lunedì 31 agosto 2020

Mindfulness: come trovare maggiore consapevolezza


Mindfulness: come trovare maggiore consapevolezza ed equilibrio

Consapevolezza

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Mindfulness significa consapevolezza. È una pratica che può essere coltivata esercitando l’attenzione, fermandosi e concentrandosi a sentire ciò che ci succede nel corpo e nella mente nel presente, nel momento in cui si fa l’esperienza e senza esercitare l’attitudine che ci caratterizza nel giudicare l’esperienza.

Mariapia Borgnini - 31/08/2020

La Mindfulness si può imparare. Non si tratta né di svuotare la mente né di raggiungere chissà quale alterazione di coscienza o di raggiungere il vuoto mentale o di eliminare pensieri ed emozioni. Non sono necessari anni di lunghe meditazioni per imparare. Per praticarla occorre fermarsi, restare in silenzio a osservare noi stessi con la mente vigile al presente, accogliendolo per quello che è.

Non esistono condizioni ideali per imparare gli esercizi. È fuorviante l’idea che per praticare dobbiamo avere tanto tempo a disposizione, una buona dose di calma e nessun disturbo intorno. Piuttosto è il contrario, è applicandosi nel disagio e fronteggiando l’irritazione che abbiamo l’opportunità di diventare più consapevoli di quello che ci succede, dei nostri pensieri e delle nostre reazioni negative.

Pratiche informali e formali di Mindfulness

La Mindfulness si pratica con due modalità: pratica formale e pratica informale.

La Mindfulness come pratica formale si basa sulle antiche pratiche di meditazione, esercizi che prevedono di restare fermi in silenzio, di concentrarsi e prendere coscienza di ciò che succede e avviene nel corpo e nella mente. Il focus di attenzione può avere diversi oggetti: il respiro, le sensazioni che provengono dal corpo, i rumori che ci circondano, i pensieri che attraversano la mente, le emozioni connesse.

La Mindfulness come pratica informale è invece basata sul fatto di concentrare l’attenzione nelle azioni quotidiane come occuparsi di piccole faccende domestiche o momenti di cura del proprio corpo, trasformando queste attività in occasioni per esercitarsi.

Grazie agli esercizi la mente viene allenata ad essere più consapevole con il risultato di poter affrontare con più calma e meno ansia ciò che ci aspetta nel vivere quotidiano. Attraverso gli esercizi viene praticata la disposizione a ritornare al presente, tornare a sentire le sensazioni del corpo ogni qualvolta che la mente divagando ci porta lontano dal focus di attenzione che ci siamo prefissati.

L’allontanarsi e il ritornare a praticare è un ottimo allenamento per passare dalla modalità del fare a quella dell’essere. Con la pratica e il divagare della mente è possibile scoprire il flusso del pensiero in attività. Praticando appare evidente l’insieme dei pensieri, delle sensazioni, dei ricordi o delle progettualità che attraversano di continuo la nostra mente. Possiamo così decidere quali pensieri troviamo utili, quali interessanti e cosa ne vogliamo fare. Possiamo scegliere se accettarli, conservarli oppure, osservandoli, lasciarli andare e vederli disfare come nuvole.

Ci sono studi che dimostrano che passiamo metà delle nostre ore di veglia a pensare a qualcosa di diverso da quello che stiamo facendo e questo vagabondare della mente ci può rendere infelici. Altri studi scientifici dimostrano che praticando la Mindfulness si ottengono effetti di rigenerazione delle cellule neuronali e sull’attivazione di alcune aree del cervello importanti per la salute mentale e fisica.

Ringraziamo Mariapia Borgnini del network di professionisti olistici (Phedros), psicopedagogista, autrice di numerosi libri ed istruttrice Mindfulness-based presso l’Associazione Italiana Mindfulness per il suo contributo.

 

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Guida pratica alla meditazione - Se pensi che meditare non faccia per te, ti sbagli di grosso!

