mercoledì 14 ottobre 2020

Nikola Tesla e Thomas Edison: chi era il miglior inventore?


Nikola Tesla e Thomas Edison: chi era il miglior inventore?

Scienza e Fisica Quantistica

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Alla scoperta dei lati segreti e delle curiosità di due grandi titani della scienza e delle loro invenzioni

Sara Raggini - 13/10/2020

Lo scienziato serbo americano Nikola Tesla è stato un brillante genio che ha avuto il merito di diffondere nel mondo moderno l’energia e i sistemi di comunicazione di massa.

Il suo eterno rivale è l’iconico Thomas Edison, inventore della lampadina, del fonografo e del cinetoscopio. I due titani si scontrano, negli anni ’80 dell’Ottocento, in quella che viene oggi definita “Guerra delle correnti”.

Quale sistema avrebbe illuminato il mondo: la corrente alternata di Tesla o la corrente continua di Edison? Il dibattito è aperto ancora oggi e numerosi scienziati stanno ancora discutendo su chi effettivamente sia l’inventore migliore.

Nikola Tesla: il più brillante

Tesla possedeva una memoria fotografica strabiliante; ciò significa che era in grado di richiamare alla memoria in modo preciso immagini e oggetti. Questo gli permetteva di immaginare gli oggetti in 3D e dunque di giungere alla realizzazione dei prototipi delle invenzioni in pochi passaggi.

Edison, al contrario, era un disegnatore e un pensatore.

Alla fine della carriera, Edison aveva collezionato ben 1.093 brevetti, Tesla ne raggiunge solo 300 (in queste considerazioni è necessario sottolineare anche lo staff di collaboratori di cui Edison usufruiva).

Edison: il più lungimirante

Nonostante sia Edison l’inventore ufficialmente riconosciuto della lampadina, del telegrafo e del cinetoscopio, numerosi erano gli scienziati che in quell’epoca lavoravano a progetti affini.

Edison aveva screditato il sistema a corrente alternata di Tesla, considerandolo poco pratico, mentre aveva fortemente sostenuto il suo pratico ma meno efficiente sistema a corrente diretta.

Le idee di Tesla erano dirompenti, ma non venivano accolte sul mercato perché poco fruibili.

Quali furono le invenzioni con maggiore impatto

Edison detiene un numero di brevetti elevatissimo, ma è necessario riconoscere che spesso era responsabile soltanto di avere l’idea del prototipo; la fase di progettazione e lavorazione era spesso affidata al suo team di collaboratori.

Le invenzioni di Tesla sono la spina dorsale della comunicazione di massa contemporanea, ma finirono nell’oscurità nel XX secolo, quando molte delle sue invenzioni andarono perse nella storia.

Il miglior carattere: Tesla o Edison?

All’apogeo della sua carriera, Tesla era carismatico, raffinato e spiritoso. Parlava ben 8 lingue ed era circondato dall’amicizia di numerosi personaggi noti, come Mark Twain e Rudyard Kipling.

Al contrario Edison era introverso e con pochi amici al suo fianco. Edison aveva anche un lato meschino, dimostrato spesso durante quella che venne definita come la Guerra delle Correnti. Nella disputa con Westinghouse, per dimostrare i pericoli della corrente alternata, arrivò a fulminare in pubblico un elefante.

Ed infine... il più fashion!

Tesla era alto, snello imponente con vistosi baffi e un impeccabile senso dello stile. Edison, invece, era poco curato: addirittura indossava scarpe di 2 numeri più grandi in modo da indossarle senza doversi fermare ad allacciarle!

 

Tesla, Lampo di Genio — Libro >> https://bit.ly/3ibyefX

La storia e le scoperte di un geniale scienziato

Massimo Teodorani

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lunedì 12 ottobre 2020


Riconoscere l'emozione terapeutica

Neuroscienze e Cervello

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L’emozione terapeutica è un’emozione indotta dal nostro pensiero razionale capace di modificare la struttura del nostro cervello al fine di restituirci la stessa emozione in termini non più artificiosi ma autentici

Redazione Scienza e Conoscenza - 10/09/2020

Il seguente articolo è scritto da Flavia Petralia*

Con le neuroscienze, abbiamo imparato ad attribuire alle emozioni un ruolo determinante per quanto riguarda il processo di modifica della struttura cerebrale. Oggi conosciamo l’impatto che un’emozione può avere sulla codifica di un evento e sulle conseguenze legate alla qualità della nostra vita.

