L’Immortalità dell’Anima e le recenti scoperte sul vuoto
superfluido
di Sabato Scala
Pochi ricercatori hanno il coraggio di ammetterlo, ma
dopo più di cento anni il concetto di “Etere”, sostanza che, secondo gli
studiosi ottocenteschi colmava il vuoto e consentiva la propagazione delle onde
elettromagnetiche, torna ad aver senso. Purtroppo le ferree leggi non-scritte,
dell’inquisizione scientifica che si cela dietro la revisione e verifica degli
articoli nota come “peer review”, non consente di utilizzare questo termine in
modo esplicito.
Anche il recente “tam-tam” e le urla di gioia per la
scoperta delle onde gravitazionali e per l’ennesima previsione corretta di
Einstein, insieme al silenzio sotto cui passano tutti gli studi e i dati che
confermano l’esistenza di un “vuoto non vuoto”, vano lette in questa luce.
Einstein è stato sicuramente un genio, eppure commise un
grave errore che non fu, come si pensa, avere negato la correttezza del modello
quantistico, ma l’avere tagliato fuori dalle sue teorie lo strumento che gli
avrebbe consentito di realizzare il suo sogno di unificazione delle forze:
l’Etere.
L’Etere, quindi, torna oggi in scena con svariati nomi:
“vuoto quantistico”, “materia oscura”, “flusso oscuro”, “gravità a loop”,
“tassellature”, “triangolazione dinamica causale”, “universo come computer
quantistico”, “vuoto superfluido” e così via, la fantasia degli scienziati non
ha limiti pur di non usare la parola proibita: Etere.
Nei miei due precedenti articoli ho mostrato come gli
ultimi dieci anni di scoperte su quello che si insiste a chiamare vuoto, hanno
confermato che l’Etere esiste e hanno consentito di intravedere il ruolo
straordinario e rivoluzionario che può ricoprire nei prossimi anni come
strumento indispensabile per qualunque teoria che provi a conciliare
l’inconciliabile: relatività e quantistica.
Di tutte le possibili letture della “forma dell’Etere”
quella che prediligo, anche perché è il risultato della teoria che abbiamo in
dettaglio nel nostro testo “La Fisica di Dio” pubblicato nel 2011, è l’Etere, o
se preferite il vuoto, come “superfluido” con natura neurale.
Gli ultimi cinque anni hanno prodotto una notevole
accelerazione nelle indagini sulla forma superfluida del vuoto, anche grazie ai
risultati incoraggianti di numerose sperimentazioni. Purtroppo ancora pochi
ricercatori, con estrema cautela, hanno approfondito l’enorme portata di questa
scoperta.
Una breve inferenza logica adoperata nel mio precedente
articolo, aiuta a comprendere di cosa stiamo parlando.
Il vuoto come superfluido polare può essere descritto
dalla cosiddetta teoria dei Vetri di Spin che, nella sua forma matematica, cela
un meccanismo di auto-organizzazione dell’Universo basato sul modello neurale
di John Hopfield. Che significa?
In maniera grossolana semplicemente che il vuoto, da cui
si genera tutto ciò che conosciamo, ha una natura “intelligente”.
Per evitare equivoci chiarisco che, con questo termine,
mi riferisco alla capacità che il vuoto esplica di modificare la sua forma e di
auto-organizzarsi “apprendendo” ed “elaborando” informazioni in forma di
perturbazioni nella sua struttura infinitesimale, secondo un modello simile a
quello adottato dai neuroni del nostro cervello.
In questo modo ogni “azione” e “reazione” del vuoto è il
frutto complesso di tutto ciò che è accaduto ad esso in passato, e costituisce
una “ottimizzazione”, in termini di ordine ed energia, delle precedenti
“reazioni”.
E’ chiaro che, dietro un modello simile, c’è anche
un’altra affermazione che si scontra con la teoria dello spazio-tempo di
Einstein: il vuoto non solo è “pieno”, a differenza di come pensava Einstein,
ma la “sostanza” fluida che lo compone ha una natura discreta e quantizzata,
per intenderci è come composto da elementi infinitesimi non ulteriormente
divisibili.