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venerdì 28 agosto 2020

Le strette relazioni fra Cuore e Cervello


Le strette relazioni fra Cuore e Cervello: perche' e' necessario allinearli e tenerli in equilibrio

Neuroscienze e Cervello

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La distinzione tra il cuore-muscolo e l’area energetica-spirituale che lo accoglie sta diventando sempre meno netta, anche per la scienza: come allineare quindi cuore e cervello? Ce lo insegna la coerenza cardiaca

Elsa Nityama Masetti - 28/08/2020

Si pensa che sia il cervello che regola l’attività mentale e invece, come insegna la medicina cinese, è il cuore. È l’attività pensante che è programmata per corrispondere al cuore piuttosto che viceversa. È come essere cresciuti su un malinteso che dice: il processo cerebrale deve precedere e ottenere credito poi, semmai, vedremo anche le ragioni del cuore. Stando ai fatti, il primo a formarsi nell’embrione è il cuore. Il cervello viene dopo e ciò che prima si forma ha la precedenza e richiede il rispetto della temporalità. Perché, direte voi?

La coerenza cuore cervello

Semplice, poiché senza cuore niente cervello. Imporre l’attività cerebrale sul cuore significa bypassarlo e poi non lamentiamoci se abbiamo bisogno del bypass! E qui passo con voluta facilità dal cuore fisico al centro energetico del Cuore, all’area del torace, davanti e anche dietro. La distinzione tra il cuore-muscolo e l’area energetica-spirituale che lo accoglie sta diventando sempre meno netta, anche per la scienza. Il cuore anatomico, si scopre, non è solo una pompa e tuttavia quando si dice Cuore la mano istintivamente sa dove andare, e si poggia al centro del petto e non a sinistra dove è situato l’organo.

Allineare il cervello al cuore è ciò che prende il nome di coerenza cuore-cervello – quando la mente combacia con il cuore – ora sempre più esplorata in campo scientifico. È come un pochino sotto-mettere (in senso letterale) il principio maschile del capo (testa) a quello femminile del seno (non a caso area del cuore), i quali poi armoniosamente si affiancano. Questa sottomissione infatti va intesa alla luce di un ordine di precedenza, come di un qualcosa che si evolve grazie a chi viene prima.

Si sa il cervello – e la sua area pensante, la mente-intelletto – crede di essere il capo (da qui anche il nome di testa=capo) e vorrebbe sempre tener testa. Gli piacerebbe e ci prova, così è fatto, tuttavia è il cuore e la più ampia area ritmica che lo accoglie la sua l’intelligenza intuitiva, il Governatore, il Maestro.

Ed è mia intenzione affiancare il cuore fisiologico all’area spirituale detta del Cuore piuttosto che separarli nettamente, come mai l’antica medicina cinese e il loro Tao hanno fatto. Sebbene sia consapevole che le capacità del Cuore spirituale si espandano ben oltre forma, tempo e spazio, oltre anche l’ampio toroide di frequenze elettromagnetiche emesse dal cuore fisico, di recente sotto la lente delle nuove scienze. Tale radianza elettromagnetica permea ogni cellula del corpo, incluse quelle del cervello. E questo già dovrebbe convincere i più razionali dubbiosi a imparare di nuovo ad ascoltare la “sua voce”.

Benvenuti dell'era del cuore

Il cuore fisiologico è l’organo più sonoro del nostro corpo, il suo ritmo scandisce il contrarsi e l’espandersi del movimento della vita in ogni punto nodale dell’organismo. In questo senso tutto il corpo pulsa nel Cuore, anche se a una prima occhiata distratta potrebbe sembrare il contrario. Il cuore possiede anche un sistema nervoso autonomo, per più della metà è costituito da neuroni e può diminuire e accelerare i propri battiti senza ricevere impulsi dal cervello.

Lo sviluppo evolutivo del cervello che si è dimostrato progressivo e plastico sembra richiedere ora più che mai il coinvolgimento del cuore. Le capacità cerebrali hanno bisogno di essere illuminate dal Cuore per scoprirsi nella loro sconosciuta ampiezza. L’intelletto arriva fin dove può, e ora più che mai l’urgenza delle qualità del Cuore si fa sentire. Meglio è dire che il loro congiunto corrispondersi è la base dell’armonia mente-cuore di cui sembra necessitare una rinnovata umanità.

Quali sono queste qualità? Apprezzamento, sincerità, gentilezza, rispetto, considerazione, gratitudine, generosità, attitudine al sorriso, apertura, inclusione, gioia e dall’altro lato, dispiacere, tristezza, amarezza, chiusura… Assai auspicabili e degne di essere coltivate le prime, il troppo di ognuna di esse può provocare un senso di squilibrio. Chi, direte voi, può sentirsi squilibrato nella gioia? Se questa assume caratteristiche di attaccamento emozionale e di eccesso per esempio di esuberanza sopra le righe, di entusiasmo altisonante.

