Basta Studiare!
Da due Prof il metodo collaudato per uscire dall'ansia di
compiti, insufficienze e debiti ad uso di genitori e studenti
di Marcello Bramati, Lorenzo Sanna
Basta Studiare! - Libro
Un metodo di studio per affrontare la scuola superiore
che prende in considerazione la famiglia, supporto indispensabile per per
studenti disorientati.
Il primo libro che fornisce risposte efficaci perché
considera lo studio contemporaneamente da tutte le prospettive: banco, cattedra
e casa.
Non ne ho voglia, Non serve a niente, Tanto non sono
capace, Non troverò certo lavoro perdendo tempo sui libri: se avete un figlio
adolescente queste frasi riguardo lo studio vi suoneranno familiari. E poi
discussioni, ansie, porte sbattute.
Ma è davvero inevitabile passare così gli anni delle
scuole superiori? C'è un modo per aiutare i nostri figli a studiare con meno
fatica e brutti voti, a crescere in modo più consapevole e a godersi questo
periodo? E noi con loro?
Marcello Bramati e Lorenzo Sanna, docenti e papà, sono
convinti di sì. Forti di tante esperienze condivise con gli studenti, di
pomeriggi e serate trascorse con i genitori, di riflessioni e confronti, hanno
messo a punto un approccio che è un mix di organizzazione, dialogo e
comportamenti capace di avvicinarci ai nostri figli, di capirli di più e di
ottimizzare studio e impegni extrascolastici.
Il metodo BiEsse Basta Studiare! è articolato in sette
punti ed è collaudato da ragazzi e genitori che hanno visto miglioramenti
concreti nel rendimento, nel clima famigliare e nel rapporto con i professori.
Basato su semplici planning, facili accorgimenti nel modo
di studiare, una pianificazione degli obiettivi e un'alleanza inedita e fruttuosa
tra adulti e ragazzi, il metodo consente di aiutare i nostri figli a
organizzarsi e a gestire le tante attività che rendono belli – e non
insopportabili – i cinque anni delle superiori: lo studio, la scuola, gli
amici, gli amori, le passioni e – perché no? – la famiglia.
Leggi un estratto dal libro "Basta Studiare!"
Che adolescente avete in casa?
Cari genitori, se avete tra le mani questo libro,
significa che state cercando buone pratiche, consigli e, forse, un po’ di
conforto per essere più efficaci nella vostra azione educativa con i figli
adolescenti, che fanno ogni giorno i conti con la scuola.
Sicuramente siete stufi di litigi, discussioni, musi
lunghi, mezze verità e molte bugie, in una continua corsa contro un tempo che
sempre sfugge.
E di certo desiderate iniziare, o continuare, a vivere
con serenità l’esperienza della scuola superiore dei vostri ragazzi, qualunque
siano i loro obiettivi e ambizioni.
Per cominciare, vi proponiamo quattro profili di
adolescenti, quattro tipologie chiare, nelle quali potrete riconoscere alcuni
tratti dei vostri figli, dei loro amici o compagni di classe.
Il disinteressato
In prima superiore potrebbe maturare un atteggiamento,
per così dire, di disinteresse che era probabilmente già emerso alla fine del
ciclo di studi della primaria («Gli passerà, è solo una fase», avevamo forse
immaginato) e che poi si era rivelato in maniera più evidente durante i tre
anni delle medie. Arrivato alle superiori, i suoi non sono più solo dei
segnali, ma quotidiane prove di resistenza passiva. Sbuffa, è musone, se studia
lo fa puntando al minimo, senza passione, soltanto «perché lo devo fare».
Dinanzi ai tentativi dei genitori, che comprensibilmente
provano a smuoverlo e che ogni tanto perdono anche la pazienza, si rifugia in
silenzi, spallucce, alibi e qualche velata accusa. Una delle più frequenti è la
recriminazione sul tipo di scuola scelta; l’adolescente non si impegna, non si
appassiona e non studia perché – a suo modo di vedere – è stato estromesso
dalla decisione: l’indirizzo di studi, l’istituto specifico, i compagni di
classe, i professori, le materie, tutto sbagliato!
