L'universo frattale
L’obiettivo di questo articolo è quello di fornire al
lettore alcuni elementi di cosmologia contemporanea usando la geometria
frattale come strumento di sintesi tra le osservazioni del satellite Planck e
la scoperta del bosone di Higgs...
di Fausto Bersani Greggio - 06/11/2013
L'universo frattale
Perché la geometria viene spesso descritta come fredda e
arida? Una ragione è l’inabilità di descrivere la forma di una nuvola o di una
montagna, una linea costiera o un albero. Le nuvole non sono delle sfere, le
montagne non sono dei coni, le linee costiere non sono dei cerchi, il sughero non
è liscio ed i fulmini non si muovo lungo linee diritte.
- Benoît Mandelbrot -
La frase di Mandelbrot ben tratteggia l’inadeguatezza di
alcuni strumenti della geometria classica nello studio di sistemi complessi che
si trovano in natura. L’obiettivo di questo articolo è quello di fornire al
lettore alcuni elementi di cosmologia contemporanea usando la geometria
frattale come strumento di sintesi tra le osservazioni del satellite Planck e
la scoperta del bosone di Higgs, tra la macrofisica e la microfisica.
La cosmologia
La cosmologia rappresenta il tentativo dell’uomo di
studiare e costruire una teoria fisica in grado di spiegare fenomeni che
avvengono nel cosmo su scale in cui le galassie, che appaiono poter essere
frutto di una distribuzione casuale, si candidano a formare i costituenti
elementari.
Queste vengono trattate come vere e proprie “particelle”
di un “gas” che riempie l’Universo.
Il modello cosmologico più diffuso (modello standard) si
basa su un assunto fondamentale, detto Principio Cosmologico, il quale afferma
che l'Universo è omogeneo e isotropo, ossia sempre uguale su grande scala, da
qualunque punto lo si osservi ed in qualunque direzione si decida di puntare un
telescopio.
Il perfezionamento delle tecniche di osservazione,
tuttavia, ha mostrato, nel corso degli anni, che le galassie si accorpano in
ammassi, che a loro volta tendono ad unirsi per formare, ad un livello
gerarchico superiore, superammassi. In tal modo si genera uno scenario in cui
si evidenzia il susseguirsi di bolle di vuoto quasi assoluto sulle cui
superfici si ramificano filamenti ricchi di galassie. Una sorta di struttura
spugnosa, o a schiuma, se si preferisce, con grandi spazi vuoti, mentre nelle
zone in cui due bolle vengono a contatto aumenta la presenza degli ammassi e
dei superammassi.
In questo contesto si collocono alcune teorie che cercano
di spiegare e descrivere la struttura su larga scala dell'Universo ricorrendo
ai canoni dettati dalla geometria frattale.
I frattali
Cominciamo allora con il definire in modo semplice che
cosa si intende per frattale.
Intanto partiamo con il ricordare che la parola deriva
dal latino fractus che significa rotto o frammentato in quanto la dimensione di
un frattale non è intera. La nozione di dimensione frazionaria è un atto di
”funambolismo intellettuale”, non c’è dubbio, d’altra parte in natura esistono
molteplici esempi di strutture estremamente irregolari, ben lontane dalle
usuali morfologie previste dalla geometria euclidea che individuano, ad
esempio, situazioni di confine tra una linea ed una superficie con una
dimensione compresa tra 1 e 2, oppure oggetti “quasi” tridimensionali in quanto
presentano una dimensione geometrica di poco inferiore a 3: i rami degli alberi
alberi, il profilo delle montagne, i litorali, le nubi, le arterie o i bronchi
dei polmoni, la distribuzione delle galassie nell’Universo sono solo alcuni
esempi di oggeti frattali.
Tutte queste forme, così diverse fra loro, sono
caratterizzate da una proprietà comune: sono oggetti geometrici che si ripetono
nella loro struttura allo stesso modo su scale diverse (invarianza di scala),
ossia non cambiano aspetto anche se visti con una lente d'ingrandimento
(autosomiglianza). Questa proprietà implica l'assenza di regolarità o analicità
nell'intero sistema.
Per una struttura regolare, come ad esempio una curva, è
sempre possibile definire, in maniera univoca, la tangente in ogni suo punto.
