Meditazione e ipnosi: cosa ci dicono sul rapporto mente,
cervello e coscienza?
Scritto da: Redazione Scienza e Conoscenza
Medicina Non Convenzionale
Meditazione e ipnosi: cosa ci dicono sul rapporto mente,
cervello e coscienza?
Ce ne parla Enrico Facco, professore di Anestesiologia e
Rianimazione presso l'Università di Padova; specialista in Neurologia ed
esperto di terapia del dolore, agopuntura e ipnosi clinica. Ha condotto
numerose ricerche sul coma, sullo stato vegetativo persistente, sulla morte
cerebrale, sulla valutazione e terapia delle cefalee, del dolore cronico e
dell'ansia preoperatoria. Autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche.
"Dal positivismo e dal fisicalismo in avanti si
pensa che la coscienza sia solo un epifenomeno passivo dei circuiti cerebrali e
questo non è vero: abbiamo evidenze, nell’ambito sia della meditazione che
dell’ipnosi, di come noi possiamo intenzionalmente, facendo un lavoro
introspettivo, andare a modificare in maniera importante, profonda e
intenzionalmente per scopi precisi la regolazione e l’attività di aree
cerebrali inconsce.
Questo vuol dire che possiamo cominciare a pensare, con
molta serenità, al fatto che il rapporto mente-cervello non è solo un processo
bottom up, come vuole il riduzionismo, dai circuiti cerebrali alla coscienza o
alla psiche, che ne è un epifenomeno, ma semmai la gerarchia è bi-direzionale
perché il cervello sicuramente se cambia modifica la coscienza e l’attività
mentale, ma, d’altro canto, la coscienza e l’attività mentale possono
modificare la regolazione del cervello, in termini non solo funzionali e
momentanei ma addirittura strutturali.
Ormai è noto che il training, l’esperienza, è in grado di
creare connessioni e nuove sinapsi e modifica plasticamente il cervello. Quindi
noi siamo il prodotto del nostro cervello, ma siamo anche i custodi del nostro
cervello e lo possiamo modificare, nella nostra evoluzione e nella nostra
consapevolezza.
L’aspetto riduzionistico funziona benissimo come metodo
di studio per spiegare i meccanismi cerebrali, è potentissimo e non lo critico
da questo punto di vista: l’errore è farlo diventare una forma di teologia, di
paradigma per cui tutto deve esservi uniformato, il che risulta fortemente
dogmatico".
Continua la lettura dell'intervista a Enrico Facco
su Scienza e Conoscenza 59
Scienza e Conoscenza - n. 59 - Rivista Cartacea >> https://goo.gl/QbKsWF
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