lunedì 12 giugno 2023

Il «piccolo cervello» nel cuore


Il «piccolo cervello» contenuto nel cuore

Consapevolezza

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Nel 1991 una scoperta scientifica pubblicata in un articolo sottoposto a revisione paritaria mise a tacere qualunque residuo di dubbio sul variegato ruolo del cuore all’interno del corpo. Il nome della rivista ci fornisce un indizio riguardo alla scoperta: «Neurocardiology». Tutto è incentrato sull’intimo rapporto che collega fra loro il nostro cuore e il nostro cervello.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 11/06/2023

Il famoso autore e conferenziere Gregg Braden, nel suo libro La Resilienza con il Cuore, spiega in modo esauriente la connessione tra cuore e cervello.

A cura di Elena Sanda Chira, coordinatrice della collana Scienza e Conoscenza

Una straordinaria scoperta: il cuore ha un cervello!

La scoperta descriveva questo potente rapporto, che in passato era stato ignorato. Una squadra di scienziati, diretta dal dottor J. Andrew Armour dell’Università di Montreal, aveva scoperto che circa 40.000 neuroni specializzati, denominati neuriti sensori, formano una rete di comunicazione all’interno del cuore stesso. Per chiarezza, il termine neurone descrive una cellula specializzata che può venire sollecitata (stimolata elettricamente) in modo tale da permetterle di condividere informazioni con altre cellule del corpo. Nonostante un vasto numero di neuroni sia ovviamente concentrato nel cervello e lungo il midollo spinale, la scoperta di queste cellule all’interno del cuore, e in minor numero all’interno di altri organi, permette una nuova comprensione del livello di comunicazione vigente in tutto il corpo. I neuriti sono minuscole propaggini che si diramano dal corpo centrale del neurone, per assolvere a diverse funzioni. Taluni prelevano informazioni dal neurone per connettersi ad altre cellule, mentre altri captano segnali da varie fonti e li trasportano verso il neurone.

Ciò che rende talmente eccezionale questa scoperta è che i neuriti presenti nel cuore replicano molte delle stesse funzioni rilevate nel cervello. Detto in parole semplici, Armour e colleghi scoprirono ciò che in seguito ha notoriamente assunto il nome di «piccolo cervello» del cuore. E sono i neuriti specializzati a rendere possibile il piccolo cervello. Citando gli scienziati a cui si deve la scoperta: «Il “cervello del cuore” è una rete intricata di nervi, neurotrasmettitori, proteine e cellule di supporto simili a quelli riscontrabili nel cervello vero e proprio».

Che ruolo ha il cervello del cuore?

Un ruolo chiave del cervello del cuore consiste nel rilevare i cambiamenti che avvengono nell’organismo, quali i livelli degli ormoni e di altre sostanze chimiche, per poi comunicarli al cervello affinché quest’ultimo possa soddisfare adeguatamente i nostri bisogni. Il cervello del cuore espleta questo compito convertendo il linguaggio del corpo (la chimica) nel linguaggio elettrico del sistema nervoso, per renderlo comprensibile al cervello. I messaggi in codice del cuore, per esempio, informano il cervello su quando il nostro fabbisogno di adrenalina aumenta durante una situazione stressante, o su quando è sicuro diminuire la secrezione adrenalitica e concentrarsi sulla costruzione di una risposta immunitaria più forte. Una volta scoperto il piccolo cervello nel cuore, è emerso anche il suo ruolo in varie funzioni non del tutto riconosciute in passato.

Esse includono:

• emanare la conoscenza generata dal cuore, nota come «intelligenza cardiaca».

• Promuovere stati intenzionali di intuizione profonda.

• Permettere l’espressione di abilità precognitive intenzionali.

• Dirigere la comunicazione fra il cuore e i neuriti sensori in altri organi del corpo.

Come funziona il piccolo cervello cardiaco?

Si è appurato che il piccolo cervello cardiaco funziona secondo due modalità distinte ma correlate.

Esso può agire…

1. …in autonomia rispetto al cervello craniale per pensare, apprendere, ricordare e perfino percepire autonomamente i nostri mondi interiore ed esteriore;

2. …in sintonia con il cervello craniale per darci il beneficio di una singola, potente rete neurale condivisa dai due organi distinti.

