lunedì 30 luglio 2018

Tiroide e alimentazione: prevenzione e cura




Tiroide e alimentazione: prevenzione e cura

Alimentazione e Salute

Qual è il ruolo dell'alimentazione nella genesi delle patologie della tiroide? Quello che mangiamo quanto incide nella gestione di questi disturbi? Ne parliamo con la dottoressa Simone Grazioli Schagerl, autrice del libro Cibo per la Tiroide

Redazione Scienza e Conoscenza - 28/07/2018

I disturbi legati alla tiroide sono aumentati a livello mondiale e sono decisamente più frequenti nelle donne. Ma quali solo le patologie della tiroide? Qual è il loro legame con l’alimentazione, lo stile di vita e altre patologie oggi molto diffuse come l’infiammatoria cronica subacuta e la sindrome metabolica? Per parlare di tiroide e alimentazione ma soprattutto per prenderci cura della nostra salute a trecentosessanta gradi abbiamo intervistato la biologa nutrizionista Simone Grazioli Schagerl.

Prevenire e curare i disturbi della tiroide a tavola: quali sono gli alimenti o i nutrienti da preferire per la salute della tiroide?

La tiroide necessita di micronutrienti specifici per svolgere correttamente le sue funzioni. Gli ormoni tiroidei sono difatti fabbricati a partire da sostanze introdotte nell’organismo attraverso la dieta. Ad esempio gli alimenti ricchi in tirosina, iodio e selenio in primis, forniscono i mattoni base per la produzione dell’ormone tiroideo. Con il cibo possiamo inoltre contrastare l’infiammazione che accompagna tipicamente i disturbi della tiroide. Però chi ha problemi alla tiroide dovrebbe sempre valutare il proprio caso personale. Con la ridotta funzione tiroidea è utile limitare il consumo della soia non fermentata e derivati, così come delle Brassicacee. Anche la quantità di grassi e di calcio è da contenere, perché rallentano la velocità dell’ossidazione cellulare.
Per le persone tendenti all’ipertiroidismo vale evidentemente il contrario: possono sfruttare degli alimenti antagonisti della tiroide per smorzare l’eccessiva attività tiroidea, ma devono evitare i cibi che stimolano la ghiandola. Chi tende all’autoimmunità e all'infiammazione fa bene stare alla larga dai cibi a cui è intollerante o che irritano il sistema immunitario.

Sull’alimentazione oggi si dice tutto e il contrario di tutto: la lista dei cibi da evitare si allunga e spesso si associa a diete e stili alimentari fai da te, che possono fare più danno che altro. Quali sono i suoi suggerimenti per una dieta veramente personalizzata e che svolga una buona funzione di prevenzione primaria generale?

L’umanità si è da sempre nutrita in modo variato. Le faccio alcuni esempi che faranno sicuramente rabbrividire i nutrizionisti: i Kitavan in Melanesia ottengono il 70% delle calorie dai carboidrati. I Masai in Africa si nutrono quasi esclusivamente di carne, latte e sangue. I Tokelau, Pukapuka, Manihiki in Nuova Zelanda ottengono il 60 % delle calorie dall’olio di cocco, ricco in grassi saturi, inoltre mangiano pesce e frutta. Eppure loro stanno bene nutrendosi così! Sono sani, snelli e non soffrono di malattie cronico degenerative – almeno finché non adottano lo stile di vita occidentale.

Le combinazioni alimentari salutari possono difatti differire parecchio, ma sono sempre il risultato di un particolare contesto ecologico, culturale e storico, smussato dal tempo, dall’esperienza umana e dalle necessità. Così era anche per noi occidentali. Purtroppo con l’industrializzazione non solo sono cambiate l’alimentazione e il modo di produrre il cibo, ma è contemporaneamente avvenuta un’inflazione generale dei valori e dell’identità culturale legati al cibo. Di conseguenza molti di noi si sentono “persi” e sono pronti a seguire gli stili alimentari più disparati. È senz’altro importante mangiare il più genuino possibile, ma ricordiamoci anche delle nostre radici e del fatto che ognuno di noi ha esigenze diverse. Una dieta mediterranea ricca in ortaggi è senza dubbio salutare, però non dimentichiamo che abbonda pure in carboidrati – è perfetta per chi lavora nei campi e cammina a piedi. Oltre all’alimentazione dobbiamo pensare allo stile di vita: noi ci muoviamo sufficientemente? Che impatto ha lo stress sulla nostra salute? I fattori da prendere in considerazione sono dunque molteplici: uno stile di vita equilibrato a trecentosessanta gradi potrebbe essere garanzia di salute e farci evitare patologie sempre più diffusi, come quelle legate alla tiroide o la sindrome metabolica, piaga contemporanea caratterizzata da sovrappeso, diabete e problemi cardiovascolari.

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martedì 24 luglio 2018

Che cosa intendiamo per Universo?




Che cosa intendiamo per Universo?

Scienza e Fisica Quantistica      

Scopriamo in anteprima il nuovo ebook di Antonella Ravizza che ci racconta i misteri dell'Universo in 13 grandi domande: da come è nato a come e quando finirà

Antonella Ravizza - 24/07/2018

L’Universo è per definizione tutto lo spazio che ci circonda e tutto ciò che contiene: materia, energia, pianeti, stelle, galassie e tutto il contenuto dello spazio intergalattico. La parte osservabile dell’Universo ha un diametro di 92 miliardi di anni-luce, dove per anno-luce si intende un’unità di misura di lunghezza, corrispondente alla distanza percorsa dalla luce, o da un’altra radiazione elettromagnetica nel vuoto, in un anno e cioè a 9460,5 miliardi di chilometri. Dalla sua osservazione si deduce che esso sia stato governato dalle stesse leggi e dalle stesse costanti fisiche per la maggior parte della sua storia.

La più grande distanza che è possibile osservare è contenuta nell’Universo osservabile e da studi attenti si è potuto verificare che l’Universo tende ad espandersi con un ritmo sempre maggiore. Sono nate tante teorie sulla nascita e sulla fine dell’Universo; per la nascita sappiamo che la più accreditata è la teoria del Big Bang, ma in ogni caso i fisici non sono in grado di stabilire cosa abbia preceduto il Big Bang. Alcuni parlano di modelli di Universo ciclico, altri parlano di multiverso, cioè suppongono che il nostro Universo sia solo uno tra i molteplici che possono esistere.

