La parola del medico: comunicazione e medicina narrativa
nel rapporto medico-paziente
Medicina Non Convenzionale
La comunicazione medico-paziente, la medicina narrativa,
l'ascolto empatico e le cure amorevoli svolgono un ruolo determinante in ogni tipo
di cura e terapia: scopriamo perché
Redazione Scienza e Conoscenza - 17/08/2018
Tratto dal libro Ascoltando la pelle di Antonio Del
Sorbo.
Sia in termini di efficacia che di effetti collaterali,
la parola del medico può essere equiparata a un farmaco, e va pertanto
utilizzata con attenzione, dal momento che i possibili effetti indesiderati non
sempre sono reversibili nel breve periodo. Anche quando dobbiamo comunicare una
diagnosi, una prognosi o una terapia importante, occorre farlo con tatto8,
ricorrendo a una comunicazione empatica e non invasiva, ed evitando, quando
possibile, la traumatica violazione dell’aspettativa.
Comunicazione verbale e non verbale vanno modulate a
seconda della persona che abbiamo di fronte, dato il loro potenziale ipnotico e
subliminale su individui particolarmente sensibili. Gli strumenti diagnostici
utilizzati per misurare lo stato di salute della pelle (dermatoscopia,
corneometria, sebometria, evaporimetria, spettrocolorimetria, biopsia,
penoscopia, vulvoscopia), alcuni dei quali utilizzati anche in dermatologia
sperimentale, perdono man mano di importanza se non incrociamo quei dati
numerici9 con il riscontro clinico dello stato di salute del nostro
interlocutore.
Il paziente non va soltanto osservato e misurato, ma
soprattutto ascoltato, insieme con il bagaglio di sofferenze, aspettative,
vulnerabilità, delusioni, dubbi e paure che porta con sé al momento della
visita. Se la quantità di sebo può essere misurata, la sofferenza deve essere
raccontata.
Con gli strumenti attuali possiamo quantificare una
risposta biologica di un singolo tessuto, ma non possiamo certamente accedere
al vissuto emozionale della persona che abbiamo di fronte, se non attraverso un
profondo ascolto attivo, captando informazioni qualitative preziose ai fini
terapeutici anche quando di tipo non numerico o difficilmente convertibili in
dati statistici.
Man mano che ci spostiamo dalla gestione dell’individuo
al dosaggio del singolo enzima, la Medicina inizia a sbriciolarsi in settori
sempre più specialistici e poco comunicanti sia tra di loro, che con il
paziente. La pelle è una finestra socchiusa che si apre sul nostro universo
interno, e rappresenta per il medico un osservatorio privilegiato, poiché
facilmente accessibile attraverso una semplice visita. Stiamo barattando
l’insostituibile capitale umano con una Medicina dei servizi sempre più
tecnocentrica e farmacocentrica, rischiando di smarrire per sempre l’unica
chiave che ci consente di accedere a un mondo soggettivo, così ricco di
informazioni e istruzioni, tuttora ancora poco esplorate. [...]
La medicina narrativa è tra i pochi aspetti che ancora
differenziano noi medici da Internet. Sulle nozioni tecniche i motori di
ricerca ci hanno ormai già superato da tempo.
Nessun medico ricorda a memoria la struttura dell’enzima
telomerasi. Invece il dottor Internet la rammenta perfettamente, insieme alle
formule chimiche di tutto ciò che ci circonda. Sa più cose di noi, è sempre
aggiornato, risponde gratis in tutte le lingue del mondo, notte e giorno, non è
mai stanco, non si arrabbia, non si ammala e non va neppure in vacanza.
Fantastico! È il medico ideale. Ma è anche per gli aspetti umani e relazionali
della medicina che il paziente si reca ancora dal medico e non si affida
unicamente al fai da te online. E in cambio noi medici continuiamo a trascurare
proprio la qualità della relazione umana, confondendo la medicina narrativa con
le pratiche alternative.
Stiamo dimenticando gli aspetti umani della nostra
professione rimpiazzandoli con linee guida standardizzate che trasformano noi
medici in rigidi calcolatori. Di contro stiamo perfezionando software di
intelligenza artificiale con algoritmi che conferiscono alle macchine sembianze
quasi umane, con quell’apertura, pazienza, reciprocità e disponibilità che noi
umani stiamo disimparando. Forse un giorno saremo visitati da macchine che
rispetto a noi saranno dotate di una maggior intelligenza (gentilezza
artificiale).
Comunicare con il paziente non è sinonimo di interrogare
(anamnesi) ed è molto più che informare, per esempio, come assumere un farmaco.
Comunicare significa entrare in relazione con il nostro
interlocutore e creare con lui un clima di apertura, serenità, reciprocità e
fiducia, importante anche in termini di alleanza terapeutica (compliance).
La medicina narrativa è una medicina di contesto (biologico,
sociale) poiché consente un approccio sistemico al paziente, durante il quale
anche il sintomo isolato viene narrato all’interno della propria biografia,
fatta non solo di momenti bui ma anche di nuove opportunità di ripresa, da cui
ripartire.
Anche in quelle persone che in maniera saccente e
frettolosa definiamo “malati immaginari” vi è sempre tanta sofferenza, reale e
per niente immaginaria. Possiamo liquidarle in trenta secondi, etichettandole
come persone ipocondriache, malati mentali o immaginari perché in assenza di
segni clinici, oppure provare a ricordare di essere innanzitutto dei medici e
che la sofferenza umana è il segno clinico più importante in Medicina, forse
quello per il quale alcuni di noi hanno scelto proprio questa missione tra decine
di altre professioni.
Ascoltando la Pelle - Libro
Il dermatologo risponde
Antonio Del Sorbo