Alimentazione corretta per chi ha problemi alla Tiroide
Il dottor Raul Vergini, esperto di patologie endocrine e
della tiroide, ci spiega come ripristinare un sano metabolismo energetico e
ormonale attraverso l'alimentazione
di Valerio Pignatta - 15/09/2014
Alimentazione corretta per chi ha problemi alla Tiroide
I problemi e le malattie alla tiroide sono in netto
aumento negli ultimi anni e disegnano ormai una mappa ben precisa
dell'influenza che la vita moderna, con i suoi inquinanti ambientali, il suo
ritmo stressante e la sua alimentazione povera di nutrienti, ha imposto alle
società industrializzate.
Un aiuto consistente in questi casi viene però dallo
scegliere una dieta che favorisca la ripresa della normale funzionalità di
questa importante ghiandola, sia nel caso che tale attività sia carente, sia
che, al contrario, risulti eccessiva. Su questo tema abbiamo chiesto lumi a un
medico esperto di patologie endocrine e della tiroide, Raul Vergini, autore di
libri sul tema e studioso dei processi che portano agli scompensi tiroidei e
delle relative terapie naturali.
Come sottolinea il dottor Vergini, l'individuazione
dell'alimentazione adatta è abbastanza facile da arguire a seconda della
situazione di partenza e di alcune verifiche di base. Con un po' di impegno
quotidiano è quindi possibile aiutare in modo sostanziale il recupero
dell'organismo e ottenere miglioramenti strutturali ottimali per un ripristino
di un sano metabolismo energetico e ormonale. Vediamo come.
In questi ultimi anni i disturbi della tiroide stanno
conoscendo, purtroppo, una crescita notevole nelle nostre società. Le cause
sono di vario genere e possono avere origini di tipo ambientale, nutrizionale,
genetico, da esposizione a radiazioni, carenze di iodio, malattie metaboliche,
allergie ecc. Oltre alle terapie abituali, è possibile affrontare queste
patologie con la dieta? O questa rimane solo un aiuto valido ma che va sempre
integrato con altri rimedi?
La dieta è sicuramente importante e a volte addirittura
fondamentale (ad esempio per il possibile ruolo svolto dal glutine nello
scatenare o nel mantenere un'infiammazione autoimmune, come in caso di
tiroidite di hashimoto) ma se siamo di fronte a un ipotiroidismo piuttosto
conclamato, soprattutto se la ghiandola ha già subito danni strutturali ad
opera di una patologia autoimmune, la sola dieta non è in grado di compensare
la carenza di ormoni tiroidei. In questi casi essa rimane un aiuto valido, ma
va comunque integrata con gli opportuni interventi terapeutici che spesso in
questi casi richiedono anche l’uso di ormoni tiroidei (ma in questo caso io
preferisco utilizzare la “vecchia” tiroide secca di maiale piuttosto che la
tiroxina sintetica usata oggigiorno).
Qual è il tipo di dieta esatto che concorre a migliorare
la situazione di una tiroide affaticata o ammalata? Ci sono differenze di
alimentazione per le varie tipologie di disfunzione della tiroide come
l'ipotiroidismo e l'ipertiroidismo?
La tiroide per funzionare bene ha bisogno innanzitutto di
un'adeguata quantità di proteine, per cui queste non devono mai mancare nella
dieta, e piuttosto si riducano i carboidrati. Naturalmente vanno eliminati i
cibi di scarsa qualità come i carboidrati raffinati e gli olii di semi o i
grassi idrogenati (margarine), poi si consiglia di eliminare il latte e di
ridurre il consumo di formaggi (specie se vaccini).
L’olio di cocco è invece un alimento amico della tiroide,
in quanto ne stimola l’attività.
