generale come si potrebbe riassumere questa rivoluzione in atto?
A partire dalla scoperta della Risonanza Magnetica Nucleare, oggi è dimostrato che immergendo un corpo umano all'interno di un campo magnetico ottenuto dalla somma di un campo magnetico permanente ed un campo magnetico variabile, le cellule dell'organismo ubbidiscono alle sollecitazioni del campo magnetico generato.
Il comportamento è analogo per tutti gli esseri viventi: vegetali, animali, uomo e donna. Si tratta di una grandissima scoperta, in quanto prima si riteneva che la medicina fosse unicamente basata su reazioni di tipo biochimico mentre così si è dimostrato che le cellule sono soggette anche a reazioni di tipo biofisico.
Per capire bene di cosa si tratta desidero fare un'analisi semantica della terminologia "Risonanza Magnetica Nucleare”.
Il termine "Nucleare": è relativo allo studio del comportamento del nucleo di idrogeno, ci si può chiedere per quale motivo l’idrogeno. La spiegazione è che, siccome il nostro organismo è fatto di acqua e l’acqua è presente in tutti gli apparati del corpo umano, l’idrogeno è presente anche nella cellula e fuori dalla cellula.
Il termine “Magnetico”: è relativo alla presenza del campo elettromagnetico generato (somma di un campo elettromagnetico permanente ed uno variabile) 
Il Termine “Risonanza”: indica che le cellule risuonano, obbediscono a sollecitazioni di campo elettromagnetico esterno.
La Risonanza magnetica Nucleare è lo strumento più importante, nella diagnostica, in quanto ci permette di avere immagini meravigliose sull’apparato scheletrico, sulle parti molli, sugli apparati vascolari, sul sistema nervoso e sul cervello e tutto ciò attraverso sollecitazioni e variazioni di campi elettromagnetici.

Partendo dalla Risonanza Magnetica Nucleare e dal suo funzionamento, che lei ci ha così ben spiegato, si arriva anche a comprendere i meccanismi e le basi scientifiche di alcune medicine non convenzionali, come ad esempio l'omeopatia?
La dimostrazione che noi abbiamo fatto sulla risonanza magnetica nucleare può aprire la mente per farci comprendere e giustificare alcuni fenomeni delle medicine non convenzionali che non riuscivamo a capire fino in fondo.
Mi spiegherò con un esempio: il farmaco omeopatico è ottenuto dalla diluizione in acqua di sostanze chimiche al di là del numero di Avogadro, che come tutti sanno è una legge fondamentale della chimica, che dimostra che al di sopra di tale limite non esiste più presenza nell’acqua della sostanza di partenza. Quindi sembrerebbe che il prodotto omeopatico così ottenuto, non contenendo più nessuna sostanza, come dice qualche importantissimo farmacologo italiano,  sia acqua fresca.
Ci si può domandare quindi quale può essere l’effetto curativo di un prodotto omeopatico. Ricorrerò alla scoperta di Einstein che ha dimostrato che qualunque sostanza che ha massa, ha anche energia; ovvero esiste il principio di dualità tra massa ed energia; ecco qual è la spiegazione, nella sostanza omeopatica non abbiamo più la presenza della massa di partenza ma nell’acqua (al di là del numero di Avogadro) è rimasta l’energia sottesa a quella massa, e quindi i domini di coerenza dell’acqua sono stati influenzati da quell’energia che è rimasta in memoria nella struttura dell’acqua. Il rimedio omeopatico andrà ad influenzare l’organo che oscillerà alla stessa frequenza del rimedio, per Bio-risonanza.

Abbiamo parlato di risonanza, di frequenza, di energia: si sta affacciando sulla scena della medicina una nuova visione dell'essere umano?
La cosa nuova che scaturisce da tutto quello che abbiamo detto sino ad ora è che ogni organo del corpo umano risuona su una precisa gamma di frequenza.
I concetti che abbiamo espresso ci permettono di affermare che ogni organo al di là delle differenze strutturali, anatomiche, fisiologiche e patologiche, è in grado di risuonare quando viene sollecitato da campi elettromagnetici esterni.   In altri paesi questi aspetti di medicina quantistica o di Bio-risonanza, si stanno sviluppando in ambito accademico e sono già riconosciuti dai sistemi sanitari di quei paesi, come la Germania, l’Inghilterra ed altri ancora. Nel nostro paese questi aspetti suscitano ancora diffidenza nell’ambito sanitario, nonostante siano sempre più attive nuove opportunità e nuove tendenze.

Oltre alla risonanza magnetica nucleare, ci sono altri strumenti diagnostici e terapeutici che lei utilizza nel suo lavoro e che sfruttano i principi della biofisica?
Assolutamente si, per quanto riguarda la terapia, io utilizzo una macchina di Risonanza Ciclotronica che è stata sviluppata da alcuni fisici italiani e che si basa su una legge di un fisico russo, Liboff, li quale ha scoperto un principio che permette alla cellula dell’organismo umano di riassorbire ioni che la cellula stessa può perdere quando le cellule vengono immerse in un campo magnetico permanente ultra debole al quale viene sommato un campo magnetico variabile la cui frequenza è pari alla frequenza di rotazione dello ione che deve essere riassorbito. L’intensità dei campi è una intensità molto bassa dell’ordine di grandezza del campo elettromagnetico terrestre.

Un apparecchio sia diagnostico che terapeutico talvolta utilizzato dai medici non convenzionali è quello dell'EAV (elettroagopuntura di Voll). Esso rappresenta una sintesi eccellente tra conoscenze delle medicine tradizionali orientali e tecnologia occidentale. Si tratta di una apparecchiatura efficace secondo lei?
Si tratta di un'apparecchiatura molto utilizzata in diversi paesi e anche in Italia, ma che funziona in base a meccanismi un po' diversi rispetto a quelli sopra citati: si tratta di fornire energia o sottrarla ai punti dell’agopuntura tradizionale cinese e in altri punti individuati dallo stesso Voll, al fine di curare determinate patologie. Così come sono stati dimostrati gli effetti positivi dell'agopuntura lo sono quelli dell'elettroagopuntura.

L'interazione tra membrane cellulari e campi magnetici ELF (extremely low frequency) è assodata in biofisica. Quali sono le sue conseguenze più rilevanti in medicina?
I campi elettromagnetici in cui siamo ormai siamo costantemente immersi ci fanno ammalare?
Come abbiamo detto gli esseri umani sono circuiti risonanti e quindi possono risuonare su campi elettromagnetici che possono comportare effetti negativi oppure possono risuonare su campi elettromagnetici favorevoli e quindi con effetti positivi.
È indubbio che campi elettromagnetici di frequenze molto elevate quali i campi elettromagnetici di emittenti radiofoniche, televisive, ripetitori, telefonini, sistemi di trasmissione elettrica ad alta tensione, possono influire negativamente sulla salute degli esseri viventi e quindi è consigliabile avere particolare attenzione a non essere soggetti ad intensità di campo così elevate per tempi relativamente lunghi.
Oggi i telefoni cellulari funzionano anche in galleria o in miniere, possiamo immaginare cosa possono fare al nostro cervello questi campi che oltrepassano le montagne quando li teniamo serrati al nostro orecchio. D'altra parte è vero che di certa tecnologia non possiamo più fare a meno: lo strumento che abbiamo a disposizione per difenderci dagli effetti negativi dei campi elettromagnetici è la conoscenza e la consapevolezza.
Quello che possiamo fare è mettere in campo tutte le strategie che abbiamo per difenderci: ovvero utilizzare il vivavoce o gli auricolari per il telefonino, non mettere a disposizione dei bambini i telefoni cellulari, evitare i collegamenti wireless, fare sì che la nostra casa e i luoghi di lavoro siano ambienti sani e privi di inquinamento elettromagnetico.


Questo articolo è tratto dalla rivista 51

Scienza e Conoscenza - n. 51 >> http://goo.gl/8Szlgh
Nuove scienze, Medicina non Convenzionale, Consapevolezza
Editore: Scienza e Conoscenza - Editore
Data pubblicazione: Febbraio 2015
Formato: Rivista


giovedì 30 luglio 2015

Che cos'è la Sintropia

Che cos'è la Sintropia

Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico e conferenze scelte

di Luigi Fantappiè



Che cos'è la Sintropia

Tutte le leggi fisiche che governano il nostro mondo descrivono una realtà in dissipazione in cui tutto si disperde, si livella, si mescola: l'entropia dell'Universo conduce verso una degradazione della materia e dell'energia fino alla morte termica.

Nel 1942 il matematico Luigi Fantappié ha proposto una teoria rivoluzionaria, che si oppone al concetto di entropia, presentando una teoria che prevede, al contrario, una visione prospettica della realtà che ci circonda, decisamente più positiva.

La sua "teoria unitaria del mondo fisico e biologico" tenta di collegare armonicamente, in una visione unitaria, i fenomeni fisici, chimici e biologici e dimostrare che in natura esiste una doppia tendenza: una verso l'ordine e l'altra verso il disordine.

Distinguendo i fenomeni entropici, che corrispondono ai fenomeni fisici e chimici, dai fenomeni "sintropici", ovvero i fenomeni biologici, della vita e perché no, della psiche, Fantappié distingue tra il principio di causalità e il principio di finalità.

Data la sua grande importanza e attualità, la teoria viene qui riproposta in un volume curato dal più illustre degli allievi di Fantappié, Giuseppe Arcidiacono, insieme ad una serie di conferenze nelle quali Fantappié espone in forma semplice e divulgativa le sue idee, alla ricerca di una visione armonica ed unitaria del cosmo e della vita.

