Chi ha scoperto l'antimateria?
Scienza e Fisica Quantistica
È stato il grande fisico inglese Paul Dirac a postulare,
nel 1928, l'esistenza dell'antimateria: ripercorriamo insieme la strada di
questa straordinaria intuizione
Luigi Maxmilian Caligiuri - 03/10/2018
Il primo a postulare, dal punto di vista teorico,
l’esistenza dell’antimateria fu, nel 1928, il grande fisico inglese Paul Dirac,
come possibile soluzione della sua omonima famosa equazione che descrive il
comportamento quanto-relativistico delle particelle caratterizzate da spin
uguale a ½. Prima della scrittura di tale equazione nessuno sospettava la
possibile esistenza dell’antimateria e, in effetti, si assumeva “semplicemente”
la validità della legge di conservazione della massa (ossia delle particelle di
materia). Ciò significava che tutta la massa presente nell’Universo all’inizio
del tempo sarebbe rimasta la stessa in qualunque istante successivo, un
concetto che si sposava perfettamente con il modello di Universo statico e
macroscopicamente immutabile comunemente accettato a quell’epoca. In questo
senso, quindi, il principio della costanza della quantità totale di materia
nell’Universo non poneva particolari problemi concettuali.
Tuttavia, la successiva scoperta della legge di Hubble,
la relazione lineare che lega lo spostamento verso il rosso (redshift) delle
linee spettrali di emissione di una sorgente di luce alla distanza dal punto di
osservazione, ha fornito la prima indicazione sperimentale dell’espansione
dell’Universo. In un modello di Universo in espansione, se si assume la
conservazione della materia, la presenza di quest’ultima può essere solo
interpretata come condizione iniziale per la sua evoluzione successiva.
Tuttavia l’equazione di Dirac impone una mutazione radicale di tale concezione.
Per comprendere la rivoluzione concettuale introdotta dall’equazione di Dirac è
necessario ricordare che, al tempo della sua formulazione, era nota l’esistenza
di due tipi di particelle di materia soltanto, ossia elettroni e protoni
mentre, per la definitiva accettazione della scoperta del neutrone, si dovrà
attendere sino al 1932. L’equazione di Dirac ebbe subito una conferma sperimentale
in quanto fu in grado di predire il corretto valore del momento magnetico
dell’elettrone ma, allo stesso tempo, conteneva un profondo enigma la cui
manifestazione più evidente era costituita dalla previsione di stati
caratterizzati da valori di energia negativi. Tale questione è intimamente
legata anche al significato che bisogna attribuire alla massa nell’ambito della
Teoria della Relatività Speciale di Einstein. Di fatto, quest’ultima richiede
che un qualsiasi corpuscolo materiale, di massa m, possieda, anche se in quiete
rispetto a un dato sistema di riferimento inerziale, un’energia, detta “energia
a riposo”, data dalla famosa equazione di Einstein, che può essere considerata
come latente all’interno del corpuscolo considerato. Nel caso di un corpo in movimento,
il quadrato dell’energia totale del corpo equivale alla somma del quadrato
dell’energia a riposo e del quadrato dell’energia cinetica. Il problema nasceva
dal fatto che la presenza di tale termine quadratico di energia nell’equazione
di Dirac implicava la presenza di soluzioni, per il valore dell’energia totale,
sia positive sia negative (essendo il quadrato di una quantità negativa un
valore positivo al pari del quadrato di una quantità positiva). Tali stati
appaiono tuttavia “innaturali” e non-fisici, atteso anche che nella comune
esperienza quotidiana non vi sono evidenze della presenza di valori di energia
negativa per un corpo materiale isolato.
Ciò poneva quindi un serio problema d’interpretazione
dell’insieme di tali stati a energia negativa ovvero del cosiddetto “mare di
Dirac”. Nel migliore dei casi tale circostanza poteva essere interpretata come
la necessità di ridefinire, in qualche modo, lo stato di vuoto fisico e il
conseguente livello zero dell’energia delle particelle isolate mentre, nel
peggiore dei casi, come la presenza di un difetto strutturale della teoria la
quale non ammetteva, in tal modo, uno stato caratterizzato da un valore minimo
di energia con la conseguenza, ad esempio, che un elettrone o un protone avente
un livello iniziale di energia positiva, avrebbero potuto “scivolare”
spontaneamente in uno stato di energia negativa cedendo la propria energia e
rendendo così di fatto instabile tutta la materia di cui siamo fatti e quella
che ci circonda. Tuttavia la materia appare sostanzialmente stabile e può
apparire paradossale che lo stesso Dirac utilizzò tale condizione (di
stabilità) come presupposto fondamentale della sua teoria. Nel caso dei
fermioni, ossia della particelle caratterizzata da valori semi-interi dello
spin (una proprietà tipica particelle quantistiche) la soluzione alla questione
della stabilità della materia è offerta dal famoso “principio di esclusione”
già formulato da W. Pauli secondo il quale due fermioni (come ad esempio due
elettroni) non possono coesistere nello stesso stato quantistico.