La scoperta del dottor Armour ha trasformato per sempre il modo in cui ci è stato insegnato di concepire noi stessi. Dà un nuovo significato a ciò che è possibile e a ciò di cui siamo capaci in termini dei ruoli fisiologici rivestiti dal cuore e dal cervello. Con le parole del dottor Armour, possiamo dire che «in anni recenti è ormai divenuto evidente che esiste una sofisticata forma di interazione tra cuore e cervello, nella quale ciascuno dei due influisce sul funzionamento dell’altro». Il nuovo campo della neurocardiologia, la scienza che esplora il significato di una simile scoperta, sta appena cominciando a mettersi in pari con la realtà della nostra esperienza quotidiana. Questo è particolarmente evidente quando si prendono in esame i princìpi presentati da alcune delle nostre più antiche e amate tradizioni spirituali.

Il cuore nelle antiche saggezze

Da molto tempo le tradizioni indigene sostengono che il cuore ricopre nella nostra vita un ruolo cruciale, che va molto al di là di quello di una semplice pompa muscolare. Anche se il concetto di “cuore come pompa” non è messo da parte da tali tradizioni, sono le virtù del cuore poste al di là della sua funzione meccanica, quelle evidenziate dagli antichi saperi. Quasi tutti gli insegnamenti storici elevano il ruolo del cuore ponendolo a un livello dal quale esercita un influsso diretto sulla nostra personalità, la nostra vita quotidiana e la nostra capacità di fare scelte morali per distinguere fra il bene e il male, discriminando fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Macario, il santo copto a cui si deve la fondazione di un antico monastero egizio che porta il suo nome, riuscì a catturare con grande maestria questi livelli di potenzialità all’interno del cuore, quando affermò: “[Il cuore stesso], infatti, è come un piccolissimo vaso; eppure lì vi sono draghi, leoni, bestie velenose, tutti i tesori dei vizi; lì si trovano anche vie aspre e scabrose, precipizi. D’altronde, però, lì c’è anche Dio, gli angeli, la vita e il regno, la luce e gli apostoli, i tesori della grazia, tutte le cose, insomma.

” Fra «tutte le cose» citate da san Macario oggi dobbiamo includere le nuove scoperte che documentano la capacità del cuore umano di ricordare gli eventi della vita, perfino quando l’organo non è più presente nel corpo della persona che li ha vissuti.

Scopri la nuova edizione del libro La Resilienza con il Cuore

La Resilienza con il Cuore — Libro >> https://bit.ly/3sbnsPG

Come Crescere in Situazioni Estreme

Gregg Braden

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venerdì 9 giugno 2023

Entanglement: intime connessioni


Entanglement: dove tutto è intimamente connesso

Scienza e Fisica Quantistica

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Ci si chiede in che cosa consista esattamente la natura dell’entanglement, da dove esso nasca, e per quale ragione esso si verifica nel mondo quantistico. Questo è sicuramente il quesito più difficile, a cui è veramente arduo rispondere. La fisica dei quanti ci spiega che l’entanglement si verifica realmente in natura, e si conosce anche piuttosto bene – sia a livello di teoria matematica che a livello di sperimentazione – come questo avviene, ma non conosciamo il perché. Possiamo solo prendere atto che questo fenomeno manda in pezzi tutte le concezioni della realtà che ci siamo costruiti per spiegare il mondo in cui viviamo.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 08/06/2023

A cura di Elena Sanda Chira, coordinatrice della Collana Scienza e Conoscenza.

Il famoso autore e ricercatore Massimo Teodorani, nel suo capolavoro Entanglement- L’intreccio nel mondo quantistico: dalle particelle alla coscienza spiega questo misterioso fenomeno fisico che influisce costantemente non solo sul comportamento delle particelle, ma anche sulla nostra vita.

Che cos’è l’entanglement?

La meccanica quantistica ci dimostra che la fisica non serve solo per descrivere il mondo della nostra esperienza sensoriale ma anche per penetrare nei meandri di un mondo a noi invisibile, il quale sembra reggere da solo la struttura della realtà per intero. Le nozioni di realtà che ci siamo costruiti in qualche secolo di scienza galileiana si sono talmente consolidate a livello della nostra psiche e a livello di un comune consenso collettivo, che perfino Albert Einstein nel secolo scorso si era lasciato condizionare dal senso comune, al punto tale che per tutta la vita ritenne che la meccanica quantistica (che anche lui aveva contribuito a creare con la sua scoperta dell’effetto fotoelettrico) non fosse una teoria completa.

