Respirare bene per vivere meglio
intervista al campione di apnea e insegnante yoga
Federico Mana
da: Redazione Scienza e Conoscenza
Terapie e trattamenti olistici
Respirare bene per vivere meglio: intervista al campione
di apnea e insegnante yoga Federico Mana
La profonda correlazione tra respiro, sistema nervoso e
rilassamento è nota non solo a chi fa yoga, ma anche nell’ambito di altre
discipline incentrate sulla respirazione e della ricerca medica.
Federico Mana è un esperto di respiro: è apneista di
profondità, primatista italiano e istruttore di apnea, ma pratica da anni e
insegna anche lo yoga, disciplina che propone insieme all’apnea in programmi
formativi orientati al benessere. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare
come è nata la sua passione per il mare e l’apnea, come è riuscito a coniugare
una disciplina estrema con i principi e le tecniche dello yoga e come tutti noi
possiamo trarre beneficio dalla respirazione diaframmatica, consapevole e
controllata.
Per iniziare, parlaci di “Federico Mana l’atleta”: come è
avvenuto il tuo incontro con l’apnea, come sei diventato professionista,
campione italiano e recordman?
Federico Mana - Ho iniziato come tutti ad amare l’acqua
attraverso i corsi di nuoto. A dodici anni mio babbo mi regalò il mio primo
fucile subacqueo è da allora non vi è più stato modo di tenermi fuori
dall’acqua. La pesca subacquea mi regalava sensazioni di leggerezza e in acqua
mi sentivo come pioniere in un mondo misterioso e affascinante.
Trasferitomi a Milano per gli studi universitari scoprii
che esistevano corsi di apnea e decisi prendervi parte. La passione per l’acqua
si risvegliò più forte che mai, al punto che decisi di approfondire questa
disciplina diventando istruttore di apnea per diverse didattiche.
Dopo ben otto anni di vita a Milano l’amore per il mare
mi chiamò in una maniera così forte che decisi di lasciare il lavoro e la
carriera per tentare di vivere di mare e di apnea in Egitto.
La dedizione alla pratica fu tale da permettermi di
stabilire, tra il 2007 ed il 2011, 8 record italiani in apnea e nell’agosto
2009 fui il primo italiano a raggiungere la quota di 100 metri in assetto
costante diventando uno degli apneisti più profondi nel mondo.
Oggi l’apnea è per me una filosofia di vita e
fortunatamente è anche il mio lavoro. È un lavoro fisicamente sfiancante, ma è
anche una lunghissima vacanza che ogni giorno ti dona emozioni fortissime.
Nella percezione comune, la respirazione è vista come un
automatismo – tanto che usiamo modi di dire come “naturale come respirare”. Il
respiro in quanto funzione fisiologica è una funzione vegetativa autonoma, che
avviene senza il controllo della volontà, ma che può essere modificata
coscientemente, con un controllo volontario. Cosa significa “gestire con
coscienza il respiro”?
Federico Mana - La frase “gestire con coscienza il
respiro” ha ben due parole chiave che trovano riscontro nel metodo didattico
che ho ideato per i miei seminari. La prima è gestire ovvero amministrare,
governare, guidare. Gestire si traduce in un “saper fare” e rispecchia molto la
cultura occidentale del fare, dove l’obiettivo principale è il risultato
finale. La seconda è coscienza ovvero la capacità di “saper sentire”, in questa
fase si ritorna al principio di ascolto, del qui e ora, alla filosofia yogica.
Chi inizia un percorso respiratorio spesso ricerca
l’esercizio che lo farà migliorare, ambisce alla ricetta del successo respiratorio,
in realtà prima di saper fare, o di fare meglio, è fondamentale sentire ciò che
si fa in modo istintivo.
Ecco perché nei seminari che propongo, prima di parlare
di “gestione cosciente del respiro”, affronto tutta la parte di “presa di
coscienza del respiro istintivo”.
Ogni insegnamento non dovrebbe essere standardizzato per
tutti ma dovrebbe partire dalle caratteristiche personali di ogni individuo
potenziandone le abilità innate e migliorandone le criticità.
Perché respirare in modo lento e profondo? Quali effetti
biofisici ha sull’organismo?
Federico Mana - Tutti hanno sperimentato almeno una volta
nella propria vita un momento di agitazione, di ansia, di stress o di panico.
Queste particolari condizioni emotive si ripercuotono sul corpo e sulla
respirazione con una dinamica ben precisa, ovvero con l’aumento della frequenza
respiratoria e la riduzione del volume aereo respirato.
Se una condizione emotiva è in grado di indurre una
variazione fisica e funzionale, che in questo caso si traduce in una
respirazione frequente e superficiale, è molto probabile che questa relazione
funzionale valga anche al contrario.
A questo punto entra in gioco, e a nostro favore, la
natura volontaria della respirazione: potendo noi influenzare volontariamente
la respirazione possiamo decidere di respirare in modo lento e profondo (ovvero
il contrario di frequente e superficiale) confidando che gli effetti si
ripercuotano a livello emotivo generando calma, pacatezza, rilassamento e
distensione.
Il diaframma è il principale muscolo respiratorio. Cosa
puoi dirci sul ruolo della respirazione diaframmatica?
Federico Mana - Negli ultimi anni la “respirazione
diaframmatica” è una moda e germoglia nell’immaginario collettivo senza delle
concrete fondamenta, un po’ come quelli che “rinnegano l’olio di palma” senza
sapere realmente il perché.
Infatti, ci si dimentica di dire che ogni respirazione è
diaframmatica, anche quella più inconsapevole. Può essere una respirazione che
coinvolge più o meno bene il diaframma ma comunque lo coinvolge sempre. È come
parlare dell’importanza dei muscoli addominali e lombari nel sorreggere la
parte alta del corpo: chi li ha poco potenti, elastici e mobili con maggiori
probabilità potrà incappare in dolori della schiena più o meno importanti, chi
invece li allena in modo adeguato potrà godere di una maggiore salute e di una
migliore postura.
Allo stesso modo migliorare e allenare la diaframmatica
ci permette di ottimizzare le capacità ventilatorie, di recuperare meglio la
fatica e di ottimizzare la salute vascolare.