Cuore, cervello, intestino

Come si dice: sembrava gioia, ma era un calesse! Ogni organo ha un suo gemello, che lo radica. Nel caso del cuore si tratta dell’intestino tenue, l’area energetica ombelicale dell’hara della tradizione giapponese e del cosco di quella andina. Esso collabora con il cuore a veicolare in basso eventuali eccessi di energia assumendo caratteristiche digestive da un punto di visto fisiologico ed energetico, evitando congestioni, ristagni di sangue e di emozioni nella parte bassa della pancia che possono essere disfunzionali anche per le ovaie e le mestruazioni. E direi anche per i meno conosciuti effetti sulla prostata.

Soprattutto per la donna l’asse cuore-ventre è molto importante, sebbene tenda quale moderna creatura ubicata spesso nella testa a dimenticarsene. È con la pancia che sente di voler far parlare il Cuore, è nel ventre che ne percepisce la quiete e lo scombussolo, del suo ed eventualmente di quello di un nuovo essere. In lei infatti possono pulsare due cuori contemporaneamente, quale misteriosa meraviglia! E venne chiamata due cuori. Che magari nulla ha a che fare con la narrazione di un libro così titolato di cui non ricordo il contenuto.

Detto questo, che ne sappiamo noi del Cuore? Qual è la nostra esperienza diretta? Ci fermiamo ad ascoltarlo? E non intendo il suo pulsare, talvolta impazzito da non poter essere trascurato? Ci prendiamo qualche momento per conoscerlo? Per comunicare con il Cuore? Per ascoltare con i suoi orecchi, guardare con i suoi occhi? Per parlargli e parlare con la sua bocca? Per toccare, con la consapevolezza diretta che le mani sono un suo prolungamento?

Basta raccogliersi un attimo, magari chiudere gli occhi e sentire la comunicazione diretta tra il Cuore e ciò che è toccato. È un gesto semplice, di cui abbiamo dimenticato la naturalezza. Si tratta di riscoprire la differenza tra ascoltare, guardare, toccare, parlare con la testa e farlo invece con il Cuore.

Si può cominciare con la musica, iniziare consapevolmente a lasciarla entrare nel Cuore, ad ascoltarla con le sue orecchie, rimanendo in ascolto dello stesso Cuore, tornando a essere un po’ esploratori e un po’ scienziati pronti a meravigliarsi di ciò che il Cuore ha in serbo per noi. Possiamo “raggiungerlo” accompagnando il respiro, riposare nella sua ampia area, un attimo, espirando. Così come la stufa o il caminetto, una volta accesi, diventano il cuore della casa, spargendo calore, luce e senso di allegria, questo è il posto del Cuore nella nostra vita. Di un Cuore acceso. E pare quindi più di una semplice coincidenza che l’organo cuore sia legato all’elemento fuoco. Il calore, il tepore, l’apertura e la morbidezza che ci coglie vicino al fuoco, sono presenti nel Cuore. Un calore che arde e non brucia. Come l’amore saggio. Che cosa potrebbe rendere un freddo inverno più dolcemente caldo?

estratto da:

Scienza e Conoscenza - n.72 — Rivista >> https://bit.ly/3b3IMu1

Nuove scienze, Medicina Integrata

Autori Vari

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mercoledì 26 agosto 2020

La resilienza secondo Ildegarda di Bingen

 

La resilienza secondo Ildegarda di Bingen

Medicina Integrata

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Sistema endocrino, immunitario, cervello ed emozioni: la visione integrata della badessa benedettina ci insegna ad accogliere e trasformare gli urti della vita

Sabrina Melino - 26/08/2020

Questo articolo è tratto da Scienza e Conoscenza 73.

Ildegarda di Bingen sintetizza con la “ruota circondata dalla Luce Vivente” l'eterno movimento della vita. Questa rappresentazione, insieme ad altri simboli femminili utilizzati a supporto delle sue visioni profetiche, accoglie in sé l'immagine del continuo movimento e di quella trasformazione che è il senso implicito della vita stessa.

