La Musica del Cosmo
Dalla radiazione fossile alla sinfonia delle stelle e dei
pianeti
di Corrado Ruscica - 13/06/2013
Se alziamo lo sguardo al cielo in una notte buia stando
lontani da ogni rumore cittadino, ci rendiamo subito conto non solo della
vastità dello spazio, ma soprattutto del suo silenzio surreale. Già perché dal
cielo l’informazione viene trasportata principalmente dalla luce, cioè dalle
onde elettromagnetiche di cui l’occhio umano percepisce solo una parte. Se ciò
lo paragoniamo ad un esempio canoro, sarebbe come ascoltare una melodia con un
filtro nelle orecchie che lascia passare solo alcune note musicali. In questo
modo diventa difficile indovinare la canzone che stiamo ascoltando per cui il
suo motivo diventerà incomprensibile. Questo problema era analogo a quello che
dovevano affrontare gli astronomi circa cinquant’anni fa quando essi si
limitavano, appunto, ad osservare il cielo solo attraverso la luce visibile.
Oggi, grazie ai progressi nel campo della tecnologia, si sono aperte tutta una
serie di “finestre osservative” dello spettro elettromagnetico per cui
disponiamo di una visione più moderna e più completa dell’Universo.
In particolare, possiamo osservare un oggetto celeste a
lunghezze d’onda, o frequenze, diverse in modo da studiarne le sue
caratteristiche e proprietà fisiche ricostruendo il suo passato e magari
prevedendo la sua futura evoluzione, come avviene per esempio nel caso delle
stelle. Ora, mentre le onde elettromagnetiche possono essere trasformate in percezioni
visibili dall’occhio umano, in natura esistono anche le onde sonore, cioè onde
di densità, che sono prodotte da qualche sorgente e possono essere interpretate
come deformazioni temporali dello spazio: un esempio è la voce (la sorgente) le
cui onde acustiche si propagano nell’aria (lo spazio) per poi raggiungere
l’orecchio umano. In generale, i corpi celesti possono produrre le onde sonore
che si propagano dall’interno fino alla superficie: la deformazione che esse
producono si può misurare e permette di avere informazioni indirette sulle loro
proprietà fisiche. Ma una volta giunte in superficie, le onde sonore non
possono più propagarsi nel vuoto, a differenza delle onde elettromagnetiche,
poiché la densità del mezzo risulta troppo bassa e perciò non si formano onde
di densità.
Il vagito primordiale
Secondo il modello cosmologico standard, si ritiene che
l’Universo sia nato in seguito ad una grande esplosione iniziale, il Big Bang,
che rimane a tutt’oggi il più grande enigma astrofisico (vedasi Enigmi
Astrofisici). Questo termine, a cui potrebbe essere attribuito il “primo vagito
cosmico”, contiene di per sé una contraddizione perché non è stato “big”, dato
che si suppone che tutta la materia e l’energia fossero contenute in una sorta
di punto infinitamente piccolo, quello che gli astronomi chiamano singolarità,
e non c’è stato alcun “bang”, ossia alcun frastuono iniziale, poiché non c’era
ancora lo spazio da permettere la propagazione di onde sonore dato che fu lo
stesso “big-bang” a produrre lo spazio, la materia e l’energia, insomma il
nostro Universo. Tuttavia, quasi 400 mila anni dopo, lo spazio diventò sempre
più denso e solo allora si formarono le condizioni fisiche affinchè le onde
sonore giunte sulla superficie delle prime strutture cosmiche furono in grado
di propagarsi verso l’esterno. Infatti, grazie alla recente missione spaziale
del satellite WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe), oggi possiamo
rivelare quelle increspature sulla “superficie dell’Universo” e, analizzando le
tracce delle onde sonore iniziali, possiamo risalire alla natura del materiale
che le ha trasportate durante le fasi primordiali, ottenendo così informazioni
di fondamentale importanza su come è nato e si è evoluto l’Universo.
Ma è possibile ricostruire il “vagito cosmico”, cioè il
suono della grande esplosione iniziale? La risposta è no per i motivi che
abbiamo detto in precedenza. Nonostante ciò, un gruppo di ricercatori
dell’Università di Washington guidati da John Cramer ha elaborato un modello
dell’eco dell’esplosione iniziale, nota agli astronomi come la radiazione
fossile, concludendo che essa non fu simile a quella di una gigantesca
detonazione bensì a quella di un aereo che vola sopra le nostre teste. Il
modello si basa sui dati del satellite WMAP e considera tutte le frequenze in
un arco di tempo che va dal Big Bang fino a circa 760 mila anni dopo, quando
cioè l’Universo aveva un diametro di circa 20 milioni di anni luce. Il “suono”
risultante, però, non è udibile all’orecchio umano, perciò i ricercatori hanno
dovuto alzare la frequenza di 100 mila miliardi di miliardi di volte e ciò che
ne risulta assomiglia ad un aereo in avvicinamento che poi si allontana.