Il termine Universo deriva dal latino universus, che significa tutto, intero, infatti è definito come tutto ciò che esiste fisicamente. È possibile concepire lo spazio-tempo separati, incapaci di interagire uno con l’atro, come se ci fossero un gruppo di bolle di sapone separate. Immaginiamo degli osservatori all’interno delle singole bolle, essi non potrebbero in alcun modo interagire con gli altri. Ecco, ciascuna bolla è un Universo, mentre il nostro spazio-tempo è l’Universo. L’insieme di tutte le bolle è chiamato multiverso, mentre gli altri universi separati dal nostro (le altre bolle) sono chiamate differenti dimensionalità o topologie spazio-temporali, che potrebbero avere forme diverse di materia ed energia, con diverse leggi fisiche e diverse costanti fisiche. Secondo un’altra descrizione l’Universo è definito come tutto ciò che nello spazio-tempo connesso può interagire con noi. Secondo la teoria della relatività, però, alcune regioni dello spazio-tempo non potranno mai interagire tra loro, perché l’espansione dello spazio le fa allontanare ad una velocità maggiore della velocità della luce. La parte dell’Universo che invece possiamo vedere si chiama Universo osservabile, e dipende dalla posizione in cui si trova l’osservatore. Quando l’osservatore viaggia, il suo Universo osservabile cambia, si allarga; ma nessun osservatore, nemmeno viaggiando più velocemente possibile, può interagire con tutto lo spazio.

Per noi l’Universo osservabile è rappresentato dalla Via Lattea. Il nostro Sistema Solare, infatti, è incorporato in una galassia composta da miliardi di stelle (la Via Lattea), ma esistono miliardi di galassie più o meno simili. Il sistema solare è il sistema planetario formato da una varietà di corpi celesti mantenuti in orbita dalla forza di gravità del sole; ad esso appartiene anche la terra. È formato dal sole e da otto pianeti, quattro rocciosi interni (Mercurio, Venere, Terra e Marte) e quattro giganti gassosi esterni (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) e dai rispettivi satelliti naturali, da cinque pianeti nani (Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris) e da miliardi di corpi minori (asteroidi, comete, meteroidi e polvere interplanetaria).
Alcuni studi sulla loro distribuzione e sulla riga spettrale hanno portato alla cosmologia moderna.

eBook - I Misteri del Nostro Grande Universo
13 grandi domande sull'Universo: da come è nato a come e quando finirà
Antonella Ravizza

venerdì 20 luglio 2018

Il DNA e il "dogma" della biologia molecolare




Il DNA e il "dogma" della biologia molecolare

Nuova Biologia      

Dalla genetica all’epigenetica: la dottoressa Debora Rasio ci spiega come le scelte dei genitori – dall’alimentazione, alle emozioni, alla gestione dello stress – influiscono sul destino dei figli

di Debora Rasio - 20/07/2018

Il colore dei capelli, degli occhi, della pelle, l’altezza, la struttura fisica e altri caratteri somatici sono chiaramente codificati da precise sequenze genetiche presenti nel nostro DNA. Ci si è spinti fino a ritenere che la predisposizione alle malattie, l’intelligenza, la capacità di procreare, persino il carattere dipendessero da quel filamento lungo circa 2 metri che risiede nel nucleo delle nostre cellule, “impacchettato” e superavvolto in particolari strutture proteiche chiamate istoni. Non a caso, oggi si ricorre diffusamente all’analisi del DNA per misurare la predisposizione alle malattie. È la naturale conseguenza del determinismo biologico che vede l’uomo come il prodotto dell’espressione dei suoi geni, il suo presente e il suo futuro deducibili dalla lettura del suo DNA.

Una visione così semplicistica del mondo è andata sgretolandosi allorché gli stessi scienziati, progredendo nella conoscenza dei meccanismi che regolano le funzioni cellulari, hanno scoperto che il cosiddetto “dogma centrale della biologia molecolare” secondo il quale il flusso di informazioni viaggia solo in una direzione – dal DNA verso le proteine, senza possibilità di un percorso inverso – fosse, semplicemente, falso. Il flusso di informazioni, infatti, viaggia in entrambe le direzioni e, se è vero che nasciamo con un determinato corredo di geni, è pur vero che sarà l’ambiente a decidere quali esprimere e quali no, in una continua relazione adattativa con il mondo circostante.

Il DNA spazzatura non è affatto da buttare

Fino alle fine del secolo scorso si pensava che noi esseri umani, le creature più intelligenti del pianeta, avessimo un numero di geni di gran lunga superiore a quello di qualunque altra specie.

Abbiamo dovuto attendere il completamento del Progetto Genoma Umano, nei primi anni 2000, per apprendere la verità: nel nostro DNA si trovano solo circa 20.000 geni che codificano informazioni per la sintesi di proteine, più o meno lo stesso numero di quelli che possiede un topo, corrispondenti all’1,5 percento di tutto il nostro DNA. 

Oggi sappiamo che la differenza sostanziale fra noi e le altre specie non risiede in queste regioni codificanti, ma nella restante parte del DNA, cioè in quel 98,5 percento considerato per lungo tempo privo di funzioni e per questo denominato “DNA spazzatura”. Tutt'altro, proprio questa parte “non codificante” decide quali, e in quanta parte, geni esprimere e quali no. E ci rende “unici” e diversi da tutti gli altri e dalle altre specie. Ma le sorprese, in quanto a scoperte, non finiscono qui.

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mercoledì 18 luglio 2018

La Mente e la Medicina Quantistica




La Mente e la Medicina Quantistica

La Mente e la Medicina Quantistica: intervista a Gioacchino Pagliaro

Medicina Quantistica e Bioenergetica      

Gioacchino Pagliaro, psicologo e psicoterapeuta, è tra i pionieri della medicina mente-corpo e della medicina quantistica in Italia. In questa intervista ci presenta il suo ultimo ebook uscito per Scienza e Conoscenza dal titolo La Mente e la Medicina Quantistica

di Marianna Gualazzi - 18/07/2018

Gioacchino Pagliaro, psicologo e psicoterapeuta, è tra i pionieri della medicina mente-corpo e della medicina quantistica in Italia. Ha il merito di aver portato la meditazione negli ospedali, per il personale e per i pazienti oncologici, e lavora da ormai trent’anni per l’umanizzazione delle cure, la promozione della salute e una medicina più attenta alla persona e non solo alla patologia. Autore per Scienza e Conoscenza da oltre quattro anni, fa parte del Comitato Scientifico della rivista, che arricchisce di numero in numero con la sua esperienza e i suoi preziosi consigli. Con piacere vi presentiamo questo libro (vedi fondo articolo) che raccoglie i suoi interventi più significatici apparsi sino ad ora sulle pagine della rivista. Per presentarlo ai lettori abbiamo realizzato quest’intervista inedita. Buona lettura!

Scienza e Conoscenza: Com’è nato il suo interesse per la meditazione e le pratiche mente corpo?