Secondo Einstein dovevano per forza esistere delle “variabili nascoste” con cui si potesse dispiegare in maniera causale e non sincronica – come invece appariva – la reale struttura della meccanica quantistica. Einstein riteneva che la scoperta di variabili nascoste nella meccanica quantistica ne avrebbe tolto il suo carattere probabilistico per sostituirlo con uno deterministico, diventando così una teoria completa, nella quale come nel caso Newtoniano, sia le variabili sia le quantità possono essere conosciute e predette con un grado di precisione arbitrario. E sicuramente il meccanismo dell’entanglement rappresentava la massima sfida al senso comune.

Chi mai a quel tempo tra gli scienziati di punta sarebbe stato disposto ad accettare che le nostre concezioni della realtà e dell’universo sono completamente inadeguate? Proprio su questo punto ebbe luogo una vera e propria sfida tra Einstein e il grande fisico teorico danese Niels Bohr, a quel tempo il principale propugnatore della meccanica quantistica. Ciò si manifestava con quelli che ancora oggi vengono definiti “esperimenti mentali”. Al tempo di Einstein il primo esperimento mentale che costituiva una sfida frontale alla meccanica quantistica, ebbe come oggetto proprio il meccanismo dell’entanglement. Il problema venne posto da Einstein e dai suoi collaboratori, l’israeliano Nathan Rosen e il russo Boris Podolsky, in questi termini: se davvero in fisica quantistica hanno luogo eventi sincronici – o per esprimerci in termini tecnici “non-locali” – allora le soluzioni sono due:

a) qualcosa non funziona nella meccanica quantistica e occorre trovare delle variabili nascoste che impediscono di trattare il problema in maniera causale e deterministica;

b) la teoria della relatività con il suo limite costituito dal valore finito della velocità della luce viene fortemente messa in dubbio.

Cos’è l’esperimento EPR?

L’esperimento mentale della disputa lanciata da Einstein, Podolsky e Rosen – poi definito come “esperimento EPR” – può essere formulato in maniera più semplice e diretta come saggiamente poi fece il loro collega David Bohm. Se noi prendiamo due particelle che per qualche ragione hanno interagito tra loro almeno una volta e poi le separiamo anche a distanze grandissime, nel momento in cui effettuiamo una misura su una delle due particelle noi determiniamo il collasso della funzione d’onda che ne descrive lo stato quantistico, rendendo manifesta una delle sue proprietà come ad esempio lo spin3 , ma allo stesso esatto momento l’operazione della misura sulla prima particella influenzerà istantaneamente l’altra particella a qualunque distanza essa si trovi dalla prima, la cui funzione d’onda anch’essa collasserà rendendo manifesta una sua proprietà.

L’entanglement viola il principio della causalità

Cosa significa tutto questo? Significa che quando due particelle sono legate – o entangled – in realtà non abbiamo due funzioni d’onda che ne descrivano i rispettivi stati, ma una sola funzione d’onda, che collassa in simultanea per entrambe le particelle nel momento in cui ne osserviamo una. Ovviamente questo non solo viola il principio di causalità ma ingenera per forza un meccanismo che apparentemente determina la propagazione istantanea di segnali.

In caso contrario come fa la seconda particella a sapere istantaneamente quello che è successo alla prima? Ma si tratta davvero di segnali superluminali, come molti ancora a torto si sentono portati a pensare? Oppure è davvero come se le due particelle non fossero per nulla separate dallo spazio? Tutto questo è davvero sconvolgente, ma reale, se per “reale” si intende una descrizione più completa dell’Universo, che vada oltre quello che i nostri sensi percepiscono nel mondo della causalità. Non si tratta di segnali superluminali, ma del fatto che nella struttura più intima dell’Universo, dove tutto esiste intimamente legato al di là dello spazio e del tempo.

In sintesi, se noi abbiamo due particelle che hanno in qualche modo interagito tra loro e poi le separiamo, fino a che noi non effettuiamo una misura su una di esse, esse si troveranno in una specie di limbo comune, e cioè in uno stato di sovrapposizione quantistica descrivibile da un’unica funzione d’onda. Ma teniamo ben presente che qui non si tratta di una sola particella bensì di due particelle entangled descrivibili da un’unica funzione d’onda. Vediamo dunque che il principio di sovrapposizione e il fenomeno dell’entanglement sono intimamente legati.

Cosa ne pensa Schrödinger?