Gli esperimenti assai meno famosi, condotti di recente
con un altro rilevatore di onde gravitazionali, il GEO600, hanno confermato
questa previsione e la teoria di fondo espressa da Craig Hogan e Stewen
Hawking. In questi esperimenti si è notata la presenza di un rumore non
eliminabile che ha impedito di ottenere risultati attendibili, e fare una
qualunque misurazione valida delle sfuggenti onde gravitazionali, nonostante
gli svariati sforzi fatti per aumentarne la sensibilità.
La conclusione è stata che il rumore non è dovuto allo
strumento ma alla natura “particellare” e discreta del vuoto. Chissà quale peso
ha avuto questa scoperta nelle operazioni di miglioramento della sensibilità
dell’interferometro VIRGO adoperato per la scoperta delle onde gravitazionali e
che tipo di “filtraggio” è stato adottato per schermare questo “presunto”
rumore. Ma torniamo a noi.
Cosa c’entra tutto questo con l’Anima e con la sua natura
immortale?
Per capirlo occorre portare la mente più avanti di
qualche anno certi che, la direzione che i ricercatori hanno già preso non
potrà che confermare quanto abbiamo qui dedotto ed esposto in sintesi.
Cominciamo, quindi, col sondare le conseguenze di un
“modello neurale” del vuoto quantistico.
La disponibilità di un modello matematico, tutto sommato
non complesso come quello di John Hopfield, ci consente di trarre alcune
semplici ma importantissime conseguenze.
Risparmiandovi la dimostrazione matematica, provo a
spiegarvi in dettaglio una tra le principali caratteristiche di questo modello:
il fenomeno di “saturazione”, che ci servirà per giungere al concetto di Anima.
Il modello neurale di Hopfield descrive una rete di
strutture dette “neuroni” o “perceptroni”, collegate in cascata in modo che
l’uscita singola di ciascuna di esse sia l’ingresso di un neurone subito
seguente.
Volendola immaginare mentalmente, una rete di Hopfield si
presenta come una specie di albero capovolto.
I rami costituiscono gli ingressi della rete, le radici
le uscite, mentre i nodi in cui più rami si uniscono rappresentano i “neuroni”
o “perceptroni”, come li appellò Hopfield.
Ogni perceptrone, o se preferite neurone, non fa altro
che mettere insieme informazioni elementari, attribuire a ciascuna di esse un
peso, e sommarle in base al peso attribuito, per fornire come risultato un
singolo specifico concetto.
In figura è riportata una generica rete “ricorrente”
non-stratificata nella quale ogni
Modello di Hopfield – In figura è riportata una generica
rete “ricorrente” non-stratificata nella quale ogni nodo (neurone) è collegato
a tutti gli altri eccetto se stesso, attraverso connessioni “pesate”.
La diversità dei pesi consente al neurone operazioni di
natura complessa e gli offre la possibilità di mappare concetti differenti. Una
volta però che il neurone, con un meccanismo di “aggiustamento” dei pesi, mappa
un concetto, si specializza nel riconoscere quello specifico concetto
elementare e, una volta riconosciuto, passa l’informazione ai successivi
neuroni della rete.
Più sono i neuroni più è complesso l”Albero” delle
connessioni e, quindi, più complessi sono i ragionamenti e le “deduzioni” che
una rete neurale può trarre.
Nessun neurone potrebbe, però, funzionare senza la
presenza di una particolare funzione matematica che fa da filtro a ogni
elaborazione: la sigmoide.
Non vi spaventate! Se mi avete seguìto fin qui proverò a
spiegarvi anche questo concetto senza entrare nel dettaglio matematico.
Questa particolare funzione detta “a soglia” consente,
per così dire, al neurone di “fissare le idee” facendo in modo che se un
determinato concetto trova nella realtà conferme, a ogni conferma esso si
rafforza.
I continui rafforzamenti di un singolo concetto appreso
dalla rete, confermano quanto la rete ha dedotto e, a un certo punto, diventa
quasi impossibile, per il singolo neurone, “cambiare idea” e di conseguenza,
che la rete neurale nel suo complesso “cambi idea”, su alcuni aspetti della
realtà e su alcune sue “convinzioni”.