Gioacchino Pagliaro: È nato verso la fine degli anni Ottanta, quando ho cominciato a studiare la psiconeuroendocrinoimmunologia e le sue possibili applicazioni in campo psicologico-clinico e della promozione della salute. La visione dell’unità mente corpo che ne derivava ha spalancato una porta sul ruolo della spiritualità e mi ha permesso di incontrare gli studi scientifici di Herbert Benson, all’epoca Direttore del Mind Body Institute presso la Harvard Medical School, e di conoscerlo personalmente. In quegli anni iniziò la mia formazione con Medici Tibetani e Lama sulla parte Bioenergetica e Spirituale della Medicina Tibetana.

Lei è stato fondatore di AIREMP con lo scomparso Giuseppe Genovesi, ora è Presidente e fondatore di Attivismo Quantico Europeo: qual è la tua evoluzione personale e professionale in questo importante percorso?

Grazie innanzitutto per aver citato il professor Giuseppe Genovesi, un medico straordinario totalmente dedicato ai suoi pazienti, una grande energia e una spiritualità laica di enorme spessore. Un amico colto, elegante nei modi e determinato nelle battaglie per una Medicina Olistica.
La condivisione di una bella esperienza nella SIPNEI con Francesco Bottaccioli ed altri colleghi, ci ha portato entrambi, successivamente, a indagare le possibili connessioni tra il modello mente-corpo-spirito, a cui stavamo lavorando, e le teorie quantistiche, spingendoci a creare una nuova Società Scientifica: l’Associazione Internazionale di Ricerca sull’Entanglement in Medicina e Psicologia (AIREMP) di cui Giuseppe è stato il Presidente.
Il mio insegnamento di Psicologia Clinica presso l’Università di Padova mi ha portato a conoscere il lavoro del Center for Quantum Activism in USA, del Prof. Amit Goswami. E nel 2013 Goswami mi ha chiesto di rappresentarlo in Italia per coordinare i gruppi europei. La nascita di Attivismo Quantico Europeo, una associazione scientifica pluralista, indipendente e no profit, ha permesso di consolidare il modello teorico di Goswami, della Scienza nella Coscienza in Italia e di creare percorsi di ricerca e di formazione per favorire l’incontro tra Scienza e Spiritualità.

Lei è colui che ha portato in Italia la meditazione negli ospedali: quali difficoltà ha trovato per arrivare a questo risultato? E quali soddisfazioni ha avuto?
Sì, mi viene riconosciuto questo merito, che però va condiviso con tutti gli scienziati che da anni avevano dimostrato l’efficacia della meditazione in ambito medico e psicologico. Ho iniziato in Lombardia nel 1999, presso l’Asl di Sondrio, utilizzando la meditazione con alcuni pazienti oncologici, ma è nel 2003 che ho attivato presso l’AUSL di Bologna i primi corsi di gestione dello stress con la meditazione per i dipendenti. Corsi che hanno avuto un riscontro eccellente.
L’anno dopo, ispirandomi ai principi del metodo di C. Simonton e integrandolo con le indicazioni di H. Benson sulla comunicazione empatica con il paziente, ho creato il metodo ArmoniosaMente, che prevede l’utilizzo della meditazione per il singolo paziente e per il gruppo. In questo metodo la parte informativa oncologica vede coinvolti tutti i medici del percorso di cura del tumore alla mammella, e i medici che si occupano della promozione della salute del paziente oncologico.
Questo metodo oggi è utilizzato sia dal Dipartimento Oncologico dell’AUSL di Bologna, che dall’Oncologia dell’A.O.U. S. Orsola, che lo offre anche a pazienti affette da tumore ovarico.
In Italia ci sono psicologi e medici opportunamente formati che lo usano in altre realtà, in tutto siamo poco meno di duecento.

Quali sono a suo avviso le più importanti e recenti conquiste della Medicina?

L’aver iniziato a prendersi cura della persona e non solo della malattia. Questo aspetto è stato molto teorizzato sin dalla nascita della Riforma 833, ma non si è mai riusciti a tradurlo realmente in modo efficace. Oggi, finalmente, iniziamo a intravedere un cambio di paradigma anche nella sua applicazione concreta. C’è molto da fare, ma si è iniziato.

Quale futuro sogna per la Medicina?

Sogno un Sistema Sanitario Nazionale guidato dalla scienza e dal cuore, che accolga non solo il sintomo ma anche la sofferenza, che comprenda, parli e curi, aiutando il paziente ad essere soggetto attivo della guarigione. Il personale sanitario italiano è di ottimo livello (non è auto celebrazione, ci viene riconosciuto da altri paesi), opera spesso in condizioni molto difficili e pesanti ed è pronto alla sfida, c’è però bisogno di nuovo personale, aggiornamento continuo e risorse.


eBook - La Mente e la Medicina Quantistica
L’incontro tra le Teorie Quantistiche, la Mente e la Spiritualità
Gioacchino Pagliaro

venerdì 13 luglio 2018

Epigenetica: un viaggio oltre il DNA




Epigenetica: il nuovo numero di Scienza e Conoscenza e' uno straordinario viaggio oltre il DNA

Nuova Biologia


Molte delle nozioni che fino ad oggi abbiamo imparato sulla dipendenza della nostra vita e salute dal nostro DNA possono essere messe in discussione: il nuovo numero di Scienza e Conoscenza dedicato all'EPIGENETICA ci spiega come

di Romina Alessandri - 11/07/2018

Qualche tempo fa mi sono imbattuta in un video-documentario realizzato dagli studenti del terzo anno della Civica Scuola di Cinema di Milano sull’Epigenetica e ne sono rimasta affascinata.

Mi ha stupito profondamente come questo video, così dettagliato e approfondito sull’argomento, spiegasse però in maniera semplice e immediata l’EPIGENETICA.

Vorrei quindi ispirarmi alla semplicità narrativa della Prof.ssa Altucci in questo video per introdurvi l’argomento.

Il nostro genoma, fin dalla nascita, risponde e interagisce con il tempo e con lo spazio in cui viviamo, quindi dialoga continuamente con l’esterno. Minuto dopo minuto, giorno dopo giorno si modifica e si plasma secondo le memorie e le esperienze acquisite e da qui nasce la parola EPI-GENETICA – che deriva dal greco EPI “al di sopra” – che significa andare OLTRE LA GENETICA.

Immaginiamo il nostro genoma come un libro da cui le cellule prendono le informazioni per agire e lavorare nel nostro corpo. Ora immaginiamo che su quel libro man mano vengano presi appunti, messi dei post-it, e sottolineati interi capitoli: bene, tutte queste informazioni aggiuntive sono l’EPIGENOMA. Il genoma è fisso, ma l’epigenoma si modifica in base all’ambiente e all’esperienza, quindi ognuno di noi è, semplicemente, la memoria del mondo.

