Tumore, acidita' e inibitori di pompa protonica
Cancro: le cure alternative
Gli inibitori di pompa protonica comunemente in uso nel
mondo come potenti anti-acidi (PPI) sono in grado di rendere le cellule
cancerogene e i tumori sensibili all’azione dei chemioterapici, rendono quindi
i farmaci antitumorali più efficaci e hanno di per sé un effetto antitumorale
Stefano Fais - 22/01/2020
Un fenomeno di grande importanza nella terapia dei tumori
è la capacità delle cellule tumorali di resistere all’azione di una grande
varietà di agenti anticancerogeni, e l’acidità tumorale, specialmente nei
tumori solidi, ha un ruolo chiave. Il meccanismo secondo cui l’acidità tumorale
riduce l’effetto dei farmaci antitumorali (che sono fondamentalmente tutti dei
terribili veleni cellulari) è basato sul fatto che la maggior parte di questi
composti sono “basi deboli” (chimicamente parlando). Quindi se si trovano in un
ambiente ricco di H+, cioè acido, vengono immediatamente protonati e
neutralizzati all’esterno delle cellule tumorali: in poche parole i farmaci
vengono bloccati nell’ambiente extracellulare e non entrano nella cellula
tumorale. Anche le poche molecole che riescono a entrare, probabilmente
mediante una sorta di effetto auto tamponante, sono inglobate dalle vescicole
intracellulari acide, che le neutralizzano e/o le eliminano mediante rilascio
extracellulare di tali vescicole.
Il nostro gruppo è stato il primo al mondo a lavorare
sull’ipotesi che una inibizione delle pompe protoniche potesse sia migliorare
l’effetto delle terapie esistenti, sia di per sé avere un effetto
anti-tumorale. Abbiamo quindi inizialmente dimostrato che inibitori di pompa protonica
comunemente in uso nel mondo come potenti anti-acidi (PPI) erano in grado di
rendere le cellule cancerogene e i tumori sensibili all’azione dei
chemioterapici, anche a dosi sub-ottimali. I dati pre-clinici hanno portato al
coordinamento di una serie di studi clinici in pazienti con diversi tipi di
cancro e con risultati veramente incoraggianti. Inoltre tali dati sono stati
supportati da studi clinici in animali da compagnia affetti con tumori
spontanei.
Comunque, l’ipotesi più stimolante e originale era quella
di privare, tramite utilizzo di PPI, le cellule cancerogene delle condizioni
per loro essenziali alla sopravvivenza. Questo allo scopo di indurre una sorta
di suicidio nelle cellule mediante l’acidificazione intracellulare e la
conseguente attivazione di enzimi litici, in grado di indurre una rapida e
inesorabile morte cellulare. Gli esperimenti condotti in questa direzione hanno
tutti mostrato che i PPI (farmaci come omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo,
rabeprazolo, già usati per le gastriti), sono estremamente tossici per diverse
cellule tumorali umane. I dati da noi ottenuti sono in grande accordo con
quanto dimostrato da altri colleghi che utilizzano molecole in grado di inibire
altri scambiatori di protoni e ioni come le anidrasi carboniche (1), i
symporter come NHE1 (2), e i trasportatori delle monocarbossilasi (3).
Note
(1) Un enzima presente nei globuli rossi del sangue,
l'anidrasi carbonica, aiuta nella conversione dell'anidride carbonica ad acido
carbonico e ioni bicarbonato.
(2) Un symporter è una proteina integrale della membrana
che è coinvolta nel trasporto di molti tipi differenti di molecole attraverso
la membrana cellulare. Il simporter lavora nella membrana plasmatica e le
molecole vengono trasportate contemporaneamente attraverso la membrana
cellulare ed è quindi un tipo di cotransportatore. NHE-1 è noto anche come
scambiatore di sodio / idrogeno 1.
(3) Si tratta di proteine che catalizzano la diffusione
del lattato attraverso le membrane cellulari.
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