mercoledì 24 maggio 2017

Qi Gong anti-cancro: un metodo di terapia olistica




Qi Gong anti-cancro: un metodo di terapia olistica
che sta dando risultati nella cura integrata delle malattie croniche e dei tumori

Scritto da: Uta Feiler e Christine Lanz

Medicina Non Convenzionale



Qi Gong anti-cancro: un metodo di terapia olistica che sta dando risultati nella cura integrata delle malattie croniche e dei tumori
Da alcuni decenni si sta diffondendo silenziosamente in Europa una pratica corporea che affonda le sue radici nell'antico qi gong taoista cinese. Una versione particolare di questa nota pratica riscoperta negli anni Settanta del secolo scorso, il Guolin qi gong, si sta infatti rivelando di importanza notevole nella cura delle malattie croniche e del cancro, anche in approccio integrato con le terapie convenzionale.

Dalla Cina, attraverso la Germania, insegnanti e pazienti stanno lentamente, ma con entusiasmo, apprezzando i risultati di questo approccio. Fioriscono così i libri sul tema e le testimonianze di guarigione. Vediamo un più da vicino in cosa consiste, quali sono le sue origini e le possibilità di guarigione che offre.

Che cos’è Guolin qi gong

Il Guolin è una delle forme di qi gong medico più importanti nella terapia dei tumori e delle malattie croniche. Per questo motivo viene anche definito il cosiddetto “qi gong anti-cancro”.

Questo metodo è stato sviluppato dalla professoressa dell’Istituto di Belle Arti di Pechino e pittrice Guo Lin, nata nel 1909 nella provincia del Guang Dong. A questa donna era stato diagnosticato un tumore all'utero che, dopo sei operazioni chirurgiche e conseguenti recidive con metastasi, venne ritenuto inguaribile dalla medicina ufficiale.

Guo Lin cominciò allora a sviluppare le pratiche di qi gong che suo nonno, un praticante taoista, le aveva insegnato quando lei era bambina. Questo percorso di riscoperta la portò alla ricerca dei più grandi maestri viventi in ambito, dai quali imparò tecniche millenarie, osservando e sperimentando su se stessa gli effetti delle pratiche di questa antichissima disciplina.

Ella guarì piuttosto rapidamente e questo successo la condusse, nel 1971, a trasmettere la sua conoscenza alla gente comune che fosse interessata a imparare, praticando nei parchi di Pechino. Guo Lin morì nel 1984 all'età di 75 anni per un ictus, senza che il tumore si fosse mai più ripresentato e lasciando un sapere significativo per la medicina: il Guolin qi gong.

Negli anni a seguire gli esercizi furono poi sviluppati e perfezionati ulteriormente da altri insegnanti. In Cina nacquero quindi dei circoli di Guolin, dove le persone praticavano insieme nei parchi. Oggi, a distanza di decenni, ci sono centri Guolin in tutto il mondo.

Il qi gong medico-terapeutico ha iniziato ad essere applicato in parallelo agli interventi della medicina convenzionale da circa trent'anni in paesi quali Canada, USA, Cina, Corea, Giappone, Australia e Malesia sia nella lotta contro i tumori sia in caso di altre malattie croniche.

Nel 1980, in Germania alcuni medici iniziarono a diffondere queste conoscenze. A partire dal 1989 la dottoressa Qi Duan Li, allieva della professoressa Guo Lin, ha introdotto negli ospedali tedeschi queste pratiche. In Italia questo metodo è purtroppo ancora poco diffuso.

Qi gong ed energia vitale.
Pratiche taoiste di lunga vita
Georges Charles

lunedì 22 maggio 2017

Vaccini: le ricerche del premio Nobel Montagnier



Vaccini: le ricerche del premio Nobel Montagnier

Scritto da: Vincenzo Valenzi

Critica al sistema sanitario



Vaccini: le ricerche del premio Nobel Montagnier

Nella sua intervista televisiva alla trasmissione parigina Vent PositiF Luc Montagnier tra gli altri argomenti ha discusso della controversia rapporto su vaccini e autismo considerato come malattia rara che tende a proliferare sempre di più di cui aveva già parlato a Bologna nell'ottobre del 2016 durante la lezione magistrale ai direttore ospedalieri.
Il premio Nobel per la Medicina, Luc Montagnier, rilancia la connessione tra vaccini e autismo. Ed è subito polemica. Secondo il biologo francese, le vaccinazioni - se somministrate contemporaneamente ad anti-infiammatori - potrebbero avere "effetti deleteri sul cervello" del lattante, scatenando "l'insorgenza dell'autismo".
"Molti genitori non hanno più fiducia nelle vaccinazioni" perché "talvolta c'è una correlazione temporale tra il vaccino e i sintomi legati all'autismo. Questo non significa una correlazione di causa-effetto ma i vaccini, insieme ad altri elementi, possono essere fattori scatenanti di situazioni pre-esistenti" legate all'autismo, ha spiegato Montagnier durante una lectio magistralis tenuta a Bologna in occasione del 42esimo congresso dell'Associazione nazionale dei medici delle direzioni ospedalieri.