Cosa significa tutto questo? Beh, significa che molte delle nozioni che fino ad oggi abbiamo imparato sulla dipendenza della nostra vita e salute dal nostro DNA possono essere messe in discussione.

È quello che facciamo in questo meraviglioso e illuminante numero di «Scienza e Conoscenza»: mettiamo in discussione e cerchiamo di aprire nuovi orizzonti su diversi argomenti, dalla genetica ai bio-fotoni, dall’intelligenza artificiale ai misteri delle piramidi in Bosnia.


Il nostro genoma, fin dalla nascita, risponde e interagisce con il tempo e con lo spazio in cui viviamo, quindi dialoga continuamente con l’esterno. Minuto dopo minuto, giorno dopo giorno si modifica e si plasma secondo le memorie e le esperienze acquisite e da qui nasce la parola EPI-GENETICA – che deriva dal greco EPI “al di sopra” – che significa andare OLTRE LA GENETICA.

Immaginiamo il nostro genoma come un libro da cui le cellule prendono le informazioni per agire e lavorare nel nostro corpo. Ora immaginiamo che su quel libro man mano vengano presi appunti, messi dei post-it, e sottolineati interi capitoli: bene, tutte queste informazioni aggiuntive sono l’EPIGENOMA.

Il genoma è fisso, ma l’epigenoma si modifica in base all’ambiente e all’esperienza, quindi ognuno di noi è, semplicemente, la memoria del mondo.

Cosa significa tutto questo? Sicuramente ci porta a mettere in discussione molte delle nozioni che fino ad oggi abbiamo imparato sulla dipendenza della nostra vita e salute dal nostro DNA.

In questo numero di Scienza e Conoscenza ci chiediamo se:

sono davvero i geni a guidare la nostra vita;
le relazioni sono più forti della genetica;
i campi elettromagnetici e le sostanze inquinanti modificano l’espressione del nostro genoma;
l’alimentazione ha un effetto sui nostri geni;
la musica modifica le nostre cellule.


INDICE

EPIGENETICA
Epigenetica: oltre il DNA
Di Valerio Pignatta

I campi elettromagnetici modificano i nostri geni?
Di Andrea Cormano

Relazioni: più forti della genetica?
Intervista a Giovanni Abbate Daga a cura di Marianna Gualazzi

Epigenetica e alimentazione
Di Debora Rasio

Musica per le cellule
Di Emiliano Toso

MEDICINA NON CONVENZIONALE
La Narrazione che Cura
Di Carmen Di Muro

Capire la sofferenza
Intervista a Guido Giarelli a cura della Redazione

Omeopatia: non è effetto placebo
Di Diego Tomassone

Cibo per la tiroide
Intervista a Simone Grazioli Schagerl a cura della Redazione

Ayurveda Italiana
Intervista ad Anna Camatti a cura di Marianna Gualazzi

La Guarigione Quantica
Intervista a Flavio Burgarella a cura di Emanuele Cangini

SCIENZA
Biofotoni: un mistero da risolvere
Di Luigi Maxmilian Caligiuri

Progetto SETI: incontri ravvicinati del terzo tipo
Di Maurizio Di Paolo Emilio

ARCHEOLOGIA
Piramidi della Bosnia: macchine di energia
Intervista a Sam Osmanagich a cura della Redazione

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giovedì 12 luglio 2018

Meno calorie per perdere peso? Un mito da sfatare




Meno calorie per perdere peso? Un mito da sfatare

Alimentazione e Salute


Perché le diete basate sulla restrizione calorica non funzionano, anzi spesso ci fanno riprendere i chili con gli interessi? Le ricerche più all'avanguardia ci spiegano come dimagrire e mantenere il peso forma nel tempo e senza difficoltà

di Claudio Lombardo - 10/07/2018

Se qualche volta avete seguito una dieta, non è necessario dirvi quanto il corpo lavori per frustrare ogni sforzo di ridurre l’adiposità e sabotare il regime alimentare dimagrante.

Studi di follow-up a lungo termine sul trattamento dell’obesità indicano come il 90% di coloro che perdono peso lo riacquistano entro pochi anni (Garner, Wooley, 1991), a volte anche con gli interessi (Sarlio-Lahteenkorva S., Rissanen A., Kaprio J., 2000).

Ma perché accade questo? Perché le diete che propongono la riduzione progressiva dell’apporto calorico sono destinate a fallire?

Il custode delle riserve di grasso

Ultime ricerche nel campo dell’epigenetica revocano il primato ai geni, come dispensatori assoluti di ordini, stabilendo che essi sono sensibili a ciò che si verifica in “periferia”, nel nostro ambiente. 

Tuttavia, il nostro organismo possiede veri e propri “congegni” regolatori che rispondono a leggi primitive. Il corpo umano è settato geneticamente a decine e decine di migliaia di anni fa, ovvero le risposte a determinate circostanze, come la riduzione alimentare, vengono percepite come una minaccia. In quel lontano periodo vissuto dai nostri progenitori, trovare cibi commestibili – e, soprattutto, in quantità adeguate da sfamare, oltre sé stessi, l’intero gruppo di cui si faceva parte – rappresentava una vera e proprio impresa quotidiana. Così, la disponibilità di cibo era legata più intensamente di quanto avvenga oggi alla sopravvivenza dell’uomo, sia in termini di reperibilità che di disponibilità di risorse alimentari. In questa circostanza l’organismo ha maturato dei meccanismi di equilibrio relativi alla salvaguardia della propria integrità: l’accumulo grasso e la sua custodia. Questo è il principale motivo per cui è molto più facile ingrassare che perdere peso. 

Comportamenti correlati ai livelli di grasso corporeo
L’associazione tra grasso corporeo e comportamento alimentare suggerisce l’esistenza di una forma di comunicazione dal tessuto adiposo al cervello (Bear, Mark F., Barry W. Connors, and Michael A., 2007). Esiste una sorta di regolazione del peso corporeo intorno a un valore di riferimento o almeno a un range di peso fisso, che varia a seconda degli individui, ma che si mantiene in modo relativamente costante per ogni singolo individuo (Kessey, 2002).

Tutti i meccanismi fisiologici che agiscono attivamente per ridurre o aumentare il dispendio energetico in risposta ai cali o agli incrementi di peso sarebbero determinanti nell’attenuare gli effetti sia della sovralimentazione nei periodi di abbondanza di cibo, sia della denutrizione in tempi di carestia. Questo spiegherebbe perché coloro che si sottopongono a un regime alimentare ristretto perdono solo una certa quantità di peso e lo riguadagnano rapidamente.

Il fat point omeostatico

Il corpo umano è provvisto di un meccanismo di equilibrio relativo alla perdita o all’aumento di peso definito fat point omeostatico.

