Il DNA e il "dogma" della biologia molecolare
Nuova Biologia
Dalla genetica all’epigenetica: la dottoressa Debora
Rasio ci spiega come le scelte dei genitori – dall’alimentazione, alle
emozioni, alla gestione dello stress – influiscono sul destino dei figli
di Debora Rasio - 20/07/2018
Il colore dei capelli, degli occhi, della pelle,
l’altezza, la struttura fisica e altri caratteri somatici sono chiaramente
codificati da precise sequenze genetiche presenti nel nostro DNA. Ci si è
spinti fino a ritenere che la predisposizione alle malattie, l’intelligenza, la
capacità di procreare, persino il carattere dipendessero da quel filamento
lungo circa 2 metri che risiede nel nucleo delle nostre cellule,
“impacchettato” e superavvolto in particolari strutture proteiche chiamate
istoni. Non a caso, oggi si ricorre diffusamente all’analisi del DNA per
misurare la predisposizione alle malattie. È la naturale conseguenza del
determinismo biologico che vede l’uomo come il prodotto dell’espressione dei
suoi geni, il suo presente e il suo futuro deducibili dalla lettura del suo
DNA.
Una visione così semplicistica del mondo è andata
sgretolandosi allorché gli stessi scienziati, progredendo nella conoscenza dei
meccanismi che regolano le funzioni cellulari, hanno scoperto che il cosiddetto
“dogma centrale della biologia molecolare” secondo il quale il flusso di
informazioni viaggia solo in una direzione – dal DNA verso le proteine, senza
possibilità di un percorso inverso – fosse, semplicemente, falso. Il flusso di
informazioni, infatti, viaggia in entrambe le direzioni e, se è vero che
nasciamo con un determinato corredo di geni, è pur vero che sarà l’ambiente a
decidere quali esprimere e quali no, in una continua relazione adattativa con
il mondo circostante.
Il DNA spazzatura non è affatto da buttare
Fino alle fine del secolo scorso si pensava che noi
esseri umani, le creature più intelligenti del pianeta, avessimo un numero di
geni di gran lunga superiore a quello di qualunque altra specie.
Abbiamo dovuto attendere il completamento del Progetto
Genoma Umano, nei primi anni 2000, per apprendere la verità: nel nostro DNA si
trovano solo circa 20.000 geni che codificano informazioni per la sintesi di
proteine, più o meno lo stesso numero di quelli che possiede un topo,
corrispondenti all’1,5 percento di tutto il nostro DNA.
Oggi sappiamo che la differenza sostanziale fra noi e le
altre specie non risiede in queste regioni codificanti, ma nella restante parte
del DNA, cioè in quel 98,5 percento considerato per lungo tempo privo di
funzioni e per questo denominato “DNA spazzatura”. Tutt'altro, proprio questa
parte “non codificante” decide quali, e in quanta parte, geni esprimere e quali
no. E ci rende “unici” e diversi da tutti gli altri e dalle altre specie. Ma le
sorprese, in quanto a scoperte, non finiscono qui.
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inedito su:
Scienza e Conoscenza n. 65 - Luglio-Settembre 2018
>> https://goo.gl/oH72LH
Nuove Scienze, Medicina non Convenzionale, Coscienza