martedì 11 febbraio 2020

Endotelio: l'amico del cuore


Endotelio: l'amico del cuore

Medicina Integrata


L’endotelio è un epitelio pavimentoso semplice, una sottile pellicola cellulare che costituisce il rivestimento interno dei vasi venosi, arteriosi e linfatici: il suo buon funzionamento ci protegge da infarto e ictus, le malattie del secolo

Davide Terranova - 10/02/2020

L’endotelio, dal punto di vista istologico, è un epitelio pavimentoso semplice, una sottile pellicola cellulare che costituisce il rivestimento interno dei vasi venosi, arteriosi e linfatici.

Si distribuisce per tutta la rete vascolare (calcolata in ogni essere umano di 96.000 chilometri) coprendo un’area di circa 400 metri quadrati. Oltre a essere un’anatomica barriera selettiva attraversata da micronutrienti e molecole di vario genere – che dal flusso ematico raggiungono le cellule per ogni loro necessità metabolica – le cellule endoteliali hanno l’incredibile capacita di secernere delle sostanze attive, funzionali, con la precisa azione di regolare la fisiologia del vaso sanguigno.

L’endotelio è composto da circa un miliardo e 200 milioni di cellule le cui caratteristiche si differenziano dalle “comuni” cellule di rivestimento, poiché queste possiedono un’incredibile capacità endocrina (messaggi biochimici verso un organo) e paracrina (messaggi biochimici da cellula a cellula). L’endotelio è quindi una sorta di “pavimento” funzionale distribuito su tutti i vasi (comprese le cavità interne del cuore dove prende il nome di endocardio) e non certo un “involucro” inerte come si pensava.

Lo yin e lo yang dell’arteria sana

Le molecole sintetizzate dall’endotelio sono molte, ma le più importanti sono l’endotelina con attività vasocostrittrice, e il monossido di azoto (NO) un gas con potente effetto vasodilatante. Già qui dovremmo essere pervasi da uno stupore eclatante: una cellula che contribuisce alla sintesi di un gas (precisamente grazie all’enzima monossidio nitrico sintetasi, eENOS – tipico delle cellule endoteliali – che lo sintetizza a partire dall’aminoacido arginina).

In perfetta armonia, come lo “yin” e “yang”, queste molecole mantengono l’equilibrio funzionale in un’arteria sana, regolandone il calibro con fini meccanismi compensatori opposti. Inoltre, endotelina e monossido di azoto, sempre con opposte funzioni, hanno la capacità di inibire o favorire l’aggregazione piastrinica, ovvero di inibire o favorire l’infiammazione richiamando o respingendo gli elementi corpuscolati circolanti (piastrine, globuli bianchi) che si attivano in caso di necessità. L’endotelina favorisce infiammazione e aggregazione piastrinica, il monossido di azoto invece ha effetto opposto, inibendo, ad esempio, l’aggregazione piastrina e la formazione di trombi.

Anche se per ragioni di spazio e contesto devo sintetizzare drasticamente l’approfondimento del sottile meccanismo biochimico prodotto dall’endotelio, appare già evidente da questi brevi spunti come un’alterazione funzionale di queste delicate e sensibili cellule endoteliali alteri anche la sintesi delle due molecole principali secrete, invalidando un equilibrio e producendo nell’arteria un'alterazione fisiologica prima, e un danno anatomico poi.

In questo contesto, chiamato disfunzione endoteliale, si crea il substrato anatomico che permette al colesterolo, anzi, per la precisione, a delle proteine che contengono il colesterolo – le lipoproteine LDL (Low density Lipoprotein) – che in eccesso, o anche nella normale quantità, si insinuano nello spazio sottoendoteliale (intima) dell’arteria, attraversando l’endotelio “sofferente”e attivando quei fenomeni infiammatori che producono nel tempo le placche ateromasiche.

Questa la sintesi della teoria infiammatoria dell’aterosclerosi oggi comunemente accettata, la quale individua il ruolo principale di questo organo nascosto, l’endotelio, la cui disfunzione costituisce l’evento precoce che dà il via alle manifestazioni dell’ateroscelorosi.

Una prevenzione più efficace
Oggi abbiamo l’incredibile opportunità di sapere che la disfunzione dell’endotelio si manifesta con l’espressione, sulla membrana delle cellule endoteliali, di molecole adesive. Si tratta di recettori (v-cam, i-cam, e-selectine) la cui funzione è quella di “agganciare” i macrofagi circolanti (da qui il significato di “recettori di adesività”). La loro presenza quindi è segno precoce di sofferenza endoteliale...