Tale meccanismo è stato oggetto di studio; è possibile, infatti, indurre nel ratto una perdita di peso riducendo drasticamente il suo apporto calorico. Tuttavia, non appena messo di nuovo in condizione di accedere liberamente al cibo, l’animale mangerà in eccesso fino a ripristinare completamente i livelli iniziali di grasso corporeo. Ma ciò è vero anche nel caso opposto: gli animali sottoposti ad alimentazione forzata per incrementare la loro massa grassa, una volta messi in condizione di regolare da soli la loro dieta, mangeranno meno fino al raggiungimento dei livelli di grasso normali. Questo ci fa comprendere come il cervello tenga sotto controllo la quantità di grasso corporeo e agisca per difendere dalle minacce dimagranti le riserve energetiche (ipotesi lipostatica). Il corpo possiede una “memoria” e difende la sua identità.

Riepilogando, esiste una “memoria” dell’organismo (il nostro peso attuale) e un meccanismo che lo controlla nelle sue variazioni (fat point omeostatico’).

I 3 passi fondamentali per perdere peso

Alla luce di queste scoperte, la nuova impostazione dimagrante agisce prevalentemente su tre punti cardine:

1) la modulazione ormonale tramite la selezione di specifici alimenti - e non solo rispetto al contenuto calorico (e.g. il pane integrale ha, in linea di massima, le stesse calorie del pane bianco ma una differente risposta insulinica)

2) l’aumento del dispendio energetico tramite l’attività fisica piuttosto che una diminuzione progressiva del contenuto calorico alimentare;

3) risultati graduali (alternando fasi di dimagrimento a fasi di consolidamento del nuovo peso raggiunto) modificando in modo opportuno la “memoria” del corpo evitano di far scattare quella “molla” genetica che custodisce gelosamente la sua identità.

Questi espedienti risultano indispensabili per evitare che l’organismo scali le “marce” al metabolismo e saboti la dieta dimagrante aumentando il senso di fame nel momento in cui avverte una crescente scarsa disponibilità di cibo.

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mercoledì 11 luglio 2018

Scienza e Conoscenza n. 65



Scienza e Conoscenza n. 65

Luglio-Settembre 2018

Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza

EDITORIALE - Tu sei la memoria del mondo

Qualche tempo fa mi sono imbattuta in un videodocumentario realizzato dagli studenti del terzo anno della Civica Scuola di Cinema di Milano sull'Epigene-tica e ne sono rimasta affascinata. Mi ha stupito profondamente come questo video, così dettagliato e approfondito sull'argomento, spiegasse però in maniera semplice e immediata l'EPI-GENETICA.

Vorrei quindi ispirarmi alla semplicità narrativa della Prof.ssa Altucci in questo video per introdurvi l'argomento.

Il nostro genoma, fin dalla nascita, risponde e interagisce con il tempo e con lo spazio in cui viviamo, quindi dialoga continuamente con l'esterno. Minuto dopo minuto, giorno dopo giorno si modifica e si plasma secondo le memorie e le esperienze acquisite e da qui nasce la parola EPI-GENETICA -che deriva dal greco EPI "al di sopra" - che significa andare OLTRE LA GENETICA.

Immaginiamo il nostro genoma come un libro da cui le cellule prendono le informazioni per agire e lavorare nel nostro corpo. Ora immaginiamo che su quel libro man mano vengano presi appunti, messi dei post-it, e sottolineati interi capitoli: bene, tutte queste informazioni aggiuntive sono l'EPIGENOMA. Il genoma è fisso, ma l'epigenoma si modifica in base all'ambiente e all'esperienza, quindi ognuno di noi è, semplicemente, la memoria del mondo.

Cosa significa tutto questo? Beh significa che molte delle nozioni che fino ad oggi abbiamo imparato sulla dipendenza della nostra vita e salute dal nostro DNA possono essere messe in discussione.

È quello che facciamo in questo meraviglioso e illuminante numero di «Scienza e Conoscenza»: mettiamo in discussione e cerchiamo di aprire nuovi orizzonti su diversi argomenti, dalla genetica ai bio-fotoni, dall'intelligenza artificiale ai misteri delle piramidi in Bosnia.

Romina Alessandri
Direttore Editoriale di Scienza e Conoscenza


Indice

EPIGENETICA

Epigenetica: oltre il DNA, Valerio Pignatta
I campi elettromagnetici modificano i nostri geni? Andrea Cormano
Relazioni: più forti della genetica? - Intervista a Giovanni Abbate Daga a cura di Marianna Gualazzi
Epigenetica e alimentazione, Debora Rasio
Musica per le cellule, Emiliano Toso

MEDICINA NON CONVENZIONALE

La Narrazione che Cura, Carmen Di Muro
Capire la sofferenza - Intervista a Guido Giarelli a cura della Redazione
Omeopatia: non è effetto placebo, Diego Tomassone
Cibo per la tiroide - Intervista a Simone Grazioli Schagerl a cura della Redazione
Ayurveda Italiana - Intervista ad Anna Camatti a cura di Marianna Gualazzi
La Guarigione Quantica - Intervista a Flavio Burgarella a cura di Emanuele Cangini

SCIENZA

Biofotoni: un mistero da risolvere, Luigi Maxmilian Caligiuri
Incontri ravvicinati del terzo tipo, Maurizio Di Paolo Emiliano

ARCHEOLOGIA

Piramidi della Bosnia: macchine di energia - Intervista a Sam Osmanagich a cura della Redazione


Scienza e Conoscenza n. 65 - Luglio-Settembre 2018
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza

lunedì 9 luglio 2018

Il senso del cancro




Il senso del cancro: intervista a Mario Soliani

Medicina Non Convenzionale      

La malattia può essere un’opportunità per far riemergere le ragioni più profonde dell’Anima capaci di spingerci al cambiamento: ne parliamo con Mario Soliani autore del libro Cancro. Scienza, Mito e Destino

di Carmen Di Muro - 07/07/2018

Ogni giorno nella mia esperienza clinica mi trovo a far fronte al dolore. Una lama ardente che punge l’anima dei pazienti che accolgo. Sofferenze psichiche che muovono il corpo, sofferenze fisiche che impattano sulla mente. Esse non sempre si radicano nelle parole, ma nella memoria somatica che ne conserva le tracce. Una ruota che gira su sé stessa, in cui ogni elemento è responsabile dell’origine e del punto d’arrivo in un’interrelazione costante. Ma uno più di tutti è il nome greve e acre che pervade, invade e muta il panorama di esistenza di chi ne fa esperienza: il cancro.

