Epigenetica: l'Occidentalis Karma
Medicina Integrata
Possiamo davvero cambiare il nostro Karma e il nostro
DNA? La risposta è sì: se ci affidiamo alla conoscenza di noi stessi
di Antonio Morandi
Articolo estratto da Scienza e Conoscenza 71
Come si esprime il Karma nella dimensione umana? Sempre
citando le antiche saggezze potremmo dire “come in cielo così in terra”.
Infatti, come vedremo, non ci sono molte differenze tra le regole che valgono
per l’universo e quelle che valgono per il singolo individuo.
Un essere vivente consiste in una certa quantità di
energia controllata da informazioni che ne determinano la configurazione in
quello che viene percepito come un organismo. Tutte le informazioni del sistema
interagiscono e si auto organizzano, definendosi in un sistema armonioso. Ogni
punto di queste configurazioni energetiche è collegato con tutti gli altri in
modo reciproco, quindi alla variazione di un punto corrisponde la variazione di
tutti gli altri punti. Queste variazioni sono informazioni diverse che
definiscono nuove configurazioni. In questa rete ogni punto è
contemporaneamente causa ed effetto. Individuo e ambiente sono quindi legati in
modo indissolubile e ogni azione genera un effetto sia a livello locale che a
distanza.
La legge del Karma o di causa-effetto è ciò che regola
questo tipo di interazioni. Il Karma è l’insieme delle informazioni che
caratterizzano ogni punto dell’universo e ogni individuo. Lo schema energetico
di ogni individuo, quello che nel sistema di conoscenza indiano viene chiamato
Prāna, è definito dalle informazioni e quindi dal Karma, a cui è vincolato.
Ogni nostra azione ed esperienza contribuiscono continuamente a creare il
Karma.
Il Karma è epigenetica
Su questa base non è quindi tanto assurdo accostare il
concetto di Karma a quello della Genetica ed Epigenetica. I due concetti,
espressioni di mondi apparentemente lontani, sono invece vicini e ci consentono
di penetrare meglio nel pensiero indiano senza tempo e di meravigliarci sempre
della stupefacente profondità e precisa conoscenza scientifica in esso
racchiusa.
L’epigenetica (dal greco epi- επί- che vuol dire oltre,
sopra, esterno) è lo studio dei fenomeni e delle relazioni ambientali che
agiscono sul DNA attivandone o disattivandone i geni. Questo è un fenomeno
molto importante per la generazione dei diversi tipi cellulari durante lo
sviluppo embrionale. Tutte le cellule contengono lo stesso genoma che negli
esseri umani ammonta a circa 20.000 geni. L’attivazione specifica o meno di
alcuni di questi determina la differenziazione di una cellula in un tipo, es.
un neurone, o in un altro, ad esempio un epatocita. Il meccanismo epigenetico
ha quindi una forte influenza sullo sviluppo di un organismo e ne può alterare
gli specifici tratti individuali.
Attualmente si conoscono tre meccanismi in grado di
produrre questo risultato:
1. la metilazione del DNA,
2. l’acetilazione degli istoni, proteine che compongono
la cromatina,
3. il silenziamento dei non-coding RNA (ncRNA) associati
ai geni.
Tutti questi meccanismi agiscono sui geni, lasciando però
intatta la struttura del DNA, poiché l’azione avviene attraverso degli elementi
che “spengono” determinati geni. In pratica questi markers epigenetici alterano
l’accesso al DNA in modo tale che l’espressione dei geni risulti alterata o
bloccata.
La cosa interessante è che questi meccanismi possono
essere indotti da infiniti fattori, molti dei quali sono riferibili a
variazioni ambientali e comportamentali. Dieta, stile di vita, inquinamento,
così come meditazione o regolare esercizio, possono agire attivando o
reprimendo particolari geni e avere quindi un’influenza permanente a livello
dell’espressione del genoma. La cosa straordinaria è però che questi
cambiamenti possono essere trasmessi di generazione in generazione. Una
modificazione epigenetica indotta dall’ambiente o da un comportamento appreso,
può essere ereditata ed esprimersi nelle generazioni successive.
A tal riguardo sono stati condotti studi dai risultati
sconcertanti.
Durante la seconda guerra mondiale sono avvenuti episodi
estremi che, pur nella loro atrocità, hanno fornito prezioso materiale di
studio sui loro effetti sugli esseri umani.
Ad esempio il gruppo di ricerca guidato da Rachel Yehuda
ha dimostrato qualche anno fa che i sopravvissuti all’Olocausto presentavano
alterati livelli di ormoni connessi allo stress. I loro livelli di cortisolo,
ormone che aiuta a recuperare dallo stress, era più basso del normale; e tanto
più giovani erano i soggetti al momento del trauma tanto peggiore era la loro
situazione da adulti.
Gli stessi soggetti presentavano anche un basso livello
di un enzima che metabolizza il cortisolo, permettendone così una maggiore
quantità circolante e quindi un migliore adattamento allo stress. Gli stessi
autori hanno recentemente dimostrato che anche i discendenti dei sopravvissuti
all’Olocausto presentano un basso livello di cortisolo, che probabilmente li
predispone a sindromi ansiose. Sorprendentemente i discendenti presentavano
elevati valori di un enzima che invece attiva la produzione di cortisolo.
Le modificazioni epigenetiche dovute allo stress dei
campi di concentramento non solo si sono trasmesse alle generazioni successive,
ma le hanno anche preparate per affrontare e adattarsi a una situazione simile
a quella subita dalla prima generazione.
Sempre durante la seconda guerra mondiale, nel settembre
1944 i nazisti bloccarono per rappresaglia le forniture alimentari alla
popolazione olandese, facendo sprofondare il Paese in una spaventosa carestia.
Quando i Paesi Bassi furono liberati, nel maggio 1945, più di 20.000 persone
erano morte di fame. Uno studio epidemiologico ha evidenziato che i bambini
nati o in gestazione durante questo periodo di carestia hanno sviluppato in età
adulta un maggiore tasso di cardiopatie coronariche e obesità. In questi casi
si è notata una minore metilazione del DNA del gene del fattore di crescita
insulino-simile II (IGF2) la cui azione è in relazione alle patologie
osservate.
Modificazioni anche nella vita di tutti i giorni
Le modificazioni su base epigenetica non riguardano solo
i casi estremi, possiamo trovarne molti esempi nella vita di tutti i giorni.
È stato infatti dimostrato come l'esposizione della madre
all'inquinamento possa avere un rilevante impatto sulla suscettibilità del
bambino all’asma, e che l’apporto di vitamina D potrebbe modificare la
metilazione del DNA che influenza il funzionamento della placenta.
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Scienza e Conoscenza n.71 - Gennaio/Marzo 2020 - Rivista
Cartacea — Rivista >> http://bit.ly/38ofSnq
Nuove scienze, Medicina Integrata
Editore Macro Edizioni
Data pubblicazione Gennaio 2020
Formato Libro - Pag 96 - 19.5 x 26.5 cm