L'impronta dell'entropia nella fisiologia umana
prima
parte
Scritto da: Fausto Bersani Greggio
Scienza e Fisica Quantistica
L'impronta dell'entropia nella fisiologia umana - prima
parte
La seconda legge della termodinamica conferma la sua
trasversalità in tutto l’Universo fisico. L’impronta dell’entropia è
riconoscibile anche nell’ambito della fisiologia umana quando nell’organismo, o
in sue parti, intervengono modificazioni a seguito di interazioni con
l’ambiente esterno.
Il rapporto stimolo – risposta
Gli organi di senso rappresentano la base biologica della
percezione. Nell’uomo completano la loro maturazione entro i primi 4-5 mesi di
vita e la loro funzione è quella di registrare i cambiamenti che avvengono
nell’ambiente e trasmetterli al cervello.
Per esempio il sistema visivo è sensibile alla luce
emessa o riflessa da un oggetto (energia elettromagnetica) e i diversi sistemi
sensoriali la traducono in impulsi nervosi.
Lo stesso dicasi per i suoni percepiti dal nostro
apparato uditivo.
Ogni organo di senso comporta una trasduzione, ossia la
modificazione di un tipo di energia presente nell’ambiente (ad esempio onde
luminose o sonore) in segnali neuronali, ossia un altro tipo di energia.
Inoltre i sensi non rispondono solo alla stimolazione di
una particolare forma di energia, ma devono anche fornire percezioni
differenziate a fronte di eventuali variazioni del segnale esterno.
In sostanza ogni forma di energia può variare secondo due
modalità: quantitativa e qualitativa.
Nella fase di registrazione i nostri organi di senso,
come tutti gli strumenti di misura, sono però vincolati da alcuni limiti.
Il primo è legato al fatto che ogni sistema è sensibile
solo ad un particolare tipo di energia.
Ciò comporta che molti altri stimoli possono essere
presenti nell’ambiente ma noi non possiamo avvertirli, perché il nostro sistema
sensoriale non è capace di rilevarli (1), almeno non in tempo reale. Di questo problema me ne occuperò nell’ultima
parte.
Un altro limite è rappresentato dall’intensità dello
stimolo.
Questo vuol dire che qualsiasi stimolo fisico deve
raggiungere un livello minimo per suscitare una sensazione. Tale livello,
chiamato soglia assoluta, segna il confine fra gli stimoli che vengono recepiti
dall’organismo (stimoli sovraliminari) e gli stimoli che, pur essendo presenti,
non sono avvertiti dall’organismo (stimoli infraliminari) [1].
Un importante contributo in questo ambito venne dallo
studio della fisiologia dell’occhio. Infatti si può dimostrare che l’occhio
umano reagisce alla sensazione della luce in modo logaritmico. Per dare un
idea, proviamo a immaginarci dentro una stanza completamente buia, e supponiamo
di cominciare ad accendere una lampadina. La prima sensazione che proveremo
sarà quella di essere quasi abbagliati da questa luce. Supponiamo adesso di
accendere una seconda lampadina di uguale intensità. Adesso non percepiremo più
questo secondo evento con una sensazione di abbaglio, ma semplicemente vedremo
la stanza più luminosa. All’accensione di una terza lampadina la sensazione di
abbaglio sarà sempre meno intensa e così via.
Altro esempio lo possiamo formulare pensando all’udito.
Quando siamo fermi ad un semaforo per aspettare il verde e ad un tratto
sentiamo il suono di un clacson lo avvertiamo in maniera molto netta
provocandoci una sensazione molto intensa. Se a questo primo si aggiunge un
secondo clacson non percepiremo una sensazione di intensità doppia rispetto
alla precedente.
Un altro caso di relazione esistente tra stimolo e
percezione può essere realizato con un esperimento consistente
nell'incrementare, di una certa quantità, il peso di un oggetto sostenuto da
una persona. La percezione di tale stimolo (l'incremento di peso) risulta
essere tanto meno accentuata, quanto più pesante è l'oggetto: ad esempio
aggiungere 1 kg ad un oggetto il cui peso è di 50 g risulta essere percepito in
maniera più gravosa rispetto ad aggiungere 1 kg ad un oggetto il cui peso
iniziale è di 20 kg. In altri termini aumenti graduali e costanti del peso
fisico si accompagnano ad aumenti via via sempre più deboli della sensazione di
pesantezza.
La differenza appena percepibile pare sia una costante,
che ha un valore specifico per ogni modalità sensoriale e misura l'intensità di
uno stimolo dicendoci di quanto esso deve variare per essere percepito come
diverso da un altro (Legge di Weber-Fechner).
Tornando all’esempio delle lampadine, nella
rappresentazione grafica che mette in relazione lo stimolo con la risposta (v.
fig.1), all’inizio ci sarà un plateau dovuto all’assenza di luce o comunque
alla presenza di stimoli talmente deboli da essere al di sotto della soglia
percettiva (stimoli infraliminari). Via via che il numero di lampadine aumenta
ci sarà un incremento della percezione della luce che poi si trasformerà ancora
in un plateau con una lenta crescita quando il numero delle sorgenti accese
sarà sufficientemente elevato per cui l’occhio non sarà più in grado di
apprezzarne la differenza. Quindi la curva sarà costituita da una soglia
iniziale, seguita da un andamento di crescita approssimativamente lineare e
quindi da una saturazione:
fig. 1
Volendo semplificare, diremo che la risposta degli organi
di senso presenta una curva con un andamento logaritmico, per cui noi possiamo
descrivere la “sensazione” (risposta) come una costante (k) che moltiplica il
logaritmo della “Intensità del segnale” (stimolo), più una costante che è
dipendente dalla soglia:
R = k ·ln I + costante (1)
Entropia e statistica
In fisica esiste una grandezza che quando viene nominata
incute soggezione e allo stesso tempo suscita fascino: l’entropia. A livello
microscopico, tutte le leggi fisiche sono stranamente reversibili nel tempo,
tuttavia a livello macroscopico, quando viene coinvolto un numero elevato di
particelle, il tempo presenta una freccia ben definita: l’inchiostro versato in
un bicchiere contenente acqua si diffonderà e si mescolerà, non si separerà mai
dalla soluzione acquosa per tornare nel contagocce, quest’ultima sequenza è
contraria al nostro senso del tempo.
L’uomo che diede un significato a tutto ciò fu Ludwig
Boltzmann il quale, non preso molto sul serio dai suoi contemporanei, oggi
viene considerato uno dei geni della fisica. Nella seconda metà del XIX secolo,
intuì per primo che l’entropia, una grandezza già nota in fisica, in
particolare nel secondo principio della termodinamica, era una misura del
disordine di un sistema.
In particolare propose che fosse da mettere in relazione
con il numero dei diversi modi microscopici (microstati) attraverso i quali si
può ottenere una situazione osservabile sul piano macroscopico (macrostato)
(2).
Un microstato di un sistema termodinamico rappresenta una
precisa configurazione dei suoi parametri microscopici (per esempio masse,
posizioni e velocità di tutte le molecole che costituiscono il sistema). Un
macrostato rappresenta invece una condizione con valori ben determinati di
pressione, volume e temperatura, tutte grandezze macroscopiche.
Inoltre, mentre ad ogni microstato possiamo associare uno
ed un solo macrostato, ad ogni macrostato possono corrispondere più microstati
possibili.
Pensiamo ad esempio alle molecole di un gas che,
occupando il medesimo volume, possono avere velocità e posizioni molto diverse
pur mantenendo la stessa energia cinetica media e quindi la stessa temperatura
misurabile a livello macroscopico con un termometro.
Il risultato fondamentale a cui giunse Boltzmann fu che
l’entropia S può essere calcolata, a meno di una costante, con un’espressione
logaritmica del tipo:
S = k ·ln W + costante (2)
in cui W rappresenta il numero di possibili modi
equivalenti su scala microscopica (microstati) in cui le molecole possono
essere organizzate fra loro per dare lo stesso stato macroscopico (macrostato)
[2].
Boltzmann riuscì a trovare il legame tra il concetto
termodinamico di entropia e quello di disordine passando attraverso una chiave
di lettura statistica: qualsiasi situazione definita in modo tale da poter
essere descritta in pochi modi diversi viene riconosciuta come ordinata e meno
probabile. Al contrario, una qualsiasi situazione che possa essere descritta in
molti modi, tutti equivalenti, viene detta disordinata e più probabile.
Quando nel secondo principio della termodinamica si afferma
che l’entropia totale dell’Universo è in continuo aumento arriviamo a uno dei
concetti più importanti di tutta la scienza: in un qualsiasi processo reale e
spontaneo il disordine dell’Universo aumenta sempre. Anche se il moto di ogni
singola particella è reversibile nel tempo, non lo è la tendenza verso
l’aumento del “disordine” di una grande collezione di particelle. In questo
consiste la freccia del tempo, ossia nel divenire macroscopico dell’Universo da
uno stato di maggiore ordine, e meno probabile, ad uno di maggiore disordine, e
più probabile, proprio come nel caso dell’inchiostro nell’acqua.
Tentiamo una sintesi
Alla luce di quanto sopra esposto, viene spontaneo
tentare una sintesi accattivante. Nelle varie trasformazioni energetiche che
avvengono nell’Universo, l’energia totale rimane sempre costante (Primo
principio della termodinamica) anche se la sua qualità subisce una sorta di
degrado a causa dell’inevitabile tendenza al disordine. In altri termini, ad
ogni passaggio successivo, è come se l’energia perdesse di qualità e diventasse
sempre meno disponibile per produrre lavoro.
In tutto ciò la somiglianza tra la legge sperimentale di
Weber – Fechner (1) e l’interpretazione statistica dell’entropia fornita da
Boltzmann (2) è sorprendente.
Gli accostamenti, ad esempio, tra la risposta a uno
stimolo e l’entropia, così come tra il numero di microstati possibili e l’intensità
dello stimolo stesso non possono passare inosservati: uno stimolo esterno sarà
tanto più significativo quanto maggiore sarà il numero di microstati che
metterà a disposizione del sistema e, allo stesso tempo, la risposta
fisiologica sarà proporzionale al grado di disordine che viene introdotto a
livello biologico a fronte di tale interazione con l’ambiente. Di fatto
l’energia che viene fornita a livello cellulare genera un disordine in grado di
produrre sensazioni e percezioni con una risposta che in linguaggio matematico
diremo logaritmica.
Il nostro sistema percettivo, nel momento della
trasduzione, trasforma energia ordinata ad esempio sotto forma di onde
elettromagnetiche o acustiche, le quali contengono informazioni sull’universo
circostante, in impulsi nervosi, l’unico linguaggio che il cervello è in grado
di compredere, anche se più disordinati. Questo connotato degenerativo
comporta, dopo la trasduzione del nostro cervello, una perdita delle
informazioni originali dello stimolo e impedisce un’ulteriore possibilità di
produrre lavoro.
Note
(1) k rappresenta la costante di Boltzmann = 1,38·10-23
J/°K.
(2) Per esempio noi sappiamo che le microonde consentono
il funzionamento dei nostri telefoni cellulari, ma queste non sono visibili ai
nostri occhi.
Fisica - Libro
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