Già solo la matrice di senso che sottende questo termine ha il potere invisibile di evocare scenari psichici privi di qualunque possibilità d’uscita. Infatti a causa del significato rigido attribuito a questa parola emergono credenze limitanti che conducono, tutt’oggi, a considerare questa patologia come l’unica faccia di una medaglia che invece può celare un risvolto diverso, più ampio. Piuttosto che avvicinarci al mondo, il cancro ci allontana, facendo sì che tra noi ed esso venga posto un filtro ovattato attraverso cui vediamo, interpretiamo e viviamo gli accadimenti reagendo all’etichetta e non alla profonda ricchezza insita nell’esperienza, anche la più dolorosa. Molte persone, infatti, si rassegnano e si trascinano. Sopravvivono, ma non vivono. Ma è bene non dare nulla per scontato. A volte basta cambiare parole per cambiare il senso di una vita, e le parole giuste per scrivere del cancro non sono solo quelle che spiegano o narrano della malattia, ma quelle che accolgono e danno forma al senso che assume nella nostra vita, che amplificano la nostra conoscenza, conducendoci verso orizzonti trasversali di osservazione capaci di lenire il peso della sofferenza fisica, psichica e morale e di aprire le porte della guarigione.

Ed è questo che trapunta e orienta il lavoro clinico, le opere e la personalità del dottor Mario Soliani, medico pediatra, omeopata specializzato in psicoterapia junghiana che nel suo saggio Cancro. Scienza, Mito e Destino ci invita a vedere la malattia come metafora del nostro tempo, affrontando il tema dei tumori con uno sguardo esteso che abbraccia il vissuto del malato ricomprendendolo da una prospettiva multidimensionale e multidisciplinare, con lo scopo di imparare a guardare questa patologia con occhi diversi rispetto a quelli che ci hanno fatto ammalare. La lettura polimorfica del cancro, che coniuga categorie concettuali, mediche e psicologiche, si propone l’arduo quanto luminoso obiettivo di raggiungere chi sceglie di darsi il tempo di riflettere, pensare e ascoltare; e ha bisogno di tempo e silenzio per poterlo fare. Per noi le sue parole divengono fonte preziosa che distilla conoscenza, perché la via della guarigione c’è e può essere battuta partendo dalla più vera e profonda accoglienza che passa dal sapere e forse, anche, dal sapere di non sapere. Da qui origina la verità che consente di essere liberi di indirizzare le nostre forze per la ricerca e per la lotta verso le cause e non verso gli effetti. Così facendo sicuramente cambierebbe la medicina e cambierebbe anche il mondo.

Dottor Soliani, da quanto si evince dalla sua poliedrica formazione, lei integra con sofisticata eleganza l’approccio scientifico con quello umanistico, concretizzandoli in un fare medicina che si occupa non soltanto della patologia in sé, ma dello scenario di senso profondo che assume per l’individuo nell’adesso della sua esperienza. Quali sono i principi cardine del suo lavoro clinico?

Bisogna considerare che l’uomo in quanto soggetto del dolore, la malattia in quanto sofferenza, il contesto in quanto elemento ambientale, sociale e culturale, si sono contratti, specie dalla seconda metà del Novecento, alla sola visione di malattia come patologia d’organo. Forse rammentare il senso del fare clinica, dal verbo klìno - abbassarsi, a cogliere il “volto” che sta dietro la diagnosi, è un buon modo per dare spessore e qualità al “campo terapeutico” che ci vede coinvolti.

Lei nasce come pediatra per poi approdare all’omeopatia e alla psicoterapia junghiana, fino a suggellare la sua eccletticità nella stesura del libro Cancro. Scienza, mito e destino, un saggio fatto di parole, immagini e significati dove la patologia neoplastica viene riletta come metafora del nostro tempo. Cosa ha motivato il suo viaggio epistemologico che sviluppa e abbraccia vari registi semantici?

È una domanda complessa e proverei a rispondere con un sogno, uno dei miei primi sogni “d’analisi”, tanto tempo fa: “Stavo salendo su di una montagna innevata e vedevo nel cielo azzurro il sole e la luna insieme. Mi soffermavo a guardare quell’immagine numinosa rapito dalla sua bellezza, quando scosso da un brivido mi accorsi che stava facendo sera e dovevo rientrare a valle. Mi ritrovai allora sulla cuspide della facciata di una chiesa con la croce al centro, e io appoggiato alla croce, avevo a destra il mio zaino arancione da viaggio e a sinistra la mia borsa da medico”.
Il sogno, di natura prospettica, contiene credo ragioni che ancora mi eccedono.

Nel suo libro oltre a descrivere il profilo sistemico della malattia, passando in rassegna le cause, la prevenzione, gli strumenti diagnostici e terapeutici insieme ai percorsi di assistenza, pone l’accento sui vissuti personali che si consumano nelle stanze interiori, aprendo le porte verso una visione più allargata per prendersi davvero cura di sé. Può parlarcene meglio?

Le stanze interiori sono abbastanza simili per tutti, diverso è il modo in cui le abitiamo, come diverso è il modo con cui ci rapportiamo a noi stessi.
Qui si pone una questione rilevante che investe la sfera del “simbolico”, inteso come ponte tra il concreto e i suoi rimandi o rinvii, in cui gli argomenti della nostra coscienza dialogano con le immagini interiori che ci abitano per congiungersi in forme condivise di consapevolezza. Semplifico: nelle malattie gravi, cancro in primis, la struttura dell’Io come centro ordinatore della coscienza tende a ledersi e in queste “crepe” possono filtrare potenzialità dialogiche profonde a autentiche col mondo interno. Questo dialogo, che ci rende recettivi alle “ragioni dell’Anima” ci avvicina a noi stessi e pur nella densità del concreto, fa riemergere l’essenziale che può essere accolto nella nostra vita.

Diceva M. Foucault che “il corpo è il punto zero del mondo, laddove i percorsi e gli spazi si incrociano”. L’anima respira attraverso il corpo e l’esperienza della sofferenza avviene nella carne. Divenire consapevoli di quel pezzo di esperienza che ci abita fa la differenza nella patologia tumorale?

Dipende dal tipo di consapevolezza. Come vittime del destino non c’è differenza, se invece si assume il corpo come soggetto di conoscenza e non solo come organismo da curare si modifica, e di molto, lo sguardo su noi stessi. Il “sentire” del corpo non disgiunto dal riverbero emozionale che lo accompagna è un tratto essenziale da recuperare nella medicina moderna.
Ciò che il “corpo significa” è parte del rimosso del pensiero medico, chiuso nella dimensione dell’uomo come “rappresentante d’organo”, direbbe Galimberti, al di fuori di ogni significazione che la dimensione corporea contiene, ove la crisi del corpo traduce e tradisce il rapporto col mondo mutandone la prospettiva.