Secondo alcuni scienziati, nella radiazione fossile si sono impresse le onde
acustiche che si propagavano in un mezzo primordiale composto da un gas di
particelle elementari caratterizzato da regioni più dense e meno dense. Le
perturbazioni nate da queste differenze di densità si propagavano come onde
sonore che sono state catturate dopo 13 miliardi di anni dal satellite WMAP
convertendo in suono l’eco del Big Bang.
Una sinfonia cosmica
Se il suono dell’eco cosmica assomiglia a quello di un
tono grave simile a quello di un contrabbasso, nel cosmo si possono “ascoltare”
una varietà di suoni misteriosi che provengono tipicamente dalle stelle, ma
anche dai pianeti. Nel caso delle supernovae, che sono ben visibili da enormi
distanze grazie alla loro elevata luminosità, il suono dell’esplosione della
stella non può essere percepito, poiché le onde sonore non possono propagarsi
nello spazio. Ma cosa succede se convertiamo le onde luminose di una supernova
in un suono percepibile dall’orecchio umano? È ciò che ha realizzato il
percussionista della band Grateful Dead e vincitore di un Grammy, Mickey Hart
con il suo progetto musicale “Rhythms of the Universe”. Grazie alla
collaborazione di Keith Jackson, un informatico di Berkeley e appassionato di
musica, una volta eseguita la conversione da onde luminose a onde sonore,
preservando sempre l’informazione scientifica, ciò che si sente è una sorta di
vibrazione grave prodotta da un tamburo, inframmezzata da suoni più acuti,
quasi come se si avesse la percezione di udire un terremoto. Nella sua versione
canora, il Sole assomiglia ad un gigantesco organo a canne o ad una potente
chitarra e quando dalla corona solare vengono emessi i giganteschi brillamenti,
imponenti vampate che possono raggiungere temperature di milioni di gradi
Celsius, si elevano sibili sottilissimi e risonanze che ci ricordano l’ambient
music. La famosissima nebulosa del Granchio, una stella esplosa nel 1054 ed
osservata per la prima volta dagli astronomi cinesi e arabi, ospita una pulsar,
cioè una sorgente stellare pulsante che emette onde radio.
Qui, le intense radiazioni elettromagnetiche, dovute alla
rapida rotazione della stella di neutroni i cui impulsi hanno un periodo di 33
millisecondi, ricordano una sorta musica percussionistica caratterizzata da uno
schiocco secco, periodico e regolare. Nel caso dei pianeti un esempio per tutti
è Giove che quando interagisce gravitazionalmente con la luna più vicina, Io,
produce una sequenza sonora che può durare anche molte ore. Inoltre, sempre nel
sistema di Giove, unici sono i suoni prodotti dalle aurore che si formano su
Ganimede. Più di recente, la sonda Cassini-Huygens ha registrato l’eco dei
turbini che martellano l’atmosfera di Saturno. Infine, sopra le nostre teste un
po’ di romanticismo ci viene dato dalle stelle cadenti che producono suoni
attraversando l’atmosfera terrestre manifestandosi come meteore. Insomma, quasi
tutti i corpi celesti vibrano come strumenti musicali e perciò producono i
suoni più svariati: dal mormorio al rombo, dal fruscio al clic fino al rumore
puro. Se poi un giorno si dimostrerà vero che l’Universo non è composto da
particelle elementari bensì da stringhe infinitamente piccole, come descritto
dalla teoria delle stringhe, allora la sinfonia cosmica potrebbe essere
composta, in definitiva, dalle vibrazioni di questi filamenti sottili
accompagnate dai suoni emessi da ogni oggetto celeste quale componente di una
grandiosa orchestra.
Sitografia
Spacesounds: spacesounds.com
Questo articolo è tratto dalla rivista 42
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Scienza e Conoscenza - N. 42
Nuove scienze e antica saggezza per svelare i misteri
della vita
Editore: Scienza e Conoscenza - Editore
Data pubblicazione: Novembre 2012
Formato: Rivista - Pag 80 - Cartacea - Ebook