Vi ricorda nulla questo comportamento? Insieme a vari
aspetti positivi è anche la fonte di quella pessima abitudine umana che
definiamo “cocciutaggine”, ora sapete che ha origine in uno specifico modello
matematico: il modello di Hopfield.
Questo modo di funzionamento tipico dei neuroni è ciò che
io chiamo “capacità di saturazione”.
Nei modelli “neurali” del vuoto ogni neurone è un
elemento infinitesimo che è connesso agli altri in cascata, per intenderci e
differenziarci dalle singole teorie, lo chiameremo per convenzione “metrone”
anzichè semplicemente “neurone”.
Facciamo un esempio per capire meglio.
Immaginiamo un gruppo di persone distribuite a caso assai
vicine tra loro.
Supponiamo che stiano partecipando a un grande gioco di
gruppo.
Il gioco consiste in una serie di colpi sulla schiena che
le persone devono scambiarsi, appena ne ricevono uno sulla propria.
In altre parole ogni persona che riceve un numero di
colpi contemporanei sulla propria schiena, li interpreta come segnale per dare,
a sua volta, un colpo sulla schiena della persona di fronte che gli volge le
spalle, ma solo se i colpi ricevuti sono sufficienti a sbilanciarlo in avanti.
La forza che adotterà per colpire, a sua volta, la
persona di fronte a lui, in questo gioco dipende dalla forza complessiva dei
colpi che ha ricevuto sulla propria schiena, ma non solo da questa.
L’inclinazione, o l’angolo, che ogni persona ha rispetto
alla schiena della persona che ha davanti, influenza l’effetto del colpo che
può infliggere.
Un eccesso di angolazione riduce l’efficacia del colpo e,
di conseguenza, l’angolo è una misura del “peso” e dell’effetto che il colpo
avrà una volta sferrato.
Un importante elemento del gioco è costituito dal cambio
di posizione che avviene ogni qual volta una persona si sbilancia in avanti e
riprende l’equilibrio spostando i piedi.
Così facendo la sua posizione relativa nel gruppo si
modifica e, così, cambia l’angolo tra le persone vicine e, quindi, cambia
l’effetto che ci sarà al successivo scambio di “colpi sulla schiena”.
Sostituendo a ogni persona un “neurone”, questo gioco, in
apparenza stupido, fornisce una metafora che descrive il comportamento di una rete
neurale e, come essa “apprende” modificando la forma e la posizione dei singoli
neuroni e la sua geometria interna.
Ma torniamo alla metafora.
Immaginate di osservare dall’alto la scena. Noterete che
la “Massa” delle persone si muove e ha una dinamica che cambia la “geometria”
della loro disposizione.
Se non ci sono sollecitazioni la geometria non cambia, ma
ad ogni sollecitazione le persone singolarmente si spostano.
La modalità in cui i colpi inferti ad una persona che si
trova al bordo esterno della massa, si propaga all’interno del gruppo dipende
sia dal tipo di sollecitazione che imprimiamo dall’esterno, sia dalla forma
dinamica che in quel momento caratterizza il gruppo di persone.
La geometria del gruppo di persone è, quindi, un
meccanismo che incamera informazioni.
La cosa sulla quale desidero attrarre la vostra
attenzione, è la formazione di “sottogruppi” stabili che hanno raggiunto una
situazione di “equilibrio” e che, quindi, seppure trasferiscono l’informazione
che ricevono, non sono più caratterizzati da grandi spostamenti individuali
delle persone.
In buona sostanza, nella massa delle persone, si formano
delle aree relativamente “stabili” che chiamiamo “cluster”. Quest o cluster
contiene un’informazione che, spesso, si trasferisce da gruppo a gruppo,
conservando la forma.
Ognuno di questi sottogruppi costituisce e rappresenta,
in una rete neurale reale, un concetto consolidato e “saturo”: ecco spiegato
cosa intendo per “saturazione”; in altre parole se questo sottogruppo mantiene
sia la forma che la posizione complessiva il cluster diventa, non solo una
“idea dinamica”, ma una idea statica che ha preso una forma geometrica precisa
e stabile.