Volendo chiarire il concetto, potremmo descrivere una situazione vissuta come stressante che viene elaborata negativamente, fino a diventare una fobia. Possiamo portare un esempio che nell’arco di una vita può verificarsi, ma che ha dei risvolti totalmente diversi da individuo a individuo, come il cibo che accidentalmente va, per così dire, di traverso. Nella maggior parte dei casi, questo episodio si risolve in un brutto spavento, eppure, su determinati soggetti può causare un raro disturbo chiamato anginofobia, ovvero: “paura di soffocare”, con la conseguente modifica del proprio stile alimentare e una persistente sensazione d’ansia durante i pasti.

Questa fobia cambia radicalmente le abitudini di chi la subisce che sarà portato a condizionare ogni aspetto della propria vita in conseguenza a questo disturbo. Nell’evento traumatico, infatti, la nostra emozione corrispondente alla paura, ha giocato un ruolo determinante nella codifica di ciò che stava accadendo e ha scatenato un cambiamento dei nostri pensieri riguardo al cibo, trasformandolo da momento di piacere a condizione di pericolo.

Ma se a scatenare questo processo è stata un’emozione forte come la paura, un’altra emozione, di natura opposta potrebbe, dunque, ripristinare la normalità desiderata.

Riporto il caso di una ragazza affetta da questo disturbo che mentre mangiava ha sentito la sensazione del soffocamento (non reale, ma causato dalla fobia con cui conviveva da tempo). Presa dal panico, corse dallo zio sostenendo di stare soffocando. Lo zio iniziò a ridere e spiegò alla nipote che non era possibile soffocare e poter nel contempo parlare e respirare. La risata dello zio e il suo minimizzare l’evento, ha causato nella ragazza una reazione a specchio**, innescando in lei lo stesso divertimento dello zio. Da quel momento, il disturbo non si è più presentato.

È possibile dire che l’emozione della paura è stata sostituita con un più efficiente stato di scherno.

Le emozioni possono dunque innescare paure terrificanti ma, allo stesso modo, possono liberarcene.

Volendo semplificare il processo che nasce con l’emozione scatenante per arrivare alla fobia, potremmo ricorrere a questo schematico modello:

emozione scatenante

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pensiero negativo conseguente

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emozioni negative

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modifica struttura cerebrale

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fobia


Per ottenere un risultato in chiave positiva, dobbiamo modificare il processo:

 

pensiero indotto

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emozione terapeutica

|

modifica struttura cerebrale

|

emozione autentica

 

L’emozione scatenante, come la paura, genera dunque una distorsione del nostro pensiero che crea emozioni negative capaci di modificare della nostra struttura cerebrale, generando così la fobia.

Eseguendo questo procedimento al contrario, useremo il pensiero indotto, per generare un’emozione positiva che giorno dopo giorno, creerà una modifica nella nostra struttura cerebrale restituendoci lo stato desiderato in termini di emozioni spontanee.

Riconoscere l’emozione terapeutica

L’aspetto chiave per iniziare questo procedimento di “ricostruzione” è dato dal riconoscimento dell’emozione terapeutica. È facile credere che se una fobia è stata causata da una forte paura, potremmo identificare nel suo opposto la possibile soluzione.

L’opposto della paura è rinomatamente il coraggio. In realtà l’individuazione dell’emozione terapeutica richiede un procedimento più complesso. Infatti, dobbiamo ricordare che la paura è stata la conseguenza ovvia del soffocamento, ma a creare la fobia non è stato l’inevitabile spavento, ma il nostro continuo pensiero riguardo alla possibilità che quell’evento possa verificarsi nuovamente.

Questa possibilità ha innescato una profonda sfiducia in noi stessi e nel comune atto della deglutizione. Detto ciò, è probabile che l’emozione terapeutica si possa individuare nella riconquista, attraverso il pensiero indotto, di una “profonda fiducia” verso noi stessi e verso quello che il nostro corpo è capace di fare anche senza il nostro razionale controllo.

Ad ogni stato emotivo, corrisponde un’azione coerente che si traduce in termini di cambiamento per la nostra qualità della vita.

Una volta riusciti ad individuare quali emozioni possono portarci il nostro beneficio personale, bisogna, quindi, imparare ad indurle attraverso il pensiero razionale e mantenerle nella nostra quotidianità fino alla percezione di un reale cambiamento.

L’emozione terapeutica è, dunque, un’emozione indotta dal nostro pensiero razionale capace di modificare la struttura del nostro cervello al fine di restituirci la stessa emozione in termini non più artificiosi ma autentici.

*Flavia Petralia

È una Life & Business Coach.

Laureata in comunicazione con un Master in Coaching Evolutivo, pubblica nel 2017: Yakamoz, romanzo di crescita personale in chiave fantasy e redige articoli di attualità per la testata giornalistica: La spia. Nel 2020 pubblica il magazine-book: Successo e Neurocoaching incentrato sul trait d’union filosofico, scientifico ed esperienziale.