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Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza
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giovedì 5 luglio 2018

Omeopatia: prima medicina con metodo scientifico




Omeopatia: prima medicina con metodo scientifico

Medicina Non Convenzionale

Omeopatia: lo sapevi che è stata la prima medicina sperimentata con metodo scientifico?
      
La prima sperimentazione farmacologica in medicina è stata compiuta dal medico sassone Samuel Hahnemann nel Settecento, quando egli ha messo a punto l'Omopatia e ha voluto testate i vari rimedi in maniera sistematica

di Diego Tomassone

L’Omeopatia è una medicina altamente scientifica che si basa sulla legge del simile, sull’utilizzo del rimedio unico in piccola dose, sulla sperimentazione pura dei medicamenti e sulla totalità dei sintomi del malato: questa è la definizione, sintetica, di cosa si intende davvero per Omeopatia.

Spieghiamo quindi l’Omeopatia partendo proprio da questa definizione: la parola Omeopatia stessa significa “curare con il simile” (dal greco ὅμοιος, òmoios, «simile» e πάθος, pàthos, «sofferenza»), e infatti il cardine di tutto l’impianto teorico omeopatico è la legge di similitudine, la quale recita: «ciò che in un soggetto sano produce alterazione, disturbo o malattia, può curare un soggetto malato della stessa alterazione, disturbo o malattia».

Perché vi ho scritto “medicina altamente scientifica”?

Dovete sapere che prima di Hahnemann non esisteva una medicina veramente scientifica, come la intendiamo noi oggi. La medicina dell’epoca (siamo nel XVIII secolo), era perlopiù basata su congetture, ipotesi ed esperienza al capezzale del malato.

Hahnemann, accorgendosi della mancanza di una dottrina e di solide basi sia nella diagnostica che nella terapeutica medica, decide di iniziare a sperimentare i medicamenti, così da avere dei punti fermi su cui potersi basare per prescrivere una cura.

Parte quindi dalla farmacologia, perché senza aver ben chiaro gli usi e le applicazioni dei medicamenti non è possibile prescrivere delle cure efficaci, e inizia con quella da lui definita “sperimentazione pura” dei medicamenti, “pura” perché eseguita su soggetti sani volontari (esseri umani, non animali).

Questa sperimentazione è il primo tentativo in assoluto di codificare in maniera scientifica la medicina, introducendo la sperimentazione farmacologica da cui poi hanno preso spunto tutte le successive sperimentazioni. Il metodo scientifico in medicina è stato quindi introdotto da Hahnemann, il quale ha letteralmente inventato ciò che oggi si chiama sperimentazione in doppio e triplo cieco.

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Scienza e Conoscenza n. 64 - Rivista Cartacea
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martedì 3 luglio 2018

Il cervello e' anarchico



Il cervello e' anarchico: intervista a Enzo Soresi

Medicina Non Convenzionale      

La mente ci può fare ammalare, ma può anche favorire la guarigione: un viaggio in medicina olistica, PNEI e fisica quantistica, in compagnia del professor Enzo Soresi pneumologo e primario emerito all’Ospedale Cà Granda di Niguarda – Milano

Marianna Gualazzi - 02/06/2018

Lo sento al telefono e mi colpisce subito per la sua grande disponibilità e per la passione che nutre verso la ricerca e la divulgazione delle nuove frontiere della medicina. Enzo Soresi, pneumologo e primario emerito all’Ospedale Cà Granda di Niguarda – Milano, fino alla fine degli anni Novanta, è sempre stato di larghe vedute: tra i primi in Italia a interessarsi ed a prescrivere il rimedio antroposofico Viscum Quercus come terapia adiuvante nei tumori polmonari, oggi parla della medicina come di una scienza olistica, cosa che in pochi, soprattutto con una carriera così alle spalle, sono disposti a fare con tanta serenità.

Pioniere della Medicina Integrata, da diversi anni Soresi si occupa di divulgazione sui temi della prevenzione primaria, della PNEI e della biologia mitocondriale. Lo abbiamo raggiunto al telefono per affrontare con lui uno dei suoi temi preferiti: quello del cervello, di come possiamo mantenerlo giovane e attivo e di come questo si relazioni con la mente, il corpo e le emozioni.

Dottor Soresi, cosa possiamo dire oggi del rapporto tra cervello, mente e corpo?

Oggi, alla luce delle nuove conoscenze della Biologia, la Medicina va intesa come una scienza olistica, nel senso che lo sviluppo della PNEI (PsicoNeuroEndocrinoImmunologia) mette in relazione il cervello con l'intero organismo. La PNEI è la scienza che sviluppa il tema del rapporto fra il Sistema Immunitario, il Sistema Neuro-Endocrino e le strutture profonde del cervello, note come "strutture limbiche" o "strutture emozionali", anche esse, di natura neuro-endocrina. Pensate a una cellula, pensate alla membrana cellulare e pensate alla comunicazione fra cellule, che avviene attraverso neuro-trasmettitori, ormoni, neuropeptidi, citochine, sostanze che fanno comunicare fra di loro i vari tipi di cellule. Calcolate che nel nostro organismo ci sono 144 tipi diversi di cellule e che vengono prodotti oltre 1.000 tipi di neuro-trasmettitori, che "comunicano " con i recettori della cellula.
Tutto questo intenso colloquio che avviene nel nostro organismo, da chi è governato? È governato dalle emozioni. L'importanza dell'emozione nel sostenerci, sani o malati, è fondamentale, perché l'emozione attiva il meccanismo dello stress, che può essere negativo o positivo. Oggi sappiamo che per mantenerci in salute è importante lavorare sulle emozioni e sullo stress, e mantenere l’organismo in una condizione di omeostasi.
Che la condizione emozionale sia alla base della salute di un individuo è dimostrato dal fatto che in Canada, da anni, c'è un ambulatorio che è inserito in un ambito specialistico, dove il controllo dell'emozione è la prima osservazione del paziente. Perché l'emozione è alla base di tutto? Perché nessun atto razionale può prescindere da una spinta emozionale. Questa affermazione è stato sostenuta da Antonio Damásio, neuro-fisiologo portoghese, che nel 1995 ha scritto un interessante libro, edito da Adelphi, dal titolo L'errore di Cartesio.
Se nessun atto decisionale può quindi prescindere da una spinta emozionale, potete capire l'importanza delle emozioni nell'organizzazione del nostro organismo.

Nel suo libro Il Cervello Anarchico, ma anche in Mitocondrio Mon Amour e in Guarire con la Medicina Integrata, lei parla diffusamente del tema dello sviluppo del cervello: lo vuole accennare anche ai nostri lettori?