Il movimento è connesso con un significato di purificazione: noi nasciamo con l’obiettivo di comprendere chi siamo all’interno dell’immenso universo creato. La nostra esistenza ha un significato specifico e diverso da milioni di altre vite che popolano il mondo e, comunque, differente da quello di vite già esistite o che esisteranno. La trasformazione in cui siamo coinvolti non è casuale, ma dovrebbe seguire un cammino che nella sua unicità è in armonia con il movimento complessivo dell’universo. Ognuno di noi ha un talento da scoprire e sviluppare in modo del tutto unico e creativo.

Come scoprirlo? Come arrivare a intuire la nostra strada? Come realizzarci attraverso e malgrado gli urti della vita?

Io prendo coscienza di me stesso attraverso relazioni di contrarietà, così come attraverso passaggi della vita che sono un urto, una resistenza.

Mi riconosco nella relazione con l’altro e negli urti che incontro nell’eterno movimento di trasformazione o, direbbe Ildegarda, di purificazione, che è la vita: nella resistenza esisto perché mi conosco.

Paura, malinconia, malattia

È dunque fondamentale come io mi relaziono con gli altri e come affronto questi urti. L’equilibrio va conquistato ogni momento della giornata: la vita è un movimento continuo che esige un altrettanto interminabile adattamento.

Non è un adattarsi passivo, ma è la conquista di un gradino più alto nel raggiungimento di uno stato di benessere ovvero di consapevolezza sempre più ampio.

Mai come in questo periodo storico siamo chiamati a mettere alla prova la nostra flessibilità e la nostra adattabilità che, secondo la badessa di Bingen, non è solo resilienza ma anche apprendimento e quindi cambiamento evolutivo.

Nel descrivere le costituzioni umane, Ildegarda definiva i timorosi come i più soggetti alla malattia e quindi i più deboli o fragili e dall’altra i sanguigni come coloro in grado di adattarsi con più facilità e quindi di restare in salute: «Vi sono uomini tristi e timorosi e con la mente piena di vaghezza, tanto da non avere una costituzione giusta, né una giusta condizione. Sono, piuttosto, come il vento forte, dannoso per ogni erba e per ogni frutto.

E in questi uomini si forma un flegma che non è né umido, né denso, ma tiepido. Tale flegma è simile al livido muco, che è resistente e si allunga come la gomma e che provoca la malinconia, nata dal fiato del serpente e genera nell’uomo ogni sorta di malanno». Colui che si lascia guidare o meglio congelare dalla costante paura diventa, dunque, per Ildegarda, più suscettibile alla malattia che lei descrive con il termine di malinconia, uno stato psicofisico caratterizzato dall’alternanza tra ira e tristezza che può condurre, se non gestito, alla malattia.

Il pauroso dunque sviluppa, più facilmente di altri, sentimenti caratterizzati da rabbia, ira, ansietà che alterano la nostra capacità di relazionarci con l’altro e di vivere gli urti fondamentali della vita come forma di apprendimento. Il timoroso sviluppa una modalità di pensiero che lo porta a vedere la realtà sempre in autodifesa: rifiuta il nutrimento e quindi la conoscenza di sé che sola può passare attraverso la relazione.

«L’indole dell’uomo timoroso – scrive Ildegarda – è sottoposta a grandi tribolazioni ed egli prova ira e tristezza e talvolta gioia, senza sentire appieno nessuno di questi sentimenti, essendo timoroso in ciascuno, come l’onda nell’acqua, e temendoli tutti in cuor suo. Alcuni di questi uomini vivono a lungo, ma la maggior parte muore presto».

Della costituzione dei sanguigni, invece, dice Ildegarda: «L’uomo sanguigno è avveduto, stabile e costante e avrà un corpo sano e vivrà a lungo. Sono lieti, non oppressi da tristezza o asprezza alcuna e rifuggono l’asprezza della malinconia».

Che cosa differenzia nel profondo il pauroso dal resiliente-sanguigno?

Continua la lettura su:

Scienza e Conoscenza n. 73 - Luglio/Settembre 2020 — Rivista >> https://bit.ly/3eE4ire

Nuove scienze, Medicina Integrata

Autori Vari

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Il Potere della Resilienza — Libro

Come sviluppare le capacità per affrontare i cambiamenti della vita

Gregg Braden

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