L’adolescente disinteressato rischia una deriva di
continue delusioni, di ovvie valutazioni negative e quindi di perdere il
contatto con la scuola, avendo altro per la testa.
Non si rende conto dei possibili esiti a breve termine
(la bocciatura) e a lungo termine (la perdita di fiducia in se stesso, nelle
proprie capacità, in un percorso qualsiasi di studio); non se ne rende conto
perché, nella confusione tipica della sua età, ha davvero altro a cui pensare.
Nella sua testa ci sono recriminazioni, sensi di colpa,
l’ancorarsi angoscioso a quello che diventa un abito sempre più rassicurante e
identitario, seppur fallimentare: quello del disinteressato, che con il suo
modo di fare punisce se stesso, i genitori e anche la scuola.
Come possono i genitori «gestire» un figlio o una figlia
con queste caratteristiche e provare a suscitare in lui o lei una reazione?
Innanzitutto, la nostra esperienza insegna che sono
necessarie la virtù della pazienza, la gradualità degli interventi e
l’esemplarità, senza mai esternare scoramento o delusione, che al contrario
potrebbero aumentare i sensi di colpa e i disagi.
Una prima ancora di salvezza è rappresentata dal senso
del dovere che spesso emerge nei mugugni dell’adolescente disinteressato, ma
ancora attento al voto o alle reazioni che provoca nei genitori. Il genitore
può provare ad appellarsi a cosa sia giusto fare, dimostrando senso pratico e
al tempo stesso attenzione alle esigenze del figlio: «Tu dedica due-tre ore del
pomeriggio a studiare; dopo, sarai libero di fare quello che ti piace». Un
dovere conveniente, per giunta.
Anche se l’interesse è ai minimi termini e l’ambiente gli
risulta insopportabile, stare attento in classe, aprire il diario e svolgere
tutti i compiti assegnati presenta notevoli e indiscutibili vantaggi: non avrà
il fiato sul collo di docenti e genitori per le valutazioni negative, non dovrà
farsi carico di lavoro extra (i debiti, i compiti aggiuntivi, i recuperi
estivi), avrà più tempo ed energia (positiva) per fare altro.
Sappiamo benissimo che non sono le ragioni più opportune,
ma appunto dobbiamo procedere per gradi, prima di affrontare discorsi
motivazionali più maturi. Dobbiamo anche considerare, in prospettiva, che di
norma il passaggio dal biennio al triennio della scuola superiore è segnato da
una maggiore consapevolezza da parte dell’adolescente, che nel frattempo
cresce, sovente si rasserena, scopre da sé, nel suo quotidiano, passioni e
talenti, avvicinandosi con maturità a un ulteriore, più decisivo e autonomo
passaggio, quello dalla scuola superiore al mondo del lavoro o dell’università.
La scuola allora tornerà a servirgli, addirittura a piacergli.
Il biennio, però, va superato e non sempre l’adolescente
sviluppa un sufficiente senso del dovere: potrebbe proprio non studiare, e
basta. In quel caso ai suoi pensieri negativi si aggiungono giudizi e voti
negativi: a quel punto l’insuccesso scolastico è inevitabile e la fiducia in se
stessi crolla.
È basilare, inoltre, che i genitori non si facciano
travolgere e mantengano la lucidità, affrontando progressivamente e in maniera
distinta ciascuna problematica; da una parte le difficoltà concrete nelle
singole materie, con l’insostituibile aiuto e sostegno della scuola, dall'altra
la serenità e gli umori del figlio. Bisogna trovare una sorta di stella polare
in quello che sembra profilarsi come un irreversibile abbattimento: punti di
riferimento (adulti, amici, famigliari, docenti in grado di motivare e sostenere
l’adolescente), luoghi diversi di studio, punti di forza, che possono essere
materie verso cui dimostra interesse e in cui riesce a raggiungere risultati
soddisfacenti (spesso accade con la storia, o con l’inglese) o attività
extrascolastiche (la musica, lo sport).
Coinvolgere e farsi coinvolgere nei punti di forza può
significare un attestato di fiducia e di stima per l’adolescente, che mai si
deve sentire battuto, e dunque colpevole, agli occhi dei genitori.