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Scienza e Conoscenza n. 69 - Luglio/Settembre 2019 - Rivista >> http://bit.ly/2LzQgg5
Nuove scienze, Medicina Integrata

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lunedì 10 febbraio 2020

Scienza di Stato


Scienza di Stato

intervista a Il Pedante autore del libro "Immunità di legge"

Critica al sistema sanitario


Obbligatorietà vaccinale: uno spunto per riflettere sulle finalità e gli utilizzi della scienza, il principio di autorità, il metodo scientifico

di Valerio Pignatta

L’obbligatorietà vaccinale per 10 vaccini è diventata legge di stato in Italia nel 2017. Il percorso legislativo che ha portato a tale obbligo è stato travagliato e ha visto anche la protesta indignata di una parte – seppur minoritaria – della popolazione e del mondo medico-scientifico.

I medici che si sono opposti coraggiosamente al diktat farmaceutico sono stati ricondotti a più miti consigli in vari modi repressivi. I politici hanno dimenticato le promesse pre-elettorali. I genitori “disobbedienti” sono stati inondati di minacce di ogni tipo. Le analisi obiettive e disinteressate del fenomeno sono state poche e isolate. Ma alcune anche eccellenti, come quella trasformata in un libro, Immunità di legge, a cura di Stefano Mantegazza, alias Il Pedante, e del dottor Pier Paolo Dal Monte. Sull’onda del successo di tale lavoro, abbiamo intervistato uno degli autori, Il Pedante, per avere un quadro maggiormente delineato di quello che ha significato introdurre questa legge e dei punti chiave che vanno tenuti presente oggi nella valutazione del fenomeno “vaccinazioni di massa”.

Valerio Pignatta - Per entrare immediatamente nel pieno della questione direi che dopo aver letto il libro la domanda fondamentale che ne esce è: ma oggi, dove sta andando la “scienza”? Quella tra virgolette, truffaldina, fittizia, arraffona, autoritaria (se vogliamo rivestire una modalità di denuncia che alcuni potrebbero definire forzata) e se ancora ne esiste una che invece è affidabile e sincera, dato che la contaminazione tra scienza e governo evoca una prospettiva allarmante che lei sintetizza in una frase dei dittatori di George Orwell nel suo 1984 ossia «Quando saremo onnipotenti non avremo più bisogno della scienza». Come commenta?

Il Pedante - Non esistono scienze «buone» o «cattive», ma uomini e donne che praticano la ricerca scientifica e ne applicano i risultati. Ciò che si è pericolosamente perso di vista nel dibattito contemporaneo è appunto il fatto che la scienza non è un ente dotato di personalità propria, né un totem di verità (o falsità) a cui abbeverarsi, ma un’attività condotta da persone fisiche che vivono nel mondo e condividono i bisogni e le contraddizioni del mondo. L’attività scientifica è sempre indirizzata da istanze politiche in senso lato perché è chiamata – e per questo finanziata – a risolvere i problemi che la società e/o i gruppi dominanti reputano più urgenti in un dato momento storico. Se in tempo di guerra gli scienziati dedicano molti sforzi allo sviluppo di nuove armi, in tempo di pace inventano farmaci, sementi, motori più efficienti ecc. Queste contaminazioni sono positive perché altrimenti la scienza diventerebbe un esercizio inutile e astratto.

"NEL CAPITALISMO IL RISULTATO SCIENTIFICO È UNA MERCE
COME OGNI ALTRA MERCE, SI SCAMBIA E DEVE PRODURRE UTILI"

Il problema nasce invece quando si inverte il flusso delle influenze, quando cioè i poteri politici ed economici investono fittiziamente il risultato scientifico di un’autonomia e di una purezza che gli sono estranei per giustificare le proprie decisioni e porle così al di fuori della negoziazione democratica. Ciò non è soltanto eversivo (per la nostra Costituzione la scienza non è una fonte del diritto, lo è invece la volontà popolare) ma è anche gravemente lesivo della libertà di sviluppare nuove conoscenze perché, inevitabilmente, le ricerche e i risultati scientifici non conformi all’obiettivo politico del momento finirebbero per essere scoraggiati od ostracizzati, come sta ad esempio avvenendo con le radiazioni dei medici critici verso le politiche vaccinali in vigore. È questo il rischio preconizzato non solo da Orwell ma anche da Aldous Huxley ne Il mondo nuovo. È anche il messaggio che abbiamo affidato al sottotitolo del nostro libro: che la falsa idea della «scienza al governo» non può che produrre «il governo della scienza». Più recentemente abbiamo sviluppato queste osservazioni in un “Manifesto per la scienza” pubblicato dall’associazione Eunoè, che invito a leggere all’indirizzo http://manifesto.eunoe.org .