**I Neuroni specchio scoperti dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, sono una classe di neuroni che si attiva selettivamente generando, per empatia, una reazione uguale a quella del soggetto osservato.

 

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Autore: Joe Dispenza

 

 

martedì 6 ottobre 2020

Un utile supporto alle vaccinazioni


Un utile supporto alle vaccinazioni

Medicina Integrata

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Redazione Scienza e Conoscenza

Il seguente articolo è scritto da Andrea Maraschio, Farmacista, Diploma in Omeosinergia e metodiche complementari

La Scienza sta cambiando. Chiunque studi e ricerchi nell’ambito medico-farmaceutico, avverte delle variazioni in continuo divenire.

Avete mai sentito parlare di Evidence Based Medicine? Certo, ma probabilmente non di Real World Evidence (RWE) e Real World Data (RWD). Due nuovi termini descritti dalla Food & Drug Administration nel 2016, in riferimento ad un articolo del The New England Journal of Medicine dal titolo “Real-World Evidence - What is it and What Can It Tell Us?” (Sherman RE et al, 2016). RWE è l’evidenza clinica relativa all’uso e ai potenziali benefici o rischi di un prodotto medico derivata dall’analisi dei RWD. In breve, al fine di stabilire un corretto rapporto beneficio/rischio per tutti i farmaci, oggi non sono più sufficienti solo gli studi sperimentali RCT (gli studi randomizzati controllati, NdR), ma occorrono in aggiunta analisi sofisticate di una vasta serie di dati clinici raccolti in database Big Data derivanti da cartelle sanitarie elettroniche, registri ospedalieri di prodotti medici e delle malattie, risultati clinici di home therapy, fonti digitali che rilasciano informazioni sullo stato di salute quali dispositivi mobili.

Ciò accade in quanto le sperimentazioni controllate randomizzate presentano i propri limiti, i quali dovrebbero essere circoscritti dalle analisi RWE. Le limitazioni degli RCT riguardano principalmente le difficoltà di trasferire i risultati dei trial di migliaia di pazienti alla clinica medica quotidiana su vasta scala (la popolazione intera) e la presenza di comorbidità complesse nei pazienti.

L’incertezza però riguarda anche le RWE, poiché le fonti dei dati RWD non sono uniformi e facilmente accessibili e potrebbero risultare di non sufficiente attendibilità. Tra l’altro le analisi complesse di RWD equivarrebbero a studi osservazionali, ove si osservano dei dati ricavati e interpretati da computer con un’intelligenza artificiale che bypassa quella umana. Infatti, come sostengono A. Addis e L. De Fiore in un articolo del quotidiano sanità, «la RWE ripropone ancora una volta la ben nota contrapposizione tra RCT e studi osservazionali senza però che i nuovi scenari offrano soluzioni credibili ai limiti ben conosciuti dei diversi approcci» (Addis A e De Fiore L, 2017).

Il problema si evidenzia nel momento in cui la RWE, attraverso linee guida stilate dalla FDA, venga adoperata come strumento chiave delle decisioni normative e dei protocolli in medicina. In un contesto del genere si inseriscono i vaccini, la cui sicurezza post-marketing viene valutata attraverso analisi RWE, oltre che azioni attive e passive di farmacovigilanza con le schede di segnalazione spontanea. Dall’ultimo Rapporto Vaccini 2018 di AIFA sulla sorveglianza post-marketing in Italia le conclusioni decretano «un ottimo profilo beneficio/rischio delle vaccinazioni, con pochissimi eventi gravi e nessun decesso ritenuto almeno potenzialmente correlabile con la vaccinazione» (Marchione P et al, 2018).

Tale affermazione però non significa che il vaccino sia esente da rischi, ma in particolare che quest’ultimi risultino essere inferiori rispetto a quelli connessi con le malattie infettive che si cerca di prevenire. Infatti, il vaccino è a tutti gli effetti di legge un medicinale altamente complesso, poiché costituito da una parte biologica di componenti del virus o del batterio e da una non biologica di principi inerti e il paziente a cui lo si somministra può incorrere in manifestazioni sintomatologiche avverse parallele.

I principi inerti si chiamano così in quanto non responsabili dell’attività farmacologica del vaccino che dà l’immunità, ma di quella tecnologica che serve per la formulazione. L’aggettivo “inerti” però può essere fuorviante, visto che si tratti di detossificanti, conservanti, stabilizzanti e adiuvanti, tutte sostanze che una volta introdotte nell’organismo possono indurre in degli effetti spiacevoli.