Descrivere due o più particelle entangled significa descrivere in realtà un solo stato quantistico. È come se le particelle entangled fossero una sola particella! Possiamo a questo proposito riportare direttamente le parole dello stesso Schrödinger: quando due sistemi, dei quali conosciamo gli stati sulla base della loro rispettiva rappresentazione, subiscono una interazione fisica temporanea dovuta a forze note che agiscono tra di loro, e quando, dopo un certo periodo di mutua interazione, i sistemi si separano nuovamente, non possiamo più descriverli come prima dell’interazione, cioè dotando ognuno di loro di una propria rappresentazione.

Traiamo dunque una prima conclusione che ci riporta agli assunti fondamentali della meccanica quantistica, la quale descrive le bizzarre proprietà della materia e dell’energia sulla scala dell’infinitamente piccolo. Queste proprietà sono le seguenti:

a) la “coerenza quantistica” in cui le particelle individuali sono tra loro unite in un’entità collettiva descritta da un’unica funzione d’onda;

b) lo “entanglement quantistico” non-locale in cui stati quantistici descriventi particelle tra loro separate sono tra loro intimamente connessi da una unica funzione d’onda;

c) la “sovrapposizione quantistica”, in cui le particelle esistono in due o più stati (o luoghi) simultaneamente;

d) il “collasso quantistico” di uno stato descritto da una data funzione d’onda, in cui particelle che si trovano in stati sovrapposti vanno soggette a una riduzione su ben specifiche scelte determinate dal processo di misura.

Forse l’incredibile coesione mostrata dal volo sincronizzato di stormi di uccelli rappresenta la miglior rappresentazione iconografica che la natura ci mostra di un fenomeno di portata vastissima. Un fenomeno che si propaga in maniera “auto-simile” dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, passando attraverso il mondo biologico, l’uomo e la sua società: entanglement, ovvero: “intreccio”. Queste incredibili costanti che uniscono il mondo microscopico a quello macroscopico sembrano avere un loro corrispettivo nel mondo psichico e nelle sue sconcertanti manifestazioni ed è collegato direttamente a quello che chiamiamo Coscienza.

Approfondisci con la lettura del libro Entanglement!

Entanglement — Libro >> https://bit.ly/43H0Vd0

L'intreccio nel mondo quantistico: dalle particelle alla coscienza

Massimo Teodorani

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giovedì 8 giugno 2023

Chiavi Genetiche


Chiavi Genetiche: strumento per comprendere l'umanità

Medicina Quantistica e Bioenergetica

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Le chiavi genetiche sono un vero e proprio manuale rivolto al nostro codice genetico e traggono ispirazione dall’antico testo della cultura cinese – l’I-Ching o Libro dei Mutamenti – uno strumento molto utilizzato soprattutto dai saggi del passato che se ne servivano per prendere decisioni il più possibile in armonia con i flussi della natura.

Redazione - Scienza e Conoscenza - 15/06/2023

In tempi più recenti - a partire dalla fine degli anni ’80 – grazie alle intuizioni di Ra Uru Hu, creatore del sistema chiamato Human Design e, successivamente, agli approfondimenti di Richard Rudd, la comprensione del vero tesoro contenuto nell’I-Ching ha raggiunto un livello decisamente diverso: il Libro dei Mutamenti fornisce in realtà una vera e propria mappa delle dinamiche energetiche che sono alla base di tutti i sistemi viventi.

Si tratta insomma di importanti informazioni che sembrano essere in diretta relazione con il nostro DNA, al punto che gli stessi esagrammi – i disegni con sei linee intere o spezzate contenuti nell’I-Ching e i modi in cui tali linee si combinano tra loro – si basano sullo stesso schema che caratterizza anche il codice genetico. Così come nell’I-Ching la combinazione dei gruppi di trigrammi – i raggruppamenti di tre linee – formano alla fine 64 esagrammi, anche nel DNA umano i codoni, cioè i raggruppamenti chimici che corrispondono ai vari amminoacidi, sono 64. D’altro canto, la geometria dei 64 elementi è proprio la matrice su cui si fondano la maggior parte delle discipline umane, dalla fisica, alla musica, all’informatica, solo per citarne alcune.

Lo stesso fiore della vita – figura geometrica molto conosciuta e utilizzata in svariati ambiti – è formato anch’esso proprio da 64 cerchi che si intrecciano tra loro. La correlazione tra il libro dell’I-Ching e il nostro codice genetico crea insomma un nuovo linguaggio olistico e sottile che entra in risonanza e comunica direttamente con le cellule del nostro organismo, fornendo gli strumenti per innalzare la nostra vibrazione e poter manifestare nel mondo i veri potenziali che giacciono nel profondo della doppia elica del DNA, in attesa di essere attivati.