Quanti di noi sanno che quando nasciamo il cervello non è definito ma pesa sette etti e, nell'Homo Sapiens, diventa maturo nei due successivi anni di vita? Noi medici studiamo l'embriologia, e successivamente studiamo il cervello, già formato. In quei primi due anni la costruzione del cervello avviene su base emozionale, perché in quegli anni non c'è conoscenza, non c'è il linguaggio, c'è solo l'emozione. L'emozione modulata da chi ci circonda e si prende carico di noi, in primis la madre e successivamente tutto l’ambiente che ci circonda. Nel 2010 organizzai, a Milano, al cinema Oberdan un interessante convegno dal titolo "Perché dobbiamo amare i bambini". L’idea mi venne a seguito della lettura di un libro dal titolo Perché dobbiamo amare i bambini scritto da una psicanalista di Oxford, Sue Gerhardt, ed edito da Cortina nel 2006. La Gerhardt spiega perché l'amore di chi ci circonda e si prende cura di noi è essenziale per lo sviluppo cerebrale nei primi anni di vita e in che modo le interazioni precoci tra genitori e figli hanno conseguenze importanti, e difficilmente reversibili, per il nostro cervello. Questo fondamentale momento della nostra esistenza non è preso in considerazione dalla nostra società, mentre dovrebbe essere un periodo di estrema attenzione e delicatezza la cui conoscenza andrebbe promossa nell'ambito delle scuole materne e della famiglia. La famiglia è alla base di tutto. Se ho un nonno violento, o un padre violento, o una madre disaffettiva, pensate alle conseguenze che può subire il mio cervello nel suo sviluppo. L'armonia è fondamentale, in quei primi anni, per la costruzione dell’organo più straordinario e complesso che esista nell’universo conosciuto.  

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lunedì 2 luglio 2018

Melatonina e infertilita'




Melatonina e infertilita'

Melatonina: cosa c'entra con l'infertilità?

Medicina Non Convenzionale

La melatonina ha un forte potere antiossidante e ritarda l’instaurarsi delle infiammazioni, ma è fondamentale per la nostra fertilità: scopriamo come e perché

Redazione Scienza e Conoscenza - 30/06/2018

Tratto dal libro Curare l'infertilità con metodi naturali (Macro Edizioni, 2017).

Sono molte le ricerche che mostrano quanto la luce sia un fattore ecologico di primaria importanza al punto che, nel corso dell’evoluzione, i viventi hanno selezionato meccanismi in grado di selezionare e sincronizzare i processi vitali di varia natura, alle cicliche variazioni della disponibilità di luce su scala giornaliera e stagionale.

Un insieme di stimoli ambientali esterni funzionano da sincronizzatori per generare quelli che sono definiti i ritmi biologici, circadiano e circannuale. La luce artificiale incide sui meccanismi che regolano i ritmi biologici degli organismi viventi e quindi la salute umana può subire effetti collaterali se si viene a determinare un’alterazione dei meccanismi neuroendocrini che controllano la produzione di melatonina, la sostanza ormono-simile prodotta dall’epifisi, che ha indiscutibile potere nel regolare il rapporto sonno-veglia. Individuata nelle comunità animali in quanto incide sulle attività di foraggiamento, dispersione, migrazione, riproduzione e sui meccanismi di competizione interspecifica, la cronobiologia rappresenta quella branca della biologia che studia le strutture segnatempo collegate con i principali sistemi del corpo umano che scandiscono i ritmi dei cicli organici: la specie umana è dotata di meccanismi interni in grado di sincronizzare l’attività metabolica ai ritmi giornalieri e stagionali. Nell’uomo sono i nuclei soprachiasmatici, strutture cerebrali localizzate a livello dell’ipotalamo, che controllano fame, sete, temperatura e sistema neurovegetativo, insieme alla ghiandola pineale inserita in una fitta rete di controllo sui meccanismi che collegano l’ipotalamo all’ipofisi, alla sintesi e regolazione degli ormoni surrenalici, androgeni e tiroidei.

Melatonina, l'ormone antiossidante

Con la diminuzione della luce del giorno, l’epifisi svolge il delicato compito di secernere la melatonina, che ha la funzione di regolare i bioritmi ormonali umani e assieme al sistema nervoso centrale regola i ritmi circadiani come quello della prolattina. È l’esposizione alla luce del mattino che inibisce la sintesi della melatonina e ci rende nuovamente attivi mentre al calar del buio, la maggiore produzione della melatonina, ci fa “sbadigliare” oltreché inibire la sintesi della leptina, l’ormone della fame. La melatonina ha un forte potere antiossidante e ritarda l’instaurarsi delle infiammazioni che richiamerebbero solo il cortisolo od ormone dello stress, controllore della glicemia e del metabolismo di carboidrati, grassi e proteine; di natura steroidea esso viene prodotto nella zona fascicolata della corticale del surrene. Per tutti i sintomi non riconducibili a sindromi, la cura propinata è la somministrazione di medicinali a base di cortisolo per contrastare infiammazioni, allergie, reazioni di rigetto ai trapianti di organi, senza considerare tutti gli effetti negativi che ciò comporta tra cui l’aumento della glicemia, ipertensione, perdita di massa muscolare, riduzione nella fissazione del calcio e conseguente osteoporosi, depressione, impotenza, calo della libido e diminuzione dello stato androgenico.

Sono proprio le ghiandole surrenali, posizionate alla sommità dei reni, i centri di modulazione dello stress gestito da adrenalina e noradrenalina, le catecolamine prodotte in fase di allarme. Le ghiandole surrenali sono implicate nella biosintesi di altri ormoni steroidei, prodotti a partire dal colesterolo, che andranno a influenzare ormoni tiroidei e insulina. Tra questi l’aldosterone per l’equilibrio idrosalino e il DHEA, precursore comune degli ormoni sessuali maschili e femminili. Indicatore biologico sicuro dello stress è il valore basso di DHEA che aiuta a bilanciare diverse funzioni sessuali prevenendo la distruzione del triptofano, che a sua volta aumenta la produzione di serotonina, neurotrasmettitore del benessere, modulandone la sintesi sui precursori. In condizioni di stress aumenterà la gluconeogenesi e la lipolisi per mobilizzare l’energia.

Sotto stress aumenta l’appetito e diminuisce il desiderio sessuale, il cervello darà precedenza alla sintesi degli ormoni dello stress a scapito degli ormoni sessuali e ben presto si instaurerà la condizione di sindrome metabolica in cui vige il paradigma grasso=stress. In conclusione, un’insufficiente produzione di DHEA e una sintesi sregolata di melatonina contribuiscono largamente all’instaurarsi di infertilità, fatica e depressione farciti da aumento di massa grassa.

Approfondisci su:

Curare l'infertilità con Metodi Naturali - Libro
Amelia Sagliano

Yoga per la Fertilità - Libro
Come rimanere incinta in modo naturale e vivere una gravidanza consapevole
Kerstin Leppert