Se proviamo ad attraversate più volte la massa di
persone, ad esempio, con una moto questi sottogruppi tenderanno a non dividersi
e saremo costretti a “girare attorno ad essi”.
Ora sostituiamo mentalmente il gruppo di persone con il
vuoto immaginandolo pieno di neuroni che abbiamo chiamato “metroni”.
Nel vuoto, come nel gioco descritto e come in un
qualunque cervello, si formano dei cluster stabili con precise forme
geometriche sia macroscopiche che microscopiche: il principio di saturazione ha
consentito, quindi, la costituzione di aggregati di vuoto “invisibili”, ma
esistenti e stabili.
Questi aggregati potrebbero prendere la forma di veri e
propri vortici e dare origine ai vari tipi di particelle oppure, rimanere solo
aggregati invisibili ma stabili, con il loro bagaglio di informazioni e se
volete con una loro “personalità” geometrica e reattiva.
Abbiamo trovato l’anima!
Ovviamente mi direte, forse un aggregato geometrico
stabile in grado di elaborare informazioni come questo, fatto solo di vuoto,
potrebbe proprio essere un’anima, ma l’anima di cui parlano filosofie e
religioni, si manifestano in corpi viventi!
A questo punto sarò io a porvi una domanda: a vostro
avviso come può, la materia inerte, organizzarsi per diventare vivente ed
evolvere? Come possono, le strutture polimeriche, che pure sembrerebbero non
avere un’intelligenza, cercarsi e aggregarsi per affinità diventando filamenti
biologici sempre più lunghi? Avete mai visto in tv filmati sulle cellule
viventi ciliate? Le loro ciglia si muovono in maniera intelligente e sembrano
cercarsi l’un l’altra agendo come milioni di gambe intelligenti, sia
singolarmente sia, soprattutto, collettivamente.
Qual è, allora, il meccanismo che le dirige? Hanno
un’intelligenza individuale? Se sì, dov’è quella collettiva? E come fanno a
realizzare progetti sempre più complessi in forma di esseri viventi che
evolvono e cambiano adattandosi alle condizioni ambientali?
All’evoluzione darwiniana sono ormai davvero pochi a
credere, ma nessuno ha il coraggio di smentirla ufficialmente: essa è divenuta
un totem scientifico come il Big Bang o come l’Etere stesso.
Più che dire “ci siamo sbagliati” si preferisce metter
“pezze” ai concetti che s’insiste a chiamare “scientifici” evitando
discussioni, ma ora è evidente che proprio nell’Etere possiamo trovare la
natura di quell’intelligenza che esiste in natura e che organizza gli esseri
viventi e l’intero universo.
Ma torniamo all’anima e poniamoci il dilemma
fondamentale: dando per assodata la natura intelligente e auto-organizzante del
vuoto, come fa esso a comunicare con la materia vivente?
Ritorniamo, quindi, al concetto di vuoto come superfluido
e immaginiamoci proprio ciò che accade con i fluidi a noi noti come l’acqua.
Chi di noi non ha mai osservato con una lente
d’ingrandimento, il modo con cui l’acqua si attacca agli oggetti formando una
patina?
Pensate, ad esempio, a come acqua e sapone, mescolati
insieme, si legano agli anelli di plastica per le bolle dei bambini, essa vi si
attacca con vigore fino a quando qualcuno non vi soffia aria.
Quando ciò accade, la bolla si forma, si chiude e
svolazza in aria. Si tratta, in fondo, solo di acqua e sapone, ma sembra viva:
una vera e propria cellula.
Ora immaginate un oggetto poroso come un foglio di carta
assorbente e appoggiatelo sull’acqua.
L’acqua non si limita a restare sotto la superficie del
foglio, ma i vuoti che sono all’interno della struttura del foglio, consentono
all’acqua di penetrare in ogni anfratto del foglio stesso.
Il foglio sembra, anzi, attrarla come una calamita.
L’acqua penetra all’interno del foglio e il foglio l’assorbe fino a colmarsi
tutto d’acqua.
Ora immaginate di sollevarlo.