Dalle ricerche di Montagnier e colleghi emerge come nell'origine dell'autismo possa esserci una componente batterica e una correlazione temporale, in alcuni casi, con le vaccinazioni. Concetti che si possono ascoltare nell'intervista integrale dove il virologo francese suggerisce prudenza con vaccinazioni che forse, oltre a prevenire ad aver salvato generazioni dalla poliomielite, e domani alcuni casi gravi di patologie (tumore della cervice in HPV o encefalite nel caso del morbillo ad esempio) potrebbero contribuire a patologie emergenti come l'autismo.
Una posizione quella del Nobel francese per la scoperta del virus dell'AIDS, su cui, oltre le polemiche sopra le righe, la comunità scientifica il mondo medico e il legislatore dovrebbero riflettere, magari ricordando l'epidemia influenzale H1N1 che poi tanto epidemica e terribile fortunatamente non fu. Nella scienza tutto cambia, nella medicina ancor di più.

Ogni cinque anni mediamente le linee guida e i protocolli terapeutici delle società internazionali vengono aggiornati, quello che oggi è la legge protocollare su cui i consigli di disciplina e i tribunali sentenziano cambia continuamente. Non guasterebbe allora maggiore serenità e prudenza nell'uso dei protocolli e della disciplina nella pratica medica che è una scienza giovane, in evoluzione e spesso ispirata dalla statistica e ancora più spesso dall'esperienza e dalla pratica con risultati come le tradizioni millenarie orientali ci dicono, nonostante le deboli basi scientifiche delle stesse.
La principessa della farmacologia, l'aspirina, da 150 anni viene usata, poco sapendo della sua scienza, che emerge di anno in anno sempre più complessa, con nuove indicazioni (circolatorie) e controindicazioni.
Sarebbe utile abbassare i toni e le spade e alzare il livello di confronto etico e scientifico, stimolando e finanziando ricerche controllate sui temi controversi come ad esempio quelli posti dal Nobel francese sui vaccini, il paracetamolo e i campi elettromagnetici che oramai ci avvolgono a qualsiai età e qualsiasi luogo senza che ci si possa proteggere.

L'interesse fondamentale della salute, si protegge con la ricerca sui punti critici e sulle nuove (o antichissime) opportunità, e confesso fa una certa impressione leggere dichiarazioni euforiche di autorevoli colleghi quando un nostro collega, con un buon curriculum, viene proposto per la radiazione, per aver pensato liberamente e aver cercato in scienza e coscienza di fare il meglio per i suoi pazienti. Non bisogna dimenticare che oggi nonostante i colossali progressi della diagnosi e della terapia solo negli Stati Uniti ci troviamo con 100.000 morti all'anno, 5 milioni di reazioni avverse di cui la metà gravi dati JAMA, benchè i protocolli siano stati rispettati e i medici protetti dal rispetto degli stessi.
Un tema che dovrebbe preoccuparci, alla ricerca di quei meccanismi che possono aiutarci a ridurre le reazioni avverse a personalizzare la terapia, verso la terapia di precisione.

Una strada su cui tutti ci stiamo incamminando, che richiede modestia, prudenza e coraggio di imparare e cambiare le nostre abitudini e convizioni sull'altare della verità e della missione medica. In gioco oltre a qualche carriera e all'onore di famiglie di medici bruciate, la vita dei malati che si affidano alle cure mediche troppo spesso con poche speranze (Demenze, SLA, tumori, ecc) e che si aspettano dai medici tutto il possibile da Oriente a Occidente da Allopatico a Olistico con Scienza e Coscienza verso una Medicina Integrata .


Danni Causati da Vaccini e Sieri
Versione nuova
Herbert M. Shelton


giovedì 18 maggio 2017

Bombardati dai raggi cosmici




È vero che siamo continuamente bombardati dai raggi cosmici?

Scritto da: Antonella Ravizza

Scienza e Fisica Quantistica



È vero che siamo continuamente bombardati dai raggi cosmici?

Per capire cosa sono i raggi cosmici, dovremo riprendere qualche concetto già esposto.
La materia è fatta di atomi; semplificando e dando una descrizione classica, ogni atomo è formato da un nucleo (composto da neutroni e protoni) e da una nuvola di particelle negative (elettroni). I raggi cosmici sono sostanzialmente nuclei di atomi completamente ionizzati e accelerati a velocità vicine a quelle della luce (300.000 chilometri/secondo). Le particelle che formano i raggi cosmici provengono da ogni direzione dello spazio e formano una vera e propria “pioggia” che colpisce continuamente il nostro pianeta. È stato calcolato che ogni metro quadrato dell’atmosfera terrestre viene colpito ogni secondo da 30 mila raggi cosmici.