Per fare degli esempi, tra i detossificanti vi è oggi la formaldeide, usata non più in qualità di conservante diretto, ma come chemiosterilizzante esclusivamente durante la preparazione delle fiale vaccinali, per essere poi allontanata dalla formulazione in un secondo momento, rimanendone in tracce (Gallo G et al, 2018). La formaldeide, infatti, è una sostanza troppo reattiva per fungere da conservante in qualsiasi formulazione: il suo meccanismo d’azione, tipico del gruppo delle aldeidi, è quello di avere una elevatissima reattività nei confronti dei gruppi funzionali tipici delle proteine, quali gruppi ossidrilici, carbossilici e soprattutto amminici, portando di fatto alla denaturazione delle proteine attraverso una forte reazione di cross-linking tra i gruppi funzionali all’interno delle proteine stesse. O ancora, al fine di preservare il vaccino da una contaminazione batterica elevata, si utilizzano spesso come sostanze conservanti anche vari antibiotici, tra i quali kanamicina, streptomicina, neomicina, gentamicina e polimixina B. Gli amminoglicosidi citati hanno un ampio spettro d’azione, ma la loro tossicità limita l’uso clinico alle gravi infezioni da Gram-negativi, essendo potenzialmente in grado di causare tossicità dose-dipendente vestibolare, cocleare e renale reversibile ed irreversibile. Le polimixine si sono dimostrate anche nefrotossiche e neurotossiche se somministrate per via sistemica, pertanto in genere se ne consiglia solamente l’uso topico cutaneo (Gentry EJ, 2014; Goodman&Gilman, 2015).

I dati del Rapporto Vaccini 2018 di AIFA indicano che sono state circa 18 milioni le dosi di vaccini somministrate nell’anno 2018, con 7267 segnalazioni valutabili di cui 5536 insorte nell’anno corrente (spontanee, di farmacovigilanza attiva e altro) con il 16.5% risultate gravi. Il tasso di segnalazione di sospetti eventi avversi supera i requisiti minimi richiesti dalla WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità, NdR) per definire il sistema di vigilanza come efficiente, tuttavia il numero delle segnalazioni spontanee è ancora basso e potrebbe non riflettere la realtà con una sottostima dei rischi. Con tali considerazioni possiamo ipotizzare che la conoscenza del sistema di vigilanza dei farmaci sia ancora agli inizi, anche se con promettenti passi avanti.

Inoltre, i pazienti che ricevono la vaccinazione vengono controllati per i primi e successivi 30 minuti, in modo che si intervenga prontamente in caso di anafilassi, e per il restante tempo lasciati a sé stessi nonostante le evidenze dei rischi potenziali. In questo contesto è auspicabile un intervento di “prevenzione della prevenzione”, mediante rimedi che vadano a supportare l’organismo del paziente prima e dopo una vaccinazione.

L’associazione di azioni biologiche di supporto e mantenimento dell’omeostasi dei vari organi potenzialmente coinvolti dall’incontro con le componenti della formulazione di un vaccino è caratteristica dei rimedi Omeosinergici informati, grazie alle piccole dosi, ad una componente bio-organica tripartita a base di estratti fluidi e tinture madri di piante e ad una sofisticata e specifica componente informazionale veicolata. In particolar modo di quelli che favoriscono la fisiologia del MALT, dell’attività di drenaggio tossinico generale e specifico sia delle tossine cerebrali, sia di quelle originate da forme iterative immunologiche e comportamentali.

 

BIBLIOGRAFIA

Sherman RE et al. Real-World Evidence - What is it and What Can It Tell Us?. N Engl J Med 2016; 375: 2293-2297.

Addis A e De Fiore L. Real world evidence: cosa è una prova e qual è la realtà? Quotidiano sanità, 18 novembre 2017.

Marchione P et al. Rapporto Vaccini 2018 la sorveglianza postmarketing in Italia. AIFA, 2018.

 Gallo G et al. GUIDA ALLE CONTROINDICAZIONI ALLE VACCINAZIONI. Ministero della salute. Quinta edizione, 2018.

Gentry, EJ. Antibiotici ed antimicrobici. FOYE’S – Principi di chimica farmaceutica. s.1.: Piccin, 2014.

Chemioterapia delle malattie infettive. Goodman & Gilman Le basi farmacologiche della terapia Il manuale. Zanichelli, 2015.

 

Vaccini: Sì o No? — Libro >> https://bit.ly/2SznWfa

#scienzaevaccini - In esclusiva per la prima volta le analisi e le foto di laboratorio con il microscopio elettronico delle sostanze presenti nei vaccini

Stefano Montanari, Antonietta Gatti

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