Che cos'e' la Medicina Narrativa e che ruolo svolge in un
paradigma terapeutico di tipo olistico?
Medicina Non Convenzionale
Nella Medicina Narrativa la narrazione della patologia ad
opera del paziente al medico è considerata fondamentale, al pari dei segni e
dei sintomi clinici della malattia stessa: scopriamo meglio di cosa si tratta
di Carmen Di Muro - 04/08/2018
Il concetto di Medicina Narrativa si è affacciato sulla
scena internazionale verso la fine degli anni ‘90 grazie agli studi compiuti
dai medici R. N. Remen e R. Charon. Il loro lavoro aveva come scopo principale
quello di sensibilizzare il mondo medico verso l’utilizzo di un approccio
narrativo ed empatico nella relazione con gli assistiti, dove i “racconti di
malattia” fatti non solo dai pazienti, ma anche da medici, psicologi,
infermieri e da quanti operavano nel sistema sanitario, assumevano un basilare
valore terapeutico, divenendo il mezzo più diretto e veritiero per dare spazio
al vissuto del soggetto e della sua famiglia, per comprenderne il significato
in un quadro complessivo, sistemico e rispettoso della persona.
Che cos'è la Medicina Narrativa
Da qui nacque l’acronimo NBM (Narrative Based Medicine),
dove la narrazione della patologia ad opera del paziente al medico è
considerata fondamentale, al pari dei segni e dei sintomi clinici della
malattia stessa. La NBM non è in contrapposizione all’EBM (Evidence Based
Medicine), ma entrambe si completano, non si elidono né si svalutano
reciprocamente, ma si integrano rendendo le decisioni clinico-assistenziali più
complete, efficaci ed appropriate.
Infatti, nell’incontro clinico avviene uno scambio di
narrazioni e una negoziazione di significati che stimola la co-costruzione di
una storia di cura, nonché il senso di identità della persona stessa. E poiché
ogni storia esprime una prospettiva, la narrazione diviene il modo che dà senso
ai fatti, mettendoli in ordine, in una trama specifica, sulla cui soglia vigila
la coscienza riflessiva che permette non solo di ricomporre le proprie tracce,
ma anche di raggiungere gli altri, coinvolgendoli attivamente.
Questo modello empatico, sviluppato presso la Harvard
Medical School da B.J. Good, sottolinea, dunque, l'importanza delle “storie”
nel valutare il rapporto medico-malato, prevedendo anche una ricerca
qualitativa, attraverso la raccolta di dati sui vissuti del paziente (in
termini di tristezza, sentirsi soli, provar dolore, sconforto) e sulla
modulazione delle relazioni che egli vive nell’ambiente di cura. Il costrutto
narrativo, che produce la sofferenza, presenta una ricchezza semantica che va
oltre la valutazione delle peculiarità dell’attenzione sentita dal paziente
(soddisfazione/insoddisfazione), ma mira a ridefinire la pratica clinica nel
suo complesso. Le narrazioni di malattia sono, quindi, uno strumento di
comprensione della relazione del paziente con la patologia stessa.
L'obiettivo è clinico-assistenziale e permette non solo
di sviluppare un percorso di cura personalizzato, appropriato e in linea con le
indicazioni dell'Evidence Based Medicine, contribuendo a migliorare la prognosi
e l'alleanza terapeutica, ma diviene un potente strumento di trasformazione.
La Medicina Narrativa è una vera e propria metodologia
La pratica Narrativa non si limita a esortare i sanitari
a un atteggiamento accogliente e solidale nei confronti del bisogno di
raccontare che può avere il malato (e che questi può soddisfare attraverso
altri canali, come quelli riconducibili alla “conversazione” o allo scambio
sociale), né può essere confinata nella formula semplicistica di un tempo
supplementare da dedicare alle narrazioni. Richiede, piuttosto, una competenza
per discriminare le narrazioni funzionali da quelle disfunzionali, al fine di
promuovere una medicina “sobria-rispettosa-giusta” in linea con la Slow
Medicine (il movimento che si occupa della persona considerandola nella sua
integrazione esistenziale a 360 gradi). La Medicina Narrativa, quindi, non
richiede solo buona volontà, ma apprendimento metodico.
La metodologia narrativa, infatti, ha una precisa
articolazione che procede per stadi: stimolare la narrazione, raccoglierne i
contenuti, marcare e indicizzare gli stessi, costruire dei significati,
elaborare il linguaggio narrativo, valutare in base all’impatto. Il
professionista, oltre ad avere specifiche competenze comunicative e
relazionali, deve essere opportunamente preparato così da analizzare
preventivamente il contesto specifico, in modo da adottare lo strumento più
idoneo e in linea con la persona per costruire un percorso di cura appropriato
e condiviso.
Avere un’adeguata conoscenza delle metodologie e degli
strumenti è il presupposto fondamentale, che mira non solo a rispondere al
bisogno d’individuazione di una linea comune che permetta di fronteggiarne
l’uso improprio, ma che soprattutto possa essere esperibile ai fini della
ricerca, rispettando i princìpi di efficacia ed efficienza. Dato l’ampio
spettro di esperienze analizzate nella relazione, non c’è un unico strumento
per l’utilizzazione dell’approccio narrativo nel processo di care.
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Scienza e Conoscenza n. 65 - Luglio-Settembre 2018
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Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza