martedì 30 ottobre 2018

Coscienza, anima e fisica quantistica




Coscienza, anima e fisica quantistica

Scienza e Fisica Quantistica      

L’anima di ognuno di noi è molto più che il prodotto della semplice interazione dei neuroni nel cervello, ma è della stessa composizione vibrazionale dell’universo, ce ne parla Carmen Di Muro con il suo libro Spiritual Mind

Carmen Di Muro - 29/10/2018

Ma noi siamo fatti solo di materia? O siamo molto di più di ciò che cogliamo attraverso il nostro sguardo? Esiste l’anima, quell’anelito vitale che ci muove dall’interno, indipendente dal cervello o dal resto del corpo che può sopravvivere alla morte fisica? Fino a qualche decennio fa, questi interrogativi erano leciti solo nell’ambito di una riflessione teologica. Oggi, invece, entrano a pieno diritto nelle domande fondamentali della fisica quantistica che ha iniziato a interessarsi e ad approfondire pionieristicamente questioni come la coscienza umana, l’immortalità dell’anima e la vita dopo la morte.

Coscienza, anima e fisica quantistica

Da qui si dischiude uno scenario nuovo e insolito che mette in luce grandi verità sulla nostra natura multidimensionale. Nell’essenza del nostro corpo fisico siamo costituiti da quanti. Il quanto è pura energia e quindi l’uomo è pura energia. Il suo corpo fisico rappresenta la vibrazione più densa dell’energia. È un involucro che protegge l’essenza dell’energia, ciò che Platone definì Anima, la nostra componente immortale, ma che la scienza è solita indagare con il termine di Coscienza (…)

Stando a ciò, i fisici teorici che da sempre hanno cercato di comprendere e di afferrare la sostanza della realtà fisica, hanno notato che quanto più si spingevano nello studio profondo dell’universo tanto più questo appariva astratto, pura potenzialità, pura coscienza consapevole di sé che s’innalza in onde di vibrazione per dar vita alle particelle, alle persone, alle cose osservabili e a tutto ciò che ci circonda.

Ciò significa che tutto ciò che esiste in natura fa parte della stessa fonte dell’esistenza, di quel campo di informazione integrale che intesse le trame della vita.

La riduzione obbiettiva orchestrata

La coscienza esiste al di fuori degli usuali vincoli dello spazio/tempo e sfugge alla tradizionale comprensione delle leggi della fisica classica. Essa è energia non locale e il suo campo d’azione non va concepito entro i confini del corpo fisico ma al contrario, in modo esteso all’infinito, non esaurendosi a livello dell’interno, ma trovandosi ovunque. Tale principio è ciò che anima le avveniristiche concettualizzazioni di “neurodinamica quantistica” di due scienziati di fama mondiale, lo studioso americano Stuart Hameroff e il fisico inglese Roger Penrose, i quali partendo dalla visone del nostro cervello come di un computer biologico, sostengono che la nostra esperienza di coscienza sia il risultato di vibrazioni quantiche che avvengono nei microtubuli, ovvero strutture intracellulari che collegano i processi neuronali ai processi di auto-organizzazione nella struttura quantica proto-cosciente della realtà. Tale processo è stato definito con il nome di “riduzione obiettiva orchestrata” (o teoria Orch OR, da orchestred objective reduction) e spiega come si genererebbe un atto di coscienza sulla base di informazioni quantistiche (…)

L’anima di ognuno di noi è perciò molto più che il prodotto della semplice interazione dei neuroni nel cervello, ma è della stessa composizione vibrazionale dell’universo, una formazione naturale presente fin dall’inizio nella materia che arriva alla sua piena e completa essenza nell’uomo acquistando sempre più ordine e informazione, nell’interazione continua e costante con la sorgente della creazione a cui appartiene. (…)

Scoprilo ora!

eBook - Spiritual Mind
Nuove prospettive di guarigione tra fisica quantistica e coscienza
Carmen Di Muro


martedì 23 ottobre 2018

Il suono come radice dell'Universo




Il suono come radice dell'Universo: dalle stringhe alla sapienza vedica
      
Le antiche tradizioni orientali e la scienza moderna mostrano come la vibrazione e il suono siano strutture primordiali alla base dell’Universo

di Antonio Morandi - 22/10/2018

È intuitivo comprendere come la realtà sia permeata di vibrazioni e di suoni, e la moderna fisica non solo ci conferma scientificamente questa intuizione, ma dice anche che la realtà è intrinsecamente formata da vibrazioni. Secondo la Teoria delle Stringhe ad esempio, è lo stato vibrazionale di una stringa che determina le proprietà della materia. La Teoria delle Stringhe assume che le forze fondamentali della natura possano essere considerate come delle corde, stringhe appunto, monodimensionali vibranti. Esse hanno una dimensione infinitamente piccola, a livello della Costante di Planck (10-35 metri), si propagano nello spazio e interagiscono fra loro costituendo la rete della realtà. Infatti a un livello dimensionale maggiore della Costante di Planck esse appaiono come normali particelle, con massa, carica ed altre proprietà che però sono determinate allo stato vibrazionale della Stringa. Secondo la Teoria delle Stringhe la materia è vibrazione.

Questa visione era già presente ed incredibilmente chiara nell’antichità. In ogni sistema di conoscenza tradizionale infatti, il suono, la parola, la vibrazione vengono considerati la radice della creazione e il sostentamento dell’Universo.

Secondo la concezione vedica l’Universo è formato da cinque elementi o stati della materia che derivano dallo squilibrio primordiale nella forma del suono OM. Il suono è l’energia primordiale che si organizza nelle forme della realtà concreta.