Tutti noi arriviamo sulla Terra con la nostra personale geometria sacra, cioè con un progetto di vita unico, racchiuso nel nucleo del nostro essere. L’insegnamento delle Chiavi Genetiche ci dà modo di scoprire la natura di tale progetto attraverso il Profilo Ologenetico che, in base alla data, all’ora e al luogo dove siamo nati, ci fornisce una mappa personalizzata delle Chiavi – ossia le sequenze genetiche – che ci caratterizzano e che sono in grado di sbloccare il nostro potenziale più elevato in tutti gli ambiti dell’esistenza: dalle dinamiche relazionali allo scopo di vita, dalla prosperità finanziaria alla salute, dalla guarigione delle ferite dell’infanzia alle dinamiche per il risveglio spirituale.

Come precisato nel Glossario di Crescita personale che si trova in fondo al libro delle Chiavi Genetiche “in virtù della sua natura ologenetica, a prescindere dal punto verso cui rivolgerete la consapevolezza, attiverete contemporaneamente tutti i percorsi compresi nel vostro profilo”. Mi piace particolarmente considerare il Profilo Ologenetico come una vera a propria “mappa del tesoro”, formata da una serie di sfere colorate collegate tra loro da vie – o sentieri – che indicano un percorso da compiere e che corrispondono a tre importanti sequenze: la Sequenza di Attivazione che sblocca il Genio attraverso i Doni Primari, la Sequenza di Venere che sblocca gli schemi emozionali profondi, e la Sequenza della Perla che attiva la capacità di essere efficienti e prosperare nella vita. L’insieme di queste tre sequenze prende il nome di Sentiero Dorato ed è, in sostanza, un percorso che parte da noi e ci fa….tornare a noi, dopo aver scoperto e attivato il nostro vero tesoro, cioè l’espressione più alta di chi siamo veramente: il nostro GENIO.

Nell’immaginario collettivo si associa il concetto di “Genio” a personaggi fuori dal comune, ma le Chiavi Genetiche insegnano che ognuno di noi ha un proprio Genio da portare in dono al mondo, sotto diverse forme. Il modo che abbiamo per riconoscere se lo stiamo già manifestando è estremamente semplice: basta vedere se ciò che facciamo ci rende gioiosi e, come sottolinea lo stesso Richard Rudd “Il genio può emergere soltanto da questa radianza interiore. Se non vi rende autenticamente entusiasti, allora non è il vostro genio.”

Possiamo dunque considerare Le Chiavi Genetiche come una sorta di “manuale di giardinaggio” che spiega come far crescere e prosperare il seme che è già dentro di noi, nel nostro DNA. Gli attrezzi da usare sono semplici e alla portata di tutti e sostanzialmente sono quattro: la RICERCA, cioè la voglia di conoscersi meglio, la GENTILEZZA, essenziale per approcciare in modo delicato le proprie “Ombre”, la CONTEMPLAZIONE, cioè l’utilizzo giocoso della mente che, aprendo percorsi nuovi dentro di sé, finisce per condurre a un empowerment personale e la PAZIENZA, cioè il concedersi del tempo affinché i Doni possano sbocciare e incarnarsi profondamente.

Viaggio tra le Chiavi Genetiche – Ombre, Doni, Siddhi, partner di programmazione e Anelli Codonici

Entrando nell’affascinante mondo delle Chiavi Genetiche, vi imbatterete in parole e concetti nuovi. In realtà si tratta solo di prendere confidenza con il mondo delle frequenze. Ogni Chiave infatti è caratterizzata da tre “bande di frequenza” che sono rispettivamente l’Ombra, il Dono e la Siddhi. Per fare un esempio più concreto potremmo paragonare questo concetto di frequenza ai suoni: esistono tanti tipi di frequenze sonore che – da sole o combinate tra loro – possono creare caos e fastidio oppure diventare piacevoli melodie. Lo stesso avviene nella nostra vita: se viviamo costantemente a una frequenza bassa, prigionieri di una mente che ci fa credere che non esista via d’uscita dalla condizione di vittime della paura e della rabbia, tutta la realtà che creeremo sarà “pesante” e le relazioni che ne risulteranno saranno disfunzionali e faticose; in pratica è quello che si intende col termine “Ombra”.