Non vanno poi ignorate (o prese sottogamba) le sue
oggettive carenze, programmando per tempo sostegni a casa e colloqui con i
docenti. Non è scontato che un adolescente riesca a far fronte in autonomia
alle lacune in matematica; non si può liquidare la questione imputandola a una
vaga e indistinta mancanza di impegno. Al biennio le difficoltà vanno
affrontate con cura, tempestivamente e, soprattutto, insieme.
Un’ultima annotazione merita il caso dell’adolescente che
continua a impuntarsi sulla questione della scelta sbagliata della scuola superiore
e sulla necessità di un cambio, e che non esita ad attribuire a questa
decisione la sua scarsa motivazione e il cattivo rendimento. In base alla
nostra esperienza, in una situazione simile è indispensabile agire subito per
arginare l’inerzia e uscire da una rancorosa passività dall'esito irreparabile.
Il genitore può dare ascolto all'adolescente e motivarlo,
invitandolo ad argomentare le sue ragioni e a discutere sull'alternativa
concreta alla «scuola sbagliata»; soltanto rispondendo a tre interrogativi
decisivi – perché vuole cambiare scuola, in quale vuole andare e cosa avrebbe
di diverso rispetto a quella attuale – la passività negativa può essere
sbloccata e nuove motivazioni potrebbero affacciarsi all'orizzonte. Se le
risposte fossero sensate, si tratterebbe di portare a termine un anno o almeno
un quadrimestre con successo e convinzione, programmando insieme con attenzione
il passaggio successivo.
Il silente
Al di là dei risultati scolastici, che possono essere
anche molto positivi, o comunque sufficienti e non allarmanti, al biennio
potrebbe affacciarsi un altro personaggio: lo studente silente. Lui o lei
compie il suo dovere, mostra spesso buone capacità e attitudini e, a scuola
come a casa, sembra vivere il suo percorso di studi senza particolari scossoni.
Però parla poco, non racconta nulla di sé e della scuola, non fa progetti, ma
accetta tutto senza commentare. Alla lunga è una situazione per cui i genitori
soffrono, soprattutto se nel ciclo di studi inferiore il ragazzo si era invece mostrato
entusiasta e loquace.
La prima mossa, come sempre, è quella di confrontarsi con
la scuola, alla ricerca di informazioni ulteriori e magari indizi di un
atteggiamento diverso rispetto a quello osservato a casa. In secondo luogo è
bene sempre rifuggire da eccessivi allarmismi e tener presente che
l’adolescente ha pensieri e tempi «tutti suoi» e un necessario, forse nuovo,
bisogno di introspezione, anche silenziosa. A volte va semplicemente lasciato
stare. Tornerà a comunicare e a raccontarci cosa ha in testa, di bello, di
complesso, di sorprendente o di banale.
Nel frattempo possono essere altri i segnali a cui fare
attenzione, se vogliamo toglierci il dubbio che quei silenzi non nascondano un
disagio più profondo.
Con un’osservazione discreta ma solerte, potremo scoprire
quali sono i suoi interessi, come desidera vestirsi per uscire o andare a
scuola, quanto e come usa pc e smartphone, alla ricerca di una normalità che in
questa fase richiede soltanto rispetto e solitudine.
Senza rassegnarsi del tutto o tantomeno offendersi
sentendosi esclusi (ripetiamo: è normale!), i genitori possono comunque
adottare qualche accorgimento e cercare di lasciare più spazio all'adolescente
silente, più occasioni e opportunità per prendere la parola a casa. A tavola, magari
preparando il terreno e limitando fratelli e sorelle troppo loquaci e
invadenti, o coinvolgendolo nell'organizzazione di una vacanza o di un’uscita
serale, in libreria o a un concerto. L’obiettivo è quello di metterlo a proprio
agio e imparare a conoscerne gli interessi o i nuovi lati di un carattere
sempre in evoluzione.