Raggi cosmici primari e secondari

I raggi cosmici si classificano in primari e secondari: i primari sono appunto quelli che dalle sorgenti arrivano fino al nostro pianeta, ed entrando in atmosfera collidono con le molecole dell’aria; i secondari sono quelli che vengono generati dalla collisione dei primari con gli atomi dell'atmosfera terrestre. Questa collisione infatti genera uno sciame di particelle che si propaga fino a raggiungere il suolo terrestre.
Tra i raggi cosmici primari troviamo: protoni, neutrini, elettroni, nuclei di varia natura e fotoni ad alta frequenza (raggi gamma). Tra i raggi cosmici secondari troviamo: elettroni, neutroni, mesoni (Pi, K...), muoni e neutrini. Non tutti gli sciami però riescono a raggiungere la terra: la raggiungono solo quelli più energetici.
I raggi cosmici hanno varie origini: quelli a bassa energia vengono dal nostro Sole e sono prodotti dalle eruzioni solari; quelli ad alta energia invece sono prodotti molto più lontano, si pensa che provengano dalle Supernovae (da ciò che rimane dell’esplosione di una stella massiccia).
La materia espulsa con forza dall’esplosione di una stella si espande nello spazio entrando in contatto con altra materia e ne accelera i nuclei, generando raggi cosmici. Un altro tipo di sorgente di raggi cosmici sono i buchi neri che si trovano al centro delle galassie: il buco nero ingloba la materia circostante emettendone getti a velocità prossime a quelle della luce.

Dove si rilevano i raggi cosmici?

Da qualche anno i rilevatori di particelle presenti lungo il circolo polare artico registrano una crescita delle radiazioni cosmiche che colpiscono il nostro pianeta. Le alte latitudini sono le migliori per registrare il fenomeno perché il campo magnetico terrestre convoglia verso il Polo Nord la radiazione cosmica. Tuttavia i Poli della Terra non sono l’unico posto dove i raggi cosmici si stanno intensificando. Una serie di palloni sonda lanciati per una simile verifica dalla California, hanno registrato un aumento anche a quella latitudine. Per avvicinare il più possibile la gente comune alla scienza qualche anno fa è stato inaugurato presso la stazione Toledo della metropolitana di Napoli (linea M1 – a ben 40 metri di profondità) un rivelatore di raggi cosmici, visibile al pubblico, realizzato dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. Quando una particella ad alta energia colpisce i sensori di questo strumento i led di segnalazione si attivano rilevando il fenomeno. Particelle estremamente energetiche sono meno frequenti di particelle meno energetiche, ad esempio protoni con energia di 1018 eV sono piuttosto rari e hanno una frequenza di 1 per km2 all'anno, mentre i protoni più frequenti trasportano energie intorno a 1012 eV e si presentano circa ogni secondo per m2. Facciamo notare che energie così alte non possono essere raggiunte dagli attuali acceleratori di particelle sulla terra, quindi nel cosmo sono presenti acceleratori naturali molto più potenti.

Cosa ci dicono i muoni

Spesso si studiano i muoni perché la loro presenza è una evidente causa di particelle più pesanti provenienti dallo spazio; i muoni sono le uniche particelle che raggiungono il terreno (quindi rilevabili) e sono importanti anche per la relazione che hanno con i neutrini. I muoni hanno massa circa 200 volte maggiore dell’elettrone, sono altamente energetici e penetranti, ma essendo carichi, interagiscono solo debolmente e sono influenzabili dai campi elettrici e magnetici. I muoni sono particelle di seconda generazione perciò instabili, ovvero hanno una vita breve e si trasformano in un elettrone e due neutrini, un anti-neutrino elettronico ed un neutrino μ, per questo i muoni sono importanti anche per lo studio dei neutrini. Viaggiano a una velocità prossima a quella della luce; data la loro brevissima vita, sarebbero in grado di percorrere pochi metri, per cui non dovrebbero mai arrivare sulla superficie terrestre, invece ne arrivano in gran quantità! Secondo i fisici relativistici è proprio la grande velocità a dilatare il tempo della esistenza dei muoni e a consentir loro di percorrere distanze molto maggiori di quelle che la breve vita consentirebbe loro.

Raggi cosmici: come ci influenzano?

I raggi cosmici interagiscono con la materia e quindi anche con il nostro corpo; sulla Terra possono avere importanti conseguenze, fino ad influenzare la struttura delle nuvole. Alcuni esperimenti, infatti, hanno dimostrato che l’interazione tra raggi cosmici e le nuvole producono “semi” di aggregazione delle gocce e questo fa variare l’andamento naturale delle nuvole e può scatenare la formazione di violentissimi fulmini. Ma quel che è peggio è il fatto che possono diventare pericolosi per coloro che volano su aerei ad alta quota su rotte polari, perché le dosi di radiazioni che raccolgono possono diventare pericolose per la salute.
Un ulteriore rischio derivante dalla presenza di raggi cosmici è legato alla vulnerabilità dei circuiti elettronici a queste particelle, che può essere quantificato usando come unità di misura il ”fit”: failure in time. Un singolo fit corrisponde a un errore per transistor su un miliardo di ore di calcolo. Può sembrare poco, ma il problema diventa statisticamente significativo, considerando che la maggior parte dei componenti elettronici ha un failure rate dell’ordine delle centinaia, se non migliaia, di fit. Le società che producono semiconduttori sono molto preoccupate per questo problema in aumento continuo, soprattutto al diminuire delle dimensioni dei transistor nei chip dei computer e al crescere della potenza e della capacità dei sistemi digitali.

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