La speranza e' come un farmaco
intervista a Fabrizio Benedetti
Medicina Non Convenzionale
Quando dire “starai meglio” è come prendere la morfina:
le neuroscienze dimostrano che le parole hanno lo stesso effetto dei farmaci
Marianna Gualazzi - 24/10/2019
Il seguente articolo è tratto da Scienza e Conoscenza 70
Le parole attivano processi biochimichi che sono gli
stessi dei farmaci, ma è più corretto dire il contrario: sono i farmaci a
utilizzare le vie biochimiche che le parole utilizzano dalla notte dei tempi.
Ma di quali parole stiamo parlando? Di quelle di speranza e fiducia, quelle
pronunciate con empatia da chi si prende cura di una persona che non sta bene,
dalla mamma che consola il figlio che si è sbucciato un ginocchio in bicicletta
e gli dice in tono amorevole che non è nulla e che in braccio dalla mamma, e
con una canzone dolce sussurrata all’orecchio, starà subito meglio. Queste
parole producono nel nostro corpo cascate di neurotrasmettitori come le
endorfine, che sono le stesse che vengono attivate, ad esempio, dalla morfina e
che ci aiutano ad alleviare il dolore: lo scopro leggendo La speranza è un
farmaco, l’ultimo libro di Fabrizio Benedetti – professore di Neuroscienze
all’Università di Torino e direttore del Centro di Medicina e Fisiologia
dell'Ipossia presso i laboratori di Plateau Rosà in Svizzera, tra i massimi
studiosi mondiali dell’effetto placebo – che sento al telefono per una
chiacchierata.
Quali sono i meccanismi neurobiologici e psicologici alla
base dell’effetto placebo? Perché e come funziona?
Le aspettative del paziente giocano un ruolo cruciale,
insieme con la fiducia nel medico e nella terapia, nonché la speranza di
guarigione. Questi fattori psicologici scatenano nel cervello del paziente
l’attivazione di sostanze chimiche in grado di produrre effetti benefici, per
esempio la riduzione del dolore.
L’interesse della scienza verso il placebo è stato
principalmente motivato dal suo utilizzo nel testare la validità dei
trattamenti farmacologici: come viene utilizzato il placebo per questo scopo?
Qualsiasi nuova terapia dev’essere testata e paragonata a
un placebo, cioè a una terapia finta, proprio perché a volte succede che i
fattori psicologici prima descritti sono in grado di produrre un effetto
benefico. Quindi, se la terapia vera è più efficace della terapia finta, si
dice che la terapia è veramente efficace poiché il miglioramento non è dovuto a
fattori psicologici. Ovviamente, dobbiamo capire di che cosa stiamo parlando.
Se parliamo di dolore, performance motoria, ansia, depressione, i fattori
psicologici giocano un ruolo importante. Al contrario, se viene somministrato
un antibiotico placebo (finto) a un paziente che soffre di polmonite, il
paziente muore di polmonite.
In anni recenti l’effetto placebo è diventato argomento
di studio in sé: cosa hanno rivelato i più recenti studi? Cosa ci dicono in
merito all’affascinante rapporto tra mente, cervello e corpo?
Un’attività mentale complessa, come l’aspettarsi un
beneficio, induce effetti fisiologici, cioè dei cambiamenti nel cervello e nel
corpo del paziente. Questo enfatizza lo stretto legame fra eventi mentali ed
eventi cerebrali.
L’effetto placebo e l’effetto nocebo fanno parte della
nostra vita di tutti i giorni: può farci qualche esempio?
Un esempio di placebo è la tazzina di caffè per rimanere
svegli, attenti e vigili; ma è solo un effetto psicologico, poiché una tazzina
non contiene la dose adeguata di caffeina per avere questi effetti. L’esempio
opposto per il nocebo è il credere che bere una tazzina di caffè non faccia
dormire: anche in questo caso, una tazzina non contiene la sufficiente quantità
di caffeina per produrre insonnia.
Nel suo libro La speranza è un farmaco lei racconta di
come le parole siano equiparabili ai farmaci: ci vuole spiegare meglio?
Questo è proprio quello che sta emergendo dalle
neuroscienze. Le parole usano gli stessi meccanismi dei farmaci. Anzi sarebbe
meglio dire il contrario: sono i farmaci a usare gli stessi meccanismi delle
parole, visto che nel corso dell’evoluzione sono nate prima le parole e
l’interazione sociale. Per esempio, la morfina usa la via biochimica delle
endorfine, ma le parole positive di riduzione del dolore attivano esattamente
le stesse endorfine...
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Scienza e Conoscenza n.70 - Ottobre/Dicembre 2019 —
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Nuove scienze, Medicina Integrata
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