Dalla tensione uniforme degli opposti, una simmetria assoluta, si genera una “rottura” che da luogo a un meccanismo oscillatorio caratterizzato da 3 distinti momenti: propulsione, resistenza e punto di equilibrio, rispettivamente chiamati in sanscrito Rajas, Tāmas e Sattva. Questi, attraverso una cascata di eventi, generano i cosiddetti cinque elementi o Pañca Mahābhūta che costituiscono tutta la realtà. Sono Ākāśa (etere), Vāyu (aria), Tejas (Fuoco), Jala (Acqua) e Pṛthvī (Terra) in ordine crescente di densità. In realtà i Pañca Mahābhūta sono differenti stati di movimento, di onde che esprimono la loro diversità attraverso “proprietà” caratterizzanti associate alle possibilità percettive umane. In poche parole sono stati vibrazionali della materia in risonanza con i nostri sensi, per cui sono percepibili.

La sequenza a densità incrementale dei Pañca Mahābhūta racchiude in sé un elemento di primaria importanza: ogni elemento più denso, poichè derivante dal precedente meno denso, ne contiene le proprietà. È evidente quindi come Ākāśa (etere) sia presente e determinante in tutti i Pañca Mahābhūta.

È importante considerare che il termine Ākāśa (etere) non corrisponde al vuoto ma al substrato onnipresente che consente agli altri elementi di esistere. È il contenitore che permette alla vibrazione primordiale di esistere e generare l’universo. Quindi così come Ākāśa (etere), il suono, inteso come vibrazione, definisce e attraversa tutti gli stati della materia determinandone le caratteristiche. È interessante considerare che il sistema uditivo è il primo dei cinque organi di senso a svilupparsi durante la vita fetale e ad iniziare a mediare il contatto con l’esterno. È ragionevole pensare che anche gli altri sensi si sviluppino sulla base delle informazioni uditive. Il suono non è quindi connesso con l’aria come intuitivamente viene da pensare, ma con la struttura stessa della materia.

Continua la lettura su Scienza e Conoscenza 66

Scienza e Conoscenza n. 66
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza

lunedì 22 ottobre 2018

Le dita sono il nostro secondo cervello




Perche' le dita sono il nostro secondo cervello?

Medicina Non Convenzionale      

Nonostante le dita e i palmi delle mani ricoprano solo un decimo dell’intera superficie del corpo, per controllarli è impegnato addirittura un terzo della regione cerebrale, incluse l’area motoria e sensoriale: scopriamo la stretta relazione tra dita e cervello e come possiamo sfruttarla per la nostra salute

Redazione Scienza e Conoscenza - 20/10/2018

Tratto dal libro Pollice intelligente, cervello giovane

Perché la riabilitazione che si concentra sulle cinque dita della mano (rispettivamente pollice, indice, medio, anulare e mignolo) consente una corretta stimolazione del cervello?

La chiave della risposta a questa domanda sta nell’osservazione delle curiose immagini a p. 34, raffiguranti volto, mani e dita disposti lungo il contorno esterno della scatola cranica. Si tratta delle “raffigurazioni dell’homunculus corticale”, immagini che chiunque abbia studiato medicina ha visto durante le lezioni di fisiologia. Il neurochirurgo Wilder Penfield, l’autore, intendeva mostrare con esse a quali parti del corpo sono strettamente connesse, rispettivamente, la cosiddetta “area motoria” del cervello, responsabile di impartire comandi che innescano movimenti, e l’“area sensoriale”, adibita all’elaborazione delle sensazioni. È importante osservare la considerevole porzione in cui sono coinvolte le cinque dita e il palmo delle mani, tenendo conto che l’area motoria e quella sensoriale occupano rispettivamente un terzo e un quarto dell’intero cervello. L’homunculus corticale raffigura tali proporzioni, servendosi di un modello dalla forma umana. Tale immagine, tenendo conto dell’importanza che ciascuna parte del corpo ha sul cervello, risulta in un’umoristica raffigurazione antropomorfa con bocca e mani sproporzionate. Ogni giorno noi eseguiamo azioni di tutti i tipi con l’ausilio delle mani: teniamo in mano qualcosa; lo afferriamo; lo stringiamo; lo annodiamo; lo giriamo. È grazie alle nostre dita, le sole tra le varie parti del corpo in grado di eseguire movimenti particolarmente complessi e sofisticati, che possiamo cucinare o riusciamo a portare a termine operazioni di alta precisione, come quelle richieste nel cucito.

L’area motoria coordina i movimenti del corpo, mentre quella sensoriale si occupa di compiti come valutare gli oggetti in base alla loro consistenza e percepire un determinato quantitativo raccolto nel palmo della mano. Le cinque dita e i palmi delle mani sono organi sofisticati. Nonostante infatti ricoprano solo un decimo dell’intera superficie del corpo, per controllarli è impegnato addirittura un terzo della regione cerebrale, incluse l’area motoria e sensoriale. In particolare le nostre dita sono dotate di cellule nervose connesse al cervello. La mano destra è strettamente collegata all’emisfero cerebrale sinistro, responsabile del pensiero razionale e logico, compresi il linguaggio e il calcolo; la mano sinistra è invece connessa all’emisfero destro del cervello, legato alle immagini e all’arte, inclusi l’intuizione e la creatività. In breve, la testa impartisce una quantità elevata di comandi alle nostre dita. Non è un caso, perciò, che nei caratteri che compongono la parola “comando” in giapponese compaia l’ideogramma corrispondente a “dito”. Inoltre, il cervello non è responsabile solo di muovere le varie parti del corpo, ma anche di ricevere stimoli da esse, trasformandosi in risposta a tali sollecitazioni. Tutto questo per dire che possiamo stimolare un’ampia area del cervello semplicemente usando le nostre dita. Quando muoviamo attivamente le nostre dita, il cervello cerca di captare tali informazioni e, come risultato, viene attivato e rivitalizzato. È per questa precisa ragione che i medici affermano che “le dita sono il nostro secondo cervello”. Le dita e il cervello sono strettamente connessi ed esercitano una grande influenza reciproca.