Se però state leggendo questo articolo, significa che in voi è già scattata quella scintilla di curiosità, essenziale per innescare un processo di cambiamento. La bellezza e la magia delle Chiavi Genetiche sta proprio nel fatto che, a differenza di molti altri tipi di insegnamento, qui si tratta piuttosto di “disimparare” qualcosa, in modo che le rigide strutture e credenze che contribuiscono a mantenervi in una “mentalità da vittima” possano essere trasformate dalla consapevolezza e dal suo potere di sbloccare l’energia latente contenuta nel DNA. La conseguenza sarà che, anziché rimanere bloccati in una condizione di sopravvivenza – cioè nella vibrazione Ombra – inizierete a manifestare nel mondo il servizio – cioè il Dono, il Genio di chi siete davvero. La prerogativa essenziale affinché questo avvenga è la volontà di assumervi “la piena responsabilità del vostro karma – cioè dei vostri pensieri, parole e azioni”.L’aumento di frequenza che deriva da questo semplice ma potente atto di coraggio è un’esperienza reale e fisica, una vera e propria incarnazione di leggerezza, fiducia e pace che si riverserà come un fiume in tutti gli ambiti della vostra vita.

Ogni Chiave dunque è un manuale di istruzioni in grado di farci passare da un “campo energetico a bassa frequenza” creato dalla paura a uno “ad alta frequenza” creato dall’amore, fino a spingerci alle vibrazioni più sottili delle Siddhi, cioè alla piena realizzazione spirituale che avviene quando tutte le frequenze più pesanti vengono trasmutate in luce attraverso l’assorbimento – un processo in cui il “DNA attiva il sistema endocrino, spingendolo a secernere determinati ormoni raffinati su base regolare”. Tali ormoni attivano un funzionamento più elevato del cervello inducendo “stati di illuminazione spirituale e trascendenza”; sebbene questi stati elevati al momento interessino ancora una sparuta minoranza di individui, in futuro si tratterà di un fenomeno che sarà sempre più collettivo.

E’ importante anche ricordare che tutte le 64 Chiavi Genetiche si combinano in 32 coppie di “partner di programmazione” in cui due Chiavi opposte e speculari fra loro formano un “loop di biofeedback che rafforza i temi delle Chiavi Genetiche coinvolte a ogni livello di frequenza”. Ma mentre alla frequenza Ombra due partner di programmazione creano schemi emozionali, fisici e mentali depotenzianti, al livello della frequenza Dono, “quando la consapevolezza penetra in loro, trasformandoli, tali schemi rilasciano ondate di energia creativa”. Inoltre, al livello siddhico, le partner di programmazione, anziché essere opposte, “sbocciano come autentica coscienza”.

Per finire, le Chiavi sono anche raggruppate in “famiglie” chiamate Anelli Codonici, cioè raggruppamenti genetici universali, collegati ai misteri dell’esistenza. Essi ci spingono a formare “coppie, gruppi e, in ultimo, intere società” secondo ciò che viene comunemente definito “karma”. Non è un caso che uno strumento come “Le Chiavi Genetiche” sia giunto a noi proprio in questo momento storico in cui, come umanità, ci troviamo ad affrontare il grande salto quantico di consapevolezza che tante culture del passato hanno preannunciato nel corso dei millenni. Avvicinarsi a questo insegnamento in fondo è molto semplice: basta ridare al cuore il suo vero compito di guida, affinché possa “trasformarci” nella versione migliore di noi stessi.

Maria Teresa Frezet vive tra Aosta e la Liguria. Dopo aver conseguito la Laurea binazionale in Lingue Moderne all'Università di Chambéry (Francia) nel 1987. Varie esperienze lavorative le hanno permesso di mettere sempre più a fuoco il suo compito autentico: riconoscere di essere una guida per chi è alla ricerca di una direzione di vita e di coerenza e fluidità nelle relazioni personali e professionali. Lavora con sessioni individuali e di gruppo e ha creato un metodo chiamato Core Balancing in cui mixa tecniche, strumenti e conoscenze personali (nel 2011 ha co-creato Thanks Attitude – thaatt.com – un percorso di crescita per migliorare le relazioni) che facilitano il sano riequilibrio delle energie. Nel 2017, l'incontro con le Chiavi Genetiche è stato un ulteriore salto evolutivo sia personale che professionale, per il valore aggiunto che esse portano nella comprensione profonda delle forze che muovono gli esseri umani. Dal 2018 è membro del Multilingual Team Gene Keys che si occupa di divulgare questa importante conoscenza a livello mondiale.

Scopri Le chiavi Genetiche di  Richard Rudd:

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Come abbracciare il proprio scopo più elevato

Richard Rudd

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