Nella teoria di Dirac, il vuoto fisico non è considerato
come effettivamente “vuoto”, ossia privo di qualsiasi proprietà intrinseca,
quanto piuttosto come una sorta di enorme “contenitore” (il “mare” appunto)
contenente un numero infinito di possibili stati quantici di energia negativa.
La superficie di questo “mare” corrisponde, in tale rappresentazione, al
livello di zero dell’energia e se si suppone che tutti i possibili stati a
energia negativa siano occupati, ad esempio, da elettroni, per il principio di
Pauli nessun altro elettrone, dotato di energia negativa, potrebbe “scivolare”
nel mare stesso andando così a occupare un livello energetico negativo. Ciò
assicurerebbe, in tal modo, la stabilità della materia osservata nel mondo
macroscopico. Tuttavia, nell’interpretazione di Dirac, tale mare non è
un’entità statica e invariabile ma dinamica. Infatti, secondo Dirac, se si
fornisse “sufficiente” energia, ad esempio attraverso della radiazione
elettromagnetica di sufficiente frequenza, si potrebbe far “saltare” un
elettrone da uno stato a energia negativa a uno ad energia positiva, generando
così un “buco” nel mare di Dirac ovvero ciò che viene indicato come “lacuna”.
Tale lacuna, ovvero la mancanza di una particella con carica negativa ed
energia negativa verrebbe quindi interpretata, nella teoria, come la
“materializzazione”, a partire dal vuoto fisico, di una particella avente
carica positiva ed energia positiva ovvero di ciò che è denominato positrone (o
elettrone positivo), che rappresenta, così, l’anti-elettrone.
È proprio attraverso tale meccanismo che Dirac teorizza
l’esistenza dell’antimateria, ossia, per ogni particella di materia, della
corrispondente anti-particella, avente massa uguale alla prima ma carica elettrica
uguale ed opposta in segno. Secondo questo schema, dunque, il rapporto tra
materia ed antimateria è caratterizzato da una completa simmetria tra i membri
di una coppia particella-antiparticella. Inoltre la stessa teoria prevede la
possibilità, solo successivamente verificata sperimentalmente, di generare, dal
vuoto, una coppia elettrone-positrone in presenza di una quantità sufficiente
di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Il processo è spiegato
nel modo seguente: la radiazione elettromagnetica rilascia la propria energia a
un elettrone che si trova in uno stato di energia negativa nel “mare di Dirac”
che, di conseguenza, “salta” in uno stato di energia positiva e carica negativa
generando, al suo posto, una lacuna (ossia una particella di energia positiva e
carica positiva). La previsione teorica dell’antimateria, e in particolare
dell’esistenza di un anti-elettrone è parsa, alla maggior parte dei fisici, nel
periodo in cui è stata formulata, come un’ipotesi puramente fantascientifica.
Si deve ricordare. Infatti, all’epoca, le uniche particelle elementari
conosciute erano rappresentate dal protone e dall’elettrone le quali erano
inoltre considerate come immutabili ed eterne. Al contrario, la teoria di Dirac
rappresentava una realtà nella quale particelle ed antiparticelle possono
scomparire e ricomparire dal “nulla”, convertendo la materia in pura energia e
viceversa. Inoltre uno dei fondamenti della teoria era costituito dalla
perfetta simmetria tra particella e relativa antiparticella e quindi dalla
necessità che, per ogni particella di materia, dovesse esistere una
corrispondente antiparticella (di pari massa e carica elettrica opposta),
principio oggi considerato come una caratteristica fondamentale del
comportamento della Natura.
In accordo con la rappresentazione di Dirac, oggi,
infatti, assumiamo che il “mare” degli stati a energia negativa sia in
effettivamente popolato da tutte le possibili particelle elementari dotate di
massa (quark e leptoni) che, soddisfacendo al principio di Pauli, lo riempiono
completamente.
Le interazioni tra particelle ed antiparticelle e i
relativi fenomeni di annichilazione si manifestano continuamente in natura e
ciò ha fornito una conferma importante della teoria di Dirac. Basti pensare, ad
esempio, ai raggi cosmici ad alta energia che regolarmente penetrano
l’atmosfera terrestre interagendo con essa e producendo piccolissime quantità
di antimateria rinvenibile nei getti di particelle così generati che si
annichilano, subito dopo, con la particelle di materia presenti in atmosfera.
Anche le esigue quantità di antimateria generate artificialmente in laboratorio
sono state sempre accompagnate dalla generazione di un’eguale quantità di
materia e dalla successiva quasi immediata annichilazione materia-antimateria.
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