Questo comporta che su scale sempre più piccole, la curva possa essere
approssimata dalla sua tangente, perdendo ogni altra struttura.
Nel caso di un sistema frattale, andando su scale sempre
più piccole, si può notare come la stessa struttura si ripeta mostrando tutta
la complessità di quella originale. Pertanto la distribuzione non diventa mai,
per così dire, liscia e regolare.
Questa proprietà implica una grande irregolarità che non
è possibile descrivere mediante i tradizionali metodi matematici, lasciando
molti fenomeni fisici ai margini della ricerca scientifica proprio per la
mancanza di un formalismo matematico che permetta di studiarli accuratamente.
Solo recentemente, con l’avvento di potenti calcolatori
dotati di sofisticati programmi di grafica, abbiamo assistito ad uno sviluppo
della ricerca in tale settore.
Una misura del grado di irregolarità di questi oggetti è
fornita proprio dalla loro dimensione frattale. Si tratta di un parametro
numerico, in genere non intero, atto a fornire una descrizione del modo in cui
l'oggetto riempie lo spazio in cui è contenuto.
Vi sono diverse definizioni di dimensione frattale e fra
queste va senza dubbio segnalata quella di Hausdorff –Besicovitch (1918),
probabilmente la più conosciuta ed importante, se non altro perchè si basa su
metodi di misura relativamente facili da trattare.
Tale tecnica, nota anche come box counting fractal
dimension, consiste essenzialmente nel sovrapporre all’immagine da studiare una
griglia quadratica, con maglie dotate di un determinato passo, e nel contare il
numero di maglie occupate dall’oggetto in funzione della dimensione delle
maglie stesse. Tale numero, ovviamente, risulterà diverso a seconda
dell’estensione delle celle. Riportando poi in un grafico il logaritmo del
numero di celle occupate dalla figura geometrica in funzione del logaritmo
della lunghezza del lato di una cella si ottiene una retta la cui pendenza fornisce
la dimensione frattale dell’oggetto preso in esame.
L’Universo frattale
La possibilità che vi sia una distribuzione frattale
nell'Universo, almeno entro certe scale, è un fatto estremamente rilevante per
la cosmologia moderna.
Per capirne brevemente le implicazioni basti pensare che
se consideriamo un volume sferico di raggio R centrato in una galassia scelta a
caso, la massa contenuta in esso, per una distribuzione omogenea di materia,
ossia caratterizzata da una densità costante, cresce col cubo della dimensione
lineare:
M ∝ R3
Invece per i frattali, dato che si hanno molti vuoti nel
volume che li contiene, la massa diventa proporzionale ad una certa potenza D
del raggio R , detta per l’appunto “dimensione frattale” (1),
M ∝ RD
per la quale, in genere, risulta D < 3.
Sorprendentemente (2) i risultati delle osservazioni
sulla distribuzione delle galassie (con R < 20 Mpc) (3) e sugli ammassi di
galassie (con R< 100 Mpc), indicano una medesima dimensione frattale D ≅ 1,2.
È evidente che assume un carattere primario capire i
meccanismi che possono aver generato una tale struttura dell'Universo.
È bene osservare che nell'ambito della “cosmologia
frattale" si fa riferimento alla materia visibile luminosa, questo
tuttavia non esclude che la materia oscura possa seguire lo stesso andamento
giungendo ad interessanti conclusioni nel confronto con la cosmologia
osservativa.
Le implicazioni sono in un certo senso rivoluzionarie:
intanto dovremmo abbracciare un Principio Cosmologico Condizionale (4) secondo
cui ogni osservatore occupa un punto materiale della struttura.
Il termine “condizionale" si riferisce alla
condizione che ogni osservatore è situato su una galassia la quale occupa
sempre un elemento della struttura, ossia un punto del frattale. In altri
termini non esistono potenziali osservatori in una regione di vuoto.