Attenzione questo testo è la ristampa del testo Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico.


Luigi Fantappié è nato a Viterbo il 15 settembre 1901 e ha frequentato l'Università di Pisa come normalista, laureandosi con lode in matematica pura il 4 luglio del 1922. Dal 1922 al 1924 è stato presso varie Università straniere, nel 1926 ha vinto la cattedra di Analisi Algebrica all'Università di Firenze e nel 1927 la cattedra di Analisi Infinitesimale all'Università di Palermo. Nel 1929 ha vinto la medaglia d'oro per la matematica della Società Italiana delle Scienze (detta XL). Nel 1931 l'Accademia dei Lincei gli assegnò il Premio Reale per la Matematica, e l'Accademia d'Italia il Premio Volta. Dal 1934 al 1939 è andato in America Latina, a San Paolo in Brasile, a fondare l'Istituto matematico in quella Università. Nel 1939 è stato chiamato alla cattedra di Alta Analisi dell'Istituto Nazionale di Alta Matematica dell'Università di Roma (fondato e diretto da Francesco Severi) e di cui è stato vicepresidente. È morto a Bagnaia di Viterbo il 28 luglio 1956, a soli 55 anni di età


Luigi Fantappiè
Che cos'è la Sintropia >> http://goo.gl/SRx1uJ
Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico e conferenze scelte
Editore: Di Renzo Editore
Data pubblicazione: Dicembre 1993
Formato: Libro - Pag 288 - 15x21
Ultima ristampa: Marzo 2011


mercoledì 29 luglio 2015

Intuizione: scopri i poteri della mente superconscia

Intuizione: scopri i poteri della mente superconscia

La mente superconscia ci invia messaggi e indicazioni attraverso i sogni, o sottoforma di sentimenti di anticipazione, presentimenti, intuizioni e ispirazioni

di Antonella Vannini e Ulisse Di Corpo - 30/07/2015



Intuizione: scopri i poteri della mente superconscia

Che cos'è l'intuizione? Come possiamo spiegare i sogni premonitori, i sentimenti di anticipazione, le ispirazioni?

Secondo la teoria della sintropia del matematico italiano Luigi Fantappié il livello Superconscio della mente rappresenta quella parte dell’essere che è in diretto contatto con la fonte della sintropia: l’attrattore. L’attrattore riceve le esperienze degli individui, seleziona quelle utili per la sopravvivenza e le condivide, sottoforma di emozioni.
L’attrattore offre soluzioni e risposte, e la connessione con esso è fondamentale per il nostro benessere e per la nostra evoluzione. La mente superconscia ci invia messaggi e indicazioni attraverso i sogni, o sottoforma di sentimenti di anticipazione, presentimenti, intuizioni e ispirazioni. Viene anche indicata come anima, coscienza trascendentale, spirituale, mistica o pura coscienza, in quanto dà accesso a un livello superiore di conoscenza che ci collega con il fine e il significato ultimo della nostra esistenza. Le proprietà della mente superconscia sono molte, una particolarmente importante è l’intuizione.

La famosa equazione energia/massa (E=mc2), oggi associata al nome di Albert Einstein, era stata in realtà già pubblicata dall’inglese Oliver Heaviside nel 1890, dal francese Henri Poincaré nel 1900, e dall'italiano Olinto De Pretto nel 1903. Il merito di Einstein fu di averla generalizzata a tutti i sistemi di riferimento, aggiungendo ad essa il momento (p), ossia la quantità di moto, e trasformandola in un’equazione quadratica che ha sempre due soluzioni: una a segno positivo (+E), che descrive energia che diverge da una causa passata, e una a segno negativo (-E), che descrive energia che diverge a ritroso nel tempo da una causa futura. Nel 1941 il matematico Luigi Fantappiè scoprì che la soluzione a segno positivo è governata dalla legge dell’entropia, mentre la soluzione a segno negativo è governata da una legge simmetrica all’entropia che Fantappiè stesso denominò sintropia, la quale implica concentrazione di energia, aumento di complessità e di differenziazione, con conseguente formazione di strutture e di ordine. Elencando le proprietà della soluzione a segno negativo, il geniale matematico si rese conto che esse ripropongono le stesse proprietà tipiche della vita, giungendo così alla conclusione che il mondo biologico è attratto dal futuro, mentre il mondo fisico è causato dal passato. Esisterebbero pertanto due tipi di causalità, una fisica e visibile e una non fisica e invisibile che tende a dei fini collocati nel futuro (Supercausalità).

Il modello supercausale della coscienza

Partendo dal questo modello supercausale, il matematico Chris King fa notare che ci troviamo continuamente di fronte a biforcazioni tra informazioni apprese provenienti dal passato e intuizioni provenienti dal futuro. Poiché le biforcazioni obbligano a operare scelte, King ha formulato un modello supercausale della coscienza secondo il quale il libero arbitrio nasce dal costante incontro tra passato e futuro, nella forma di informazioni apprese (passato) e intuizioni (futuro).
Dal momento che la soluzione positiva e la soluzione negativa delle equazioni fondamentali sono perfettamente bilanciate, una quantità analoga di sollecitazioni arriva dal passato e dal futuro e ciò potrebbe spiegare la perfetta divisione del cervello in due emisferi, dove l’emisfero sinistro è la sede del ragionamento logico e razionale, sollecitato dal passato e dalle informazioni apprese, mentre l’emisfero destro è legato alle intuizioni.
Il modello supercausale rende questa ipotesi ancora più complessa introducendo nel disegno il sistema nervoso autonomo e, più precisamente, il plesso solare. Il plesso solare viene qui considerato come la parte del corpo attraverso la quale l’energia vitale entra nel nostro organismo alimentando i processi, altamente automatizzati, del sistema nervoso autonomo. In questo modello, il plesso solare è anche la sede del nostro Sé, il nostro sentire di esistere. Quindi, mentre la testa è sede del libero arbitrio, il plesso solare e il cuore sarebbero la sede del sentire.

I tre livelli della mente

Il modello supercausale suggerisce che la mente è organizzata su tre livelli: il livello conscio (associato alla testa e al libero arbitrio), il livello inconscio (associato al sistema nervoso autonomo e ai processi vitali altamente automatizzati) e il livello superconscio (associato all’attrattore e alla finalità dell’esistenza).
Il livello Conscio della mente, sul quale siamo sintonizzati durante le ore di veglia, ci collega alla realtà fisica dell’esistenza. Questo livello media le sollecitazioni che provengono dal sistema nervoso autonomo, cioè dal livello inconscio ed emozionale, con il piano fisico della realtà. La funzione principale della mente conscia è quella di portarci a decidere in modo vantaggioso per la nostra sopravvivenza. La mente conscia è caratterizzata dal libero arbitrio.
Il livello Inconscio della mente dirige le funzioni vitali del corpo, dette involontarie, come il battito cardiaco, la digestione, le funzioni rigeneratrici, la crescita, lo sviluppo e la riproduzione. Inoltre, attua programmi altamente automatizzati, permettendoci di svolgere molti compiti, anche complessi, senza la necessità di un controllo conscio (ad esempio guidare l’auto, andare in bicicletta e camminare). Non si ha accesso alla mente inconscia in modo diretto, se non durante i sogni, o attraverso tecniche di rilassamento e di meditazione e in stati alterati di coscienza come la trance ipnotica.

Il livello Superconscio della mente rappresenta quella parte dell’essere che è in diretto contatto con la fonte della sintropia: l’attrattore. L’attrattore riceve le esperienze degli individui, seleziona quelle utili per la sopravvivenza e le condivide, sottoforma di emozioni. L’attrattore offre soluzioni e risposte, e la connessione con esso è fondamentale per il nostro benessere e per la nostra evoluzione. La mente superconscia ci invia messaggi e indicazioni attraverso i sogni, o sottoforma di sentimenti di anticipazione, presentimenti, intuizioni e ispirazioni. Viene anche indicata come anima, coscienza trascendentale, spirituale, mistica o pura coscienza, in quanto dà accesso a un livello superiore di conoscenza che ci collega con il fine e il significato ultimo della nostra esistenza. Le proprietà della mente superconscia sono molte, una particolarmente importante è l’intuizione. Per comprendere meglio come il superconscio interagisce con il conscio, è utile riportare le parole del matematico Henri Poincaré (1854-1912). Poincaré notò che quando si trovava di fronte a un nuovo problema da risolvere, iniziava utilizzando un approccio cosciente e razionale che porta a conoscere le caratteristiche e gli elementi del problema. Le opzioni sono spesso molte se non infinite e ci vorrebbe molto tempo per valutarle tutte. Tuttavia, un qualche altro tipo di processo sembra operare. Questo processo agisce a livello inconscio e seleziona l’opzione corretta, tra tutte quelle possibili. Poincaré indicava questo meccanismo con il termine intuizione, un processo inconsapevole attraverso il quale arriviamo alla soluzione del problema senza doverci ragionare sopra. «Lo studio della genesi delle scoperte matematiche» – scriveva Poincaré «dovrebbe interessare gli psicologi. Scoprire significa infatti scegliere, ma probabilmente la parola scegliere non è quella più adatta. Nell’ambito della matematica le opzioni sono così numerose che un’intera vita non sarebbe sufficiente per prenderle tutte in esame. Fortunatamente ciò non accade. Le opzioni inutili non si presentano alla mente dello scopritore». Ciò che il superconscio presenta alla mente cosciente, come intuizione, non è l’argomentazione finale, completa, ma piuttosto un punto di partenza dal quale la mente conscia può elaborare i dettagli e le argomentazioni.

