Come e quando e' stata scoperta la malattia di Alzheimer?
Medicina Non Convenzionale
La malattia di Alzheimer è stata scoperta oltre un secolo
fa, grazie alla ricerca di un medico tedesco che non si accontentava delle
risposte che la medicina del suo tempo dava alla perdita di memoria
Redazione Scienza e Conoscenza - 25/09/2018
Tratto dal libro Alzheimer e altre malattie del cervello
All’inizio del secolo scorso, il dottor Aloysius “Alois”
Alzheimer praticava la professione medica in una grande casa di cura in
Germania. Un giorno venne ricoverata una donna di 51 anni, Auguste D., che
presentava tutti i sintomi della senilità; tuttavia, vista la sua età, si pensò
che fosse troppo giovane per essere affetta da questa patologia. A quel tempo
si riteneva che la senilità facesse parte del normale processo di
invecchiamento e che, con il passare degli anni, una persona potesse essere
soggetta ad amnesie, ripetere verbalmente più volte le stesse cose, diventare
più debole e fragile e avere maggiormente bisogno di aiuto da parte della
propria famiglia. I casi di senilità aumentarono di pari passo con l’allungarsi
della durata della vita, il che portò alla conclusione che doveva
necessariamente trattarsi di una problematica legata all’invecchiamento.
Il dottor Alzheimer riuscì a seguire il caso di Auguste
D. per parecchi anni, osservandola durante il suo declino. Quando la signora
morì, Alzheimer effettuò un’autopsia e rilevò significative patologie
cerebrali, che differenziavano la malattia di cui soffriva la paziente dai
normali cambiamenti che avvengono nel cervello durante l’invecchiamento.
Innanzitutto, scoprì che il cervello di Auguste D. presentava un’eccessiva
atrofia. Quando il cervello invecchia, è possibile che si verifichi una certa
riduzione della materia cerebrale, ma nel caso della paziente questa
caratteristica era molto pronunciata.
In seconda battuta, il medico rilevò che, in confronto a
un cervello sano e alla sua tortuosa superficie (le “circonvoluzioni”), i
solchi del cervello di Auguste erano diventati molto profondi, e che la
porzione interna (dove sono posizionati i ventricoli) risultava scavata.
Inoltre si era verificata una vera e propria perdita di materia cerebrale.
Un’altra alterazione significativa era data dagli
“ammassi neurofibrillari”. Le sinapsi neurali stavano aggrovigliandosi e
morendo e, durante questo processo, non erano più in grado di inviare o
assorbire le sostanze chimiche note come “neurotrasmettitori”, per esempio
l’acetilcolina, essenziale ad ogni livello di funzionamento. Per finire, A.
Alzheimer notò placche amiloidi (dette anche “placche senili”).
In un cervello che invecchia normalmente possono esserci
da 3 a 15 placche, prodotte da una proteina chiamata APoe-4. Ma in un cervello
colpito da questa malattia ci sono molte placche, che bloccano letteralmente le
funzioni cerebrali. Pensate a una sostanza densa, appiccicosa e simile al
colesterolo che si deposita a casaccio sulle varie parti del cervello.
Alzheimer presentò le sue scoperte a una conferenza tenutasi nel 1906 e,
successivamente, alla malattia venne dato il suo nome.
Attualmente, “demenza” viene considerato un termine
generico. Ora sappiamo che, indipendentemente dall’età della persona, la
perdita di memoria non è un evento normale. Anche se non conosciamo ancora
tutte le cause di questa patologia e il modo per curarla, sappiamo che a
provocarla è qualche tipo di alterazione chimica o fisica, e che si tratta di
una condizione anomala.
Alzheimer e Altre Malattie del Cervello - Libro
Come portare pace e serenità al malato e in famiglia
Megan Carnarius
Prefazione - Estratto da "Alzheimer e Altre Malattie
del Cervello"
di Megan Carnarius
Quest’anno ricorre il mio venticinquesimo anniversario di
attività come terapeuta specializzata nella cura di persone cui è stata
diagnosticata qualche forma di demenza.
Nei molti anni trascorsi in questo ambito, ho ideato e
gestito programmi specifici, servizi e strutture, e ho lavorato con centinaia
di famiglie, medici, operatori sanitari e persone direttamente colpite dalla
malattia.
A fronte di tale esperienza, a un certo punto molti dei
partecipanti ai miei corsi e alle mie conferenze hanno iniziato a chiedermi di
scrivere un libro.
Mi sono sempre considerata una persona pratica, abituata
a rimboccarsi le maniche; quindi, scrivere un libro è stata per me una vera
sfida. Per completarlo ho impiegato 14 anni, sfruttando tutti i ritagli di
tempo dopo il lavoro, e intanto continuavo a imparare cose nuove e a
sperimentare gli alti e bassi che la vita ci riserva. La mia speranza è che quanto
ho scritto sia utile alle famiglie, ai professionisti sanitari e a tutti coloro
che soffrono di demenza allo stadio iniziale.
Questo libro spiega a chi assiste una persona colpita dal
morbo di Alzheimer, o da un’altra demenza, come cogliere alcuni dei profondi
insegnamenti che si celano dietro la malattia. Tutti noi vogliamo che venga
trovata una cura.
Ma, nel frattempo, come possiamo garantire ad ogni
persona, a qualunque stadio della malattia, una buona qualità di vita? Come
possiamo esaminare più in profondità situazioni che di primo acchito possono
sembrare disperate e devastanti, e scoprirvi invece opportunità, intuizioni e
ispirazioni che ci aiutino a trovare nuovi stimoli e a comprendere maggiormente
noi stessi e coloro che amiamo?
Come possiamo vivere queste esperienze al massimo delle
nostre possibilità?
Le circostanze traumatiche, che ci mettono a dura prova,
racchiudono in sé delle cose positive. Per esempio, nessuno di noi vorrebbe mai
vivere situazioni di emergenza, ma certamente siamo contenti di sapere che
qualcuno sa cosa fare in quei casi.
Se non esistessero le emergenze, i paramedici e gli
infermieri del pronto soccorso non potrebbero sviluppare le proprie capacità ed
essere d’aiuto agli altri. Il fatto di aver affrontato in precedenza altre
situazioni problematiche permette loro di destreggiarsi nel momento presente e
di riportare la stabilità.
Questi aspetti positivi, queste grazie inaspettate
(definite Yods nella tradizione ebraica) talvolta impiegano molto tempo prima
di rivelarsi o di germogliare dentro di noi, mentre altre volte si manifestano
quasi istantaneamente e sono immediatamente comprensibili a un livello
profondo. Che si tratti di un’emergenza lunga e complessa o di un evento che ci
sorprende come un fulmine a ciel sereno, spesso queste benedizioni hanno su di
noi un impatto fondamentale, e hanno il potere di trasformare la nostra vita.
A tutti coloro che si prendono cura di una persona che
sta affrontando il difficile percorso della demenza, auguro di cuore di
riuscire a lottare con forza per non lasciarsi travolgere dagli eventi, e di
rimanere vigili e aperti alle benedizioni che questa esperienza porta con sé.
Svolgiamo una professione, che è al tempo stesso una
vocazione, in cui possiamo riconoscere e apprezzare pienamente i doni che gli
altri ci offrono, in modo che questa esperienza così intensa per l’anima avvii
un processo di iniziazione e di crescita che apra il nostro cuore, nutra la
nostra compassione e, in definitiva, permetta a ciascuno di noi di diventare un
essere umano migliore.
A tutte le persone coraggiose che sono state colpite da
una malattia che provoca la perdita della memoria, auguro di sentirsi aiutate e
sostenute, di vivere questa esperienza secondo le proprie modalità uniche e
individuali, di riuscire a esprimere se stesse, di amare ed essere amate, e di
sentirsi al riparo da qualunque pericolo.
Durante le fasi finali della malattia, queste persone non
saranno più partecipi dell’esperienza terrena e si troveranno in un profondo
stato interiore che, di solito, noi che le assistiamo non siamo in grado di
raggiungere e condividere.
La demenza avrà innalzato un muro intorno a esse, come
fossero entrate in un convento di clausura.
Invece di pensare a questo muro come a una prigione, io
lo considero l’omaggio finale alla vita che la persona ha vissuto, e al suo
corpo, il contenitore che l’ha ospitata. Ora che alla persona viene concesso il
tempo necessario per raccogliersi in se stessa, la sua anima potrà occuparsi
degli aspetti spirituali del “sé”.
Infine, la mia speranza è che, al termine del suo
percorso, quando è pronta e sente che è giunto il momento, la persona possa
andarsene, e che le venga consentito di farlo.
Descrizione libro
Una guida completa per aiutare i familiari e gli
operatori professionali nell'assistere le persone colpite da Alzheimer e altre
malattie degenerative del cervello.
E' ricca di consigli pratici a supporto della sfera
emotiva e spirituale per affrontare la malattia.
Un percorso che apre il cuore, nutre la compassione e
permette a ciascuno di noi di diventare un essere umano migliore.
Leggendo queste pagine scoprirai:
le caratteristiche dell'Alzheimer e degli altri tipi di
demenza;
quali sono le varie fasi della malattia e come
riconoscerle;
come assistere il malato nei suoi bisogni più importanti;
i consigli per essere resilienti come assistenti;
in che modo la comunicazione minima e interpretare i
desideri del malato;
gli strumenti utili alla migliore assistenza (dalla
musica agli odori, dai disegni agli animali da compagnia);
quanto sia importante l'umorismo nel rapporto con i
malati;
le modalità per affrontare gli ultimi istanti e la fine;
la dimensione più sottile e spirituale di questa malattia
e nuovi punti di vista riguardo ad ambiti finora rimasti inesplorati.
Contiene anche una guida sui medicinali più utilizzati
con descrizione degli effetti e dei limiti.
Indice
Prefazione
Capitolo 1 - La cura per la perdita della memoria.
Fondamenti e visione globale
Capitolo 2 - Passato e presente. Il modello medico e la
cura a lungo termine
Capitolo 3 - Introduzione a un approccio filosofico
Capitolo 4 - La malattia come condizione di disagio
Capitolo 5 - Affrontare la malattia cronica
Capitolo 6 - Gli anziani e la demenza
Capitolo 7 - Un sistema di cura più umano
Capitolo 8 - Ricapitolare e lasciare andare
Capitolo 9 - Gli stadi della demenza
Stadio 1 - Perdita delle capacità acquisite in età adulta
Stadio 2 - Perdita delle capacità acquisite durante
l’adolescenza: fase iniziale - intermedia
Stadio 3 - Perdita delle capacità acquisite durante
l’infanzia: fase intermedia - avanzata
Stadio 4 - Perdita delle capacità acquisite nel periodo
neonatale e di prima infanzia: fase avanzata
Fase terminale - prepararsi alla transizione: fare
ritorno a casa
Capitolo 10 - La qualità della vita: criteri e confini
Capitolo 11 - L’Alzheimer per vivere più vite nel corso
di una sola esistenza
Capitolo 12 - L’Alzheimer per tramandare i ruoli di
matriarca e patriarca
Capitolo 13 - L’Alzheimer per essere accuditi e
condividere il ruolo di custodi del tempo
Capitolo 14 - L’Alzheimer per sottrarsi a una situazione
insostenibile
Capitolo 15 - L’Alzheimer come opportunità di
trasformazione: la ruota di medicina
Capitolo 16 - L’Alzheimer per rifiutare il cambiamento
Capitolo 17 - L’Alzheimer per consentire agli altri di
proseguire con la loro vita
Capitolo 18 - L’Alzheimer per imparare la compassione
Capitolo 19 - L’Alzheimer per insegnare agli altri
compassione e introspezione
Capitolo 20 - Prendersi cura di se stessi
Capitolo 21 - L’importanza dell’umorismo
Capitolo 22 - Quando sarà tutto finito?
Capitolo 23 - Conclusione
Bibliografia
Ulteriori informazioni
Ringraziamenti
Appendice
Megan Carnarius, specialista in Alzheimer, è rinomata per
l'umanità che la contraddistingue nel suo approccio con le persone colpite da demenza
e le loro famiglie. Infermiera professionale, responsabile di una casa di
riposo ed esperia di massoterapia, Megan ripercorre i suoi 25 anni di
esperienza nella realizzazione e gestione di case di cura per anziani affetti
da perdita di memoria.
Alzheimer e Altre Malattie del Cervello - Libro
Come portare pace e serenità al malato e in famiglia
Megan Carnarius