mercoledì 7 febbraio 2018

Talento, frequenze e DNA





Talento, frequenze e DNA

Scritto da: Carmen Di Muro

Psicologia Quantistica

07/02/2018


Talento, frequenze e DNA

La scienza oggi ha scoperto come le sole indagini molecolari del DNA non siano in grado di svelare la moltitudine di fenomeni biologici che avvengono nel nostro corpo. Esiste un’informazione sovraordinata, molto più sottile, che controlla l’accensione e lo spegnimento dei geni. Il nostro DNA non solo è depositario dell’informazione necessaria per il funzionamento cellulare dell’organismo, ma in realtà è una struttura di risonanza elettromagnetica dinamica in grado di immagazzinare, trasmettere e modificare informazioni essenziali che riguardano ogni dimensione della nostra esistenza.

Esso, infatti, funge da internet biologico e può essere attivato dalle frequenze a cui, quotidianamente, siamo sottoposti. Campi elettromagnetici di intensità e frequenza ultrabassa possono modulare l’attività proliferativa cellulare, nonché l’azione di anticorpi e neurotrasmettitori. Le cellule del corpo umano hanno codice genetico identico che fa di ciascuno di noi un individuo unico e diverso da tutti gli altri, ma pur contenendo identico DNA, sono differenti tra loro proprio grazie all’azione del codice epigenetico, ossia l’insieme di quei segnali mediati dall’ambiente e, più significativamente, dalle nostre percezioni di quell’ambiente che veicolano e modificano l’informazione all’interno dei nostri geni. Questi segnali non sono soltanto di natura chimica, ma soprattutto elettromagnetica.

Che cos'è il talento?

Ciò è di fondamentale importanza nella comprensione che nella profondità della materia vivente, dove alberga la sequenza prima che determina la nostra unicità genomica, non c’è trascritta soltanto l’informazione che permette al nostro organismo di funzionare in modo perfetto. In essa sono contenute delle tracce vibrazionali di individualissime capacità che ogni individuo di per sé possiede. Esse altro non sono che singolari e sconosciuti talenti, potenzialità racchiuse nel nostro essere, che possono restare sommerse per tutta la vita senza manifestarsi se non vengono opportunamente stimolate nel corso del tempo. Il talento è un’energia creativa che vive dentro ognuno di noi che, lasciata libera, porta ogni persona alla sua piena e spontanea realizzazione. È l’attitudine a seguire il proprio destino, al quale si può accedere in qualsiasi momento. Ognuno è portatore di questa straordinarietà che ci rende individui unici e irripetibili. Il saper fare una cosa in modo migliore rispetto ad altre persone, implica che tali sequenze si siano attivate nel corso della nostra vita, perché sono state stimolate dalla giusta frequenza informatizzata che ha permesso loro di esprimersi spontaneamente.
Siamo network biologici in grado di captare, immagazzinare e modificarci in virtù dell’incessante flusso di informazioni a cui siamo esposti nel corso della nostra esperienza di vita.

Siamo come antenne che captano segnali

Nel momento in cui frequentiamo determinati contesti in modo continuativo, la nostra sfera profonda si adatterà inscindibilmente alle frequenze maggiormente presenti intorno a noi. Il problema sorge quando l’ambiente è carico di frequenze basse e disarmoniche. Per esempio, ambienti poco stimolanti, trapuntati da sentimenti di bassa intensità causeranno sin dall’infanzia un addensamento energetico, facendo sì che le vibrazioni personali si adattino radicalmente alla vibrazione dominante del contesto di appartenenza. La familiarità con vibrazioni di polo negativo, a lungo andare causerà inevitabilmente una sofferenza dell’anima che non sarà più in grado di esprimere pienamente le sue potenzialità, e questa disarmonia si riverserà sul corpo, alterando pian piano la struttura e le catene di congiunzione del DNA.
Si attivano, così, sequenze genomiche disfunzionali, piuttosto che geni funzionali a mobilitare e far emergere i nostri talenti sconosciuti. L’ambiente in cui cresciamo influenza il nostro destino risvegliando geni “addormentati” o lascandoli per sempre “silenti”. Ai geni serve solo tempo per sincronizzarsi l’uno con l’altro e con l’ambiente, e un talento può modificarsi in un altro, nel momento in cui l’ambiente esterno fornisce le frequenze armoniche adatte al risveglio di geni fino a quel momento addormentati. Nulla impedisce quindi che un artista diventi uno scienziato, o viceversa, o che si possano scoprire delle capacità anche in tarda età.

