Effetto placebo e mente
Medicina Integrata
Sappiamo che l’effetto placebo funziona. Ma in base a
quali meccanismi fisiologici i pensieri, i sentimenti e le convinzioni si
traducono in alterazioni fisiologiche?
Lissa Rankin - 14/02/2020
Tratto da La mente supera la medicina di Lissa Rankin
Questo è un argomento dibattuto e finora sono state
avanzate diverse ipotesi. Pensieri positivi sulla guarigione potrebbero
stimolare le endorfine naturali, le quali a loro volta favoriscono
l’alleviamento dei sintomi, la scomparsa del dolore e il miglioramento dell’umore.
È vero anche il contrario: quando a pazienti che hanno risposto positivamente
al placebo è stato dato l’oppioide antagonista naloxone, che blocca le
endorfine naturali, il placebo ha improvvisamente smesso di funzionare.
Essere convinti di guarire e ricevere le cure di medici
premurosi favorisce anche la scomparsa dello stress fisiologico – il quale
notoriamente predispone il corpo alla malattia – e la sua sostituzione con il
rilassamento fisiologico, indispensabile per il corretto funzionamento dei
meccanismi di autoguarigione del corpo. Come è stato detto per la prima volta
dal professore di Harvard dottor Walter Cannon, il corpo è dotato di una
“reazione di stress”, anche nota come la reazione lotta-o-scappa, un meccanismo
di sopravvivenza che si attiva quando il cervello percepisce una minaccia. Se
tale reazione ormonale a cascata viene innescata da un pensiero o un’emozione
nella mente (come la paura), l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) si attiva,
stimolando l’iperattività del sistema nervoso simpatico, il quale innalza i
livelli corporei di cortisolo e adrenalina. Con l’andare del tempo, riempire il
corpo di questi ormoni dello stress può causare sintomi fisici, predisponendolo
alla malattia.
Ma se esiste la reazione di stress quale meccanismo di
sopravvivenza per aiutarci a sopravvivere nelle situazioni di emergenza, esiste
anche una reazione equilibratrice: quella di rilassamento. Quando viene
prodotta la reazione di rilassamento, gli ormoni dello stress diminuiscono,
mentre quelli benefici del rilassamento (contrari a quelli dello stress)
vengono rilasciati. Il sistema nervoso parasimpatico prende il sopravvento e il
corpo torna all’omeostasi. Solo in tale stato di riposo e rilassamento il corpo
è in grado di curarsi. Tutto ciò che riduce lo stress e causa una reazione di
rilassamento non solo allevia i sintomi che la reazione di stress può causare,
ma mette anche il corpo nelle condizioni di fare ciò che per esso è naturale:
guarirsi da solo.
Convinzioni positive e cure premurose possono persino
alterare il sistema immunitario. La funzione immunitaria di pazienti trattati
con placebo potrebbe diventare molto più attiva, perché viene disattivata la
reazione di stress e attivata quella di rilassamento. I placebo possono anche
sopprimere il sistema immunitario. In uno studio, ai topi di laboratorio venne
somministrato il farmaco immunosoppressivo ciclofosfamide (miscelato con acqua
e saccarina). Poi il farmaco venne eliminato e i topi furono alimentati
soltanto con acqua e saccarina (un placebo). Stupore: il sistema immunitario
rimase oggettivamente soppresso, anche quando i topi non ricevevano più il
farmaco, facendo pensare che persino i topi rispondevano alle convinzioni
positive e alle cure premurose con reazioni immunitarie fisiologicamente
misurabili.
Inoltre, le convinzioni positive e le cure premurose
possono attenuare la fase di reazione infiammatoria acuta, la quale provoca
dolore, rigonfiamento, febbre, letargia, apatia e perdita di appetito.
Il legame corpo/mente potrebbe anche essere mediato da
funzioni esecutive della corteccia prefrontale del cervello. Il fatto che le
risposte al placebo scompaiono nei pazienti di Alzheimer supporta questa
teoria. Molti pazienti di Alzheimer non rispondono al placebo, rafforzando
l’ipotesi che un’area del cervello collegata alle convinzioni (la quale
potrebbe venire lesionata da una patologia neurologica) possa essere
determinante nel meccanismo di risposta a un placebo. Il biologo evolutivo
Robert Trivers sostiene che le aspettative del cervello sull’immediato futuro
hanno ripercussioni sul suo stato fisiologico. Trivers ipotizza che i malati di
Alzheimer non rispondano al placebo in quanto incapaci di pensare al futuro:
pertanto, la loro mente non può fisiologicamente prepararsi a esso.
La reattività al placebo si ricollega anche
all’attivazione della dopamina nel nucleus accumbens, una regione cerebrale
attiva nei meccanismi di ricompensa. Alcuni scienziati hanno studiato cosa
accadeva al cervello delle persone dopo che avevano ricevuto dei soldi, per
vedere quanta dopamina rilasciavano nel nucleus accumbens. Più quest’ultimo
rispondeva alla ricompensa monetaria, più era probabile che quei pazienti
migliorassero con un placebo.
Qualunque sia il meccanismo, è chiaro che mente e corpo
comunicano attraverso neurotrasmettitori che nascono nel cervello e si diramano
in altre parti del corpo, trasmettendo segnali. Dunque, non dovrebbe
sorprenderci se le cose che pensiamo e sentiamo possono tradursi in alterazioni
fisiologiche nel resto del corpo.
Ed è ciò che avviene, non è vero? Non siamo abituati a
parlare molto del modo in cui pensieri e sentimenti influenzano la salute del
corpo. Ma se questo avviene, perché non facciamo più attenzione a ciò che
immettiamo nella nostra mente?
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Lissa Rankin