Il ribelle
Rapper, emo, rocker, politicizzato, hipster, alternativo
e chi più ne ha più ne metta. La lista che fa di un ragazzo un «ribelle» si
aggiorna ogni anno, ma il profilo generale può essere tratteggiato con una
certa linearità dal punto di vista comportamentale: il lessico cambia, così
come le pettinature e le calzature, ma il modo di porsi nei confronti di un
genitore, dei fratelli più piccoli o dei professori è sempre, inesorabilmente,
lo stesso.
L’adolescente ribelle contesta, fugge, si oppone al
dialogo, prova un’apparente ripulsa per tutto quanto aveva ricoperto di affetto
o di attenzione fino a qualche mese o giorno prima. I docenti e i genitori
vengono tollerati, ignorati e spesso maltrattati, a seconda dei momenti;
fratellini e sorelline sono solo un fastidio.
La ribellione può assumere atteggiamenti diversi e
concentrarsi sulla moda o comunque sul modo di vestirsi, presentarsi e
atteggiarsi, sulle amicizie o sui gruppi che frequenta, sulla scuola o sulla
famiglia stessa. Le ragioni spesso sono ignote allo stesso adolescente, che, in
cerca di un’identità, «si traveste» da ribelle per essere accettato o notato,
per lanciare segnali (anche a se stesso), per sperimentare reazioni e
comportamenti. La scuola non ci rimette necessariamente e l’atteggiamento
ribelle potrebbe essere ridotto a momenti del tempo libero o comunque non
alterare buone intenzioni e passioni scolastiche, al di là delle capacità
individuali.
A rimetterci, però, spesso è la serenità famigliare, tra
incomprensioni e litigi, e quindi, a lungo termine, anche il rendimento dello
studio a casa. Poiché risulta molto complesso suggerire soluzioni per casi
molto diversi da persona a persona, ci permettiamo di segnalare alcuni
atteggiamenti che potrebbero favorire una buona relazione famigliare.
Innanzitutto è bene armarsi di pazienza, buon senso e una
certa dose di matura ironia. Le ribellioni adolescenziali comunque passano e
alcuni imbarazzi sono da mettere in conto. Bisogna evitare, secondo noi,
eccessive prese di posizione su aspetti «pittoreschi», come pettinature e
vestiti, ma meno preoccupanti di altri atteggiamenti.
Non mostratevi offesi, delusi, imbarazzati: rischiate di
aumentare da una parte il disagio di vostro figlio, che pur rifiutando in un
momento di ribellione il giudizio della famiglia ne è sempre e comunque
condizionato, e dall'altra la distanza tra figlio e genitori. Per la stessa
ragione è bene evitare anche di prendere in giro e schernire la nuova moda
davanti a famigliari e amici; a volte non ci rendiamo conto di quanto ancora
siano ingenui e fragili gli adolescenti. Inoltre non smettete di dialogare e
parlare, mostrandovi desiderosi di conoscere vostro figlio, cercando in qualche
modo di offrire anche delle alternative ad alcuni nuovi modi di agire e di
essere; non è necessario smentirlo o urlare, richiamarlo al rispetto,
all'educazione, al dovere e alla serenità quotidiana, anche davanti ad
affermazioni perentorie e ribelli del tipo «Non serve»; «Non mi interessa»;
«Tanto non conta(te) niente», e altro ancora. Fondamentale, poi, non chiudere
gli occhi, non cedere a un’arrendevolezza fatale su alcune delle regole
stabilite in casa, per esempio gli orari o il modo di comunicare, o dalla legge
e dal senso comune, come il fumo, l’alcol o le droghe (leggere).
Mai la ribellione deve identificarsi con l’annullamento
della ragione e comunque della propria libertà; anche in questo caso bisogna
avere il tempo e il desiderio di non interrompere il dialogo. Ricordiamoci,
infine, che sono gli adolescenti stessi ad avere un disperato bisogno di
limiti, regole, esempi e adulti autorevoli di riferimento; gli adolescenti
necessitano di dialogo, rispetto, di essere capiti ma anche contenuti.
Il bambinone
È un ragazzo che in casa si trova molto, molto bene. È
considerato un tipo in gamba, magari legge, sicuramente gioca, in sala o nella
sua stanza. Ecco, camera sua è identica a quella di suo fratello di qualche
anno più piccolo, semplicemente perché è la stessa di quando aveva sei anni,
sette, otto. Non si cura di come si veste (sceglie la mamma), non ha interessi
a uscire il pomeriggio, figurarsi la sera. È un tesoro.