Di tutta l’acqua assorbita solo una piccola parte cadrà,
il resto rimarrà attaccata al foglio e solo quando lo avremo strizzato ed
esposto al calore, quell’acqua abbandonerà il foglio stesso che tornerà
asciutto.
Avete intuito dove voglio condurvi, vero?
Il vuoto riempie tutto. La materia com’è noto, è composta
di atomi che solo in percentuale minima sono composti di particelle, la maggior
parte dello spazio interno a un atomo è colmo di vuoto!
Ebbene, non c’è materia in cui il vuoto non penetra, ma
c’è un particolare tipo di materia, quella vivente, in cui il vuoto viene
assorbito ma, grazie alla struttura di particolari molecole, le sue geometrie
si manifestano anche a livello macroscopico.
In altre parole esistono aggregati di materia come i
composti a base carbonio, che risuonano talmente bene con il vuoto che le
vibrazioni collettive del vuoto stesso si manifestano in vibrazioni e movimenti
degli atomi conferendo moto e corpo ai nostri “cluster” di anima.
Eppure, fin qui, abbiamo delle “anime” che, seppure
intelligenti, manifestano questa intelligenza solo a livello dei moti
organizzativi di singole cellule o di gruppi di cellule.
Ma l’Anima, come la intendiamo noi, è in grado non solo
di pensare ma di dialogare con il nostro cervello tanto che i filosofi e le
religioni non hanno mai smesso di sostenere (perché l’uomo avverte in se stesso
questa sensazione), che essa esiste e vive indipendentemente dalla mente
seppure dialoga continuamente con essa.
Qual è il meccanismo fisico che consente questo dialogo?
Come abbiamo sostenuto nel nostro primo articolo
sull’argomento, le geometrie del vuoto e le reazioni invisibili che il vuoto
offre alle sollecitazioni sono, a nostro avviso, la base per creare le
condizioni energetiche “negative” che cambiano il comportamento delle
particelle, consentendo l’acquisizione di quell’energia di cui hanno bisogno
per muoversi in modo coordinato e organizzato.
Nel caso degli elettroni di un atomo il vuoto consente, a
nostro avviso, di creare le condizioni perché un singolo elettrone, che non ha
energia sufficiente, possa saltare in un orbitale più alto.
Fatto ciò l’elettrone, non possedendo l’energia
necessaria a rimanere al livello energetico più alto, torna al suo posto
originario ed emette un fotone.
Questo fenomeno, in apparenza paradossale, noto in fisica
quantistica come “effetto tunnel” è anche la base dell’emissione e della
formazione spontanea di particelle dal vuoto, così come prevede già la
quantistica. La differenza sostanziale è che questi fenomeni sono tutt’altro
che casuali, secondo quanto abbiamo esposto, ma sono il frutto di correlazioni
e reazioni del vuoto che avvengono all’interno della sua struttura geometrica
come frutto di una forma che possiamo grossolanamente definire come una sorta
“ragionamento”.
Per poter dialogare con il vuoto, secondo questa nostra
teoria (teoria non ancora dimostrata ma assai probabile oltre che logica)
occorre avere meccanismi che “intercettano” questi salti quantici e li
trasformano in segnali che l’organismo, e il cervello in particolare, può
elaborare.
Interrompiamo qui questo “passo lungo” teorico e torniamo
alla realtà e attualità della ricerca scientifica, per verificare quanto
davvero sia distante la realtà dei fatti da questa nostra intuizione.
Come avrete intuito, anche per questo dilemma la scienza
ha già trovato una risposta seppure, a nostro avviso, non s’è ancora posta la
domanda giusta: questo meccanismo è nel modello denominato ORCH-OR ideato da
Stewart Hameroff e Roger Penrose.
Il modello si basa, non a caso, sul meccanismo
quantistico e sui Vetri di Spin e coinvolge proprio i “canali” di scambio delle
informazioni che connettono i neuroni del nostro cervello: i dendriti e gli
assoni, grazie al materiale dal quale
sono costituiti: un particolare polimero detto “tubulina”.