Sotto queste condizioni, sembra venir meno la proprietà
di omogeneità del modello cosmologico standard definita rispetto ad un
qualsiasi punto geometrico dello spazio, a favore di un’idea antropica di un
Universo “observer omogeneus”, ossia omogeneo solo rispetto ad un potenziale
osservatore. La stessa ipotesi di isotropia locale, applicata ad ogni punto del
frattale, pare confermata da molti dati sperimentali
Il cosiddetto Principio Cosmologico Condizionale
rappresenta una sorta di principio più debole rispetto al Principio Cosmologico
standard. In base ad esso solamente gli osservatori solidali con la struttura
in considerazione risultano equivalenti.
È peraltro verosimile, a fronte delle osservazioni, che
via una scala oltre la quale l'Universo diventi omogeneo nel senso “classico”
del Principio Cosmologico standard.
Possiamo pertanto sintetizzare il tutto dicendo che su
scale relativamente piccole la distribuzione della materia è frattale, mentre
su scale dell’ordine di alcune centinaia di Mpc, essa diventa uniforme.
I dati del satellite Planck
Quanto premesso ritengo si agganci in modo estremamente
significativo con alcune considerazioni che ho potuto condurre a seguito dei
risultati pubblicati a Marzo di quest’anno dall’Agenzia Spaziale Europea la
quale ha diramato un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Questa consiste
nella più accurata mappa mai ottenuta dell’Universo neonato (v. fig.1),
risultato di 15 mesi di acquisizione dati da parte del telescopio spaziale
Planck, concepito nel lontano 1992 e lanciato quattro anni fa in un’orbita a
1,5 milioni di chilometri dalla Terra.
Planck è una sorta di macchina del tempo. I suoi
strumenti catturano la più antica luce dell’Universo, luce che riceviamo nella
banda delle microonde dopo che ha viaggiato nello spazio per quasi 14 miliardi
di anni restitutendoci un’istantanea di come si presentava il cosmo all’inizio
della sua storia.
http://www.scienzaeconoscenza.it/data/upload_img/universo%20frattale%201.png
fig.1
Vale la pena di soffermarsi sul fatto che in ogni caso
non saremo mai in grado di vedere l’evento del Big Bang, indipendentemente
dalla precisione degli apparati sperimentali. Infatti fino a temperature di qualche
migliaio di Kelvin la materia è solida o liquida o gassosa, così come la
conosciamo sulla Terra, ma quando la si riscalda in modo opportuno si comincia
a produrre il quarto stato della materia, il cosiddetto plasma atomico: le
continue e violente collisioni tra gli atomi strappano alcuni elettroni dai
nuclei intorno ai quali normalmente orbitano.
Aumentare la temperatura significa aumentare
proporzionalmente l’energia cinetica grazie alla quale gli atomi della materia
si urtano continuamente con un moto disordinato, noto come agitazione termica.
A temperature dell’ordine di 10^4 °K gli urti fanno
distaccare gli elettroni degli atomi più leggeri, come l’idrogeno e l’elio; per
strappare gli elettroni che ruotano vicino ai nuclei di atomi pesanti come il
ferro, bisogna invece superare temperature dell’ordine di 10^6 °K.
Queste cariche elettriche assorbono immediatamente i
fotoni che sono continuamente emessi dagli atomi e dagli ioni stessi: un plasma
atomico è quindi opaco alla luce, proprio come una lastra di materiale
metallico. Il ferro, ad esempio, è opaco alla luce in quanto due dei 26
elettroni di ogni suo atomo si muovono liberamente nel metallo e quindi
“divorano” immediatamente ogni fotone che vi penetra.
Risalendo a 380 mila anni dopo il Big Bang la temperatura
era di circa 3 mila gradi e l’Universo era simile ad un miscuglio di protoni,
elettroni e fotoni che interagivano fra loro. Mano a mano che procedeva
l’espansione, tuttavia, la temperatura dell’Universo diminuiva, ed i fotoni non
avevano più energia sufficiente a impedire la formazione degli atomi più
semplici. Così, quando i protoni e gli elettroni si unirono a formare atomi di
idrogeno, i fotoni primordiali riuscirono, per la prima volta, a propagarsi
liberamente e l’Universo, che fino a quel momento era risultato opaco, diventò "trasparente"
alla radiazione. Queste onde luminose, che rappresentano la prima luce del
cosmo, permeano da allora tutto l’Universo e, trascinate dalla sua espansione,
che in un certo senso le ha “stirate”, oggi sono arrivate ad avere lunghezze
d’onda millimetriche, nella banda delle microonde, ed una temperatura media di
circa 2,7 Kelvin. Il telescopio spaziale Planck ha setacciato il cielo intero a
360 gradi nello spettro di frequenza che va da 30 a 857 GHz elaborando un vero
e proprio planisfero cosmico risalente a 380 mila anni dal Big Bang. A tal fine
sono stati identificati ed eliminati tutti i contributi della radiazione a
microonde prodotti dalle attuali sorgenti cosmiche. In altri termini, per
raggiungere la vera radiazione di "fondo" primordiale del cosmo, è
stato necessario rimuovere tutta la radiazione sovrastante.
