mercoledì 24 dicembre 2014

Il Natale nella mente

Il Natale nella mente

24 dicembre 2014

Qual è il significato culturale e psicologico del tradizionale scambio di regali? Che cosa succede nella mente dei bambini quando scoprono la verità su Babbo Natale? Perché il periodo delle feste può trasformarsi in un'occasione di infelicità? Tre articoli di "Mente&Cervello" rispondono a queste domande raccontando il Natale alla luce delle ricerche di psicologia e neuroscienze (red)

da lescienze.it


Che lo si attenda con entusiasmo oppure con trepidazione, che lo si viva in allegria o sbadigliando di noia, il Natale è una festa a cui è difficile restare indifferenti. Le sue implicazioni vanno al di là dei significati religiosi e sociali, e il suo impatto sulla nostra psiche e le nostre emozioni può andare ben oltre il periodo festivo.

Per il Natale 2014 abbiamo quindi pensato di proporvi tre articoli di "Mente&Cervello", la nostra rivista di psicologia e neuroscienze, che hanno affrontato altrettanti aspetti della festa sia come esperienza collettiva sia come vissuto individuale.


Mal di Natale

Il rimpianto per l'infanzia perduta, l'ansia per gli incontri indesiderati, l'obbligo di mostrarsi felici: non sempre il Natale è davvero la festa dei buoni sentimenti. Un'indagine rivela che il disagio di Natale non è legato all'eccesso di cibo o allo stress da regali, ma ha a che fare soprattutto con aspettative tradite e promesse mancate

di Paola Emilia Cicerone

Buon Natale? Non esageriamo. La festa più attesa dell’anno non suscita solo buoni sentimenti. Il disagio è palpabile, si percepisce per le strade affollate, nelle corsie del supermercato dove si scontrano carrelli colmi di cibo, nelle tavolate familiari dove una patina di buona educazione non basta a mantenere sereni gli animi. E soprattutto si coglie il giorno dopo, quando ci risvegliamo con gli avanzi da finire e le carte regalo da buttare via. Dicendoci che, anche per quest’anno, Natale è passato. Lasciandosi dietro una sensazione di rimpianto per ciò che non si è avuto.

Perché Natale, o ancora meglio il periodo natalizio, che oggi si «spalma» per esigenze commerciali su diverse settimane, è soprattutto un periodo di attesa. Ma attesa di che cosa?

«La festa del bambino Gesù dovrebbe essere il modo per celebrare il bambino che c’è in ognuno di noi», osserva Renato Rizzi, medico e psicologo. Ma intorno alla festa si agitano altre emozioni: l’ansia per gli incontri indesiderati, il rimpianto per chi non c’è, il dovere di mostrarsi felici e anche quello di fare un bilancio dei mesi trascorsi e disegnare un catalogo di buoni propositi. E su tutto, inevitabile, lo stress. [... clicca qui per continuare con la versione completa http://download.kataweb.it/lescienze/media/pdf/M&C_2008.pdf ...]

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Mente&Cervello" n.48, dicembre 2008)


L'addio a Babbo Natale

Che cosa prova un bambino quando smette di credere a Babbo Natale? Che ruolo hanno compagni e genitori nella scoperta della verità? Un'indagine rivela i retroscena di un passo cruciale verso il mondo dei grandi

di Gérald Bronner

[...] Ciascuno di noi, nel corso della propria vita, ha attraversato l'esperienza dolorosa della perdita delle illusioni, la più banale delle quali è quella di credere all'esistenza di un personaggio benevolo, vestito di rosso e bianco, che guida una slitta trainata da renne volanti e che distribuisce regali a tutti i bambini del mondo. Questa disillusione avviene in media attorno ai sette anni. Non tutti si ricordano della scomparsa di questo personaggio favoloso, ma tra coloro che ne hanno conservato qualche memoria, molti rammentano anche la delusione che hanno provato.

La fine della prima infanzia si accompagna a una mutazione dei sistemi di rappresentazione, all'abbandono di una certa visione del mondo. Bisogna lasciarsi dietro un universo terrificante e incantato, guadagnando e perdendo molto allo stesso tempo. Scompare il mostro nell'armadio, ma anche il folletto capace di realizzare tutti i nostri desideri.

Questi miti sono spesso percepiti come una bambinata senza importanza dai genitori, che tendono a considerare la scomparsa di Babbo Natale una tappa necessaria della crescita. In questo modo, però, sottostimano due aspetti: da un lato, il fatto che questa tappa possa essere delicata nella costruzione del sé, perché non si tratta solo della scomparsa di una credenza, ma coinvolge la natura dei legami che il bambino intrattiene con le persone che gli stanno intorno e che gli hanno mentito. [...clicca qui per continuare con la versione completa http://download.kataweb.it/lescienze/media/pdf/M&C_2011.pdf ...]

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Mente&Cervello" n.84, dicembre 2011)


Il valore dei doni

Per qualcuno i regali di Natale sono una gioia, per altri un incubo. Ma secondo gli antropologi lo scambio di regali è anzitutto uno dei fondamenti delle strutture sociali umane

di Sophie Chevalier e Anne Monjaret

[...] La scelta di un regalo, il momento in cui lo si offre, fanno parte di una manifestazione sociale complessa attraverso la quale si mettono in scena modalità multiple di scambio. È questo aspetto particolare che attira l'interesse dei ricercatori, benché molti altri eventi, come compleanni, matrimoni, battesimi e così via, siano altrettanto istruttivi per capire le relazioni familiari e sociali.

Al centro dello scambio di regali c'è il legame sociale: sotto questo aspetto, la nostra società non è diversa dalle altre. I primi antropologi sono rimasti affascinati dai sistemi di scambio che osservavano in società diverse dalla nostra, e alcuni hanno anche ipotizzato che lo scambio sia il fondamento di ogni società.

Tra le forme di scambio più documentate nella letteratura antropologica ci sono la kula, descritta per la prima volta dall'etnologo polacco Bronislaw Malinowski nel 1922, e il potlach, descritto dall'antropologo tedesco Franz Boas nel 1899. La kula è un sistema di scambi fra tribù praticato ancora oggi in alcune isole della Melanesia, che coinvolge transazioni sia su scala locale sia di un intero arcipelago. [...]

Potlach invece significa "dono" o "donare" presso le popolazioni amerindie della costa nordoccidentale dell'America settentrionale. Il termine indica cerimonie organizzate in occasione di eventi come matrimoni e funerali, e nel contesto di una rivalità tra capi che cercavano di conservare il proprio rango sociale. Il rito consisteva nella distribuzione agli invitati di beni di grande valore (in particolare coperte tessute) e di cibo, il che conferiva al donatore influenza politica e sociale. Il destinatario del dono aveva l'obbligo di restituire l'equivalente di ciò che aveva ricevuto. [...clicca qui per continuare con la versione completa http://download.kataweb.it/lescienze/media/pdf/M&C_2004.pdf ...]

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Mente&Cervello", n.12, novembre-dicembre 2004)