Perche' ad Einstein non piaceva la fisica quantistica? Il paradosso EPR
Scienza e Fisica Quantistica
Nel 1935 Einstein e due suoi colleghi, Podolsky e Rosen, descrissero un esperimento passato alla storia della fisica come paradosso EPR: di cosa si tratta?
Antonella Ravizza - 16/01/2023
Verso l’inizio del 1900 le teorie di Albert Einstein non si conciliavano molto con le implicazioni della nascente fisica quantistica, a tal punto che nella conferenza di Solvay del 1927, dedicata a importanti problemi aperti riguardanti elettroni e fotoni, Einstein propose alcuni esperimenti per rilevare alcune inesattezze nella teoria quantistica. Le sue obiezioni furono in seguito confutate da Bohr e il “povero” Einstein, pur accettando la delusione, continuò ad approfondire l’argomento.
Il paradosso EPR
Nel 1935 Einstein e due suoi colleghi, Podolsky e Rosen,
descrissero un esperimento passato alla storia della fisica come paradosso EPR.
Einstein rifiutava la teoria quantistica perché questa sostiene che solo dopo
aver misurato il valore della proprietà di una particella, la particella stessa
acquista realtà fisica, invece prima della misura va considerata come una
sovrapposizione di stati. Sono note le frasi che ripeteva spesso: “Mi piace
pensare che la luna stia lì anche se non la sto guardando” e “Dio non gioca a
dadi” e ancora: “Se, senza disturbare in alcun modo un sistema, possiamo
predire con certezza il valore di una quantità fisica, allora esiste un
elemento di realtà fisica corrispondente a questa quantità fisica”.
Secondo Einstein, infatti, se una proprietà fisica di un
oggetto può essere vista anche senza che l’oggetto sia osservato, allora la
proprietà stessa non può essere stata creata dall’osservazione, ma deve essere
una realtà fisica anche prima dell’osservazione.
Secondo Einstein l’entanglement poteva essere usato per trovare un'incoerenza nella teoria quantistica. Ricordiamo che cos’è l’entanglement: è un fenomeno quantistico in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dallo stato di ciascun sistema.
Chiariamo il concetto con un esempio: consideriamo un raggio di luce, composto da un flusso di fotoni. La direzione del campo elettrico della luce è detta la sua direzione di polarizzazione. La direzione di polarizzazione di un fotone può formare qualsiasi angolo, ad esempio “verticale” o “orizzontale”. È possibile generare una coppia di fotoni entangled se, per esempio, un cristallo viene irradiato da un laser. In questo caso un singolo fotone può dividersi per formarne due. Ciascun fotone prodotto in questa maniera avrà sempre una polarizzazione ortogonale a quella dell’altro: ad esempio, se un fotone ha polarizzazione verticale, allora l’altro dovrà avere polarizzazione orizzontale (questo per la conservazione del momento angolare: il momento angolare del sistema prima della divisione deve essere uguale al momento angolare del sistema dopo la divisione). Quindi, se due persone ricevono ciascuno uno dei due fotoni entangled e ne misurano la polarizzazione, scoprono che quella del fotone ricevuto dall’altra persona sarà ortogonale a quella del proprio. Sembrerebbe esserci un’apparente connessione fra le particelle, che prescinde dalla loro distanza. Questo vuol dire che la misura della proprietà è dipendente dal tipo di osservazione effettuata sull’altra particella entangled: c’è una connessione istantanea fra le particelle.
Consideriamo ora due fotoni entangled, uno dei quali
inviato a un osservatore donna, e l’altro all’osservatore uomo. I due
osservatori possono anche essere lontani fra loro, ma i due fotoni entangled
devono avere polarizzazioni ortogonali. Quindi quando la donna misura la
polarizzazione del suo fotone e la trova, diciamo, verticale, sappiamo
istantaneamente che il fotone dell’uomo avrà polarizzazione orizzontale – anche
se l’uomo non l’ha ancora misurata! La teoria quantistica però ci dice che
prima che l’uomo misuri il suo fotone, questo non può avere valore preciso per
la sua polarizzazione, ma si trova in una sovrapposizione di stati. Solo nel
momento in cui l’uomo lo misura diventa fisicamente vero.
Come si può allora sapere il risultato prima della misura? Secondo la teoria quantistica, la misurazione della polarizzazione verticale della donna fa collassare istantaneamente entrambi i fotoni, così il fotone dell’uomo risulterà polarizzato orizzontalmente.
Einstein e la teoria di Bell
Tuttavia Einstein sosteneva che queste comunicazioni
istantanee del valore della polarizzazione fra i due fotoni non potevano essere
in accordo con la relatività, perché niente può viaggiare più veloce della
luce. Einstein credeva quindi che l’unico modo per uscire da questo paradosso
fosse di assumere che il fotone dell’uomo possedesse alcune proprietà fisse che
sono nascoste alla nostra vista, chiamate variabili nascoste, e come lui tutte
le particelle. In questo modo non sono richieste comunicazioni più veloci della
velocità della luce, perché la proprietà della particella è fissata quando la
particella stessa è creata. Nel 1964 John Bell sviluppò un teorema per
dimostrare l’azione a distanza. Si arrivò alla seguente conclusione: ciò che
succede a una particella influenza immediatamente le altre. Einstein, come al
solito, aveva influenzato la fisica del futuro!
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