Leggi questo straordinario libro
per imparare a migliorare
le prestazioni del tuo cervello!

Pollice Intelligente, Cervello Giovane - Libro
Come ringiovanire il cervello con la stimolazione del pollice - Dal Giappone un metodo scientificamente approvato
Yoshiya Hasegawa

mercoledì 17 ottobre 2018

Riprogrammare le cellule attraverso il suono




Riprogrammare le cellule attraverso il suono

ce ne parla Carlo Ventura a SaluScienza 2018

Nuova Biologia      

Ogni cellula produce vibrazioni meccaniche, reagendo a suoni, oscillazioni dei campi magnetiti, luce: si tratta di energia fisica che può essere potenzialmente utilizzata per riprogrammare cellule malate verso l’autoriparazione

Redazione Scienza e Conoscenza - 16/10/2018

È possibile riparare cellule danneggiate con suoni, campi magnetici e luce? Secondo Carlo Ventura laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna, Specialista in Cardiologia e di Ricerca in Biochimica questo sarò uno scenario sicuramente possibile nel prossimo futuro. Presso il laboratorio di Biologia Molecolare del CNR di Bologna, Ventura sta conducendo interessanti e avanguardistici studi sull’effetto delle vibrazioni sonore su cellule staminali umane adulte. Attraverso uno speciale microscopio a forza atomica Ventura ha scoperto come la cellula comunichi attraverso vibrazioni sonore a livello delle sue strutture subcellulari.

«Utilizzando campi magnetici opportunamente convogliati – dichiara Carlo Ventura in un’intervista apparsa su Scienza e Conoscenza 57 ci siamo resi conto che era possibile far acquisire a cellule staminali umane adulte (ottenute per esempio da tessuto adiposo) caratteristiche simil-embrionali, cosa che le ha rese in grado di orientarsi verso destini complessi, quali quello cardiaco, neuronale, muscolare, scheletrico».

Le ricerche di Ventura stanno contribuendo a cambiare il paradigma della medicina, le cui basi, si è rivelato, non sono soltanto chimiche, ma anche e soprattutto fisiche. Ogni cellula infatti produce vibrazioni meccaniche, reagendo a suoni, oscillazioni dei campi magnetiti, luce: si tratta di energia fisica che può essere potenzialmente utilizzata per riprogrammare cellule malate verso l’autoriparazione. L’autoguarigione – la vix medicatrix naturae come la chiamavano gli antichi romani riprendendo un motto di Ippocrate – è insita negli esseri viventi che continuamente riparano e rinnovano le proprie cellule, per fare solo un esempio pensiamo che ogni tre mesi rinnoviamo il 70% delle nostre cellule.

«Noi crediamo – conclude Ventura – che in base al potere diffusivo delle energie fisiche che utilizziamo per riprogrammare le cellule staminali (finora in vitro) sia possibile raggiungere le staminali dove queste si trovano, di fatto in ogni tessuto del corpo umano, senza dover necessariamente ricorrere a un trapianto di cellule esogene, ma piuttosto riattivando la capacità delle cellule staminali tessuto-residenti di innescare un percorso di autoguarigione».

Carlo Ventura ha fondato nel 2011 ha fondato il VID art/science, un movimento internazionale che mira a promuovere un approccio interdisciplinare tra scienziati e artisti, nella convinzione che ogni manifestazione artistica possa parlare alle dinamiche più profonde della nostra biologia.

Il dottor Carlo Ventura sarà presente al Congresso
Iscriviti ora: posti limitati!

Approfondisci il tema del suono su Scienza e Conoscenza 66

Scienza e Conoscenza n. 66
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza

venerdì 12 ottobre 2018

Reflusso e altri disturbi gastrici



Reflusso e altri disturbi gastrici: risolvili con la Gemmoterapia

Medicina Non Convenzionale        

Il reflusso gastroesofageo è diffusissimo in Occidente e per molti rappresenta un problema cronico: oggi è possibile affrontarlo con successo senza farmaci con rimedi naturali, in particolare con i Gemmoderivati. Scopriamo quali sono i più efficaci per questi problemi

Stefano Puri - 12/10/2018

I disturbi riguardanti l’apparato gastro-esofageo rappresentano le forme morbose, sia a livello acuto che a livello cronico, più diffuse in Occidente. Solo in Italia circa 1 persona su 5 lamenta almeno 2 volte a settimana dolori e/o fastidi riconducibili all’area gastrica e/o esofagea. Prescindendo dalle problematiche di natura lesionale rappresentate dalle ulcere gastro-duodenali (anche senza perforazione) e dai tumori, di stretta competenza medica, i casi che attualmente la nomenklatura clinica ha classificato a livello nosologico come situazioni reversibili e non urgenti possono essere:

a)     la gastrite o gastro-duodenite;

b)     la sindrome da reflusso gastro-esofageo.

Reflusso e altri disturbi gastrici: quali le cause?

Tutte le diverse manifestazioni del fenomeno, secondo la visione olistica da noi sostenuta, sono riconducibili ad un’unica origine di tipo psico-emotivo; a questa si aggiungono le predisposizioni costituzionali del soggetto per quanto concerne: i) la pervasività del disturbo in questione nell’insorgenza di altre forme morbose, ii) la ricorrenza dei parossismi, iii) l’evoluzione patologica dei disturbi e iv) le modalità di manifestazione. Circa l’insorgenza e lo sviluppo del fenomeno, invece, sul piano somatico concorrono, con ruolo scatenante e, in alcuni casi, anche aggravante, diverse fattori eziopatogenetici.

Relativamente al caso a), fattispecie afferente tutte quelle forme di infiammazione acuta o cronica della mucosa gastrica e/o duodenale, tali fattori possono identificarsi nell’azione dei farmaci anti-infiammatori (FANS) e degli anti-coagulanti, nonché nell’abuso di alcool e/o caffè, nel reflusso biliare dal duodeno allo stomaco e nel fumo di sigarette. Nel caso di fenomeni di tipo cronico una condizione scatenante o esasperante, oltre a quelle citate sopra, può riscontrarsi nell’azione dell’helicobacter pylori, batterio che si trova molto comunemente nello stomaco umano. Sebbene nella maggior parte delle persone la sua presenza non provochi conseguenze, in alcune può portare alla produzione di disturbi più o meno importanti con conseguenze anche gravi (ulcere o tumori).

Con riferimento, invece, al caso b), la sindrome da reflusso, i fattori eziopatogenetici più probabili possono riscontrarsi: i) nella presenza di un’ernia iatale da scivolamento, ii) e/o nel cattivo funzionamento dello sfintere esofageo inferiore (tiene in basso il bolo nello stomaco) e/o iii) nello svuotamento rallentato dello stomaco (40% dei casi). Anche un’alimentazione errata può avere un ruolo impattante; al riguardo si evidenzia il problema dell’obesità ed il consumo eccessivo di grassi che rallenta lo svuotamento gastrico.

Reflusso e altri disturbi gastrici: quali i sintomi?

A livello di sintomatologia, per quanto riguarda la gastrite/gastro-duodenite, i disturbi possono riguardare: il bruciore, i crampi ed il senso di pienezza a distanza dai pasti. A livello cronico questi risultano più sfumati e possono essere caratterizzati da gonfiore, nausea, eruttazioni complicate dalla pirosi gastrica (dolore retrosternale) che può essere mitigata dal cibo. Nel caso della sindrome da reflusso i sintomi più comuni sono: la pirosi, il rigurgito e la disfagia. A questi si possono aggiungere anche altre forme sintomatiche indirettamente collegate quali: le laringopatie, la tosse stizzosa, le otalgie, l’asma, il dolore toracico e le affezioni polmonari ricorrenti.

Reflusso e altri disturbi gastrici: quando i gemmoterapici sono efficaci

Entrambi i casi a) e b), casi che possono anche convivere cronologicamente, sono trattate dalla medicina convenzionale con farmaci sintetici quali: pro-cinetici, inibitori di pompa, antiacidi ed antibiotici, questi ultimi nei casi riconducibili all’helicobacter pylori. Un approccio integrativo ovvero, quando possibile, alternativo di tipo naturale può essere rappresentato dal ricorso ai gemmoterapici. A questi ultimi una consolidata pratica clinica ha, infatti, riconosciuto, per i due casi in esame quando diagnosticati senza complicazioni (es. esclusione dell’helicobacter pylori), un’efficacia terapeutica alla stregua dei farmaci convenzionali ma con effetti collaterali ridotti o nulli (connessi all’uso prolungato di questi nel tempo).

Tra questi il ruolo elettivo è occupato dalla triade: Ficus Carica + Alnus glutinosa + Tilia Tomentosa (50% della dose ordinaria) prima dei pasti (colazione e cena) nelle modalità e nelle posologie indicate, precedentemente, per adulti, adolescenti e bambini (vedi articolo “I gemmoderivati per le malattie croniche”). Tale combinazione può essere potenziata associandola ad infusi, da consumarsi dopo pranzo e cena, di piante officinali specifiche quali: camomilla, liquirizia, tiglio, menta, rabarbaro cinese e curcuma.

Anche l’organizzazione dei pasti giornalieri, concentrando le quantità maggiori tra colazione e pranzo, può dare un valido aiuto alla mitigazione del disturbo.

Nei casi, infine, in cui si aggiungano problematiche delle vie respiratorie, si può integrare la suddetta somministrazione (magari a pranzo) con le associazioni previste in un altro articolo (vedi “Malattie dell'apparato respiratorio: i gemmoderivati sono efficaci!).

Bibliografia

“Meristemoterapia e Terreno Biologico Umano - Un possibile connubio per il benessere”, tesi di diploma di naturopatia olistica di S. Puri – Università Popolare AICTO;
 “Gemmoterapia – Nuovi Studi clinici” – di M. Tetau Ed. Nuova IPSA;
“Gemmoterapia. Fondamenti scientifici della moderna meristemoterapia” – M. Nicoletti, F. Piterà Ed. Nuova Ipsa;
“Manuale pratico di gemmoterapia” II° edizione – E. Campanini, ed. Tecniche Nuove;
“Farmaci vegetali: manuale ragionato di fitoterapia” – P. Campagna, ed. Edizioni Minerva Medica

Ficus Carica - Gemmoderivato Floripotenziato
Svolge un'attività modulante sui ritmi psicologici a vari livelli, e sopratutto può donare un valido contributo nel sostenere un ritmico e fisiologico susseguirsi di contrazioni in fase di travaglio.

martedì 9 ottobre 2018

Suono Quantico




Suono Quantico: leggi il nuovo numero di Scienza e Conoscenza

Scienza e Fisica Quantistica
      

Questo numero di «Scienza e Conoscenza» è un viaggio straordinario nella natura più intima e profonda della realtà, nella fitta trama sonora, vibratoria, risonante che la permea, la determina e ne è il filo rosso che tutto lega e collega

Redazione Scienza e Conoscenza

Vibrano i filamenti del nostro DNA e vibrano le nostre cellule: ognuna in modo diverso, a seconda che sia sana o malata, che sia una cellula del fegato oppure del cuore. Vibrano e comunicano incessantemente tra loro tramite un linguaggio di suoni che da pochi anni la scienza ha iniziato a codificare, intuendone nuove potenzialità per la guarigione.

È come dire che ogni parte del nostro corpo ha una propria frequenza di risonanza che corrisponde allo stato di salute: quando la frequenza si desintonizza abbiamo la malattia. Il suono è in noi, ci costituisce, ci costruisce e ci attraversa costantemente, trasportando informazioni dentro e fuori di noi, attraverso quel meraviglioso elemento che è l’acqua, la quale ci compone per oltre il 70% e nel quale il suono viaggia più velocemente che nell’aria.

Nelle millenarie culture orientali il suono è parte fondamentale in un sistema di conoscenza complesso che, oggi più che mai, ci appare profetico rispetto alle numerose scoperte portate alla luce dalla fisica quantistica. La natura vibratoria e frequenziale della realtà è alla base della creazione dell’Universo. Così come nella tradizione vedica è il suono OM a dare origine all’Universo e a tutto ciò che è manifesto, nella Teoria delle Stringhe è la vibrazione di infinitesime corde – a livello della costante di Planck – a dare origine alla rete della realtà.

Nell’Universo risuona ancora il rombo del suo primo vagito: le onde sonore generate dal Big Bang hanno risuonato attraverso il plasma e l’idrogeno, modellando la radiazione cosmica di fondo.

Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande tutto vibra: la vita è vibrazione, l’uomo è vibrazione, l’Universo è vibrazione, le leggi della fisica sono vibrazione, la biologia è vibrazione, la salute e la malattia sono vibrazione, così come lo sono le emozioni che plasmano le nostre cellule.

Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande tutto vibra e tutto è uno.

Leggere questo numero di «Scienza e Conoscenza» è compiere un viaggio straordinario nella natura più intima e profonda della realtà, nella fitta trama sonora, vibratoria, risonante che la permea, la determina e ne è il filo rosso che tutto lega e collega.

Non perdere questo straordinario numero

Scienza e Conoscenza n. 66
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza

venerdì 5 ottobre 2018

ASMR Soundscape42 RM8 V1 Relax & Meditation - HRM & BWE 8 Hz based

Disintossicazione e terapia nutrizionale




Disintossicazione e terapia nutrizionale: l'opera di Max Gerson

Medicina Non Convenzionale

Il dottor Gerson è stato tra i primi a mettere a punto un approccio scientifico all’uso della dieta a fini terapeutici: scopriamolo insieme

Redazione Scienza e Conoscenza - 05/10/2018

Tratto da Il Metodo Gerson di Kathryn Alexander

Max Gerson ha sviluppato i principi della disintossicazione e della terapia nutrizionale nella cura delle patologie croniche degenerative, ivi comprese quelle tumorali. Vedendo il fegato come organo primario della disintossicazione, collocò il sostegno e la rigenerazione di quest’organo in cima alle priorità del suo approccio. Con il lavoro di questo grande uomo abbiamo raggiunto le vette della comprensione, e dalla sua morte in poi abbiamo fatto solo piccoli passi avanti, ostacolati soprattutto dall’aumento della tossicità ambientale e dall’approfondirsi delle carenze nutrizionali all’interno della catena alimentare, che si riflettono in una popolazione umana con una resistenza alle malattie ridotta rispetto a quella sulla quale potevamo contare cinquant’anni fa.

Grazie alla grande capacità del dottor Max Gerson di estrapolare dati scientifici dal lavoro che svolgeva con i pazienti terminali di cancro, cosa che ha fornito una base di appoggio alle sue osservazioni cliniche portando di diritto i principi della disintossicazione nell’arena scientifica del Ventesimo secolo, sono in molti, oggi, a utilizzare i suoi studi come punto di riferimento per la terapia nutrizionale e disintossicante. È dal suo lavoro che abbiamo cominciato a comprendere i criteri da soddisfare per avviare la guarigione spontanea dell’organismo e per sostenerla.

Metodo Gerson: le leggi fondamentali per la guarigione

Max Gerson ha fornito al mondo uno schema semplice e basato su criteri specifici.

Ogni terapia olistica dovrebbe puntare a soddisfare questi criteri in quanto leggi fondamentali per la guarigione:

disintossicare l’organismo, perché la guarigione non può avere luogo in un ambiente inquinato;
riempire le cellule di nutrienti;
ripristinare le funzioni del sistema immunitario, in modo che il corpo possa mettere in campo un’infiammazione terapeutica.

La chiarezza con cui il dottor Max Gerson si è accostato al problema della guarigione, accanto alla precisione della sua metodologia, gli ha permesso di lasciare un’eredità che non solo ha resistito alla prova del tempo, ma è stata per diversi aspetti convalidata anche in ambito scientifico. Egli, come molti altri veri medici guaritori, è stato oggetto di denigrazione da parte dei suoi colleghi. Se fosse vissuto un poco più a lungo, avrebbe avuto la grandissima soddisfazione di vedere le sue osservazioni e le sue deduzioni riconosciute grazie ai nuovi progressi ottenuti dalla scienza, in particolare a quelli conseguiti nel campo della risonanza magnetica nucleare (RMN).

Continua la lettura su:

Scienza e Conoscenza n. 63 - Rivista >> https://goo.gl/ddGQ6U
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza
Autori Vari

giovedì 4 ottobre 2018

Chi ha scoperto l'antimateria?




Chi ha scoperto l'antimateria?

Scienza e Fisica Quantistica      

È stato il grande fisico inglese Paul Dirac a postulare, nel 1928, l'esistenza dell'antimateria: ripercorriamo insieme la strada di questa straordinaria intuizione

Luigi Maxmilian Caligiuri - 03/10/2018

Il primo a postulare, dal punto di vista teorico, l’esistenza dell’antimateria fu, nel 1928, il grande fisico inglese Paul Dirac, come possibile soluzione della sua omonima famosa equazione che descrive il comportamento quanto-relativistico delle particelle caratterizzate da spin uguale a ½. Prima della scrittura di tale equazione nessuno sospettava la possibile esistenza dell’antimateria e, in effetti, si assumeva “semplicemente” la validità della legge di conservazione della massa (ossia delle particelle di materia). Ciò significava che tutta la massa presente nell’Universo all’inizio del tempo sarebbe rimasta la stessa in qualunque istante successivo, un concetto che si sposava perfettamente con il modello di Universo statico e macroscopicamente immutabile comunemente accettato a quell’epoca. In questo senso, quindi, il principio della costanza della quantità totale di materia nell’Universo non poneva particolari problemi concettuali. 

Tuttavia, la successiva scoperta della legge di Hubble, la relazione lineare che lega lo spostamento verso il rosso (redshift) delle linee spettrali di emissione di una sorgente di luce alla distanza dal punto di osservazione, ha fornito la prima indicazione sperimentale dell’espansione dell’Universo. In un modello di Universo in espansione, se si assume la conservazione della materia, la presenza di quest’ultima può essere solo interpretata come condizione iniziale per la sua evoluzione successiva. Tuttavia l’equazione di Dirac impone una mutazione radicale di tale concezione. Per comprendere la rivoluzione concettuale introdotta dall’equazione di Dirac è necessario ricordare che, al tempo della sua formulazione, era nota l’esistenza di due tipi di particelle di materia soltanto, ossia elettroni e protoni mentre, per la definitiva accettazione della scoperta del neutrone, si dovrà attendere sino al 1932. L’equazione di Dirac ebbe subito una conferma sperimentale in quanto fu in grado di predire il corretto valore del momento magnetico dell’elettrone ma, allo stesso tempo, conteneva un profondo enigma la cui manifestazione più evidente era costituita dalla previsione di stati caratterizzati da valori di energia negativi. Tale questione è intimamente legata anche al significato che bisogna attribuire alla massa nell’ambito della Teoria della Relatività Speciale di Einstein. Di fatto, quest’ultima richiede che un qualsiasi corpuscolo materiale, di massa m, possieda, anche se in quiete rispetto a un dato sistema di riferimento inerziale, un’energia, detta “energia a riposo”, data dalla famosa equazione di Einstein, che può essere considerata come latente all’interno del corpuscolo considerato. Nel caso di un corpo in movimento, il quadrato dell’energia totale del corpo equivale alla somma del quadrato dell’energia a riposo e del quadrato dell’energia cinetica. Il problema nasceva dal fatto che la presenza di tale termine quadratico di energia nell’equazione di Dirac implicava la presenza di soluzioni, per il valore dell’energia totale, sia positive sia negative (essendo il quadrato di una quantità negativa un valore positivo al pari del quadrato di una quantità positiva). Tali stati appaiono tuttavia “innaturali” e non-fisici, atteso anche che nella comune esperienza quotidiana non vi sono evidenze della presenza di valori di energia negativa per un corpo materiale isolato.

Ciò poneva quindi un serio problema d’interpretazione dell’insieme di tali stati a energia negativa ovvero del cosiddetto “mare di Dirac”. Nel migliore dei casi tale circostanza poteva essere interpretata come la necessità di ridefinire, in qualche modo, lo stato di vuoto fisico e il conseguente livello zero dell’energia delle particelle isolate mentre, nel peggiore dei casi, come la presenza di un difetto strutturale della teoria la quale non ammetteva, in tal modo, uno stato caratterizzato da un valore minimo di energia con la conseguenza, ad esempio, che un elettrone o un protone avente un livello iniziale di energia positiva, avrebbero potuto “scivolare” spontaneamente in uno stato di energia negativa cedendo la propria energia e rendendo così di fatto instabile tutta la materia di cui siamo fatti e quella che ci circonda. Tuttavia la materia appare sostanzialmente stabile e può apparire paradossale che lo stesso Dirac utilizzò tale condizione (di stabilità) come presupposto fondamentale della sua teoria. Nel caso dei fermioni, ossia della particelle caratterizzata da valori semi-interi dello spin (una proprietà tipica particelle quantistiche) la soluzione alla questione della stabilità della materia è offerta dal famoso “principio di esclusione” già formulato da W. Pauli secondo il quale due fermioni (come ad esempio due elettroni) non possono coesistere nello stesso stato quantistico.