La tubulina ha due fondamentali caratteristiche: in primo
luogo si comporta come una rete neurale essa stessa proprio perchè è descritta
dal modello a Vetri di Spin che, come abbiamo detto, è una estensione del
modello di Hopfield; in secondo luogo è sensibile al fenomeno del tunnel
quantistico, ovvero proprio ai fenomeni di “salto quantico” con creazione di
energia dal vuoto, che abbiamo supposto essere il meccanismo alla base di tutti
i fenomeni quantistici prodotto, a nostro avviso, proprio dalle dinamiche
“neurali” del vuoto.
Ecco il collegamento che cercavamo: la tubulina, oltre
che trasmettere i segnali tra i neuroni, oltre che elaborare essa stessa in
maniera autonoma informazioni, può acquisire e trasferire segnali dal vuoto
neurale al cervello attraverso l’effetto tunnel.
Ecco, quindi, come si manifesta l’intelligenza del vuoto,
o se volete l’Anima, al nostro cervello e come noi l’avvertiamo.
Evidentemente ciò che avvertiamo non è il vuoto
direttamente, ma quella parte di vuoto “intrappolata” nel nostro corpo e, per
così dire, strappatasi al vuoto stesso alla nostra nascita.
Quella parte di vuoto neurale che riteniamo sia l’Anima,
ritornerà al vuoto con la morte fisica del corpo e la sua conseguente
disgregazione cellulare, portando con se con tutte le informazioni che ha
scambiato ed acquisito dal nostro cervello nel corso della vita.
Abbiamo, quindi, individuato la natura fisica e dinamica
di tre livelli d’intelligenza neurale.
Oltre ai neuroni del cervello vi è la tubulina, come
affermato dal modello ORCH-OR; a questi due livelli se ne aggiunge un terzo
costituito dal cluster del vuoto che costituisce la nostra anima neurale, e che
funge da interfaccia verso il vuoto che colma l’Universo.
Potremmo estendere il ragionamento proprio basandoci sul
meccanismo di saturazione e desumere che
la nostra Anima, fatta di vuoto neurale, non è un pezzo monolitico, ma si
aggrega a strati, come una cipolla, proprio a causa del fenomeno di evoluzione
e crescita del corpo.
E’ assai probabile, infatti, che l’evoluzione storica del
nostro corpo dalla nascita fino alle prime manifestazioni delle emozioni e pian
piano fino alla comparsa dei primi comportamenti di apprendimento intelligente,
determini almeno una suddivisione dell’Anima in almeno tre strati di vuoto
sovrapposti.
Il primo che governa direttamente l’evoluzione delle
cellule e il meccanismo di crescita interagendo, sempre grazie all’effetto
tunnel, con le informazioni genetiche e con i legami idrogeno nel DNA; il secondo
apprende le fenomenologie sensibili, dalle reazioni sensoriali e di qui, in
seguito, quelle emotive; il terzo, invece, si presenta quando cominciano a
dipanarsi i primi ragionamenti e l’intelligenza vera e propria.
Vi ricorda nulla? Sono proprio gli strati del cosiddetto
corpo animico previsto da numerose religioni e discipline orientali, ottenuto
semplicemente applicando il fenomeno fisico della saturazione che è espresso
dalla matematica dell’“effetto soglia” nella funzione sigmoide di una rete neurale
di Hopfield.
Con questo abbiamo gettato uno sguardo avanti nel futuro
della ricerca di almeno una decina di anni, semplicemente applicando meccanismi
elementari logico-deduttivi ed estendendo un modello che si sta confermando nei
laboratori e negli osservatori di tutto il mondo, di mese in mese, se non di
giorno in giorno: la natura neurale del vuoto.
Ovviamente non pretendete da un fisico classico “comune”
l’apertura mentale e l’umiltà che occorre per un balzo mentale così coraggioso.
L’umiltà la troverete solo nei geni della fisica che “sanno di non sapere” e
che amano lanciare il cuore e la mente oltre il fosso ove altri si fermano
perché, come amava affermare Max Plank
“Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi
oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine
muoiono, e nasce una nuova generazione ai quali i nuovi concetti diventano
familiari”
Purtroppo.
Sabato Scala
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