Intuizione e diminuzione dell’entropia

In altre parole, quando sono disponibili solo processi razionali/consci (linea a), basati su informazioni provenienti dal passato, non si riesce a orientare la propria scelta verso il fine, l’attrattore, e ciò porta all’aumento dell’entropia. Quando i processi razionali avvengono dopo l’intuizione (linea b), che orienta la scelta verso l’attrattore, l’entropia diminuisce. L’intelligenza e le scelte strategiche di indirizzo traggono le loro indicazioni dalla valorizzazione degli aspetti intuitivi della mente superconscia, e dalla percezione dei vissuti interiori del cuore. Solo successivamente l’intuizione può essere formalizzata tramite la razionalità.

Coscienza, cuore e mente

Il modello supercausale della mente ipotizza un ruolo centrale del cuore e del sistema neurovegetativo nei fenomeni associati alla coscienza. A tal proposito è curioso e interessante notare come, per esprimere il concetto di coscienza, negli ideogrammi cinesi si utilizzino l’ideogramma del cuore (xin) e l’ideogramma della testa (tou).
Il cuore viene collocato nella prima posizione, suggerendo così che esso sia la sede della coscienza, mentre la testa ne è lo strumento.


Questo articolo è tratto dalla rivista 49

Scienza e Conoscenza - N. 49 >> http://goo.gl/Tr3SAa
Nuove scienze, Medicina non Convenzionale, Consapevolezza
Editore: Scienza e Conoscenza - Editore
Data pubblicazione: Luglio 2014
Formato: Rivista



martedì 28 luglio 2015

Addestrare Senza Parole

Addestrare Senza Parole

Con la tecnica della mano vuota

di Liane Rauch



Addestrare Senza Parole - Libro

I libri sull’addestramento canino sono tanti, ma parlano di impartire ordini e direttive.

Questo metodo è del tutto innovativo: ADDESTRARE CON LA TECNICA DELLA MANO VUOTA. Senza parole né rumori quindi, sfruttando solo i gesti della mano. La strategia mira a rafforzare il legame di fiducia tra l’uomo e l’animale e punta sul contatto visivo tra i due.

Si tratta di un metodo comodo e facile da utilizzare ovunque, per strada, a casa e al parco.
Avete bisogno solo del vostro cane e della vostra mano!

Il metodo è originale e facile da sperimentare, spiegato con linguaggio semplice e alla portata di tutti.

Dalla Quarta di Copertina

Volete rafforzare il legame con il vostro cane e instaurare una relazione armoniosa?
Allora provate subito il metodo della “mano vuota”: senza strumenti, senza l’uso della parola e sempre efficace.

Perché utilizzare il metodo della “mano vuota”?

per approfondire, rinforzare e migliorare il rapporto tra cane e uomo;
per instaurare un rapporto di fiducia reciproca. La fiducia è alla base di una buona partnership;
perché è praticabile senza strumenti, ovunque e in ogni situazione;
per evitare dal primo incontro problemi di gestione nella vita quotidiana;
per addestrare il tuo cane con metodi non violenti;
perché è adatto a ogni cane e a ogni padrone;
perché è un concetto educativo innovativo che funziona in ogni occasione;
perché la mano vuota è uno strumento di addestramento molto efficace anche con cani affetti da patologie invalidanti (sordità, cecità, ecc.).
Una solida relazione uomo-cane è la base per un’educazione di successo.
L’autrice ci mostra come costruirla e renderla stabile.

Scoprite l’importanza del contatto visivo per l’addestramento del vostro cane e imparate come mantenere il vostro cane concentrato su di voi nonostante le distrazioni offerte dall’ambiente esterno. Tanti esercizi illustrati vi mostreranno come fare. Un metodo decisamente da provare.

Buon divertimento e buona fortuna!


Percorrere altre vie - Estratto da "Addestrare Senza Parole" libro di Liane Rauch

Con la mia cagnetta Sunny ho frequentato una scuola cinofila classica, ma ben presto ho avuto la sensazione che ci mancasse qualcosa. Volevo che fosse differente, volevo percorrere altre vie, più gentili e più adeguate al cane e considerare l’animale nella sua totalità.

Rafforzare il legame: poche le attività mirate

Nella scuola cinofila frequentata da me e Sunny più di 15 anni or sono mi era mancata un’effettiva attività mirata a rafforzare il legame, un’attività che portasse a una convivenza armoniosa nella vita quotidiana. Certo, ogni tanto si faceva un giro in città, sul posto c’erano finanche dozzine di altri cani. Eppure, dov’erano le padroncine e i padroncini? Non si prestava veramente attenzione alla relazione tra il proprietario e il cane. Si continuava a ricorrere a metodi coercitivi, come i clicker, le pistole ad acqua o le catene da addestramento. A parte i comandi di base (quali “qui”, “siedi”, “terra”, “resta”) e la corsa davanti agli archi, non c’era una grande varietà.

Allora ho iniziato a casa a ideare piccoli trucchi e a cercare su internet le allora scarsissime informazioni sul dog dancing e sull’attività con espedienti. All’inizio mi deridevano e mi prendevano in giro («E questa sarebbe educazione?») ma in seguito sempre più proprietari di cani hanno cominciato a riconoscere che nella relazione tra me e Sunny c’era qualcosa di particolare.

Un legame con il proprietario, stretto e basato sulla fiducia, può impedire fin dall’inizio l’insorgere di problemi e comportamenti sbagliati nel cane. È la base per una convivenza armoniosa nella vita quotidiana.

Il lavoro è gioco, il gioco è lavoro

I cani non fanno distinzione tra il lavoro e il gioco. Per il cane il lavoro è gioco e il gioco è lavoro. Il cane da soccorso gioca a cercare, il cane da caccia gioca a riportare, il cane che pratica la dog dance gioca a esercitarsi fisicamente con il suo proprietario ecc.

Da una combinazione di elementi educativi classici, dog dancing, attività con trucchi ed educazione con il tocco del palmo della mano, è derivato un metodo grazie al quale il cane sviluppa in maniera ludica e quasi autonoma un legame con il proprietario, che è molto divertente per entrambi.

Con me i cani devono imparare ad avere come riferimento la mano vuota del proprietario e a chiedere attraverso il contatto visivo quale sia il compito successivo da svolgere; non possono decidere autonomamente, ad esempio, di abbaiare contro altri cani o altre persone gettandovisi addosso. I miei cani, ad esempio, devono saper camminare con il guinzaglio lento: finché si tratta di un cane di piccola taglia si riesce ancora a trattenerlo bene quando inizia a tirare, ma tirare il guinzaglio con un cane che pesa 30 chili può diventare pericoloso. Soprattutto, però, il cane deve imparare a considerare autonomamente il proprietario come punto di riferimento, senza che quest’ultimo sia costretto sempre a urlare. Il modo migliore perché ciò funzioni è semplicemente fare in modo che cane e proprietario si divertano durante il processo educativo. Ne sono convinta: se funziona la relazione, funziona anche l’educazione.

Riassumendo:

Nelle scuole cinofile classiche spesso si trascurano le attività che portano a un miglior legame tra cane e padrone.
La dog dance e le attività con trucchi rappresentano efficaci possibilità per rafforzare il legame.
I cani non fanno differenza tra il lavoro (educazione) e il gioco.
Il cane dev’essere in grado di fare riferimento in maniera autonoma al proprietario.
Il tocco del palmo della mano.
Condurre senza attirare con un premio

Per prima cosa voglio dire chiaramente che in generale non sono contraria all’utilizzo di ausili vari. Tutto ciò che non procura al cane dolore e nemmeno lo spaventa può essere utile.

Perché il tocco del palmo della mano?

In alcuni ambiti dello sport cinofilo gli strumenti hanno un senso, possono davvero essere un arricchimento. Nelle attività educative, però, il cane deve costruire un legame e una relazione con il proprietario e non con uno di questi strumenti, che al giorno d’oggi sono impiegati ovunque.

I cani comunicano tra di loro senza aiuti vari, senza ricevere un premio. La comunicazione e l’educazione avvengono unicamente tramite sguardi o contatto.

Durante tutti gli anni in cui ho avuto cani, non ho mai osservato una cagnetta utilizzare alcunché nell’educazione dei suoi cuccioli e neppure gettare loro clicker o zolle di terra se questi si comportano male. Quando osservo i miei cani interagire, noto spesso che si danno spintarelle con il naso: al collo, alle orecchie o alle fauci.

La testa, il muso, in particolare le fauci, sono tra i mezzi di comunicazione più importanti tra i canidi ed è così che i cani riescono a esprimere quasi tutte le emozioni importanti, tra di essi e anche nei confronti degli esseri umani: arricciano il naso come avvertimento, mostrano i denti come minaccia o danno spintarelle in segno di affetto. Inoltre, grazie alla mimica, sono possibili interazioni come segno di amicizia o per manifestare un legame.

Utilizzo quest’atteggiamento comunicativo innato nelle attività educative, perché in questo modo il cane comprende davvero ciò che sta facendo ed è anche in grado di impiegare correttamente ciò che ha appreso. Negli ultimi anni ho applicato nel mio lavoro ciò che ormai da tempo è consuetudine nello sport cinofilo, e nell’educazione con il tocco del palmo della mano vengono utilizzati proprio gli atteggiamenti innati in ogni cane.

Educare senza parole, dunque, non rappresenta niente di nuovo, piuttosto applico semplicemente i mezzi di conduzione tipici dello sport cinofilo nelle attività educative quotidiane.