Nella teoria di Dirac, il vuoto fisico non è considerato come effettivamente “vuoto”, ossia privo di qualsiasi proprietà intrinseca, quanto piuttosto come una sorta di enorme “contenitore” (il “mare” appunto) contenente un numero infinito di possibili stati quantici di energia negativa. La superficie di questo “mare” corrisponde, in tale rappresentazione, al livello di zero dell’energia e se si suppone che tutti i possibili stati a energia negativa siano occupati, ad esempio, da elettroni, per il principio di Pauli nessun altro elettrone, dotato di energia negativa, potrebbe “scivolare” nel mare stesso andando così a occupare un livello energetico negativo. Ciò assicurerebbe, in tal modo, la stabilità della materia osservata nel mondo macroscopico. Tuttavia, nell’interpretazione di Dirac, tale mare non è un’entità statica e invariabile ma dinamica. Infatti, secondo Dirac, se si fornisse “sufficiente” energia, ad esempio attraverso della radiazione elettromagnetica di sufficiente frequenza, si potrebbe far “saltare” un elettrone da uno stato a energia negativa a uno ad energia positiva, generando così un “buco” nel mare di Dirac ovvero ciò che viene indicato come “lacuna”. Tale lacuna, ovvero la mancanza di una particella con carica negativa ed energia negativa verrebbe quindi interpretata, nella teoria, come la “materializzazione”, a partire dal vuoto fisico, di una particella avente carica positiva ed energia positiva ovvero di ciò che è denominato positrone (o elettrone positivo), che rappresenta, così, l’anti-elettrone.

È proprio attraverso tale meccanismo che Dirac teorizza l’esistenza dell’antimateria, ossia, per ogni particella di materia, della corrispondente anti-particella, avente massa uguale alla prima ma carica elettrica uguale ed opposta in segno. Secondo questo schema, dunque, il rapporto tra materia ed antimateria è caratterizzato da una completa simmetria tra i membri di una coppia particella-antiparticella. Inoltre la stessa teoria prevede la possibilità, solo successivamente verificata sperimentalmente, di generare, dal vuoto, una coppia elettrone-positrone in presenza di una quantità sufficiente di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Il processo è spiegato nel modo seguente: la radiazione elettromagnetica rilascia la propria energia a un elettrone che si trova in uno stato di energia negativa nel “mare di Dirac” che, di conseguenza, “salta” in uno stato di energia positiva e carica negativa generando, al suo posto, una lacuna (ossia una particella di energia positiva e carica positiva). La previsione teorica dell’antimateria, e in particolare dell’esistenza di un anti-elettrone è parsa, alla maggior parte dei fisici, nel periodo in cui è stata formulata, come un’ipotesi puramente fantascientifica. Si deve ricordare. Infatti, all’epoca, le uniche particelle elementari conosciute erano rappresentate dal protone e dall’elettrone le quali erano inoltre considerate come immutabili ed eterne. Al contrario, la teoria di Dirac rappresentava una realtà nella quale particelle ed antiparticelle possono scomparire e ricomparire dal “nulla”, convertendo la materia in pura energia e viceversa. Inoltre uno dei fondamenti della teoria era costituito dalla perfetta simmetria tra particella e relativa antiparticella e quindi dalla necessità che, per ogni particella di materia, dovesse esistere una corrispondente antiparticella (di pari massa e carica elettrica opposta), principio oggi considerato come una caratteristica fondamentale del comportamento della Natura.

In accordo con la rappresentazione di Dirac, oggi, infatti, assumiamo che il “mare” degli stati a energia negativa sia in effettivamente popolato da tutte le possibili particelle elementari dotate di massa (quark e leptoni) che, soddisfacendo al principio di Pauli, lo riempiono completamente.
Le interazioni tra particelle ed antiparticelle e i relativi fenomeni di annichilazione si manifestano continuamente in natura e ciò ha fornito una conferma importante della teoria di Dirac. Basti pensare, ad esempio, ai raggi cosmici ad alta energia che regolarmente penetrano l’atmosfera terrestre interagendo con essa e producendo piccolissime quantità di antimateria rinvenibile nei getti di particelle così generati che si annichilano, subito dopo, con la particelle di materia presenti in atmosfera. Anche le esigue quantità di antimateria generate artificialmente in laboratorio sono state sempre accompagnate dalla generazione di un’eguale quantità di materia e dalla successiva quasi immediata annichilazione materia-antimateria.

Continua la lettura su:

Scienza e Conoscenza - n. 62 - Rivista >> https://goo.gl/L8cGc8
Rivista trimestrale di Scienza Indipendente
Autori Vari

mercoledì 3 ottobre 2018

Scienza e Conoscenza n. 66



Scienza e Conoscenza n. 66 - Settembre 2018

Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza


Nelle millenarie culture orientali il suono è parte fondamentale in un sistema di conoscenza complesso che, oggi più che mai, ci appare profetico rispetto alle numerose scoperte portate alla luce dalla fisica quantistica.

Così come nella tradizione vedica è il suono OM a dare origine all’Universo e a tutto ciò che è manifesto, nella Teoria delle Stringhe è la vibrazione di infinitesime corde – a livello della costante di Planck – a dare origine alla rete della realtà.

Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande tutto vibra: la vita è vibrazione, l’uomo è vibrazione, l’Universo è vibrazione, le leggi della fisica sono vibrazione, la biologia è vibrazione, la salute e la malattia sono vibrazione, così come lo sono le emozioni che plasmano le nostre cellule.

Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande tutto vibra e tutto è uno.

Leggere questo numero di «Scienza e Conoscenza» è compiere un viaggio straordinario nella natura più intima e profonda della realtà, nella fitta trama sonora, vibratoria, risonante che la permea, la determina e ne è il filo rosso che tutto lega e collega.


