L'universo potrebbe essere un gigantesco ologramma 2
Seconda parte
Fisica dell'incredibile
Secondo una teoria che prende il nome di principio
olografico, l’universo sarebbe simile ad un gigantesco ologramma
di Fausto Bersani Greggio
Tre ricercatori bolognesi, Giulio Pozzi, Gian Franco
Missiroli e Pier Giorgio Merli, utilizzarono un dispositivo (intensificatore di
immagine) così sensibile da poter visualizzare la traccia di un singolo
elettrone alla volta. L’esperimento, pubblicato nel 1976, riuscì a mettere in
evidenza, nello stesso tempo, le tracce dei singoli elettroni e la formazione,
su uno schermo posto dietro le fenditure, di frange di interferenza a partire
dall’accumulo di queste tracce, un risultato previsto dalla meccanica
quantistica, ma mai sperimentato prima a questo livello di precisione, peraltro
ritenuto dai più irraggiungibile.
Qualora una delle due fenditure venisse chiusa, si passa
da una figura di interferenza ad una di diffrazione, che, seppur
strutturalmente diversa, conferma anche in questo caso un comportamento
ondulatorio della materia.
Una versione moderna (2008) di tale esperimento è stata
realizzata da Giulio Pozzi, e Stefano Frabboni e Gian Carlo Gazzadi (Università
di Modena), con fenditure della dimensione di alcune decine di nanometri
(miliardesimi di metro), risultato che sarebbe stato totalmente fuori dalla portata
delle tecnologie degli anni ’70/’80.
In particolare si può dimostrare che l’entropia è
aumentata a causa di un maggiore grado di imprevedibilità e di disordine del
sistema. Il disordine ha molte più configurazioni dei pochi stati che chiamiamo
“ordinati”, e pertanto risulta più imprevedibile.
Un risultato significativo che è emerso dai miei calcoli
è legato al fatto che tale variazione di entropia dipende dalla superficie
totale delle due fenditure, inizialmente entrambe aperte.
Il sistema di fatto “ricorda” lo stato iniziale e ci
permette di verificare che, anche se l’impostazione dell’esperimento è
cambiata, l’informazione iniziale si è conservata.
Ancora una volta emerge un risultato relativo
all’entropia la quale dipende da una superficie bidimensionale che, in qualche
modo, nasconde un volume: nella fattispecie lo spazio tridimensionale che si
trova tra le fenditure e lo schermo. In sostanza si ripresenta un principio
olografico in ambito quantistico.
La tridimensionalità non è l'unica caratteristica
interessante degli ologrammi: se l'ologramma di una mela viene tagliato a metà
e poi illuminato da un laser, si scopre che ciascuna metà contiene ancora
l'intera immagine della mela. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo
che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà in sé (-gramma) sempre una
versione più piccola, ma intatta, di tutte le informazioni dell’intera (olo-)
immagine. Si riscontra pertanto una proprietà di self – similarità della figura
ottenuta.
E’ interessante notare che tale proprietà è tipica dei
frattali. In una mia altra pubblicazione, sempre su questa rivista [2],
dimostrai che, partendo dalle immagini bidimensionali delle mappe dell’universo
neonato inviate dal satellite Planck, le micro perturbazioni termiche presenti
ad un’epoca di circa 380000 anni dopo il big bang, mostravano la stessa
dimensione frattale delle strutture cosmiche che si sarebbero poi andate a
formare nello spazio tridimensionale.
Spingendoci oltre, possiamo notare come queste stesse
strutture formate da ammassi e superammassi di galassie mostrino
un’impressionante somiglianza con la conformazione delle cellule cerebrali di
un uomo, al punto da apparire quasi indistinguibili.
Il cervello umano contiene oltre 10^11 neuroni, stesso
ordine di grandezza del numero di galassie stimato nell’universo osservabile.
Molti di tali neuroni hanno migliaia di connessioni con altri neuroni
esattamente come avviene per le galassie a livello cosmologico con una serie di
filamenti di collegamento, tenendo comunque presente che un ammasso galattico è
circa 10^28volte più grande del soma (parte centrale) di un neurone.
Una sorta di principio olistico in cui sembra che, sia a
livello microscopico che a livello macroscopico, ogni frammento dell’universo
abbia in sé l’immagine del “tutto”, in buona sostanza come se tutto facesse
parte di un unico grande ologramma in cui tutto compenetra tutto.
Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare,
classificare e suddividere i vari fenomeni, ogni suddivisione risulterebbe necessariamente
artificiale e tutta la natura non sarebbe altro che una immensa rete
ininterrotta di informazioni. La grandissima mente di Leonardo Da Vinci diceva:
“Il genio sta nella consapevolezza di capire che tutto è
collegato a tutto”.
Bibliografia
[1] Bersani G. F. https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/consapevolezza/i-buchi-neri-non-evaporano
(2016)
[6] Bersani G. F. https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/universo-frattale
(2016)
Il segreto dell'Universo >> http://bit.ly/2IGjCZu
Mente e materia nella scienza del terzo millennio
Fabrizio Coppola