Riassumendo:

La comunicazione che i cani utilizzano tra di loro può essere usata nell'addestramento con ottimi risultati.
Nella comunicazione intraspecifica i cani non ricorrono ad alcun aiuto.
I cani non ricorrono ai premi.
È capitato anche a voi? Gli ausili educativi

In ognuna di quelle che sembrano essere le mille tasche della giacca o nel marsupio stracolmo che imbruttisce la figura si trovano oggetti nella loro più disparata varietà, come clicker, target stick, dummy, biscottini e simili. Proprio nel momento in cui voi avete bisogno di uno di questi aiuti non lo trovate: il clicker lo avete perso durante l’ultima passeggiata, lo sciccoso bracciale dai colori neon si è rotto. Il target stick si trova al momento in un’altra giacca e il dummy è nel fiume dove il vostro cane lo ha buttato due giorni prima.

Comportamenti di evitamento con gli ausili educativi

Ben presto mi sono resa conto che Sunny aveva problemi soprattutto con il clicker. Ogni volta che lo prendevo in mano, aumentava la distanza tra di noi. Sunny mostrava chiaramente un comportamento di evitamento, cosa che non rappresenta sicuramente una buona base per il successo di un’attività educativa volta a raggiungere una relazione ottimale.

Se ripenso a tutti i consigli che allora mi hanno dato, mi viene adesso da sorridere. Dovevo provare a far scattare una penna biro, perché quando la si preme fa un rumore simile, solo più debole. Oppure dovevo schiacciare il clicker nella tasca della giacca, in modo che il rumore risultasse attutito.

Tuttavia rimasi salda nella mia decisione: non avrei obbligato il mio cane a subire il clicker. Soprattutto per me non aveva senso dover prima prendere in mano uno strumento per poi far sì che il cane seguisse un comando verbale.

È ovvio che il cane va premiato se ha svolto correttamente il compito che gli è stato assegnato, ma il premio si ottiene solo dopo aver seguito il comando verbale. In fondo, neanche il vostro capo si mette sempre davanti alla vostra scrivania e sventola banconote per costringervi a lavorare. Lo stipendio c’è solo a fine mese.

Riassumendo:

Ausili educativi sì, ma solo quando hanno davvero un senso.
Gli ausili educativi devono sempre essere presenti per poter essere utilizzati in qualsiasi momento.
Se i cani mostrano comportamenti di evitamento nei confronti degli ausili educativi, questi vanno evitati.


Indice

Prefazione a cura di Stefano Cattinelli

Lo scopo di questo libro

Capitolo 1. Condizionamento

Percorrere altre vie
Il tocco del palmo della mano. Condurre senza attirare con un premio
Lavoro per la mano vuota
I primi passi con un cucciolo
Esercizio: tocco per principianti
Educare i cani anziani al tocco del palmo della mano
Capitolo 2. Generalizzazione

Generalizzazione: la mano vuota
Primi brevi percorsi guidati
Esercizio: da una mano all’altra
Esercizio: condurre con la mano vuota
Concentrazione nonostante le distrazioni
Comportamenti appresi indesiderati
Passi di dog-dance contro la noia
Non fissare i posti
La mano come calamita
Capitolo 3. Educazione

La mano come unico strumento educativo
Camminare con il guinzaglio lento
Esercizio: camminare con il guinzaglio lento
Esercizio: variazioni al guinzaglio
Come far perdere l’abitudine di tirare il guinzaglio
Concentrarsi sul cane
Affrontare la strada con sicurezza grazie al tocco del palmo della mano
Esercizio: “piede” anche senza guinzaglio
Esercizio: attraversare la strada con sicurezza
Capitolo 4. Relazione

Creare una relazione attraverso un legame
Educazione al contatto visivo
Fissare il divieto verbale
Esercizio: divieto verbale positivo
Esercizio: divieto in caso di attrattive esterne
Esercizio: divieto in caso di forti attrattive esterne
Esercizio da eseguire all’aperto
Prima chiedere, poi correre
La mia, la tua, la nostra porta
Esercizio: scendere dall’automobile
Esercizio: alla porta di casa
Capitolo 5. Lavorare insieme

Lavorare insieme al cane
Giochi da fare ovunque, sempre e in ogni momento
Esercizio: il gioco della bottiglia
Esercizio: il gioco “cerca il collie”
Esercizio: il gioco della geometria
Trucchi e balli senza aiuti
Capitolo 6. Azione

Esercizi di concentrazione
Esercizio: allenare la concentrazione
Esercizio: mantenere la concentrazione nonostante una distrazione
I cani nervosi
Creare un rapporto di fiducia con cani paurosi
Condurre con dolcezza i cani disabili
Esercizio: lavorare con cani disabili
Ringraziamenti


Liane Rauch
Addestrare Senza Parole - Libro >> http://goo.gl/1VUly0
Con la tecnica della mano vuota
Editore: Macro Edizioni
Data pubblicazione: Luglio 2015
Formato: Libro - Pag 96 - 14,5x21cm



lunedì 27 luglio 2015

Cosa sono i buchi neri?

Cosa sono i buchi neri?

Cosa accade quando una stella di grande massa finisce la sua vita? Come nascono i buchi neri e quali sono le loro straordinarie caratteristiche fisiche

di Antonella Ravizza - 21/07/2015



Cosa sono i buchi neri?

Sembra paradossale ma i buchi neri sono gli oggetti dell’universo più semplici da descrivere: basta conoscere la massa e la velocità di rotazione, e tutte le informazioni sulla complessa struttura della stella che li ha originati non interessano più.

Albert Einstein già nel 1915 formulò delle previsioni sull’esistenza di buchi neri. A tal proposito scrisse delle equazioni che vennero risolte nello stesso anno dall’stronomo Karl Schwarzschild, ma ad esse non veniva ancora associato un significato fisico. Solo nel 1939, Robert Oppenheimer e Hartland Snyder spiegarono con calcoli teorici che quando una nube di gas si contrae a causa dell’attrazione gravitazionale, forma un buco nero, ma si era ancora lontani dall’ottenere una vera e propria osservazione astronomica. Queste osservazioni arrivarono negli anni Sessanta, quando si scoprì che una stella di massa grande può concludere la propria vita con una grossa esplosione e con il successivo collasso della sua parte più interna.

L'orizzonte degli eventi

Ma i buchi neri si possono studiare solo indirettamente, osservando i fenomeni che avvengono nelle loro vicinanze, perché i buchi neri non sono visibili: la luce stessa non può sfuggire da un buco nero. La materia qui si muove a velocità molto elevata e sono emesse grandi quantità di energia. Cerchiamo di capire bene cosa succede. Quando lanciamo in alto una palla, a maggiore energia lanciata corrisponderà una velocità iniziale maggiore e anche un’altezza massima raggiunta maggiore; poi naturalmente la palla ricadrà a terra. Quando la velocità iniziale raggiunge la cosiddetta velocità di fuga, la palla supera l’attrazione gravitazionale e non ricade più verso il basso. La velocità di fuga varia al variare del corpo celeste su cui ci troviamo, perché aumenta all’aumentare della massa del corpo celeste e diminuisce all’aumentare del raggio del corpo stesso (vf=√(2G M/R) , dove G è la costante di gravitazione universale, M la massa e R il raggio). È evidente che a parità di massa la velocità di fuga aumenta se il raggio diminuisce: ci sarà quindi un valore del raggio (che chiameremo RS) per cui la velocità di fuga diventa uguale alla velocità della luce.

Dal momento però che nessun corpo può muoversi alla velocità della luce, la nostra palla non sarà più in grado di sottrarsi all’attrazione gravitazionale del corpo celeste. Questo significa che se un corpo celeste ha un raggio inferiore a RS, neppure un segnale luminoso sarà in grado di essere inviato dalla sua superficie al resto del mondo, sarà quindi nero: un buco nero. La superficie di raggio RS sarà chiamata orizzonte degli eventi, perché delimita ciò che possiamo vedere da ciò che non possiamo vedere perché “inghiottito” dal buco nero. La caratteristica principale dei buchi neri è, infatti, che il loro campo gravitazionale divide idealmente lo spazio-tempo in due o più parti separate fra di loro da un orizzonte degli eventi. Un'informazione fisica (come un'onda elettromagnetica o una particella) potrà quindi oltrepassare un orizzonte degli eventi in una direzione soltanto: tutte le informazioni sugli oggetti o segnali che cadono in un buco nero vengono perdute ad eccezione di tre fattori, che sono massa, carica e momento angolare.

La termodinamica dei buchi neri

Per farci un’idea: per un buco nero di massa pari a quella del Sole, RS è solo 1,48 km, circa mezzo milione di volte più piccolo del raggio del Sole! Per avere così tanta materia in tanto poco spazio vuol dire che siamo di fronte ad un collasso gravitazionale che accompagna le ultime fasi della vita di una stella. La parte centrale della stella si contrae molto velocemente e la materia cade verso il centro, dove si forma un campo gravitazionale talmente intenso da intrappolare ogni cosa. Nel 1974 Stephen Hawking, il noto fisico conosciuto per i suoi studi sui buchi neri e sull’origine dell’universo, dimostrò un fenomeno alla base della termodinamica dei buchi neri: in realtà un buco nero non è del tutto nero, perché esso emette particelle, in quantità inversamente proporzionali alla sua massa, portando a una specie di evaporazione.

Altri effetti fisici sono associati all’orizzonte degli eventi: immaginiamo un astronauta che stia precipitando verso un buco nero. Se riuscisse a sopravvivere al campo gravitazionale, non sentirebbe nulla di strano all’avvicinarsi dell’orizzonte degli eventi; al contrario un osservatore esterno vedrebbe i movimenti del povero astronauta rallentare continuamente, fino a fermarsi quando si trovasse sull’orizzonte. Questo perché per la relatività generale, il tempo di un osservatore in caduta libera, visto da un osservatore distante, appare più lento con l’aumentare del campo gravitazionale fino a fermarsi completamente sull’orizzonte degli eventi. Al contrario degli oggetti aventi massa, i fotoni non sono rallentati o accelerati dal campo gravitazionale del buco nero, ma subiscono un fortissimo spostamento verso il blu in entrata.

Un buco nero al centro di ogni galassia

Dalle osservazioni astronomiche oggi si sa che al centro di molte galassie, tra cui la nostra, ci sono buchi neri giganteschi. Essi hanno una massa di milioni o centinaia di milioni di volte più grande di quella del sole e si sono formati e ingranditi catturando gas a delle stelle. Una prova diretta della loro esistenza si ottiene rilevando le onde gravitazionali che emettono durante le fasi della loro esistenza. Si pensa che tutte le galassie abbiano un buco nero supermassiccio nel loro nucleo: ciò permette di spiegare la forte emissione di energia delle galassie attive, dovuta alla trasformazione dell'energia gravitazionale contenuta in un disco di accrescimento di gas sul buco nero.


Kip Thorne
Buchi Neri e Salti Temporali - Libro >> http://goo.gl/LNEcuk
L'eredità di Einstein
Editore: Castelvecchi
Data pubblicazione: Novembre 2013
Formato: Libro - Pag 650 - 15x22 cm
Nuova Ristampa: Giugno 2015



venerdì 24 luglio 2015

Emilio Del Giudice e l’acqua

Emilio Del Giudice e l’acqua

Continua il viaggio alla scoperta della “memoria dell’acqua” da Talete a Del Giudice passando per Benveniste ed Emoto

di Emanuele Cangini - 22/07/2015



Emilio Del Giudice e l’acqua

«L’acqua è la sostanza da cui traggono origine tutte le cose; la sua scorrevolezza spiega anche i mutamenti delle cose stesse. Questa concezione deriva dalla constatazione che animali e piante si nutrono di umidità, che gli alimenti sono ricchi di succhi e che gli esseri viventi si disseccano dopo la morte». Questo scriveva sull’acqua Talete di Mileto, filosofo della Grecia antica tra i più vicini, assieme ad Aristotele, alla contemplazione filosofica di stampo occidentale.
Parole che non nascondono affatto l’importanza attribuita al prezioso elemento che, sin dagli albori dei tempi, condiziona ogni dinamica, biologica e non, del nostro amato pianeta. Elemento che compare nei miti ancestrali, nei culti efesini e nelle mitiche divinazioni della profana regina Olimpiade di Samotracia, madre di Alessandro il grande: proprio in acqua lo partorì, narra il mito, avvolta nelle spire di un sinuoso serpente tanto sinistro quanto regale.

L’acqua: musa ispiratrice fin dall’antichità

Elemento, l’acqua, che ben si presta al mito, alla poesia e a tutte le licenze poetiche che la prassi artistica conviene come, altresì, seppur in tempi più recenti, ha vestito i panni di musa ispiratrice per una tipologia di indagine totalmente più empirica e scientifica. Ho esaminato negli articoli precedenti i preziosi contributi in tal senso, di scienziati quali Benveniste ed Emoto i quali, con rigorosa prassi metodologica, ne hanno investigato le proprietà fisico-chimico-energetico-strutturali.

Emilio Del Giudice e la differente interpretazione della “memoria dell’acqua”

Se da un lato l’analisi benvenistiana volgeva la propria attenzione verso un aspetto più prettamente “dinamico” dell’acqua, inteso forse meglio come serie di succussioni finalizzate alla trasmissione sottile del principio curativo (ambito omeopatico, “il simile cura il simile”), dall’altro l’approccio emotiano concepiva una metodica di osservazione certamente più votata all’aspetto strutturale, essendo quest’ultimo il risultato della diversa esposizione informazionale a fonti differenti, come suoni, parole o emozioni. A queste due soluzioni interpretative, indubbiamente calzanti, se ne aggiunge una terza, alternativa e complementare allo stesso tempo: quella di Emilio Del Giudice (1940-2014), fisico teorico italiano pioniere nella formulazione della teoria delle stringhe. Napoletano appassionato, verace e diretto del quale si possono, per portata, ricordare le ricerche svolte presso l’Istituto nazionale di fisica nucleare, unite alla collaborazione con Giuliano Preparata, celeberrimo teorico di fisica a livello mondiale; proprio con quest’ultimo elaborò quei princìpi tanto discussi sull’elettrodinamica quantistica (QED), i quali riaccesero un tanto sopito quanto inatteso dibattito sopra la materia della “memoria dell’acqua”, previa attivazione elettromagnetica molecolare.

Forse provocatoria ma certo coraggiosa l’affermazione di Del Giudice secondo la quale, con il plauso di Montagnier, si poteva supporre una sorta di relazione “sessuale” tra le molecole d’acqua, ponendole come controparte simbolica di una dualità poligamo-monogama certamente sintesi di una facoltà di scelta attivante precisi processi biochimici.
Ne scaturiva una riflessione, diretta conseguenza delle premesse poc’anzi esposte: come possono talune molecole determinare il proprio percorso in un tempo indicibilmente veloce quale quello di una reazione fisico-biologica?

La “non monogamia molecolare” dell’acqua secondo Del Giudice

«Quando in un sistema di reazione vengono inserite le materie prime, regolate le sostanze fisiche e le molecole si urtano, producono un gran numero di specie chimiche. Sono esseri poligami promiscui... Se le molecole non hanno indicazioni specifiche “vanno con il primo che capita”, e in breve si producono tutte le specie compatibili», questo il responso irreprensibile di Del Giudice. Metabolizzata questa assonanza sulla presunta, o meno, non monogamìa molecolare, occorre prendere atto della velocità certamente maggiore delle reazioni all’interno del nostro organismo.
L’interazione “identificativa” tra molecole è di stampo elettromagnetico; questo il funzionamento dei sistemi biologici, che si aggiunge alla precedente concezione esclusivamente “biochimichista”.

Famoso, in pertinenza a quanto esposto, è l’esempio, citato dallo stesso Del Giudice, del comportamento del vapore acqueo: alla soglia dei 100 °C l’acqua passa di fase in maniera coordinata seguendo un “input” di chiaro stampo elettromagnetico.
Se, al contrario, lo stesso processo fosse diretto da leggi esclusivamente chimiche e termiche, assumerebbe un comportamento sicuramente più casuale e non coordinato, contraddicendo quella perfetta simultaneità degli eventi che giustifica la concezione asserita in partenza.

Emilio del Giudice, napoletano di nascita, tanto quanto d’estrazione: quella stessa immediatezza comunicativa elaborata nei sunti delle ricerche scientifiche condotte, trova perfetto riscontro nella dimensione certo non meno evocativa, della spontaneità partenopea, magnificamente rappresentata da Eduardo de Filippo e Massimo Troisi: proprio quest’ultimo, nel film Il postino, regala a un lontano, ma mai dimenticato Pablo Neruda, uno scorcio di massima poesia, una parentesi fulminea di eccelsa ispirazione ispirata, prosaicamente, da una vaga contemplazione dell’acqua.
«Il rumore del mare», scrive Mario Ruoppolo al poeta Neruda. Perché ricordasse la grandezza che aveva smarrito e che, solo nel silente ascolto dell’acqua, poteva ritrovare.

Nicola Del Giudice, Emilio Del Giudice
Omeopatia e Bioenergetica >> http://goo.gl/nqW7HX
Le medicine alternative: dalla stregoneria alla scienza
Editore: Edizioni Libreria Cortina Verona
Data pubblicazione: Febbraio 1999
Formato: Libro - Pag 302 - 14,5x23
Ultima ristampa: Marzo 2011



giovedì 23 luglio 2015

Scienza e Conoscenza - n. 53

Scienza e Conoscenza - n. 53

Nuove scienze, Medicina non Convenzionale, Consapevolezza



Scienza e Conoscenza - n. 53 - Rivista Cartacea

Immortalità. Vita. Morte. Reincarnazione. Coscienza. Ne parliamo in questo nuovo numero di «Scienza e Conoscenza» con la certezza di trattare temi di portata cosmica da un punto di vista forzatamente parziale: quello della finitezza delle poche pagine a disposizione e dell'impossibilità di esaurire anche solo in minima parte le implicazioni fisiche, mediche, storiche, religione, filosofiche, psicologiche legate a questi temi.

Su un solo fatto vorrei soffermarmi un attimo: anche se l'aspettativa di vita dell'uomo occidentale è raddoppiata nel corso dell'ultimo secolo, questo non ha fatto diminuire la paura della morte, che è, al contrario, aumentata. Della morte abbiamo il terrore e l'abbiamo allontanata dalle nostre vite, dalle nostre case: l'abbiamo disinfettata, resa fredda, rifiutata. Forse la morte ci fa così paura perché non sappiamo più vivere.
Tota enim philosophorum vita, ut ait Socrates, commentatio mortis est, ovvero "Tutta la vita dei filosofi, come dice Socrate, è una preparazione alla morte".

Potrei riportarvi altre dottissime citazioni filosofiche sulla vita, la morte e la vita al di là della vita. In questa calda estate si sente per radio una canzone che si intitola Gli Immortali, è di un noto cantante pop che si chiama Lorenzo Jovanotti Cherubini. Ha un ritornello molto bello che vi riporto e che dà il senso, con un linguaggio semplice e poetico, di un concetto profondo, su cui riflettere:

«E lo ridico ancora per impararlo a memoria
in questi giorni impazziti di polvere di gloria
e lo ripeto ancora fino a strapparmi le corde vocali
ora che siamo qui Noi Siamo Gli Immortali»

Prima di lasciarvi alla lettura delle pagine che seguono, vi riporto un ultimo aneddoto, sempre di spicciola vita familiare. L'altro giorno ascoltavo i discorsi dei miei figli che parlottavano tra loro. E ho colto un brandello di frase che la mia grande, di 6 anni, stava raccontando al piccolo di 3: "Sì, perché noi torneremo qui, in questo mondo. Ci torneremo quando ci saranno di nuovo i dinosauri, ma quando io ci tornerò non mi chiamerò come adesso, non sarò Ginevra". A casa a tavola non parliamo certo di reincarnazione o vite precedenti o future, eppure spesso, guardando come loro vivano veramente da immortali nel qui e ora del presente, mi chiedo se non si portino dietro conoscenze e sensazioni di cui noi non abbiamo più memoria e che non osino raccontarcele, vedendoci così presi e indaffarati a trovare le chiavi della macchina piuttosto che a cercare di risolvere i problemi relazionali che ancora abbiamo con i nostri genitori...

Buona lettura!
Marianna Gualazzi


Indice

La Fisica dell'Immortalità
Cosa può dirci la fisica quantistica sull'immortalità, sulla natura del cervello e della coscienza?Ce ne parla il nostro fisico teorico Luigi Maxmilian Caligiuri

Una luce in fondo al tunnel
Una lettura scientifica delle esperienze di premorte e di uscita fuori dal corpo: intervista a Enrico Facco, professore di anestesiologia e rianimazione

Che cos'è la coscienza
Cronache dal primo congresso internazionale di Scienza della Coscienza

La Mente Immortale
Una chiacchierata con Ervin Laszlo per capire chi muore, cosa muore e se muore

Vivere come essere immortali
Carmen Di Muro, psicologa, ci invita a riflettere sul fatto che l'immortalità risiede del vivere con pienezza la nostra vita, nel qui ed ora

Anima, Tempo e Immortalità
Antonio Bertoli ci dà la sua visione dell'anima e del suo percorso terreno

Trapianti: facciamoci qualche domanda
Un tema scottante, difficile e rischioso affrontato con chiarezza e senza pregiudizio da Valerio Pignatta

ALIMENTAZIONE E SALUTE

I grassi fanno bene
Quando la scienza torna sui suoi passi: i grassi, anche saturi, non fanno male e vanno consumati in dosi adeguate

MEDICINA NON CONVENZIONALE

Più ossigeno!
Per contrastare l'invecchiamento e favorire la salute, le nostre cellule hanno bisogno di ossigeno: la dottoressa Fiamma Ferraro ci illustra i metodi più efficaci per ossigenare il nostro corpo

Astrologia e Cromopuntura
Il dottor Vincenzo Primitivo ci spiega il senso dell'astrologia oggi e come può essere integrata alla cromopuntura

Dimmi come disegni e ti dirò chi sei
Un affascinante viaggio tra grafologia e floriterapia, metodi dolci per risolvere i disagi, le ansie e lo stress di bambini e adulti


I grassi che fanno bene

I grassi non vanno eliminati dall'alimentazione: scopriamo insieme quanti e quali consumare per restare in salute! - Articolo tratto da Scienza e conoscenza n. 53

Prima di affrontare di petto l'argomento "grassi", di importanza molto sottovalutata per la nostra salute, riporto una citazione dall’ultimo “bestseller” di Gregg Braden, il celebre ricercatore noto internazionalmente come pioniere nella costruzione di un ponte tra la scienza e la conoscenza indigena destinato a creare soluzioni concrete per il mondo di oggi.

Nel suo ultimo libro, dal titolo The Turning Point (Il punto di svolta: la Resilienza), Braden, anche se il libro non tratta tematiche alimentari ma di natura spirituale e psicologica, cita proprio il permanere di convinzioni erronee sui grassi come esempio tipico dello “spazio di dissonanza” e cioè di “quello spazio che si interpone fra l’accettazione delle nuove scoperte e il loro rigido rifiuto nonostante l’evidenza dei fatti”.

La durata troppo lunga degli spazi di dissonanza è dovuta, secondo Braden, non tanto alla tendenza a rifiutare le nuove informazioni che emergono ma piuttosto a ignorarle, a non prenderne atto in alcun modo.

«Non molto tempo fa» continua Braden «c’è stato un periodo in cui tutti i grassi della nostra dieta sono stati demonizzati, ritenendoli responsabili di una schiera di problemi di salute, tra cui l’obesità e il diabete. Seguendo questa concezione estrema, talune persone hanno eliminato dalla propria dieta ogni forma immaginabile di grassi... Credendo fermamente che la loro scelta le avrebbe portate verso una salute migliore e una maggiore longevità, hanno seguito il loro nuovo regime dietetico con la rigidità di un campo di addestramento militare. Sono però comparsi dei problemi quando alcuni studi di approfondimento hanno dimostrato che l’assenza di grassi nella dieta in realtà contribuisce a problemi quali il cancro, la depressione e l’indebolimento del sistema immunitario».

Questo mio articolo vuole appunto contribuire ad abbreviare la durata dello “spazio di dissonanza” riguardante i grassi, che sta ormai durando troppo a lungo, con effetti negativi sulla salute delle persone. Parlo a lungo dei grassi anche nel mio libro sull’alimentazione che uscirà a breve per Macro Edizioni.

La proporzione aurea del latte materno

Passiamo quindi a esaminare in modo logico e scientificamente aggiornato questa tematica.

Inizio ponendo la seguente domanda: «Caro lettore, secondo te quale dei tre gruppi di macronutrienti che fornisce le calorie indispensabili per la produzione della nostra energia vitale (proteine, carboidrati e grassi) è contenuto in maggior misura nel latte materno, e cioè nell’alimento perfetto disegnato da madre natura per la salute dei neonati e quindi per la sopravvivenza della specie?».

Immagino che molti, riflettendo sul fatto che un neonato nei primi sei mesi di vita raddoppia il proprio peso e anche nel periodo successivo cresce a un ritmo accelerato, rispondano: «ovviamente le proteine!», poiché le proteine sono appunto i “mattoni” necessari per costruire ex novo i vari tessuti del corpo (e in seguito per sostituire quelli che si logorano/consumano nel corso degli anni).

Ebbene no. La risposta non è esatta. Le proteine forniscono solo il 6% delle calorie contenute nel latte materno mentre i grassi ne forniscono il 54-56%, e i carboidrati il 38-40%.

L’alimento perfetto disegnato da madre natura per i neonati fornisce loro pertanto le calorie soprattutto nella forma dei grassi.

Un’altra “sopresa”: nel latte materno quasi la metà dei grassi (dal 43 al 49%) è nella forma dei grassi saturi; vi è poi un 50-54% di grassi monoinsaturi (per la maggior parte nella forma dell’acido oleico, contenuto anche nelle olive) e un 8-12% di oli polinsaturi.

Il latte materno fornisce inoltre una notevole quantità di colesterolo.

Facciamoci qualche domanda

Sorgono quindi spontanei i seguenti interrogativi: com’è possibile che un alimento perfetto come il latte materno fornisca al neonato delle percentuali così elevate di sostanze, come i grassi saturi, ancora considerate “nocive”?

Come mai i consigli medici generali e le raccomandazioni dietetiche ufficiali ancora oggi raccomandano in genere di non superare il 25-30% di grassi, di cui non più del 10% in grassi saturi, e non ne raccomandano una percentuale minima necessaria? Neanche si trattasse di tossine che entro un certo limite non fanno troppi danni, ma meglio sarebbe evitarle del tutto...

Come mai, mentre per i grassi si consiglia questa ingente diminuzione, per le proteine i consigli contenuti in diete considerate “equilibrate” raccomandano ad adulti non più in fase di crescita di assumerne una percentuale del 20-30% circa, e in alcune diete “paleo” ed iperproteiche si arriva a consigliarne fino al 60% mentre ad un neonato ne basta il 6% per raddoppiare il peso del suo corpo nei primi 6 mesi di vita? (e questa percentuale diminuisce ancora nel latte materno dei mesi successivi, quando il tasso di crescita del neonato, pur restando elevato, rallenta un pochino).

Quali sono le ragioni alla base di queste differenze? Anch’io, come probabilmente il lettore, ho pensato che gli scienziati avessero cercato e accertato le differenze fisiologiche sussistenti tra l’organismo di un neonato in forte crescita e quelle di un adulto, divergenze che giustificherebbero il divario, quanto ai grassi, tra la composizione dell’alimentazione del neonato quale disegnata da madre natura, e quella in genere raccomandata agli adulti nelle linee guida, ma non le ho trovate.

La domanda che a questo punto sorge spontanea è: ma quali sono le funzioni dei grassi e perché non sarebbe male assumerne quantità anche superiori (ovviamente entro limiti ragionevoli) a quelle in genere raccomandate?

Fanno più ingrassare i grassi o gli zuccheri?