Valerio Pignatta - Il perno centrale su cui ruota la forzatura dell’obbligatorietà è quello dell’immunità di gregge e l’attribuzione della colpa in chi non vaccina rispetto al resto della comunità. Eppure se si approfondisce il tema è chiaro e scientificamente comprovato che la realtà di questo concetto è molto più complessa della semplificazione che se ne vuole fare, e che i conti non tornano. Ciononostante, non si riesce a far recepire questa incongruenza al grande pubblico, e anzi, nei commenti ad articoli sui vaccini di tipo più obiettivo, i lettori solitamente sono ferocissimi nel condannare chi osa farsi degli scrupoli o sollevare obiezioni, sebbene documentate. Secondo lei qual è il motivo?

Il Pedante - È difficile spiegarlo in poche parole. Alessandro Manzoni ci ha insegnato che gli episodi di caccia all’untore si sviluppano in periodi di crisi materiale e morale. Più nello specifico, esse rappresentano un tentativo estremo di compensare la sfiducia delle popolazioni verso chi le governa. Oggi molte persone vivono sulla propria pelle gli effetti di un declino civile che si riverbera sulla percezione della propria sicurezza personale, reddituale e anche sanitaria. I continui tagli di risorse umane e materiali al servizio sanitario pubblico, impietosamente fotografati dalle statistiche, sono sotto gli occhi di tutti e rappresentano il capitolo di un più generale arretramento dell’assistenza pubblica in ogni settore che lascia i cittadini alla mercé della «durezza del vivere». In questi frangenti è facile la tentazione di addossare la colpa a una minoranza indisciplinata: sia da parte delle popolazioni che si vedono sbarrata la strada del cambiamento politico, sia da parte degli stessi politici, che possono così indirizzare verso il basso il malcontento popolare. A ciò va aggiunto anche il fatto che viviamo in un’epoca di ubriacatura tecnica in cui spopola l’illusione che i progressi scientifici – dalle reti ultraveloci all’intelligenza artificiale, dai nuovi farmaci agli impianti cibernetici – possano risolvere i danni delle cattive politiche e, di fatto, sostituirsi ad esse (tecnocrazia). Questa ubriacatura e questa illusione sono purtroppo lontane dall’essere smaltite. Così, mentre sogniamo di eradicare una manciata di malattie con una puntura – e perciò perseguitiamo ferocemente chi vi si oppone – ci dimentichiamo dei punti nascita che chiudono, delle ore trascorse nei corridoi dei pronto soccorso, della carenza di medici e infermieri, anche pediatrici, della fatiscenza degli ospedali in cui è sempre più facile morire di infezioni. La presunta facilità di un gesto tecnico «sicuro ed efficace» che dovrebbe risolvere tutto rende le persone più insofferenti verso chi non si piega a un rito apotropaico che, come tutti i riti, non tollera la miscredenza...

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Scienza e Conoscenza n.70 - Ottobre/Dicembre 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2BASRPZ
Nuove scienze, Medicina Integrata
AA. VV.

Immunità di Legge — Libro >> http://bit.ly/31ETWT2
I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza - Versione aggiornata e ampliata
Pier Paolo Dal Monte, Stefano Mantegazza (Il Pedante)

lunedì 3 febbraio 2020

Nel nome dell'evidenza



Nel nome dell'evidenza

Medicina Integrata


Nella moderna medicina tutto deve rientrare in rigidi protocolli e il medico è un dispensatore di farmaci: dov’è finita la clinica?

Redazione Scienza e Conoscenza - 03/02/2020

di Franco Mastrodonato* - Scienza e Conoscenza 71

“Nella clinica come nella vita, bisogna avere un preconcetto, uno solo, ma inalienabile: il preconcetto che tutto ciò che si afferma e che par vero può essere falso”
Augusto Murri (1841-1932), medico italiano

Questa frase di Augusto Murri, illustre clinico italiano, a prima vista può sembrare datata e anacronistica, se ci limitiamo a guardare le date di nascita e morte del medico bolognese: in realtà è di un’attualità incredibile e può rappresentare un monito e un viatico per il medico moderno.
Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, afferma che il rapporto tra ciò che conosciamo e ciò che non conosciamo è di uno a un miliardo.

Dubito ergo sum: vale ancora qualcosa?

La scienza, oggi, ci dice che ciò che è vero deve essere misurabile e ripetibile, statisticamente significativo, tanto da trasformarsi in evidenza e assurgere a valore di legge, almeno sino a che un’altra realtà, altrettanto inoppugnabile, arrivi a superarla. Ciò che si accetta per vero oggi, domani potrebbe non esserlo iù, ma l’assurdo è che, secondo alcuni, il vero non può neppure essere messo in discussione, non può essere neanche oggetto di dubbio, e colui che critica e dubita costruttivamente è accusato di essere antiscientifico. La questione ci riporta a un problema di metodo e, in un momento in cui lo scientismo sembra dominare, i risvolti sono tali da incidere in modo pesante soprattutto su alcuni settori, uno tra tutti la medicina.