Ci sono poi cibi che inibiscono l’attività tiroidea (i
cosiddetti cibi gozzigeni, cioè che possono provocare il gozzo) che
naturalmente vanno evitati in caso di ipotiroidismo, mentre questi stessi cibi
potrebbero essere privilegiati nel caso opposto di iperattività tiroidea, cioè
di ipertiroidismo. I principali sono tutta la famiglia dei cavoli (verza,
broccoli, cavolfiori, cavoletti, kale, ecc) e la soIa, ma in misura minore
anche miglio, spinaci, pesche, arachidi, alcune radici, fragole e altri. Tutti
questi cibi gozzigeni perdono comunque parte della loro attività inibitrice se
consumati cotti.
In caso di carenza di iodio si può arrivare a integrarne
la quantità che serve con la dieta o con degli integratori alimentari?
I giapponesi con la loro dieta ricca di alghe e pesce
possono riuscire a raggiungere quantitativi quotidiani di iodio per noi
inimmaginabili (fino a 10-12mg al giorno, considerate che la RDA dello iodio è
150mcg). In caso di necessità è quindi possibile aumentare lo iodio nella dieta
mediante un maggior consumo di pesce e usando alghe in cucina, oppure assumendo
integratori di alghe come il fucus. Riguardo al sale, invece del sale iodato
consiglio piuttosto un buon sale marino integrale che contiene ancora tutti i
minerali presenti nell’acqua del mare, come il sale di Bretagna (sale dell’
Atlantico). Dosi maggiori di iodio (simili a quelle ingerite dai giapponesi)
sono invece raggiunte solo con l’uso di prodotti farmaceutici specifici (come
la Soluzione di Lugol) ma vanno utilizzati solo in caso di reale necessità e
sotto prescrizione di un medico competente, in quanto in certe patologie
tiroidee e in certe situazioni anche non patologiche (ad es. gravidanza)
potrebbero essere controproducenti.
Il metabolismo ormonale disturbato che si verifica nel
quadro di una situazione tiroidea zoppicante, con tutto il suo corollario di
patologie che ne possono derivare (come stanchezza cronica, affaticamento delle
surrenali ecc.), può essere arginato o riparato con una alimentazione ad hoc?
Ovvero, con la dieta si può intervenire per riequilibrare lo squilibrio
ormonale e le disfunzioni del metabolismo energetico che sono una delle cause
primarie della sofferenza dei malati di tiroide?
Alcuni ad esempio hanno riscontrato benefici con una
dieta senza glutine. È possibile?
Ho già praticamente risposto a questa domanda
precedentemente, ma riguardo al glutine posso dire che un'intolleranza a questa
sostanza può essere alla base di una reazione autoimmune come quella che si
rileva nella tiroidite di Hashimoto (che oggi è la causa più comune di
ipotiroidismo) e in questo caso naturalmente l’astensione dal glutine è
fortemente consigliata e può migliorare notevolmente il quadro clinico. Il
problema è che non esistono test affidabili al 100% per rilevare questa
intolleranza, poichè la classica ricerca degli anticorpi nel sangue rileva solo
i casi di celiachia “vera” mentre i vari i test bioenergetici hanno una validità
molto variabile.
In questi casi la cosa migliore da fare è astenersi
completamente dal glutine per 4 settimane, se in questo periodo si avvertono
importanti miglioramenti dello stato psico-fisico si può dedurre che esiste un
problema con il glutine ed è quindi bene astenersene, se invece non ci sono
cambiamenti significativi probabilmente in quel caso il glutine non è un
problema e si può riprenderne il consumo (sempre con moderazione).
Il dottor Raul Vergini riceve a Forlì nel suo studio
privato, per informazioni: drvergini.it
Questo articolo è tratto dalla rivista:
Scienza e Conoscenza - N. 48 - Rivista >> http://goo.gl/zcwJR8
Nuove scienze, Medicina non Convenzionale, Consapevolezza
Raul Vergini
Curare in maniera naturale l'Ipotiroidismo - Libro
>> http://goo.gl/eWVr8e
Introduzione al più diffuso Disturbo alla Tiroide
Editore: Macro Edizioni
Data pubblicazione: Aprile 2014
Formato: Libro - Pag 128 - 11x17 cm