Molti pensano che il grasso introdotto con gli alimenti serva solo a fornire calorie in quantità elevata (e in effetti 1 g di grasso contiene 9 calorie, mentre 1 g di carboidrati o proteine ne contiene la metà; va tuttavia considerato che i grassi hanno uno spiccato potere saziante) e quindi che il grasso mangiato vada solo a alimentare il tessuto adiposo che quasi tutti ormai abbiamo in eccesso, e viene attribuita a questo grasso la colpa dell’epidemia di obesità con cui siamo oggi alle prese.

Vediamo invece cosa è accaduto: i consigli che a partire da circa 60 anni fa hanno raccomandato di evitare al massimo i grassi hanno portato a una loro sostituzione soprattutto con i carboidrati (spesso purtroppo con carboidrati in forma poco sana) e sembrerebbe che la colpa dell’epidemia di obesità sia piuttosto da attribuire a questi carboidrati.

Faccio una considerazione: è noto che abbiamo ancora la costituzione dei nostri antenati preistorici, che spesso dovevano affrontare lunghi periodi di mancanza di cibo.

La saggia madre natura quindi fa ancora in modo che nessuna delle calorie che ogni giorno mangiamo in misura superiore al nostro fabbisogno venga dispersa ed eliminata, ma provvede a immagazzinarla nel nostro “salvadanaio” costituito dal tessuto adiposo, dal quale è possibile prelevarla nei periodi di “magra”. Le “monete” che al giorno d’oggi sono immagazzinate (e poi non spese) nel nostro salvadanaio spesso straripante provengono per la maggior parte dagli zuccheri.

Prendiamo l’esempio di un alimento tra i più sani: la frutta. I nostri antenati non ne avevano, come noi, grandi quantità a disposizione per tutto l’anno; disponevano di frutta soprattutto nella tarda estate/autunno e quindi giustamente ne mangiavano molta per immagazzinarla nel tessuto adiposo che poi avrebbero smaltito durante l’inverno, periodo in cui avrebbero dovuto affrontare freddo e carenza di cibi.

Noi invece, che non dobbiamo affrontare questi problemi, mangiamo ormai tutto l’anno non solo molta frutta (sarebbe un bene!) ma quantità industriali dello zucchero contenuto nella frutta, il fruttosio, che viene purtroppo aggiunto ad ogni sorta di bevande dolci e alimenti, nella forma dello sciroppo di mais. Il fruttosio è lo zucchero che nel corpo viene trasformato maggiormente in tessuto adiposo e viene immagazzinato sotto forma di trigliceridi più facilmente degli altri zuccheri.

Se questo era un bene per i nostri antenati non lo è per noi che, non dovendo affrontare né freddo, né carestie, né fatiche fisiche, difficilmente riusciamo a liberarci del “tesoro” immagazzinato.

Ma dopo questa divagazione sulla frutta torniamo ai grassi nell’alimentazione.

Quali sono le funzioni che svolgono i grassi nel nostro organismo, oltre a quella di fornire calorie e quindi di farci ingrassare, compito che, come abbiamo visto, svolgono in modo meno efficiente dei carboidrati/zuccheri?

Vuoi scoprire perché i grassi fanno bene alla salute?
Continua la lettura su Scienza e Conoscenza n. 53


Scienza e Conoscenza - n. 53 - Rivista Cartacea >> http://goo.gl/8pHX8d
Nuove scienze, Medicina non Convenzionale, Consapevolezza
Editore: Scienza e Conoscenza - Editore
Data pubblicazione: Luglio 2015
Formato: Rivista - Pag 80 - 19,5 x 26,5 cm


mercoledì 22 luglio 2015

Mitologia Aliena

Mitologia Aliena

Uomini, miti e misteriose divinità dal cielo.

di Roberto La Paglia



Mitologia Aliena - Libro

Roberto La Paglia, affermato giornalista, ci guida in un incredibile viaggio nell’oscuro e perduto mondo della Mitologia Aliena.

Quali misteri nascondono i racconti mitologici? Per quale motivo quasi tutte le tradizioni sembrano ricondurre a misteriosi esseri venuti dallo spazio con il preciso compito di istruire l’umanità?

Mitologia Aliena si propone, attraverso un lungo e appassionante viaggio nella mitologia antica, di rileggere questo misterioso scenario alla luce delle moderne conoscenze, passando attraverso il racconto degli antichi miti, soffermandosi sui misteri che ancora oggi si nascondono dietro i racconti e le rappresentazioni delle varie divinità, arrivando ad ipotizzare una verità parallela che potrebbe poi non essere così fantastica come in molti ancora ritengono.

Visitatori dallo spazio?
Sopravvissuti di civiltà ancora più antiche e dimenticate?

In un susseguirsi di informazioni, curiosità, studi e comparazioni, il risultato finale non mancherà di far nascere un ragionevole dubbio sulla vera storia del nostro pianeta, aprendo la strada ad ulteriori approfondimenti e ricerche.

In questo libro scoprirai:

quando gli alieni scoprirono la Terra
i viaggiatori celesti dell'antico testamento
il segreto della mitologia cinese, piramidi e mummie nell'antica Cina
i misteri celesti dell'India
i personaggi più misteriosi dell'antico Egitto
e molto altro....


Presentazione di "Mitologia Aliena" di Roberto La Paglia

Esiste una antica documentazione, spesso volutamente ignorata, che riguarda i miti celesti e in particolare coloro che vennero riconosciuti come Dei dagli uomini; una tradizione orale e scritta che tende a spostare i nostri parametri di ricerca ai margini di un universo chiamato Terra.

Le antiche civiltà credevano fermamente in un intervento divino molto diverso da quello, con valenze prettamente spirituali, che prese in seguito il sopravvento; gli scenari antichi erano molto differenti, parlavano di Dei, Dee, esseri di altri mondi che incrociavano il nostro spazio e interagivano con il nostro pianeta. Oggi li conosciamo come Ufo, Grigi, Extraterrestri, e tentiamo di confinarli in uno spazio utopistico nel tentativo di sognare un universo fantastico pur rimanendo saldamente ancorati a una realtà molto più tangibile e rassicurante.

Eppure, un tempo, storia e mito convivevano tra loro...

Una delle spiegazioni proposte più di frequente in merito all'origine del mito si basa sulla sua diretta discendenza da un sentimento religioso, ovvero da quell'estremo bisogno di razionalizzare un atteggiamento superstizioso o, comunque, qualunque cosa non possa essere spiegata con il solo ausilio della ragione. Se da un lato questa teoria risulta sicuramente accettabile, dall'altro non tiene conto del fatto che l'inspiegabile non è soltanto una prerogativa divina, esistono infatti molti fenomeni inspiegabili che non rientrano nella natura divina, ma. sembrano appartenere alla sfera umana.

Uno dei tanti misteri che da sempre affligge gli storici e gli scienziati, ad esempio, è quello dei petroglifi, e in particolar modo quello che riguarda molte raffigurazioni antiche che sembrano riprodurre moderne creature rivestite da una sorta di tuta spaziale, se non addirittura veri e propri esseri di natura non umana. Proviamo a paragonare le varie pitture rupestri e cerchiamo tra loro un comune denominatore.

Chiediamoci:

L'uomo primitivo dipingeva o scolpiva la pietra per riprodurre quello che temeva, ciò che immaginava, oppure ciò che osservava? Oppure, molto più semplicemente, situazioni o avvenimenti dei quali era stato testimone?
Nel primo caso potremmo affermare che si trattava di una sorta di esorcismo, attuato rappresentando la figura che lo minacciava e scaricando quindi il proprio timore sull'opera appena compiuta.

Il secondo caso, invece, risulta essere molto più controverso; parlare di arte ed espressione artistica nella preistoria potrebbe apparire un argomento abbastanza azzardato; i vari studi, le catalogazioni e gli approfondimenti compiuti sui vari reperti a nostra disposizione ci portano a pensare che le prime rappresentazioni "artistiche" non furono frutto dell'estro bensì la semplice rappresentazione di scene quotidiane, il bisogno di immortalare avvenimenti che erano rimasti impressi nella mente dell'autore.

Nel terzo caso, quindi, quello che noi oggi osserviamo è ciò che l'artista vide realmente, una rappresentazione ovviamente distorta dalla sua cultura e dal sentimento religioso, ma pur sempre una raffigurazione di qualcosa alla quale aveva assistito, che gli era stata narrata, che lo aveva profondamente colpito destando in lui stupore o ammirazione.

Partendo da questo presupposto risulta difficile attribuire a semplici rappresentazioni fantastiche, partorite dalla fantasia di ignoti artisti primitivi, le figure anomale rinvenute in svariate località della Terra; si tratta di rappresentazioni troppo simili tra loro, oltre al fatto che l'enorme distanza che divide gli artisti non favorisce di certo l'ipotesi di uno scambio di idee sui modelli da raffigurare.

Rimane quindi la domanda:

Che cosa rappresentavano?
Possibile, come alcuni asseriscono, che quelle strane figure dotate di caschi e tute fossero soltanto la rappresentazione dell'antico desiderio dell'uomo di volare?
Come spiegazione dobbiamo ammettere che lascia molto a desiderare, sarebbe molto più logico, a. questo punto, accettare la teoria di visitatori alieni, con tutto ciò che ne consegue.

Il problema principale rimane comunque l'affinità tra le culture nel Medio Oriente e quelle rinvenute nelle Americhe, ovvero la loro sconcertante concordanza; l'antica Babilonia era infinitamente lontana dal Sud America e le due culture presentavano caratteristiche diverse: una si sviluppava a stretto contatto con il mare, l'altra nasceva sulle montagne, il tutto scandito da esigenze differenti e altrettanto differenti logiche di pensiero. Ciò nonostante, la similitudine delle rappresentazioni grafiche lascia ancora oggi perplessi; pur ammettendo che si sia giunti alle stesse soluzioni percorrendo strade diverse, questo non spiega in maniera soddisfacente l'enigma delle rappresentazioni pittoriche e architettoniche.