Negli anni ’60, ai tempi di Penzias e Wilson, la
radiazione fossile sembrava fotografata con una macchina digitale con poche
migliaia di pixel e tutto risultava uniforme, ma adesso è come se usassimo le
moderne macchine digitali con decine di milioni di pixel. Grazie al satellite
Planck possiamo vedere i dettagli delle impronte dell’Universo primordiale:
guardando la mappa emergono minuscole disomogeneità che corrispondono in realtà
a piccolissime fluttuazioni di temperatura, minori di una parte su 10.000, e
sono il riflesso delle fluttuazioni di temperatura e densità dell'Universo
primordiale. In estrema sintesi le parti blu sono le parti più fredde, le parti
rosse quelle più calde.
Il vantaggio di Planck, rispetto ad analoghi esperimenti
precedenti, è rappresentato dalla sua elevatissima sensibilità: può infatti
misurare fluttuazioni di qualche milionesimo di grado di temperatura con una
risoluzione angolare migliore di un decimo di grado.
La misura delle fluttuazioni di temperatura dell’Universo
primordiale fornisce informazioni preziosissime sui modelli di formazione delle
strutture cosmiche.
Se l’Universo fosse perfettamente omogeneo ed isotropo,
noi non saremmo qui a raccontarcelo.
Su piccola scala, l’Universo mostra grandi disomogeneità,
che diventano sempre più piccole mano mano che la scala si allarga, fino a
giungere, sulle grandissime scale, ad una condizione di omogeneità in accordo
con il Principio Cosmologico standard.
Queste perturbazioni inducono fluttuazioni nella materia
che successivamente possono crescere per instabilità gravitazionale fino a
formare le strutture cosmiche a noi note.
Il meccanismo, concettualmente, in realtà è abbastanza
semplice: queste fluttuazioni sono in grado di collassare quando la loro
autogravità supera la forza di pressione dovuta alla propria agitazione
termica.
Quindi è esattamente laddove l’energia cinetica della
materia risulta minore, ossia in corrispondenza delle zone più fredde, che si
celano i semi originari di tutte le strutture complesse oggi osservabili, dalle
stelle agli ammassi di galassie.
Emergono frattali dalla mappa di Planck
A questo punto, dopo aver preso in esame la mappa di
Planck, alla miglior risoluzione possibile, si può notare come, facendo un
ingrandimento di un piccolo settore angolare della fig.1, emergano strutture
analoghe a quelle riportate in fig.2 nelle quali è facile distinguere pixel di
vario colore che virano dal rosso al blu.
http://www.scienzaeconoscenza.it/data/upload_img/universo%20frattale%202.png
fig.2
Sulla base di quanto abbiamo detto è allora chiaro che le
zone nelle quali si ha la massima probabilità di formazione di strutture
autogravitanti sono quelle più fredde, ossia quelle di colore blu con tonalità
più scura.
Sfruttando questa ipotesi ho provveduto a suddividere la
mappa di Planck in settori aventi un’apertura angolare di pochi gradi dei quali
ho calcolato la dimensione frattale con il metodo del box – counting descritto
in precedenza. Da questo studio è emerso che la dimensione frattale media,
compresa di errore statistico, è pari a
D = (1,20 ± 0,08)
un risultato estremamente incoraggiante per diversi
motivi. Innanzi tutto risulta assolutamente in linea con le osservazioni che,
come abbiamo visto, prevedono, per la distribuzione delle galassie e dei
relativi ammassi, una dimensione frattale proprio pari a 1,2.
