Respiro e Mindfulness
Consapevolezza e Spiritualità
Il respiro accade, sempre. È un ponte unico, prezioso. E
accade qui, dove la vita accade. Esso è il fondamento di tale succedere: un
esercizio di mindfulness sul respiro per imparare a vivere nel qui ed ora
Elsa Masetti - 23/09/2019
Tutto comincia con il primo respiro. Almeno tutto quello
che riguarda questo pezzo di vita. E finisce con l’ultimo respiro. Ad occhio e
croce, nei primi respiri l’enfasi è sull’inspirazione e negli ultimi
sull’espirazione. Ho testimoniato quest’ultima cosa per quanto riguarda il
morire. Poco prima l’inspirazione si fa molto corta a favore di una lunga
espirazione. Il movimento è a prendere la vita, nel primo caso, e a renderla
nel secondo. E il respiro è il veicolo. L’arco della vita, dalla prima inspirazione
all’ultima espirazione, si riverbera in modo frattale in tanti, innumerevoli
respiri, composti di un prendere e lasciare andare, prendere e lasciare andare,
prendere e lasciare andare… Grande lezione di vita, se ne siamo consapevoli.
Tutto quello che alle fondamenta riguarda la continuità
della vita è un atto senza volizione, affidato al sistema nervoso involontario.
E riesce bene così. Curioso!
È la famosa storia del millepiedi. La conoscete?
Il respiro che accade
Mentre un millepiedi stava camminando qualcuno gli
chiese: «Capperi, ma con tutte quelle zampette che hai, come fai a metterle in
moto tutte insieme una dopo l’altra?». Da quel momento, le gambette
cominciarono a intrecciarsi e il millepiedi a inciampare su se stesso.
Una volta esaurita l’espirazione, il riprendere aria
accade da solo (e viceversa) e succede senza alcuna intenzione. A ogni nuova
inspirazione do forse il comando: inspira! Caspita, no. Se così fosse, potrei
distrarmi, dimenticarmene e soffocare. Si tratta di un atto troppo vitale, per
essere gestito dalla mia volontà personale. Pur dimentichi, respiriamo.
Qualcosa sempre all’erta, dedito alla vita, ci vuole
respiranti, al punto che il respiratore automatico non prende ferie, neanche
quando siamo nel sonno rem. Anzi, durante il sonno profondo, l’essere respirati
è quasi tutto ciò che resta. E si dice che in quel caso il ritmo respiratorio
dia il meglio di se stesso: profondo, rilassato, libero. La sonorità dipende
dai requisiti della cassa armonica.
Una delle condizioni che rendono il sonno rigenerante è,
a mio avviso, questo respirare, che riprende totalmente in mano le redini:
senza accorgimenti, senza finalità, che non sia quella di fluire, per la vita.
Nessuno più è lì per trattenerlo, accelerarlo, forzarlo in qualche modo. Dovrebbe
tornare il respiro di un neonato. Lento e profondo. Di pancia.
Respirare, ci dicono gli esperti, non significa
necessariamente respirare bene.
Qual è la natura del respiro?
Quello che intendo condividere tuttavia non è
ottimizzare, liberare il respiro etc… Lascio questo compito ad altri. Piuttosto
vorrei esplorare con voi la sua natura, il suo accadere, così com’è, a ogni
istante. Vorrei evidenziare il suo essere risorsa, la sua intelligenza
intrinseca, il suo essere àncora costante al momento presente.
E torniamo allora a quella lezione di vita che il respiro
dispensa a chi è presente al suo dispiegarsi, una lezione di allineamento – e
quindi di partecipazione – alla realtà. Tutti vorremmo essere partecipativi dal
momento in cui ci giunge notizia che ciò ci rende influenti, co-creativi. Il
primo passo, del resto, è esserci in quella realtà su cui intendiamo influire.
E che cos'è la realtà? Ciò che accade ora, nel corpo, nel contatto – attraverso
i sensi – del corpo con l’ambiente, nel muoversi e manifestarsi dei pensieri e
delle emozioni. E il respiro accade, sempre. È un ponte unico, prezioso. E
accade qui, dove la vita accade. Esso è il fondamento di tale succedere.
Il primo successo, in fondo, è respirare e ogni nuovo
respiro è un successo. Successo che manchiamo, mancando il suo succedere. Lo
so, è un gioco di parole, ma ci sta.
Il primo passo è allora entrare in contatto con il
respiro, diventarlo, che è anche un modo per conoscerlo e conoscersi.
Diventare il respiro: un esercizio pratico di mindfulness
All’inizio può essere utile creare dei post it.
Disseminarli nell’area del quotidiano, nello spazio di lavoro. Sul pc, sulla
scrivania, sul tavolo da lavoro, sul registratore di cassa, sul polso accanto
all’orologio, sul cruscotto della macchina… su qualsiasi supporto utile a far
cadere lì i nostri occhi. Sul post it, bello fiammante, scriviamo una semplice
parola o frase: respira o respirare è naturale o respirando. La parola è solo
un espediente per attivare il contatto, per portare l’attenzione al respiro,
per sorprenderlo nel suo accadere, per accorgersi che stiamo respirando. Ci
riporta in tempo reale a noi stessi e, esattamente dove siamo. Non sempre dove
siamo o che cosa sentiamo è di nostro gradimento, per questo preferiamo
disconnetterci. Peccato che non funzioni, poiché alla lunga è un disconnettersi
dalla vita e dalla sua fonte.
Quando qualcosa o qualcuno non è di nostro gradimento, e,
come spesso accade, noi siamo sgradevoli a noi stessi? Quando si dice: va
storta, è doloroso, mannaggia quanto è scomoda…
La pioggia per esempio è scomoda, soprattutto se non c’è
un riparo e non si ha un ombrello. La stessa cosa non la direbbe un rospo. Per
lui è una benedizione. È sgradevole, insomma, quando è diversa da come la
vorrei. Legittimo e tuttavia poco funzionale visto che, così è.
Cavalcare il respiro
E cosa accade se torno al respiro? Se lo accompagno, nel
suo entrare e uscire, nel suo instancabile viaggio dalle narici a... ?
Al diaframma? Come lo so? Sento i polmoni che assorbono
il soffio. Sento il diaframma che si alza.
Alla pancia? Come lo so? Sento la pancia che si riempie e
lentamente si svuota in una spinta di ritorno, verso le narici. E nel frattempo
come percepisco tutto il corpo?
Senza modificarlo, mi abbandono al fenomeno, all’atto del
respirare. Invece di salire in sella al prossimo pensiero, cavalco questo
respiro, mentre i pensieri pascolano, sullo sfondo.
Questo contribuisce a dar qualità alla vita. Quando una
vita è di qualità? Quando sono sano assai, ho il lavoro che mi piace assai,
guadagno bene assai, ho una donna – o un uomo – bella assai, dei figli assai?
Quando è più consapevole, io credo. Quando vivo con
qualità ciò che ho e che c’è.
Semplice sì, facile no. E alla fine, che cosa ho da
perdere?
E se la consapevolezza si accoppia anche agli “assai”,
allora: Bingo!
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