Esiste di certo la possibilità che rappresentanti di diverse culture siano venuti in contatto tra loro, spargendo per il mondo allora conosciuto, come moderni missionari, le loro conoscenze.

Ma questi uomini da chi avevano appreso?
Se la maggior parte delle informazioni provengono da tradizioni orali perpetuate nel tempo, qual era la loro origine?
In poche parole, se culture diverse erano solite rappresentare esseri racchiusi in quelle che oggi definiamo "tute spaziali", ci deve comunque essere stato qualcuno che, inizialmente, testimone di questo strano avvenimento, ne abbia in seguito perpetuato il ricordo. Esseri alieni - laddove questo attributo indichi la loro provenienza extraterrestre o molto più semplicemente creature di questo pianeta dalla natura sostanzialmente diversa da quella umana e appartenenti a una diversa dimensione - hanno interagito da sempre con l'evoluzione delle civiltà; nell'antichità questi misteriosi personaggi vennero assimilati agli dei, e quando (per motivi ancora non del tutto svelati) la loro sinergia con gli esseri umani volse al termine, entrarono a far parte del mito.

A riprova di quanto appena detto ci basterà rileggere, ma con diversi occhi e con una diversa apertura mentale, l'intero periodo della storia umana; non saranno certo pochi gli episodi che ci riporteranno alla memoria l'antica sinergia tra uomini e dei.

D'altra parte non deve stupirci più di tanto il fatto che, in passato, ogni cosa proveniente da una dimensione diversa da quella umana fosse rivisitata in chiave mitologica; la paura dell'inspiegabile richiedeva una pronta giustificazione, una chiave di lettura che aiu­tasse a spiegare fatti e avvenimenti che, in caso contrario, sarebbero apparsi assurdi e pericolosi.

Nascono in tal modo molte delle figure che ritroveremo nei capitoli a seguire: Quezalcoatl in Messico, Indra in India, Pvada Sabava in Tibet, i Celestiali in Cina, gli Onorevoli dei in Giappone, Horus in Egitto, Zeus in Grecia, Odino nell'Europa del Nord, Cheisven in Galles, Leacoscia in Perù, il Grande spirito negli usa, i Signori del cielo in Persia, i Nommos nel Mali, gli Apkallu e Oannes nel Golfo Persico, Leviatan nella Bibbia, gli Anunnaki nei Sumeri.

Tutti questi personaggi si spostavano nell'aria per mezzo di uova volanti, carri aerei, carri celesti vibranti, occhi volanti, perle spaziali, velivoli luminosi, e da questi personaggi si narra discendano quasi tutte le grandi civiltà, oltre che numerosi popoli quali i Sumeri, gli Esquimesi, gli Incas, i Maya, gli abitanti dell'isola di Pasqua, quelli del Tibet.

L'apporto degli dei celesti e la sinergia che questi svilupparono con le varie popolazioni furono elementi unici e irripetibili di un progresso conquistato nello spazio di pochi anni; a seconda delle varie tradizioni, insegnarono l'architettura, la scrittura, la matematica, soggiornarono a lungo tra gli uomini prima di andarsene, muovendosi periodicamente tra la Terra e lo spazio.

Gli antichi racconti mitologici conservano ancora arcaici ricordi di quel periodo, spesso frutto di tradizioni ancora più vetuste, altre volte usando l'immagine di esseri incredibili per rappresentare una altrettanto incredibile realtà; gli antichi greci, ad esempio, ci parlano della Gorgone, descrivendola come qualcosa di metallico (bronzo) e luminoso (fiammeggiante), di aspetto alieno (mostruoso) e con il potere di paralizzare gli uomini attraverso l'uso di un raggio paralizzante (lo sguardo); descrizioni simili si possono rintracciare anche nei miti americani.

In questo caso si tratta di una razza di giganti creata dagli dei prima del diluvio, e il parallelismo con i racconti contenuti nella Bibbia non può certo passare inosservato.

Nelle antiche cronache trascritte in sanscrito si parla dei Vimana, macchine volanti che tuonando vomitavano fuoco e mercurio fluido, mentre il Libro dei Morti redatto dagli antichi egizi ci racconta che la prima astronave discese sulla Terra nel 18.617.841 a.C., e lo stesso si afferma nelle tavole di Cuthca.

Secondo le tavole Brahminiche, soltanto 18 milioni d'anni fa un'umanità primitiva iniziò a svilupparsi, ma ben presto la sua ascesa subì una battuta d'arresto, fino a quando, nel 18.617.841 a.C, il Signore della fiamma scese per la prima volta sulla Terra con la sua astronave. Arrivò con quattro grandi signori e cento assistenti, con il compito di mutare l'essere androgino che vagava per il pianeta. Il corpo che doveva ospitare la nuova vita venne usando della terra, quindi gli dei si imbarcarono sulla loro astronave fiammeggiante, sfrecciarono nell'aria e atterrarono sull'Isola Bianca che sorgeva nel mare di Gobi, dove oggi si estende il deserto.

Semplici racconti generati da antiche fantasie? Visioni?
Ovviamente è possibile che la datazione fornita da questi antichi testi - la data dei 18 milioni di anni fa - sia del tutto simbolica e si riferisca, invece, a epoche remote di cui gli stessi redattori non erano in grado di calcolare la data, ma sarebbe di certo interessante, oltre che sicuramente non privo di sorprese, condurre uno studio che riuscisse a dare una immagine esatta di quello che realmente stavano osservando i vari cronisti.

Troppe coincidenze e troppi racconti simili tra loro, una moltitudine di fatti somiglianti che investono tutte le antiche civiltà; ma non c'è soltanto questo, esiste anche una lunga catena di simboli che si perpetuano nel tempo, variando nella forma, ma rimanendo pur sempre espressione di un'antica e mai dimenticata immagine primordiale.

Nella baia peruviana di Pisco, ad esempio, su di una scoscesa parete rocciosa, si staglia prepotente la figura di un candelabro di 250 metri, oppure, seguendo altre ipotesi, quella di una freccia che indica Nazca. Si tratta probabilmente della rappresentazione del candelabro ebraico, lo stesso simbolo fatto costruire dal Signore a Mosé dopo averglielo mostrato sul luogo scelto per manifestarsi o, come altri ancora amano pensare, sul luogo nel quale era atterrato con la sua astronave. Questo stesso candelabro ricorda però anche il simbolo di Atlantide: si tratta infatti della rappresentazione perfetta delle sette torri della capitale atlantidea e, al tempo stesso, simboleggia la rappresentazione della struttura della città a capo del mitico continente, evidenziando i canali circolari e concentrici, oltre che la via che li attraversava.

Perché i popoli antichi erano ossessionati dal bisogno di erigere grandi figure che fossero visibili dall'alto?
Ci troviamo forse in presenza del primo tentativo, tra l'altro ampiamente documentato, di entrare in contatto con esseri alieni?
Ancora una volta ritorniamo al quesito iniziale; se infatti si potrebbe spiegare il problema della somiglianza tra le varie rappresentazioni artistiche, questo nulla sembra togliere al mistero iniziale:

Quale avvenimento remoto scosse così profondamente i suoi testimoni, tanto da diventare un mito quasi universale?
Rispondere a questo quesito presuppone una notevole apertura mentale che ci porti ad accedere, senza paure o pregiudizi, a quel portale cosmico che ci separa dal regno degli antichi dei.

Il nostro attuale contesto storico, il sistema nel quale viviamo, ci muoviamo, sono realtà in grado di permettere un simile passo?
Siamo davvero pronti a viaggiare in un mondo che va oltre la nostra immaginazione?
Esistono luoghi su questo pianeta che rimangono avvolti in un tempo sospeso, carichi di mistero, luoghi nei quali è ancora possibile avvertire la presenza degli antichi dei; questo è il percorso che ci attende nei prossimi capitoli, un incredibile viaggio nell'oscuro e perduto mondo della Mitologia aliena.


Indice

Presentazione

Introduzione alla Mitologia

1. Un misterioso confìne

2. Antichi astronauti

3. Mitologia aliena: quando gli alieni scoprirono la Terra
- Codice Oannes
- Conoscenze aliene?
- Conclusioni

4. Dogon: il mistero del Nommo

5. Mitologia cinese
- Piramidi e mummie cinesi

6. I misteri celesti dell'antica India
- I Vimana

7. I Sumeri e il mito dell'acqua
- Sumeri in Sud America?
- Conclusioni

8. Personaggi misteriosi nell'antico Egitto
- I misteri del divino Ammone
- Imhotep, il maestro

9. Bibbia aliena e viaggiatori celesti...

10. Memorie perdute
- Infine in Italia...
- Riflessioni finali

Bibliografia
- Altri documenti
- Sitografia

Scheda Biografica
- Biografia Attività
- Riviste: direzione e collaborazioni
- Libri
- Letteratura:
- Saggistica (misteri):
- Saggistica (sociale) e Letteratura
- Saggistica (varie):
- Monografie
- Collegamenti
- Ebook


Roberto La Paglia
Mitologia Aliena - Libro >> http://goo.gl/fzbXZe
Uomini, miti e misteriose divinità dal cielo.
Editore: Uno Editori
Data pubblicazione: Luglio 2015
Formato: Libro - Pag 142 - 14x20