Tale risultato rafforza quindi l’idea che le
perturbazioni analizzate siano state quelle che hanno effettivamente generato
l’attuale struttura frattale dell’Universo anche se è bene precisare che ci
troviamo di fronte ad una vera e propria ragnatela cosmica multi frattale;
infatti 1,2 risulta essere la dimensione frattale media ottenuta per la
distribuzione delle perturbazioni analizzate nella mappa di Planck con valori
che oscillano attorno al dato centrale.
Altro aspetto significativo è il fatto che il livello di
confidenza del risultato ottenuto è pari al 99,7% ossia, immaginando di
effettuare un nuovo campionamento, si riscontrerebbe una probabilità del 99,7%
di trovare una dimensione frattale media all’interno della forbice avente come
estremi 1,12 ed 1,28 ossia i valori che si ottengono aggiungendo e togliendo
l’errore statistico 0,08 al valore medio. Pertanto possiamo affermare che il
risultato ottenuto si presenta con un altissimo livello di riproducibilità.
Infine, entrando in un settore un po’ più specialistico,
ho potuto confermare che la distribuzione statistica di queste fluttuazioni,
favorevoli alla formazione di aggregati auto gravitanti, segue con grande
precisione una statistica gaussiana, una conferma estremamente stringente dell’esistenza
dell’inflazione iniziale, una fase caratterizzata da una violentissima
espansione spiegabile proprio grazie all’azione del bosone di Higgs, la
particella che ha fruttato pochi giorni fa il premio Nobel per la Fisica a
Peter Higgs e Francois Englert.
Il bosone identificato al CERN, ebbe un ruolo
fondamentale nel conferire una massa a tutte le particelle elementari del
modello standard scatenando contestulamente anche l’era dell’inflazione.
Per contro esistono anche alcune anomalie emerse dai dati
di Planck rispetto alla cosmologia standard che, per ragioni di spazio, non
tratterò in questo articolo e che comunque sono ben documentate nelle varie
recensioni e pubblicazioni relative al telescopio dell’Agenzia Spaziale
Europea. Qui mi limiterò a sottolineare solamente che il risultato che ho
presentato tratteggia un modello di Universo frattale coerente con le attuali
conoscenze le quali si collocano nell’intersezione tra la cosmologia e la
fisica fondamentale. Tuttavia esistono domande ancora aperte che potranno avere
una risposta solo in un futuro non immediato.
Secondo molti l’entità delle anomalie riscontrate non è
tale da mettere in discussione il modello cosmologico standard, ma suggerisce
piuttosto la presenza di possibili nuovi effetti fisici. Saranno dunque
necessarie nuove misure strumentali, anche se qualcosa di più potrebbe emergere
già dall’analisi dei dati di polarizzazione della radiazione fornita da Planck.
L'analisi è certamente molto complessa ed è ancora in corso. Ci vorrà almeno un
altro anno per estrarre il piccolissimo segnale polarizzato, ma certamente la
sfida è di quelle che appassionano non solo gli esperti.
Note
(1) Introduzione alla Cosmologia, Lucchin F. – Ed.
Zanichelli, 1990
(2) Gravitazione e spazio – tempo, Ohanian H. C., Ruffini
R., Ed Zanichelli, 1997.
(3) Mpc equivale ad un Megaparsec, ossia un milione di
parsec. Il parsec è unità astronomica di distanza equivalente a 3,26 anni luce
(1 anno luce = distanza coperta dalla luce in un anno, ossia 9,46x10^15 metri).
(4) Modello frattale dell’Universo ed Energia Oscura,
Tedesco L., Cagnetta F. M., Univ. Studi di Bari – A.A. 2011–2012
(5) The Fractal Structure of The Universe, P.H. Coleman,
L. Pietronero,. Physics Reports 213, 311, 1992.
Giuseppe Arcidiacono
Spazio Iperspazi Frattali
Il magico mondo della geometria
Editore: Di Renzo Editore
Data pubblicazione: Giugno 2009
Formato: Libro - Pag 141 - 15x21
Data di prima pubblicazione: 2004
Benoit Mandelbrot
Nel mondo dei frattali
Editore: Di Renzo Editore
Data pubblicazione: Gennaio 2001
Formato: Libro - Pag 61 - 14x21
approfondimento: