Perche' una terapia antiacida nei tumori e' efficace?
Medicina Integrata
Gli inibitori di pompa protonica sono farmaci banali dal
potente effetto antitumorale: perché non sono ancora nei protocolli?
Stefano Fais - 24/01/2020
Il nostro gruppo di ricerca è stato il primo al mondo a
lavorare sull’ipotesi che un’inibizione delle pompe protoniche potesse sia
migliorare l’effetto delle terapie esistenti sia avere, di per sé, un effetto
antitumorale. Abbiamo, quindi, inizialmente dimostrato che gli inibitori di
pompa protonica (PPI), comunemente usati nel mondo come potenti antiacidi
(omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo), erano in
grado di rendere le cellule cancerogene e i tumori sensibili all’azione dei
chemioterapici, anche a dosi sub-ottimali.
Ma questa scoperta non poteva certo completamente
soddisfare la mia curiosità. Quello che mi stimolava di più era il rendermi
conto che le pompe protoniche erano forse uno dei più importanti stratagemmi
che le cellule tumorali usavano per rimanere vive e vegete in un ambiente
estremamente tossico. Infatti, le pompe protoniche – agendo sia stipando H+
nelle vescicole interne alle cellule, sia eliminandoli esternamente –
impediscono l’acidificazione interna delle cellule tumorali. Esperimenti
successivi ci hanno dimostrato che trattando cellule tumorali umane e tumori di
vario tipo con soli PPI si induceva una vera e propria morte cellulare, la
quale innescava meccanismi interni solo in parte conosciuti.
La conclusione era semplice: la cellula tumorale non
sopravvive in un microambiente molto ostile perché metabolizza, ovvero
utilizza, le sostanze presenti nell’ambiente, ma perché fa in modo che esse non
penetrino internamente. Un meccanismo chiave a questo fine sono le pompe
protoniche; inibendole la cellula tumorale si trova totalmente disarmata e
muore avvelenata di quello che lei stessa normalmente produce. Quindi, si può
ottenere un effetto antitumorale potentissimo con dei farmaci che sono
praticamente privi di effetti collaterali e che portano a tale effetto con un
meccanismo che nessuno dei farmaci attualmente in uso nella terapia dei tumori
utilizza, cioè l’inibizione di una funzione, probabilmente ancestrale, che
semplicemente impedisce alle sostanze tossiche di intossicare i tumori.
Un nuovo paradigma della terapia tumorale
Gli inibitori di pompa protonica sono dei generici, che
quindi comporterebbero dei costi ridottissimi e un’accessibilità alle cure in
tutto il mondo, compresi i Paesi economicamente depressi. I PPI inoltre
funzionano nei confronti di tutti i tumori, perché l’acidità extracellulare e
l’iperattività delle pompe protoniche sono comuni a tutti i tumori.
Riflettere su questo porta a concludere che, molto
semplicemente, l’acidità tumorale rappresenta un aspetto chiave della malignità
comune a tutti i tumori, e che l’idea di usare la terapia antiacida (da sola o
in combinazione con altri farmaci) nelle nuove strategie terapeutiche contro i
tumori potrebbe contribuire a rendere i tumori delle malattie curabili, non da
ultimo riducendo drasticamente gli effetti collaterali delle terapie in uso. I
risultati del mio gruppo – insieme a quelli ancora più recenti di altri gruppi
nel mondo – propongono per il futuro un nuovo paradigma della terapia tumorale:
quello di privare i tumori dei meccanismi che consentono loro di sopravvivere
nell’ambiente ostile da loro stessi creato e mantenuto.
A cominciare dalle pompe protoniche. Ma molti altri
“scambiatori di protoni o di ioni” sono coinvolti nell’omeostasi delle cellule
cancerogene, e l’inibizione di queste molecole conduce sempre a potenti effetti
antitumorali.
A sostegno di quanto detto ho avuto il privilegio di
partecipare a tre studi clinici in pazienti umani e a due studi effettuati in
animali da compagnia affetti da tumore. Questi studi non avevano alcuna
possibilità di essere proposti come trattamenti in prima linea di pazienti
affetti da tumori alla prima diagnosi. Le terapie oncologiche sono basate su
rigide linee guida che nessun oncologo del mondo potrà non seguire.
Quindi erano basati sulla possibilità di indurre o
aumentare tramite PPI l’efficacia dei tradizionali chemioterapici. I risultati
già pubblicati hanno tutti dimostrato una chiara capacità dei PPI
nell’aumentare l’efficacia di una vasta gamma di chemioterapici di uso comune.
Il mio auspicio è ovviamente che i PPI possano entrare
integralmente nella terapia dei tumori e che contribuiscano a consolidare una
nuova visione nella gestione dei pazienti oncologici, basata non su un attacco
massivo ed estremamente aggressivo nei confronti del cancro – che troppo spesso
mina alle radici le enormi potenzialità del nostro corpo di reagire alla
malattia – ma a una rivisitazione moderna e integrata del concetto di cura...
Stefano Fais
Stefano Fais si è laureato in Medicina e Chirurgia nel
1981. Per circa 15 anni ha condiviso l’attività di medico con l’attività di
ricerca e nel 1994 ha deciso di dedicarsi completamente ad essa. È attualmente
Direttore di Ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità. È autore di più di
200 fra lavori scientifici, monografie e libri ed è inventore di 10 brevetti.
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Stefano Fais
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Nuove scienze, Medicina Integrata
AA. VV.