Per approfondire l’argomento leggi

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Nuovi orizzonti della psiche e della guarigione
Carmen Di Muro

lunedì 5 febbraio 2018

Esperienze di pre-morte e coscienza





Esperienze di pre-morte e coscienza: parla il cardiologo Pin Van Lommel

Scritto da: Redazione Scienza e Conoscenza

Medicina Non Convenzionale

05/02/2018


Esperienze di pre-morte e coscienza: parla il cardiologo Pin Van Lommel

Pin Van Lommel è un cardiologo olandese di fama internazionale che da decenni studia le esperienze di pre morte (NDE). Insieme alla sua equipe ha pubblicato numerose ricerche su riviste scientifiche analizzando la fenomenologia di queste esperienze alla ricerca di una spiegazione scientifica delle stesse. I suoi studi lo hanno portano a interrogarsi sulla natura della coscienza umana e sul suo rapporto con il cervello, campi di indagine scientifica ancora aperti e bisognosi, per essere compresi e studiati, di una scienza capace di andare oltre le proprie basi prettamente materialistiche.

Redazione: Dottor Van Lommel, come mai ha deciso di indagare senza pregiudizio un tema di confine come quello delle NDE, spesso relegato nei territori della para psicologia? Quali eventi della vita l’hanno avvicinata a questo tema così spinoso e controverso?

Pin Van Lommel: Dal mio punto di vista, le NDE (esperienze di pre-morte) non sono affatto un tema spinoso e controverso; ci sono semmai un grosso tabù e una quantità di pregiudizi all’interno del paradigma materialista a cui la scienza occidentale in maggioranza si attiene ancora, per il semplice fatto che le cause e i contenuti delle NDE non possono essere spiegati dalle teorie materialistiche dominanti.

Com’è cominciato il mio interesse per le NDE? Nel 1969, mentre ero di turno come interno all’ospedale nell’unità coronarica riuscirono a rianimare un paziente con la defibrillazione elettrica. All’epoca era una cosa nuova, entusiasmante, per tutti noi; perlopiù non ci rendiamo conto, oggi, che fino al 1967, 50 anni fa, tutti i pazienti con un arresto cardiaco morivano perché non c’erano ancora le moderne tecniche di rianimazione, come la defibrillazione e la compressione del torace dall’esterno. Quel paziente in particolare riprese conoscenza dopo circa 4 minuti di incoscienza, e noi, il team dei rianimatori, ne fummo estremamente felici, ovviamente. Il paziente, invece era alquanto seccato: mi raccontò di aver attraversato un tunnel, di aver visto una luce e dei colori meravigliosi, e di aver ascoltato della musica... Un evento che non ho mai dimenticato, anche se all’epoca non sapevo cosa farne e non ne feci nulla.

All’epoca non sapevo neppure che di quelle esperienze si fosse parlato in molte culture e religioni, e in tutte le epoche storiche.

Solo diversi anni dopo, nel 1975, Raymond Moody descrisse per primo le cosiddette “esperienze di premorte” o di “quasi morte”, e solo nel 1986 lessi qualcosa sull’argomento, nel libro di George Ritchie Ritorno dall’aldilà, in cui egli raccontava ciò che gli era accaduto nei 9 minuti della sua morte clinica nel 1943, quando ancora studiava medicina. Fu dopo aver letto questo suo libro che cominciai a intervistare i miei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco: con mia grande sorpresa, 12 sui 50 intervistati nel giro di 2 anni mi raccontarono una NDE.