L’affermazione estremistica del ruolo dell’evidenza e dei protocolli che ne consegue porta a contrastare aspramente tutte quelle forme mediche – per lo più naturali, tradizionali o complementari – che, partendo dal singolo paziente e non dalla sua malattia, personalizzano al massimo sia la diagnosi che la terapia, sfuggendo dunque alle regole della statistica e della ripetibilità dei dati.

L’importanza della tecnologia, degli esami strumentali ed ematochimici in medicina è sempre più rilevante; ciò comporta sicuramente dei vantaggi, ma in alcuni ambiti, pur arrecando notevole progresso, può assumere dei risvolti negativi. Il problema non è legato tanto all’innovazione in sé, quanto al valore metodologico che assume.

Il medico come artista

Nella clinica questa contraddizione raggiunge ancora maggiore rilievo. La medicina è un’arte e la clinica ne rappresenta la sua massima espressione. La clinica è il contesto in cui il medico-artista trova maggiore possibilità di realizzare la sua opera.

Le posizioni di cui sopra, per alcuni, sono anacronistiche e finanche pericolose, per cui il medico non è un artista, bensì un paladino della scienza asservito ai suoi dogmi e alle sue leggi ferree, da conosce in quanto misurabile e rifuggire da tutto ciò che non può essere oggettivamente evidenziato. Ci si dimentica poi che in alcune specializzazioni mediche, quali ad esempio la psichiatria, le misurazioni e le validazioni oggettive di una problematica pressoché non esistono; la prescrizione di uno psicofarmaco piuttosto che un altro viene svolta esclusivamente su dati anamnestici; i pochi meccanismi biochimici che conosciamo e che possono essere a monte del disturbo stesso non sono quantificabili in termini di esami specifici.

L’altare dell’evidenza

In altri campi medici la tecnologia entra prepotentemente nella clinica e la fa da padrona, s’impone ad essa invece di esserne al suo servizio. Il medico perde il valore della semeiotica, quello del sapere che nasce dall’esperienza, abiura il famoso occhio clinico e si sottomette a una moltitudine di dati ed esami. In nome, ancora una volta, dell’evidenza, tutto deve essere oggettivabile per dare accesso a protocolli validati, a percorsi terapeutici che riducono il paziente a un numero, ma che hanno il merito di sollevare il medico da responsabilità e possibili errori.

Di fronte a tale condizione, Murri, ma anche Cardarelli, Frugoni, Puddu, Valdoni e tutti gli illustri clinici italiani di un tempo sarebbero inorriditi. La libertà di scelta del medico operata in scienza e coscienza, e di conseguenza quella del paziente che a lui si affida, viene condannata; tutti devono attenersi a regole già dettate, quelle secondo cui la medicina non è democratica.

La Medicina Biointegrata ‒ ponendo al centro il paziente e la sua identità costituzionale, integrando le varie forme mediche in una metodologia che esalta l’aspetto clinico, senza rinunciare alle evidenze, intese quali utile punto di riferimento, valorizzando i dati scientifici al servizio del medico ‒ vuole restituire dignità e valore alla vera clinica, a quell’arte che fa grande il medico stesso e la medicina.

Questa posizione, innovativa rispetto agli orientamenti oggi prevalenti, verrà ribadita con forza al terzo Meeting SIMeB, Società Italiana di Medicina Biointegrata, che si terrà a Rimini nei giorni 28 e 29 marzo 2020; Clinical Innovation sarà appunto il tema e il nuovo format su cui confrontarsi.

Franco Mastrodonato*
Nato nel 1954, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università “La Sapienza” di Roma. diplomato in agopuntura e medicina tradizionale cinese, omeopatia ed omotossicologia, fitoterapia, kinesiologia applicata, iridologia. Caposcuola della Medicina Biointegrata, è Direttore Scientifico e docente IMeB (Istituto di Medicina Biointegrata). Presidente SIMeB (Società Italiana di Medicina Biointegrata). Docente Corso di Perfezionamento in Medicina Biointegrata Università di Chieti. Docente Master in Medicine Naturali Università Tor Vergata. Direttore sanitario Casa della Salute “Domus Medica” di Bagnoli del Trigno (IS).

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Scienza e Conoscenza n.71 - Gennaio/Marzo 2020 - Rivista Cartacea — Rivista >> http://bit.ly/38ofSnq
Nuove scienze, Medicina Integrata
Editore Macro Edizioni