Tutto bello, ma non sta vivendo la sua età e questo può
portare a un ingresso molto difficile alle superiori: ritmi di studio
inadeguati, tempi e spazi inadatti, pochi interessi in comune con i compagni di
classe, tendenzialmente in fase ormonale.
Che fare? La situazione è in mano a voi genitori: dovete
rendervi conto dell'età che ha vostro figlio, delle sue esigenze, dei suoi
desideri legittimi, manifesti o da coltivare. Avere un i figlio che inizia le
scuole superiori non è una tappa che vi avvicina, seppur di poco, alla
pensione, ma è un impegno che va affrontato con serietà. Innanzitutto, dove
possibile, occorre garantire luoghi adatti allo studio: forse bisognerà
spostare una bacheca in camera, sarà necessario l'acquisto di una scrivania più
grande o di una litigata per mandare in cantina scatole di Lego. Sono piccole
battaglie da affrontare anche solo per comprendere che il tempo sta passando e
che l'età è evolutiva, per cui necessita di nuovi strumenti. La vostra libreria
in sala potrà essere la stessa per vent'anni, la stanza di vostro figlio no: di
questo dovete tener conto.
Inoltre, l'adolescente «bambinone» - per usare un termine
che non ci piace e che forse è ingeneroso nei confronti di quello che è un
bravo ragazzo - dovrà fare i conti con nuove responsabilità: qualche soldo in
tasca, le chiavi di casa; sono piccole tappe da disseminare dall'esame di terza
media in poi, proprio per aiutarlo a diventare grande abbastanza.
A scuola può andare tutto per il meglio, oppure potranno
esserci pianti scomposti, poiché il battesimo dei brutti voti tocca a quasi
tutti in prima, così come potrebbe essere problematico il confronto con gli
adolescenti doc con tanto di smartphone, jeans a vita bassa, stuoli di
ragazzine intorno e la lingua lunga sempre pronta. Mica facile e certamente non
immediata la soluzione a tutto ciò: per il momento limitiamoci a elencare
situazioni possibili, già vissute e registrate, per mostrarle comuni e non
nuove né uniche, e per questo drammatiche.
Attenzione: non curiamo un opposto con un altro! Non
stiamo predicando la ricerca della moda, l'ultimo ritrovato della tecnologia da
possedere, l'elogio del mondo da provare in tutte le sue spettacolari e
vuotissime forme. In medio stat virtus: la moderazione vince, senza eccessi; è
bene ripeterlo, dato che lo stiamo mettendo per iscritto.
Il bambinone in un anno può crescere molto, se aiutato da
una famiglia in grado di cogliere il necessario cambio di passo
comportamentale: è una questione di asticelle da alzare, di scarpe da cambiare,
di nuovi orizzonti da mettere a fuoco.
Indice
Prefazione di Alessandro D'Avenia
Introduzione
Parte prima - Genitori e Figli: una piccola mappa
Che adolescente avete in casa?
Il test: voi che genitori siete?
Parte seconda - I 7 punti del metodo BiEsse
1. Seguite vostro figlio anche alla scuola superiore
2. Genitori: ecco il vostro ruolo!
3. Signore e signori, il planning
4. Osservate, ascoltate e rilanciate sempre
5. I nemici e gli alleati dello studio: imparate a
conoscerli
6. Scoprite chi è vostro figlio dalle 8 alle 14
7. Motivate e allenate i figli, rispondete insieme alla
scuola: basta studiare!
Parte terza - Anno zero
Tutti in classe
I passi da compiere
Spazi e tempi
L'arte del lavorare i trucchi del mestiere
Ora tocca a voi!
Conclusioni
Ringraziamenti
Marcello Bramati, Lorenzo Sanna
Basta Studiare! - Libro >> http://goo.gl/XRhPx2
Da due Prof il metodo collaudato per uscire dall'ansia di
compiti, insufficienze e debiti ad uso di genitori e studenti