Tutto è cominciato, per me, dalla curiosità scientifica, perché in base ai concetti attuali della medicina non è possibile avere percezioni coscienti durante un arresto cardiaco, in assenza di circolazione sanguigna e respiro. L’ambiente universitario in cui ero cresciuto mi aveva insegnato che la coscienza era ovviamente il prodotto di un cervello funzionante, e fino a quel momento avevo sempre preso per incontrovertibile questa verità, ma il confronto con il fenomeno delle NDE mi fece sorgere parecchi interrogativi fondamentali: come e perché si produce un’esperienza di NDE? Come si manifesta il contenuto di una NDE? E perché, in seguito, la vita del paziente cambia così radicalmente? La maggior parte delle risposte disponibili mi parevano incomplete, errate o infondate.

Gli studi scientifici longitudinali che mirano a spiegare la causa e i contenuti delle NDE sono cosa recente, e all’epoca c’erano solo studi in retrospettiva, e anche molto selettivi nei confronti dei pazienti.

Alcuni studiosi, basandosi su di essi, ritenevano che le esperienze di premorte fossero imputabili a mutamenti fisiologici nel cervello, risultanti dall’anossia cerebrale (la mancanza di ossigeno); altre teorie parlavano di reazioni psicologiche all’approssimarsi della morte, allucinazioni, sogni, effetti collaterali dei farmaci, o, più semplicemente, di falsi ricordi. Così nel 1988 demmo inizio, in Olanda, a uno studio longitudinale. Nessuno studio longitudinale di vasta scala sulle NDE era ancora stato condotto nel mondo, e il nostro si rivolse a 10 ospedali olandesi, con l’intento di includere tutti i pazienti consecutivi con un infarto acuto del miocardio che fossero sopravvissuti ad arresto cardiaco, e fossero stati dichiarati “clinicamente morti”.

Coscienza oltre la Vita  
Dr. Pim Van Lommel
La scienza delle esperienze di premorte
Amrita

giovedì 1 febbraio 2018

Cordyceps: fortifica il sistema immunitario




Cordyceps: fortifica il sistema immunitario e integra le terapie oncologiche tradizionali

Scritto da: Federico Perinelli

Medicina Non Convenzionale

01/02/2018


Cordyceps: fortifica il sistema immunitario e integra le terapie oncologiche tradizionali

Il cordyceps sinensis è il nome particolare del nobile fungo medicinale dalle straordinarie caratteristiche e capacità, in grado di preservare e contribuire alla nostra salute e al nostro benessere ed essere, nei casi ove possibile, un eccellente supporto integrativo in ambito oncologico. Originario delle catene montuose asiatiche dove cresce ad altezze e temperature proibitive, già questa combinazione di fattori lo rende unico nel suo genere. Utilizzato da centinai di anni per via delle sue qualità terapeutiche e curative nei paesi d’origine e nella medicina tradizionale cinese, in Occidente e specialmente in Italia è da poco più di venti anni che viene utilizzato e commercializzato. Come per tutte le sostanze autorizzate e presenti nella lista del Ministero della Salute anche per il cordyceps vengono riportati gli effetti fisiologici comprovati sul nostro organismo e nello specifico dalla sua assunzione otteniamo i seguenti benefici: azione tonica e di sostegno metabolico, naturali difese dell’organismo e funzionalità delle prime vie respiratorie. Sono questi gli effetti riconosciuti e per questi effetti deve essere utilizzato ed apprezzato, ma la ricerca a livello globale negli ultimi anni si è spinta oltre ottenendo promettenti risultati.

Componenti nutrizionali e bioattivi utili in ambito oncologico

L’effetto fisiologico a supporto delle cure tradizionali in ambito oncologico è sicuramente quello di essere di aiuto al sistema immunitario perché contribuisce a incrementare la risposta dell’organismo in opposizione alla patologia e concorre come valido supporto metabolico e di sostegno nutritivo, in quanto contiene delle sostanze importanti dal punto di vista nutrizionale che molto spesso, in presenza di determinate patologie come quelle neoplastiche, può essere necessaria una loro integrazione, sempre sotto super visione medica. I componenti metabolici e di sostengo nutritivo presenti sono le vitamine E , K , B1, B2, B12 , tutti gli aminoacidi essenziali, micro e macro elementi ( k, Mn, Zn , Fe, Na, Al, Si, Ti, Sr, Cr, Ca, Na, Pi, Zr, Ga, V). Importanti sono le ottime quantità di polisaccaridi come: galattomannano, micosio, ergosterol , adenosina, Acido Palmintico, Steroli, Gracile e tra i più considerevoli ritroviamo beta-glucani beta-mannani, acido cordicepico, Cordicepina.

Azione antivirale e antibatterica

Questa azione è svolta dalla cordicepina un derivato del nucleoside adenosina differente da essa per l’assenza di un atomo di ossigeno nella posizione 3 dell’anello del ribosio. Considerando il fatto che la struttura chimica della cordicepina e adenosina è analoga, alcune DNA-polimerasi non riescono a distinguerle e, conseguentemente, la molecola di cordicepina ha la capacità di essere incorporata in una molecola di RNA ultimandone la sintesi. La cordicepina ha la capacità di inibire diverse proteine chinasi mostrando proprietà antitumorali, antibatteriche, antimicotiche, antivirali. (Rose KM, Bell LE, Jacob ST. Specific inhibition of chromatin-associated poly (A) synthesis in vitro by cordycepin 5-triphosphate. Nature. 1977; 267 (5607):178–180).

Risultati della ricerca sulla cordicepina

Oltre alle sue importanti proprietà antivirali e antibatteriche, la cordicepina sembra aver dimostrato effetti antitumorali mediante studi in vitro condotti da ricercatori giapponesi sostenuti dalla Japan Society For the Promotion of Sciences e pubblicati sul Journal Of Pharmacological Sciences, volume 127 January 2015. Al momento è giusto ricordare che non ci sono studi scientifici completi dal punto di vista dell’evidence base medicine e si raccomanda sempre il parere del proprio medico e dello specialista prima dell’utilizzo, specialmente se in presenza di patologie.

Cordyceps, cancro e benessere

Oramai è chiaro a tutti che molte patologie degenerative, nelle quali rientra anche il cancro, abbiano un denominatore comune che si chiama ipossia e acidità alla base del loro sviluppo e della loro progressione. Una giusta chiave in ambito preventivo, ma anche curativo, è sicuramente il mantenimento di alti livelli di ossigeno a livello sistemico e cellulare e un PH alcalino. Il cordyceps in questo può essere un nostro valido alleato. Essendo costituito da grandi varietà, quantità e qualità di polisaccaridi i quali, nello specifico, non sono altro che lunghe catene di zuccheri con all’interno numerose sezioni di ossigeno. Le molecole di ossigeno vengono rilasciate e assorbite a livello cellulare andando così ad aumentare i livelli di ossigeno e contribuendo ad aumentare l’ATP (Adenosina Trifosfato) la responsabile della respirazione cellulare e della bioenergetica cellulare a cui fanno capo moltissime reazioni enzimatiche e cellulari e che rappresenta la nostra “batteria” interna di energia.

Tutto questo si traduce in maggiore energia, forza, vitalità, resistenza fisica e stimolo alle naturali difese, che possono venire meno quando una persona è sottoposta a periodi di forte stress o nei cambi di stagione di indebolimento generale e in tutte quelle terapie debilitanti, come possono essere chemio e radio. L’integrazione può essere utile in altre tipologie di malattie degenerative nelle quali oltre all’effetto fisiologico è importante legare un effetto nutritivo dato dalle componenti che ritroviamo interne al fungo. In ogni caso è doverosa la raccomandazione di richiedere il parere del proprio medico curante senza lasciare spazio a iniziative personali.

Un mio personale consiglio è quello di scegliere integratori e aziende di qualità, perché si deve considerare che il fungo per sua natura si sviluppa a contatto con la terra e da esso assorbe il meglio, ma anche il peggio: quindi è molto importante valutare la provenienza per accettarsi che sia privo di inquinanti e sottoposto a rigorosi controlli di qualità. A presto e buona salute. 

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