Argomenti principali di questo numero:

suono
cronovisore e fisica di frontiera
energia orgonica
funghi medicinali
sindrome metabolica

 Indice

IL POTERE DEL SUONO

Good Vibrations o God Vibrations?
Antonio Morandi

La forma Segreta del Suono
Carmen di Muro

La biologia è Musica
Emiliano Toso

Il grande orecchio è in ascolto
Intervista a Luca Vignali a cura delle Redazione

La Divina Risonanza
Dharma Kaur

Sinfonia Cosmica
La Redazione

La Musica dell'Universo
Maurizio Di Paolo Emilio

SCIENZA DI FRONTIERA

Cronovisore: realtà o grande bluff?
Luigi Maxmilian Caligiuri

Il genio dimenticato di Wilhelm Reich
La Redazione

La Scienza della Coscienza
Intervista ad Amit Goswami e Gioacchino Pagliaro a cura della Redazione

Chi ci ha resi umani?
Pietro Buffo

Vivere nella gioia, per creare un altro mondo
Carmen Di Muro

MEDICINA INTEGRATA

I batteri della salute
Paolo Giordo

Omeopatia e fisica quantistica
Diego Tomassone

Sindrome Metabolica
Intervista ad Anna Villarini a cura di Marianna Gualazzi

I funghi di lunga vita
Intervista a Ivo Bianchi a cura della Redazione


Scienza e Conoscenza n. 66
Rivista - Settembre 2018
Nuove scienze, Medicina Integrata, Coscienza



martedì 2 ottobre 2018

La musica riduce lo stress




La musica riduce lo stress: ce ne parla Emiliano Toso

Medicina Non Convenzionale      

L’ascolto della musica combatte stress e infiammazione: ce lo dicono numerosi studi scientifici

Emiliano Toso - 01/10/2018

La musica è una prerogativa essenziale per ogni forma di vita.

Fin dalle origini dell’uomo, e oltre ai confini dello spazio e del tempo, il nostro corpo fisico, emozionale e spirituale è attratto da alcune situazioni: sensazioni di benessere, di calma, di salute, di conforto; sono tutti modelli che ricerchiamo da sempre, un po’ come la luce, il buon cibo, l’esercizio fisico, il riposo, la cura verso il nostro corpo,

Sebbene l’utilizzo della musica sia riconosciuto come un grande strumento di aiuto in ogni epoca storica e in ogni cultura esistita sulla Terra, non è mai stato semplice quantificare in modo completo gli effetti terapeutici dell’ascolto a livello biologico e medico.

Ciò potrebbe essere determinato dalla mancanza di strumenti adatti alla misurazione in quanto, soprattutto quando si fa esperienza della musica, entrano in gioco innumerevoli fattori tra cui la soggettività dell’ascolto e gli strumenti di misura.

Tuttavia negli ultimi anni, grazie ai progressi della scienza, della strumentazione utilizzata nell’analisi e soprattutto all’integrazione della medicina tradizionale con quella chiamata “di confine”, l’uomo ha portato a termine preziosi studi che testimoniano in modo profondo i benefici dell’ascolto della musica a tutti i livelli del nostro corpo, dimostrando le dinamiche celebrali che portano al piacere dell’ascolto, i corrispondenti effetti a livello biochimico e biofisico e i relativi benefici a livello terapeutico.

Emozioni, cervello e ormoni

Esistono molti studi in letteratura che descrivono la relazione tra l’ascolto della musica, le emozioni, le diverse parti del cervello e gli ormoni coinvolti in questi meccanismi.

A livello fisico ci sono studi che hanno dimostrato gli effetti della musica sul battito cardiaco, la frequenza respiratoria, la sudorazione, la temperatura corporea, la conduttanza della pelle, la tensione muscolare e altre risposte del sistema nervoso autonomo (Blood et al. 1999) e ciò dimostra, già a livello terapeutico, il motivo per cui la musica venga utilizzata per un bilanciamento fisico e fisiologico, per il radicamento a terra o per una maggior centratura.

L’ascolto della musica ha anche dimostrato di intervenire nelle dinamiche che riducono il dolore, l’ansia e lo stress (DiLeo 2007, Nilsson 2008 e Koelsch 2012). Ogni organismo vivente ricerca il mantenimento dell’omeostasi e lo stress può essere definito come una risposta neurochimica alla perdita di equilibrio omeostatico, spingendo l’organismo a impegnarsi in attività che lo possano ripristinare; la musica è dunque in queste attività che riducono lo stress e sono altamente protettive nei confronti della malattia (Dimsdale 2008).

L’ascolto di musica rilassante (tempo lento, bassa intonazione e assenza di parole) ha dimostrato di ridurre i livelli di stress e ansia in soggetti sani (DiLeo 2007, Knight 2001), in pazienti che ricevono trattamenti invasivi come operazioni chirurgiche, colonscopia, interventi dentistici (Nilsson 2008), operazioni pediatriche (Dileo 2007) e pazienti con problemi cardiaci (Bradt 2009).

Gli effetti della musica sono stati dimostrati anche al termine degli interventi chirurgici per ridurre le dosi di anestesia (Cepeda 2006) e nella cura del dolore.

Un interessante studio pubblicato da Khalfa et al. 2003 ha rilevato gli effetti della musica sulla riduzione dello stress associato alla performance a scuola e al lavoro e riporta un abbassamento più rapido del cortisolo (noto marcatore dello stress) nei soggetti che hanno ascoltato musica rilassante ogni 15 minuti fino a 2 ore dal termine del lavoro.

Continua la lettura di questo articolo su:

Scienza e Conoscenza n. 65 - Luglio-Settembre 2018 >> https://goo.gl/oH72LH
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza